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lunedì 21 settembre 2020

Alcune piccole riflessioni “antipatiche” nella sera POST VOTO.

Vince il SI (al referendum per la diminuzione dei deputati e senatori), in realtà stravince SI, ma siccome siamo stati chiamati  a decidere del futuro dell’organo democratico più alto ed importante del Paese Italia, quindi non a fare una gara, usiamo termini almeno vicini alla consonanza istituzionale. Un’affermazione netta, sicuramente spinta da temi populisti ed inconsistenti come il “risparmio dei soldi”.

In realtà però è aberrante pensare che fior di intellettuali, opinionisti e politici vari abbiano dato questa chiave di lettura. Nel SI non c’era solo populismo, c’erano ragionamenti e storiche battaglie del Pc; nel SI c’è stato il desiderio di cambiamento, ragionato alla base di un mondo e di istituzioni diverse rispetto a quelle degli anni ‘60.

E c’era tanto populismo anche nel NO, tantissimo e non meno ignorante. Frasi come “un caffè al giorno” e “non risparmiamo nulla in realtà” hanno banalizzato ed offeso il SI ragionato e consapevole, quello di chi auspicava un’attualizzazione del Parlamento rispetto ai fenomeni di regionalismo e federalismo da più parti invocato.

Sono state allocate male e sbrigativamente le risposte per il NO, credendo che alla fine mettere la “maglietta rossa” fosse un diritto divino, decerebrato, appannaggio di chi vorrebbe essere radical chic.

Non mi sfugge certo quanto questa sera il peso della vittoria cada sulle spalle di compagini politiche che hanno promesso tali e tante riforme da far tremare i muri, ma alla fine chi non le ha promesse? Luigi Di Maio ed il MoVimento 5 Stelle vincono, è vero, ma la colpa è più di chi tra piroette e giochi di palazzo ha perso la bussola, più che reali meriti del #Movimento5Stelle.

Contorno non meno importante, ma pur sempre contorno sono le elezioni regionali.

Per l’ennesima volta Matteo Salvini tenta attraverso un voto regionale la spallata e come al solito perde. Si conferma per il Partito Democratico la Regione Toscana del neo presidente Eugenio Giani e Vincenzo De Luca tiene stretta la Regione Campania. Certo Luca Zaia stravince in Veneto ma alzi la mano chi pensa di merito di Salvini.

È come se non si capisse che le regionali nella stragrande maggioranza dei casi facciano strada a se rispetto agli indirizzi nazionali, o magari i politici nazionali sono costretti a fare una pantomima perenne. Chissà?

Intanto però la segreteria di Nicola Zingaretti è sempre più salda, Giuseppe Conte può andare avanti, avendo l’occasione di fare la storia e tutti possono trarre elementi positivi (tranne i candidati presidente di regione non eletti ovviamente).

Tutti tranne uno: Matteo Renzi.

Inutile nelle sconfitte, ancora meno nelle vittorie: ininfluente a dir poco.

Italia Viva non riesce neppure ad essere una meteora, nella perenne attesa che Silvio Berlusconi tiri le cuoia ed il suo elettorato migri (ma poi neanche il covid ce la fa).

Un’epopea di storture (magari dovute al Karma) da quella celebre e baldanzosa vittoria alle europee (il famoso 40%) che costringono il buon matteo a stare sereno (più sereno dei suoi peggiori incubi).

Ora comincia una stagione necessariamente nuova, e il vero passaggio costituzionale non è tanto nella legge elettorale (tanto ognuno sceglierà se gli piace di più proporzionale, maggioritario, con o senza soglia di sbarramento) ma renderci conto che sono i partiti a doversi istituzionalizzare. Senza una vera legge sui partiti non ci sarà mai, mai, mai compimento nella nostra democrazia.

Ivano Asaro