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venerdì 29 ottobre 2010

La mia libertà...

…finisce dove comincia quella altrui ” (I. Kant). Alzi la mano chi non ha mai utilizzato o magari soltanto sentito la celeberrima frase del filosofo tedesco. Tocca di sicuro uno dei temi più importanti della nostra società, anzi possiamo ben dire che è il principio su cui essa si fonda; l’attuale società liberale è infatti intrinsecamente costruita su questo diritto inalienabile che l’uomo ha conquistato soltanto negli ultimi secoli. A dimostrazione della sua importanza basta aprire un qualsiasi giornale e noteremo subito che è sempre uno dei temi caldi del dibattito politico e sociale. “La nostra Costituzione già prevede la libera iniziativa economica e d'impresa. Ciò che manca è l'attuazione concreta di questa norma.dichiara Di Pietro riferendosi alla riforma liberale promessa dal governo; in un’altra intervista il presidente del consiglio Berlusconi ha invece dichiarato: “La Costituzione non è un dogma, ho difeso la libertà del Paese da forze illiberali”. Il tema della libertà è talmente importante in Italia che addirittura risuona nei nomi di alcuni partiti, abbiamo ad esempio il Popolo della Libertà e Sinistra Ecologia e Libertà; dilagando al di là dei concetti di destra e di sinistra, un qualcosa di trasversale. Ma non solo in politica si parla di libertà: ce ne occupiamo, per esempio, anche quando vogliamo conoscere il nuovo premio Nobel per la pace Liu Xiaobo. Parliamo di libertà sempre e ovunque.

Visto il gran parlare che se ne fa, potremmo allora dire di tutto all’Italia, tranne che non sia un Paese libero. Purtroppo però scorgendo le pagine di Freedom House (organizzazione autonoma con sede negli Stati Uniti, che si pone come obiettivo la promozione della libertà nel mondo) notiamo: “Nonostante l'Europa Occidentale goda a tutt'oggi della più ampia libertà di stampa, l'Italia è stata retrocessa nella categoria dei Paesi parzialmente liberi, dal momento che la libertà di parola è stata limitata da nuove leggi, dai tribunali, dalle crescenti intimidazioni subite dai giornalisti da parte della criminalità organizzata e dei gruppi di estrema destra, e a causa dell'eccessiva concentrazione della proprietà dei media". E’ evidente che c’è un problema, una contraddizione interna, che viene ben esplicitata dalla frase del film Easy Rider: “PARLARE DI LIBERTÀ E ESSERE LIBERI SONO DUE COSE DIVERSE”.

I motivi che portano a tale dissonanza possono essere tanti ma tutti riconducibili alle due grandi verità celate dietro la massima kantiana sopra citata. La prima verità sta sicuramente nella seconda metà dell’aforisma (…finisce dove comincia la tua.), che come tutti sappiamo pone dei limiti alla nostra libertà. Quella che però attenzioniamo di meno è la prima parte, che recita: la mia libertà. C’è da chiedersi: siamo ancora persone libere? Ma soprattutto, cosa significa essere persone libere? E’ opinione comune che essere persone libere significa poter dire e fare tutte ciò che si vuole, ma certamente non è così. Essere persone libere non è di sicuro criticare e denigrare qualcuno solo perché non la pensa come noi; non è spostare un’azienda in un Paese ‘sottosviluppato’ solo perché lì gli operai accettano una paga molto più bassa della nostra (il costo della vita non è molto dissimile) ; non significa neanche non rispettare la legge solo perché si è ricchi o peggio ancora un politico. Essere persone libere è altro, è possibilità di scegliere senza costrizioni e condizionamenti, di poter pensare diversamente dagli altri, è quel brivido che ti permette di sognare. Essere persone libere è fare tutto questo nel rispetto dell’etica comune e della legge dello Stato.

Cosa però assai più paradossale è che dopo tutte le lotte fatte per ottenere diritti e libertà, che non più di 70 anni fa venivano negate dal fascismo, non riusciamo più ad essere persone ‘libere’; lasciamo infatti la nostra libertà lì, chiusa in un cassetto, di cui forse non sappiamo più neanche dove sia la chiave. Immersi totalmente nella nuova cultura del “Ghe pensi mi” il nostro senso di sdegno è ormai quasi narcotizzato. La libertà di protestare, di lottare per le cose ingiuste è ormai passata di moda, e deleghiamo ad altri il compito di arrabbiarsi per le assurdità commesse da questo o quel governo, nella speranza che vengano risolti anche i nostri problemi. La libertà però, è ben altra cosa, come poeticamente scrisse Giorgio Gaber descrisse nel ’72:

La libertà non è star sopra un albero,
non è anche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.


giovedì 28 ottobre 2010

"Dentro la notizia...l'utopia dell'indipendenza" 1/3

"Ho avuto il privilegio di raccontare la storia,
mentre si stava svolgendo..."

Enzo Biagi

Recuperare la memoria come spazio critico e capacità di giudizio significa non soltanto analizzare il presente ma soprattutto progettare un futuro in cui la libertà di opinione e la lucida lettura dei fatti non siano solo una mera utopia. Il confronto delle idee, la presa di coscienza, l'impegno civile appartengono anche, e non soltanto, ai giornalisti, maestri d'eccezione che fanno un mestiere d'eccezione, uomini e donne impegnati in prima linea con il difficile compito dell'informazione. Lo sviluppo del proprio senso civico non può dunque che legarsi all’esempio dei grandi che nel passato hanno rivendicato giustizia, in un momento storico in cui “il potere” nasconde, depista, distorce la realtà dei fatti.
Pertanto la cittadinanza è invitata a partecipare all’incontro-dibattito “Dentro la notizia…l’utopia dell’indipendenza” che si terrà Sabato 6 Novembre alle ore 17.30 presso il Seminario Vescovile, sito a Mazara del Vallo in Piazza della Repubblica.

Interverranno:
PINO MANIACI - direttore dell'emittente televisiva Telejato;
GIACOMO DI GIROLAMO - direttore di Marsala.it e RMC101;
RINO GIACALONE - giornalista di Antimafia 2000 e La Sicilia;
GIUSEPPE CIULLA - giornalista di L’Ultima Parola (Rai 2).
Modererà il giornalista FRANCESCO MEZZAPELLE.




Il presidente dell’Associazione Antiracket “Io non pago il pizzo…e tu?
Francesca Incandela

Lo staff di Sosta Vietata
Ivano Asaro
Francesco Iannazzo
Alberto Tumbiolo

Giacomo Anselmo
Danilo Vellutato


(realizzazione grafica curata da Salvatore Piombo)
(sponsor by Frenesia Party - Cartoleria Libraccio - Le Stylo)

sabato 16 ottobre 2010

INCLITA URBS - 3° puntata

Grandi furono gli stravolgimenti politici che interessarono la città di Mazara Del Vallo durante il XVI secolo. Divenuto Carlo V imperatore, Mazara, nel 1513, divenne città regia a pieno titolo. Nei registri regi per la prima volta figura con l’appellativo di “inclita urbs” ossia Città Eccellente. Gli uomini di Chiesa del Rinascimento, soprattutto i vescovi, modellarono il proprio comportamento sull'etica della società laica ed il cristianesimo rimase comunque un elemento vitale nella cultura dell'epoca. Viene realizzato in questo periodo il Convento dei PR Carmelitani uno dei conventi più antichi di Mazara Del Vallo. Annessa al Convento troviamo la Chiesa di Maria SS. Annunziata detta del Carmine. L’ordine religioso di Maria SS. Annunziata del Carmelo risulta essere l’espressione del forte legame che unisce i mazaresi alla fede. Con l’esemplarità della vita contemplativa, condotta a imitazione della Vergine, la pratica di opere di apostolato, soprattutto missionario, è segno tangibile di una presa di coscienza delle radici cristiane della nostra civiltà, dell'appartenenza ad una Chiesa viva, aperta al mondo, senza distinzione culturale, religiosa o sociale, onde costruire un'umanità rinnovata nell'amore.



"Assessorato alla Cultura della Città di Mazara Del Vallo.
A cura del Nucleo di Promozione Culturale coordinato dal Prof.re Danilo Di Maria.
Regia Prof.re Salvino Martinciglio
Voce fuori campo di Danilo Di Maria
Testi a cura di Danilo Di Maria
Aiuto regia e luci Dott.re Andrea Valenti"

mercoledì 13 ottobre 2010

Storia, sentimenti, tradizioni, degrado!

Contemplare i momenti, che separano la vita terrena da ciò che è oltre, risulta alquanto complesso. Quei momenti, a volte attimi, a volte mesi, sono l’esempio della difficoltosa accettazione che l’uomo ha della morte propria e dei soggetti verso cui ha versato impegno, affetto, stima. In quelle condizioni il dubbio sul da farsi crea immobilità, dolore, addirittura diniego. Quelle circostanze possono divenire il marchio di fabbrica di tutte quelle cose non dette e non fatte che adesso ci mancano. Nel passato però grandi interpreti del pensiero, opponendosi al disfattismo filosofico di alcune teorie, hanno pensato che l’unione delle persone e la commemorazione dei defunti, degni e meritevoli, potessero risolvere o alleviare le sofferenze provocate dalla nostra finitezza nel rapporto con l’infinita forza della morte. Proprio per questo nel moderno significato di “camposanto”, si raccoglie sia la concezione religiosa della commemorazione e del rispetto, sia lo spunto per creare conforto nel vicino che versa in eguale situazione, lo slancio per ripartire, raccontando e tramandando la forza di chi, degno di essere stato su questa terra, non c’è più. Pertanto un luogo in cui tangibilmente si toccano storia, sentimenti e tradizioni, non può essere abbandonato a sé stesso, in uno stato di degrado e pericolosità fuori da ogni logica. L’unione nel dolore per cercare spiragli nella coltre della solitudine deve essere assecondata dalla cura e dalla perizia riservata ad un luogo simbolo di pace, di un ordine e di un equilibrio superiore.


mercoledì 6 ottobre 2010

PUNTO CULT - 8° puntata

E’ tempo di Ritorno al futuro! In questa puntata Giacomo recensisce il primo episodio della trilogia, considerata un’icona del cinema degli anni ottanta e che ha riscosso un enorme successo a livello internazionale. Un film che ha cambiato il modo di fare i film. Un cult-movie più volte parodizzato. La pellicola, uscita nel 1985, diretta da Robert Zemeckis ed interpretata da Michael J.Fox e Christopher Lloyd, ha inoltre ricevuto il premio Oscar al miglior montaggio sonoro. Buona Visione.

sabato 2 ottobre 2010

Lo schiaffo dell'onda

Facile. Troppo facile è indignarsi o dire che la gente si indigna, che guarda agli scranni della politica con rassegnazione e disgusto (spesso per la verità ben celato). Semplice è pensare che la politica, così come la conosciamo, è meglio non averla: “Sono eletti soltanto per i propri interessi!” ci si dice al bar davanti ad un caffè sempre meno fumante, sostituito da una prospettiva di vita sempre più fumosa. Guardando il mondo che ci circonda cosa si può estrapolare dall’attuale realtà che i politici hanno costruito? Gli spunti sono tanti: si può ad esempio dire che la colpa non è tutta dei politici, che non va tutto male, che magari la Ferrari nonostante la crisi ha implementato i propri utili, che le banche non licenzieranno i propri dirigenti, che ci sono forze politiche che si sforzano di parlare al paese, che esistono ancora uomini che lottano per i diritti dei lavoratori. Ma poi a dire la verità non conosco nè persone che lavorano alla casa automobilistica di Maranello, nè dirigenti di una qualsiasi istituto di credito, né tantomeno sindacalisti integerrimi. Conosco altre realtà, altre storie che non sono nè più vere nè più importanti. Ed è proprio di ciò che so che posso e voglio parlare.
Dipendenti nè licenziati nè cassaintegrati, bloccati nella possibilità di cercare altro lavoro e al tempo stesso non percepiscono nessun tipo di sostegno per portare avanti la propria famiglia, che vedono comunque alternarsi al tavolo della contrattazioni decine di soggetti delegati e pagati per fare il loro interesse, con aspettative del tutto inevase.
Giovani laureati che non riescono ad entrare nel mercato del lavoro, incapaci di mantenersi con i proventi dei lavori a progetto, preferendo fare per una o più stagioni consecutive i bagnini. Altro che lusso!
Genitori anziani, ormai nonni, che di fare i babysitter lo avevano messo in conto (anzi lo desideravano…), ma che certo di dover mantenere il figlio disoccupato a 40 anni mai lo avrebbero immaginato.
Ragazzi che con la promessa delle scuole professionali avevano immaginato semplicemente di essere elettricisti, idraulici o riparatori di elettrodomestici e ben che vada riescono a reperire qualche “impiego” per fare le ricariche al telefonino senza passare dai genitori.
Queste purtroppo sono le realtà ch’io conosco, che mal si conciliano con le questioni di una regione, la Sicilia, che può avere il “lusso” di pagare numerosi dirigenti ai più disparati ambiti e settori, ma che non può permettersi di pulire le strade, regolarizzare i precari, offrire una sanità che non uccide. Scorgo peraltro una città dove si mettono in atto strane manovre per ottenere rimborsi dalla cosa pubblica, dove personaggi discutibili siedono in posti di potere e dove persone per avere prestato fedeltà ad un nome, fuori dal proprio partito (come se qualcuno lo avesse obbligato!) viene premiato con incarichi pubblici ben remunerati.
Queste non sono leggende. Sono storie di ordinaria follia, di PD e PDL, di sinistra e di destra, di voti “comprati” e messaggi indecifrabili. Storie di rabbia: quella rabbia di chi se la prende con l’ignoranza (e non piuttosto con chi l’ha causata o con chi l’ha portata al potere). Sono racconti, sono sentimenti e sensazioni. E se per un momento si prova a lasciare il caffè al bar, l’iphone sulla scrivania, uscendo dall’agiatezza che ormai solo poche persone conoscono, si vede una realtà ben diversa da quella identificabile nei dibattiti politici alla televisione. Cresce la gente che non ha da perdere nulla se non la propria libertà deturpata dalla mancanza di dignità. Aumentano le persone che in questo stato troverebbero l’humus per creare il caos. Ma poi preferiscono far finta di non capire, non usando questo malcontento per cambiare le cose, per ottenere giustizia sociale.
Questa realtà è simile a quella che ci si proietta affacciandosi in una giornata molto ventosa da un costone nei pressi di Quarara. Il mare che si ritira, torna indietro, lasciando scoperte le rocce solitamente coperte dall’acqua, facendo intravedere pesci che sguazzano fortunati in alcune pozzanghere; altri pesci, molti di più, muoiono perché rimasti fuori dal loro ambiente naturale. Tutto fa pensare che le acque si ritirino per sempre, che quei metri persi non saranno più recuperati. Invece il mare come un elastico ritorna: non si preoccupa dei pesci morti, ma li vendica travolgendo anche quelli delle pozzanghere scaraventandoli contro quelle stesse pietre che erano la ragione della loro fortuna. Le onde sembrano quasi rabbiose del tempo perso, sembrando di voler dare dimostrazione di forza. Continuano a crescere fino a raggiungere la roccia alla quale siamo affacciati. E’ proprio allora che capisci che anche nella nostra società siamo nella fase del risucchio: alcuni rimangono nel loro spazio dorato, molti si perdono, ma prima o poi l’onda arriva e si scaglia sulla casta.

[foto Gaspare Stassi]