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mercoledì 30 novembre 2011

La casta perde il pelo ma non il “fisco”


Le linee guida del “neogoverno” sono ormai chiare e ben definite,condivise o meno, il tutto è riassumibile nei gettonatissimi vocaboli crescita, rigore ed equità sociale, parole del presidente del consiglio professor Mario Monti.

Dalle parole ai provvedimenti, ed ecco che ci presentano i sacrifici necessari per risanare l’economia in necrosi di un paese sull’orlo del fallimento, a dire il vero secondo qualcuno che di economia qualcosa ne sa,siamo già ben oltre il punto di non ritorno proprio per citarne qualcuno alcuni giorni fa, l’OCSE, organizzazione per la cooperazione e sviluppo economico con sede a Parigi, afferma che l’Italia sarà in recessione già nel 2012, segnali negativi anche da tutte le agenzie di Rating internazionali, ma i tecnici sono preparati e allora ne viene fuori un programma che fa brillare gli occhi ai capoccioni d’Europa quelli della tripla A, ma che qualcosa da ridire lascia all’esame di quel ceto medio che si assottiglia sempre più per entrar a far parte delle famiglie povere, e mi riferisco all’operaio che non ha più un lavoro, al giovane ricercatore costretto ad emigrare con i pochi risparmi che si ritrova, alla maestra precaria da una vita.

Veniamo ai contenuti cardini di questa nuova era Monti: già dal prossimo anno sarà in vigore l’imposta municipale unica (Imu o Super-Imu) sulla casa,innalzamento degli anni di contribuzione da 40 a 41/43 sulle pensioni,aumento dell’imposta valore aggiunto (iva) ipotizzata al 23% ma con ulteriori aumenti anche delle imposte del 4% e 10%, per concludere con una patrimoniale versione soft per i redditi oltre 1.5 mln di euro, ricordo che la maggior parte delle famiglie ricche italiane non corrisponde alla fascia prevista e quindi non saranno interessate dall’imposta.

Cosi affronteremo la crisi con una pressione fiscale ancora più incisiva,a pagare saranno le tasche già vuote delle famiglie italiane, ma è opportuno sottolineare che il divario tra il popolo e la casta rimane importante, una missione fondamentale del professore era proprio quello di ridare credibilità alla classe politica annullando i privilegi, ma fin ora i risultati sono scarsi e impercettibili.

Alla faccia dell’equità sociale.

Di certo non sono esaustivi i primi provvedimenti presi a riguardo, anche perché non rispecchiano i sacrifici richiesti alla popolazione comune; le differenze sono evidenti, dalla prossima legislatura i parlamentari eletti non percepiranno il vitalizio,ma ciò non è applicabile appunto agli attuali parlamentari, il risparmio effettivo di questa modifica strutturale sarà strettamente associato al numero di parlamentari che saranno rieletti, il ritardo dell’efficacia rimane l’unica certezza, come una certezza è l’urgenza di riforme che taglino da subito e con effetto immediato, gli eccessivi costi della politica, la stessa che ci chiede sacrifici ma che ci costa, facendo qualche esempio: 25.600 euro al mese solo per il presidente della provincia di Bolzano,circa 5 volte in più del presidente russo Vladimir Putin e il triplo di Nicolas Sarkozy, o le spese del Quirinale che sono il triplo di quelle di Buckingham Palace,Casa Bianca e anche della casa imperiale di Tokyo.

Dove sono finiti i tanti buoni propositi espressi da tutti i leader di una destra inesistente, di un centro incerto e della solita sinistra, prima della fiducia a Monti? le tante idee e promesse che tanto sapevano di campagna elettorale, e che forse tali rimarranno; come sempre tante parole per riempire le pagine di qualche giornale ma pochi fatti concreti.

L’unico rammarico è quello di aver creduto troppe volte e in modo recidivo, a dichiarazioni ingannevoli, che non trovano in nessun caso riscontro alcuno, ma adesso non c’è più spazio per le parole,non c’è più tempo per le promesse, anche sorrisi sono un lusso da risparmiare per qualche ora di varietà.

Non mi rimane che congiungere la mia voce alle altre migliaia di voci incazzate,che stanno cercando di dare un senso a questa fase storica dominata da politiche scorrette opportunistiche e inconcludenti,con la convinzione di chi sa di dover lottare per guadagnarsi la speranza di un futuro migliore.

P. Diodato

lunedì 21 novembre 2011

Guardiamo Fiorello e (non) pensiamo a Monti; e se la banche ci "protestano" la piazza....

Partiamo da un dato: gli argomenti pesanti ci annoiano, meglio dedicarsi a divertimenti e varietà. Questo di suo non sarebbe un male od un’anomalia, è legittimo cercare la serenità e lo star bene, certo casi come il ministro per le telecomunicazioni, Gasparri, che non sa cosa dica la sua legge di riforma del sistema radio-televisivo italiano, perché non “l’ha letta”, è una esagerazione. L’Italia però è questa. Vuoi o non vuoi ci fermiamo di fronte una partita di pallone, davanti ad una barzelletta e facciamo la pausa caffè ancora prima di cominciare a lavorare. Ecco allora che un fenomeno televisivo come Fiorello, diventato nel frattempo uomo maturo che parla da padre, mantenga quasi dieci milioni di spettatori davanti alla televisione, senza per altro ciarlare di morti o di gossip. Ma Fiorello seppur bravo è beneficiario, più o meno consapevole di un momento che il nostro paese, e mi piace dire il popolo italiano, sta attraversando. Siamo tutti tesi e nervosi per quello che non abbiamo, per quello che vorremmo e per quello che rischiamo di perdere. Qui una risata, meglio se grassa e fragorosa, risulta essere l’anti-depressivo collettivo, la sigaretta fumata da intere generazioni prima di rimettersi a pensare a cosa accadrà, non sapendo, in vero, cosa è già accaduto. Il fumo però ha i suoi effetti collaterali, senza contare che quelli positivi, giacché palliativi, sono solo un’illusione. Necessario è allora prendere le fila di quello che sta accadendo, perché necessario è occuparci di noi. Il mondo si affanna dietro il nome di Monti, l’uomo venuto dall’alto per riportare l’Italia nel mondo civile, dopo gli anni del Bunga Bunga mediatico. Come dicevo nelle settimane precedenti, a tutti conveniva il governo tecnico, anche a quella Lega pronunciatasi negativamente, solo, però, dopo la sicurezza di non essere decisiva con il suo voto in Aula. Questo non pone però che se una cosa è avvenuta sia giusta o giustificabile. L’attuale guida del nostro paese è stata affidata ad una persona, che lungi da me giudicare nel merito di leggi nemmeno ancora abbozzate, che è scevra di qualsiasi contatto elettorale con il popolo che dovrebbe condurre ad uno sviluppo ed una “salvezza”. Dico questo non perché sono contrario pregiudizialmente al “governo tecnico”, che anzi considero una forma a volte intelligente di declinazione politica di gestione dello stato, ma perché questo parlamento in base alla legge elettorale che lo ha prodotto, è esso stesso lontano dalla legittimazione popolare. In questo momento abbiamo un “dittatore dolce” con la fiducia di gerarchi di partiti eletti non per quello che sono ma per il partito cui appartengono. Si dirà che per liberarci di Berlusconi possiamo passare anche da questi sistemi poco o per nulla democratici, ma nonostante la mia avversione al modello Berlusconi non credo che la strada imboccata sia la migliore. La mia considerazione nasce da due constatazioni, che in quanto personali risultano obiettabili a discrezione di ognuno di voi. La prima è di carattere strettamente logico-politico: non esistono decisioni economiche e comunque di governo che siano tecniche. Ogni qualvolta che si prende una decisione che incide sulla vita della gente, sulla sua condizione materiale, si fa politica, che lo si accetti o pure no. La Patrimoniale, "ignorantemente" oggetto del contendere in questo periodo, ne è la prova: se si mettesse in atto non sarebbe un provvedimento liberale, e lo stesso potrebbe dirsi con i tagli alla scuola pubblica, sicuramente non una soluzione socialista. Tutto questo per dire che chiunque esercita un diritto-potere che sia quello di critica o quello amministrativo della cosa pubblica fa delle scelte dettate dalle ideologie. Soltanto che queste decisioni adesso non saranno scelte dai rappresentanti della società italiana, bensì da potentati e caste. Seconda ragione, quella che considero al contempo la più affascinante ed arzigogolata, è di carattere metastorico: Berlusconi, per e con il suo modo di fare, ha scardinato i poteri costituiti, avviando un sistema di accentramento che mai nessun’altro nella storia repubblicana aveva ordito, addirittura interessandosi direttamente della macchina emergenziale, più o meno lecitamente, per soccorre il popolo in caso di calamità. Questa frase che credo non possa essere smentita, però si presta al di là del soggetto anche ad un altro italiano quasi calvo, Giulio Cesare; entrambi inoltre sono stati oggetto di traditori cresciuti nel proprio seno, che sia l’alveo familiare per il “ROMANO”, che sia il partito patronale per il milanese. Se l’analogia risultasse vera, a parte che per il fatto che i tradimenti hanno prodotto si cadute ma solo in un caso hanno cagionato la vera morte fisica, bisogna ricordare che dopo l’accentratore Cesare arrivò l’Imperatore Augusto. Ovviamene Augusto aveva gli eserciti, e non le Banche di Monti, ma sempre di ciurma senza scrupoli si può parlare se vediamo le condizioni di indigenza causate. So chiaramente che il ragionamento ha numerose falle, ma poiché non voglio dimostrare, ma solo aiutare a pensare lancio questa provocazione, sperando di non avere ragione. Cosa che però mi fa riflettere alla luce di tutto questo è che, nonostante si ragioni di miliardi e di massimi sistemi, di grandi profitti e di numerose perdite, la piazza fa sempre paura, anche la più pacifica desta sempre preoccupazioni. E’ il caso di Zuccotti Park a New York, dove non c’è la violenza ma ci sono gli sgomberi, così come il caso della nostrana Bologna, dove in Piazza Maggiore, in un cinema abbandonato, non c’è violenza ma solo occupazione e dibattito, ma intanto il sindaco di centro-sinistra richiama comunque gli occupanti e li sgombera nonostante non ci siano state neanche proteste da parte della popolazione cittadina. Questa è una cosa che non riesco proprio a spiegarmi, che danno possono provocare agli interessi delle banche dei ragazzi sognanti, forse possono spingere gli altri ad aprire gli occhi? Forse. Intanto sono contento che ancora le piazze siano in grado di essere strumento in mano a chi vuole sognare, e forse non solo di vedere Fiorello.

martedì 15 novembre 2011

Una notte per pensarci


Che cosa ci rende uguali o diversi dagli altri? Questo è l'interrogativo che segna il percorso che Ettore, il protagonista di questo romanzo, decide di intraprendere. Egli lascia il paese natìo, Trapani, per trasferirsi nella tanta sognata Bologna luogo in cui crescerà nella continua ricerca di se stesso e della propria identità sessuale. Ettore si immerge così in un fluire ricco di rapporti umani dove i modelli sociali, sentimentali, sessuali si creano e non si trovano, si dissolvono e non si affermano.

Bologna illude e disillude Ettore attorniato dai suoi amici che partecipano alla sua vita ma non ne condividono le fatiche. La diversità sessuale, inizialmente temuta, diventa così la chiave della ricerca su cui poggia la vita del protagonista. Essa si confonde e si arricchisce fuggendo da facili definizioni e confondendosi con ciò che si potrebbe definire quotidianità.

Una ricerca faticosa ma felice che si sussegue nel fluire continuo di un'esistenza in cui Ettore si rivela un uomo senza identità ma non una persona senza qualità.
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Sal Di Giorgi, autore eclettico, sposato con due figlie, è siciliano d'origine e lavora come operaio a Roma. Il suo impegno nel campo sociale, la sua sensibilità volta soprattutto verso le categorie più deboli, tra queste, in particolare le minoranze, lo inducono a studiare Giurisprudenza.
Ma è nella narrativa che Sal Di Giorgi trova il modo più abile per raccontare la marginalità e la diversità, perché solo la parola letteraria è in grado di dare risonanza alla sofferenza dell'essere umano.
È già impegnato nella stesura del prossimo libro.

giovedì 10 novembre 2011

Si chiude una porta ma attenti che la finestra è spalancata.

Figuratevi se la chiudono quelli che in questi anni non hanno fatto i compiti ed adesso temono il “voto”…

Con la solita canzone di De Gregori nella testa assisto all’ennesimo capitolo della balzana commedia ordita da un soggetto senza scrupoli, incosciente talmente tanto da risultare quasi goffo e incolpevole di cose troppo serie per essere attribuite al suo cervello. In realtà, così come la musica che ho in testa, le parole di questo dramma sono state sempre le stesse negli ultimi anni, verbi usati per eludere, frasi offensive atte a distogliere dal centro dei problemi, quelli veri; insomma uno stile, che va ben oltre il Berlusconismo, che forse mai nessuno replicherà, ma che sicuramente tanti adepti ha fatto. Con la seconda votazione sul rendiconto dello stato si sancisce la fine di un’epoca, la fine di quei governi retti e guidati da Silvio Berlusconi, che mai più sarà, o almeno spero, presidente del consiglio italiano. Qui come in altre occasioni, senza nostalgia si guarda al passato, accorgendosi che le foto di Ruby e della D’Addario sono diventate qualcosa di più che volti di Escort, pensando che i fascisti che ancora fanno il saluto romano possono essere presidenti di regione o onorevoli, e così via. Ma in fondo lui ci ha saputo prendere, almeno la maggior parte di noi, lui era ricco, lui era quello che ce la faceva, lui era quello tanto ardito da provarci, che alla fine pure vinceva, come non ricordare lo slogan: l’imprenditore prestato alla politica, etc. etc. etc. Alla fine però come finì De Gasperi finisce anche Berlusconi, certo non è proprio la stessa cosa, perché tutti finiscono, tutti, forse. In realtà non credo che Berlusconi finisca qua, troppe sono le sue pendenze, troppi i conti in sospeso, troppo ricca la sua storia per non recitare ancora un’ultima drammatica parte prima dell’addio. Ma se il colpo di coda che penso arriverà, anche se spero ovviamente nel contrario, è di fatto un’incognita frutto del mio pensiero, cosa certa è ciò che a breve avverrà, che alla luce dei nomi, i potenti della terra sapevano già da qualche tempo. Proprio qualche giorno dopo la votazione parlamentare, Napolitano ha nominato senatore a vita quel Mario Monti che sarà il sostituto del Cavaliere e che traghetterà l’Italia in questa tempesta. Certo Napolitano ha fatto bene ha creare questo ponte ideale tra le borse e le istituzioni, facendo capire palesemente che colui che porterà i conti a posto fa ormai parte del Circus politico dell’Italia, che quindi potete cominciare a rasserenarvi, vi restituiremo quanto dovuto. Fondamentalmente si declina il parlamento non più come luogo di rappresentanza del popolo che deve legiferare, ma al massimo come luogo dove i rappresentanti del popolo devono leggere ed approvare, per lo più possono dare una mano, se richiesta, perché ora ci sono quelli bravi, quelli che sanno come fare funzionare le cose. Questo è quello che succederà, quello che alla fine vogliono un po’ tutti, dal centro ad una certa sinistra ed una certa destra, ognuno con motivi diversi e propri. L’Udc non le vuole proprio le elezioni, sarebbe presto per proporre uno schema da Terzo Polo che con l’attuale legge elettorale gli assegnerebbe sempre un ruolo secondario, meglio il governo tecnico, dove rivendicare le esigenze del Proporzionale come garanzia di rappresentanza; a ruota anche gli amici dell’Udc sono contrari alle urne, Il Fli ad esempio non saprebbe come riempire le liste di uomini forti, meglio aspettare un anno e prendersi sul territorio uomini del Pdl che vedrebbero con Fini una maggiore possibilità di elezione, stesso discorso per l’Api di Rutelli, oddio li sono talmente pochi che anche tra un anno la situazione sarà similare, certo però meglio non staccarsi dal treno Casini-Fini. A sinistra la situazione ha del ridicolo, solo le ultime giornate drammatiche hanno fatto prendere il la alla corsa del Pd che finalmente mostra fiero il suo volto, a noi- dicono- non fa paura nessuna soluzione, perché siamo il primo partito in Italia; vero il Pd è il primo partito d’Italia, ma lo è esclusivamente perché resta vago ed indefinito, lo è perché non si capisce che cosa voglia, Letta smentisce Fassina, Bersani ha contro il Grullo di Renzi e il solito Veltroni, e c’è anche D’Alema, vabbè quello c’è sempre: qualora il Pd andasse al voto, non avendo in questi anni elaborato una dottrina chiara, si ritroverebbe o con Idv e Sel o con il Terzo Polo, in ogni caso perderebbe pezzi di elettorato, che rimarrebbe interdetto dalle scelte. A destra la Lega pur urlando si accontenta di fare l’opposizione muta di un governo tecnico per non essere più sorda di fronte il proprio elettorato, facendo un anno di volgarità tipicamente Bossiane o Borgheziane, con la speranza di potere ridire con vigore Roma Ladrona. Il Pdl infine è spaccato tra chi sicuro di un seggio vorrebbe le elezioni, anche perché potrebbe togliersi di torno parecchie ciurme ex-An che mai si sono trovate a casa nel Pdl nazionale, tranne chi in An credeva poco; dall’altro lato del Pdl c’è invece chi sa che, specialmente al sud, certe cose non le puoi più propinare, come da tempo non lo puoi fare neanche al nord, vedi Milano, e del resto Napoli ne è la conferma, ed allora meglio sopravvivere, meglio arrivare a quel benedetto 2013, sperando in miracoli, od in caso accontentandosi del vitalizio. Restano fuori tre partiti, in realtà ci sono pure i Comunisti, ma loro non li conto perché in larga parte ormai sono movimento d’opinione e dall’altro, nella figura di Di Liberto hanno fatto capire che possono barattare voti di fiducia con inserimenti nelle liste del Pd, insomma un quadro astratto, tutto da capire. Dicevo di tre partiti, La destra, Idv e Sel. La destra in realtà è probabile che non corra proprio alle prossime elezioni inglobandosi nel Pdl oppure lo faccia sperando di raggiungere quella soglia per accedere ai rimborsi elettorali; Sel e il suo leader, Vendola, sono l’unico partito che vuole coeso le elezioni, la cattiveria mi porta a dire che le vogliono perché sono gli unici di quelli citati fuori dall’attuale parlamento, anche se sarei contento di vederli negli scranni per misurane coerenza e capacità; infine Idv, la più delicata delle questioni, non per i numeri che di per se incarna, ma perché il leader interpreta una posizione, ma la base ne vuole un’altra: infatti Di Pietro un po’ fuori da giochi veri in un esecutivo tecnico, vorrebbe il voto, anche se diplomaticamente dice di non avere pregiudizi su Monti, la base invece, al di là della battuta sgradevole sugli uomini in camera da letto, gli rimprovera questa scelta, auspicandosi maggior senso di responsabilità. Di sicuro qualcuno avrà ragione, attualmente l’Idv non ha ancora capito chi. Questa è la situazione attuale, una realtà consegnata nelle mani di un economista, che speriamo ci consideri uomini e non numeri, che appartiene a quella cerchia di semi-dei che sta conquistando il mondo, gli uomini Goldman Sachs. Mario Draghi è un uomo di quella banca, e lo è anche Mario Monti e il sostituto di Papandreu nel governo greco: Papademos, tutta gente che avrà enormi poteri, non avendo alcuna investitura popolare. E’ chiaro che non è il momento di abbandonarci ai complottismi, perché dovremmo farlo, sol perché Gianni Letta ed Enrico Letta, zio e nipote, entrambi numeri 2 dei due maggiori partiti italiani, Pdl e Pd, sono pure dello stesso giro. Meglio fare finta di niente e dire in calce a questo testo, umilmente cosa sarebbe giusto secondo me. Credo che il nostro stato, nonostante lo Spread, sia un grande stato, ma non lo dico perché lo pensa così Bersani o Casini, no, la penso così perché la storia ce lo insegna, perché sono le centinaia di volte in cui il nostro popolo è stato sul baratro che ci fa scattare qualcosa dentro che ci porta a dare di più, a fare meglio. Siamo sopravvissuti al fascismo e non lo faremo al Berlusconismo, non ci credo, nonostante quest’ultimo sia più ostico perché ci è entrato nel midollo. Ma nel concreto cosa farei, o per meglio dire cosa mi auspicherei? Per primo mi aspetterei che questo governo tecnico duri lo spazio di un fiato, e che si vada al voto, anche con l’attuale legge elettorale, che veramente urge di un cambiamento, ma nel breve si può ovviare. Come? Semplice con le primarie, tutti quegli schieramenti che credono nel diritto di voto organizzino le primarie per scegliere i leader e la composizione delle liste sul territorio. Per carità il problema non si risolverebbe totalmente, ma almeno nelle grandi linee vi sarebbe una responsabilizzazione del popolo e soprattutto un coinvolgimento delle masse che vogliono tornare a contare e per l’ultima volta possono rinunciare a scrivere un nome nella scheda a patto che i partiti abbiano la responsabilità politica di chi inseriscono, e non solo la responsabilità del numero di voti che portano al leader nazionale. Le segreterie devono riaprirsi, scendere per le strade e con i gazebo piantati fermare la gente e spiegare cosa serve e dire cosa Berlusconi ha sbagliato. Ma forse vaneggio, forse avrà ragione la maggioranza dei partiti politici e quindi sarà meglio affidare tutto all’esimio professor Monti, sperando che almeno lui pensi alle nuove generazioni, non nel modo in cui lo faceva Mr B.

Aggiungo in fine un link, forse li c’è raccontato perché ce la faremo, perché ce l’abbiamo sempre fatta:

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=wLHqOVJOCME#!

giovedì 3 novembre 2011

Renzi: il vecchio e il nuovo, di sicuro non un progresso….e se ci fosse malafede?

La società moderna, per come ce la raccontano, non tutti in vero, è liquida, pochi pilastri, poche condivisioni e pochissime continuità valoriali in seno al popolo. Per la verità è facile paradossalmente accertare come mal costume e delinquenza siano delle tinte sempre più forti nel quadro che chiamiamo, appunto, società e che eccentricamente in queste malversazioni sia ravvisabile il nuovo collante delle masse. Credo che la risposta a questa situazione non sia nei paradossi, bensì in sane analisi, non viziate da visione di parte, ma con medicine forti e basate su chiari principi, quelli almeno non diventano mai vecchi ne si liquefanno. Fino ad adesso però non mi era mai capitato di notare come anche su parole, apparentemente semplici, ci sia una divisione di fondo sul campo semantico di riferimento, e di litigare proprio su quello che una parola vuol dire. Mi sono parecchio adirato di fronte alle terminologie, chiaramente in malafede, di “utilizzatore finale” e di “legittimo impedimento”, ma questo, però, non era una devianza in termini, ma più che altro un tentativo di fare passare una cosa per una diversa, sapendo però che uno, lui, MR B., nel primo caso andava a prostitute e nel secondo non sarebbe andato al processo, quindi c’è chi sta da una parte, chi dall’altra. Fino a qui però il dialogo è sfalsato, ipocrita e formalistico, niente di più. Oggi la materia della diatriba politica incessante assume contorni decisamente diversi, è in atto un tentativo di cambiare le carte in tavola, facendoci credere che si litiga sempre sulle stesse cose, quando in realtà si è in palese malafede e violazione della generosa credenza del popolo. Fino ad adesso “legittimo impedimento” significa una cosa e quella è, che sia usata bene o male; ma cosa significa “vecchio”, e soprattutto cosa vuol dire “nuovo”. Da piccolo una Play Station, comprata dal rivenditore era nuova se: nessuno l’aveva mai usata prima, in merito all’oggetto specifico, e se nessun altro oggetto della stessa marca o comunque dello stesso genere, era con giochi e potenzialità diverse, inferiori. Quindi, anche se piccolo, capivo che la Play Station 1, anche se inscatolata era vecchia se già gli altri bambini giocavano con la Play Station 2 e 3. Questi discorsi che nostalgicamente ho fatto con un video gioco, possono essere esemplificati con i telefonini, con le automobili o con le moto, che poi per esigenze di mercato si chiamano Vintage. Da stupidone quale sono penso che con le debite precauzioni i criteri valgano con le persone, con le correnti politiche e con le strategie che persone e correnti mettono in atto. Ma a quanto pare mi sbaglio. A quanto pare in politica politicante il bis non esiste, e quindi si è sempre nuovi, anche quando si copia. Il caso non ne faccio mistero non è campato in aria, ma dallo stato di agitazione che mi provoca il soggetto, attualmente sindaco di Firenze, Matteo Renzi. Questi per la verità è dotato di narrazione, cioè sa affabulare, e la usa in maniera anche intelligente, in quanto riesce coraggiosamente a proporsi in un palinsesto pieno di calcare, quale quello politico nazionale. Il problema sta però da un’altra parte. Il sindaco Renzi, che a discapito del sorrisino, non è per nulla uno sprovveduto, ha capito che deve muoversi se vuole cominciare a contare sul serio, d’altro canto nel Pd chi è inviso a Massimo D’Alema non ha vita, politica, lunga. Il suo muoversi è così diventato un movimento, i ROTTAMATORI, che hanno il mirabile obiettivo di ringiovanire e rinvigorire la classe dirigente, lanciando le idee che il Pd ha per il dopo Silvio B. e non arroccarsi nell’autoassolvente Anti Berlusconismo. Belle parole e bei concetti. Si però, siccome sono sempre un gran rompi…..i, mi sono fatto delle domande: ora che c’è Renzi, finalmente diciamo quello che vogliamo, anzi lo dice lui, tanto dal basso vogliamo un po’ tutti 4 o 5 cose, sempre le solite insomma. Si. Partiamo. Un attimo, ma qual è il programma di Renzi? Cioè lui per il dopo che vuole fare…. Mah per la verità questo non è molto facile da sapere in soldoni, come dice il giovane sindaco, poiché delle idee vere e proprie Renzi non le ha mai esposte a livello nazionale, o per meglio dire, quando ha preso posizione concretamente, senza narrazione insomma, è stato per dire:

Renzi:"Sì al nucleare";

Renzi:"Non voto il referendum per l'acqua pubblica";

Renzi:"Licenziamenti facili? Se ne può parlare";

Renzi:"Sì alla Tav";

Renzi:"Alziamo l'età pensionabile";

Renzi:"Io sto con Marchionne";

Renzi: “il 1° maggio a Firenze si lavora”

Non belle parole, non tipiche di una persone che vuole cambiare la testa agli italiani. Mi si dirà: per competere con la Cina delle rinunce le devi fare; per tenere il sistema devi fare sacrifici, ecc. ecc. A questi mi verrebbe da dire che se le cose devono andare così non so quanto conviene farle andare, e poi con il Metodo taglia-taglia, son buoni tutti. Certo mi aspetterei qualcosa di più, non che debba cambiare idea su tutto, ad esempio io sulla tav non sono contrario a priori, ma sbilanciato solo da un lato non mi sembra propriamente qualcosa di nuovo da utilizzare per andare avanti. Ma al di là delle idee, il sindaco di Firenze è veramente nuovo come impostazione e come figura? Non è che il suo staff ricorda qualcosa? A me a dire il vero si, ed anzi mi ricorda proprio quel Mr B., di cui tutti adesso si vogliono liberare. Pensandoci bene, lasciando la differenza di età tra i due all’inizio della scalata a palazzo Chigi, entrambi si propongono alla fine di un ciclo, Mr B. alla fine della prima Repubblica, Renzi alla fine della seconda; entrambi si mettono vicini uomini di televisione, il premier aveva Confalonieri, uno che la televisione in Italia l’ha programmata, l’altro Gori, che fuori uscito da Fininvest, guarda caso, con la sua Magnolia e giù di li, Mediaset, ha portato sugli schermi Grande Fratello e L’isola dei famosi, in pratica le derive ultime del pensiero italico. Infine entrambi accattivanti birbanti, si pongono per quello che sono, difetti annessi, solo che in fin dei conti sarebbero il nuovo, contro le vecchia e brutta politica. Forse questi indizi non fanno una prova, forse non basta che Costacurta, ex del Milan, in cerca di nuove glorie, veda nel sindaco il Nuovo Berlusconi, e quindi lo appoggerà nel suo progetto; forse non basta che i giornali di Silvio lo ritengano l’unico uomo buono oltre le barricate; forse non basterà che il suo consenso sta più tra i Responsabili che tra i democratici; forse non basterà neppure che come facevano ai tempi Craxi e Berlusconi, anche Berlusconi e Renzi flirtano a distanza, anche se gli incontri di natura privata non sono mancati. Forse sono tutte cose che non c’entrano niente, ma la sensazione di Déjà-vu è forte. In tutto ciò ho forzosamente omesso un’idea che spero essere balzana ed infondata, che adesso vi pongo: e se in ciò, dal personaggio al movimento, ci fosse malafede? Voglio dire d’accordo essere nuovi, d’accordo essere il Berlusconi di Sinistra, anche se non credo che sia mai servito un Berlusconi di Sinistra, tanto meno adesso, d’accordo rompere con i vecchi schemi, salvo poi crearne altri, d’accordo tutto, ma perché essere così distruttivo con la propria parte, perché creare sempre l’incidente o l’imbarazzo, perché non mettersi in evidenza con la buona amministrazione e solo dopo rivendicare, perché non fare il Big Bang e chiedere peso nel direttivo nazionale, più che alle masse,perché? Perché? Perché?

I dubbi che mi restano insoluti sono troppi, ed in soldoni, spero che Firenze abbia un buon sindaco che si occupi della città, del suo processo di internazionalizzazione e della sua storia, ma sul Renzi uomo nuovo, come detto, NON CREDO.

mercoledì 2 novembre 2011

riflessioni post-brecht

Prima di tutto ci tolsero la possibilità di avere una giustizia equa,

ma io non disperai, non ero un delinquente

Poi ci tolsero la possibilità di condannare chi dichiarava il falso,

io non me ne curai, non avevo un’azienda

Poi ci tolsero la possibilità di decidere i nostri rappresentanti,

ma io non prestai attenzione, in fondo per me i politici erano tutti gli stessi

Ancora ci tolsero la possibilità di raccontare la verità e di saperla,

ma infondo non leggevo molto i giornali

Conseguentemente esautorarono la magistratura dall’ascoltare i probabili delinquenti,

e neanche questo mi interessò, pensavo che alla fine faceva lo stesso

Quando sentii anche che i soldi delle mie tasse li gestivano in maniera privata per i loro comodi,

pensai, che io uomo del popolo mai avrei potuto aspirare a quegli appalti.

Alla fine quando mi ritrovai in un ospedale con un polmone in meno, pur essendo sano, non avevo più magistrati da chiamare, giornali da avvisare, politici a cui fare appello, ne tribunali a cui chiedere una sentenza equa contro un medico miliardario. Allora, solo allora capii.