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domenica 17 gennaio 2016

elaborazione tesi 4

Capitolo 5. Rapporti di Cooperazione odierni
  1. Accordi Ue-Paesi Mediterranei

L’Insorgenza delle cosiddette “primavere arabe” nel 2011 ha messo in discussione le politiche e più in generale la funzione dell’Ue nel Mediterraneo, anche alla luce dell’emergere di protagonisti regionali attivi e determinati, ovvero le monarchie del Golfo. Il contesto di metamorfosi prodotto dalle rivolte arabe ha spinto l’Ue a rivedere e ripensare le sue strategie e più genericamente le sue politiche. L’avere stretto accordi con gli autocrati, e molto spesso veri e propri tiranni, ha esposto l’Unione a numerose critiche, mal concilianti con il ruolo pacificatore rappresentato, soprattutto in quei paesi dove, con l’abbattimento dei vecchi regimi, si era aperta una fase di mutamento politico.
1.1 Quadro Giuridico di RIferimento
Primo passo di questo nuovo corso è la comunicazione del marzo 2011, con la quale la Commissione ha lanciato la Partnership for Democracy and Shared Prosperity with the Southern Mediterranean (Pfdsp)[1] con un fine chiaro, cioè quello di sostenere nel breve termine le sollecitazioni provenienti dai popoli desiderosi di democrazia, con strumenti di partecipazione politica, difesa della dignità, libertà e opportunità occupazionali espresse dalle popolazioni dei partner arabi. Allo stesso tempo il documento ha fatto affiorare l’esigenza di un cambio netto di approccio dell’Ue verso l’area alla luce delle profonde trasformazioni provocate dalle primavere arabe, sottolineando il bisogno di introdurre una maggiore diversificazione tra partner, deficit come si è fin qui analizzato delle precedenti esperienze di cooperazione. È stato così inserito l’approccio “incentive-based” (basato sugli incentivi), il cosiddetto “more for more[2]”, che si traduce in un migliore (qualitativamente oltre che quantitativamente) sostegno finanziario da parte dell’Ue per quegli Stati che avanzano più in fretta nel processo di riforme Democratiche. Si può considerare come una “condizionalità positiva[3]” che si distingue dalla condizionalità “negativa” inserita negli Accordi di Associazione. I partner più “virtuosi” potranno guadagnare lo “status avanzato” che, oltre al sostegno finanziario, coinvolge i soggetti in un dialogo politico più approfondito con l’Ue, maggiore legame ed oneri in materia di mobilità e accesso al mercato unico europeo. Tra i partner mediterranei solo Marocco e Giordania beneficiano dello status “avanzato” rispettivamente dal 2008 e dal 2010.
Gli elementi cardini su cui si basa la Partnership sono:
·         Conversione delle istituzioni verso una sistematica applicazione della rappresentazione democratica e institution-building, incluse libertà fondamentali e riforme annesse;
·         Partnership marcata con le popolazioni, con specifica efficacia e riferimento al sostegno alla società civile e ai contatti people-to-pleople;
·         Crescita sostenibile e inclusiva e sviluppo economico, in particolare piccole e medie imprese.
È con la dichiarazione della Commissione europea e dell’Alto Rappresentante per la politica estera del maggio successivo, A New Response to a Changing Neighbourhood: A Review of the European Neighbourhood Policy[4], che il rinnovato metodo della Partnership for Democracy and Shared Prosperity viene posto alla base della rettifica della Pev[5]. Questa replica il supporto ai processi di democratizzazione (“deep and sustainable democracy”) ed alla crescita economica e sociale sostenibile, tramite una sequenza coordinata di misure concrete tra cui l’opportunità per i singoli partner di trattare un’area di libero scambio approfondita e completa (deep and comprehensive free trade area), il consolidamento della cooperazione in settori chiave quali ambiente e cambiamenti climatici, energia, trasporti e tecnologia, nonché agevolazioni in materia di visti e accesso all’Ue per i partner più avanzati. Nonostante non si faccia specifica menzione alla cooperazione decentrata a livello territoriale, nel documento viene sottolineata l’importanza del consolidamento della cooperazione people-to-people, anche attraverso partnership di mobilità per specifiche categorie, e a livello sub-regionale. Queste due dimensioni comportano anche un intervento delle autorità locali[6]. Alla fine del 2011, l’intero processo di modifica ha portato alla proposta di stabilire Eni (European Neighbourhood Instrument) come nuovo dispositivo finanziario della Politica di Vicinato per il periodo tra il 2014 e il 2020. Eni ha l’obiettivo specifico di accelerare il sostegno finanziario dell’Unione, essendo più flessibile e più efficiente. Eni ha mantenuto lo stesso orientamento di Enpi, sovvenzionando la cooperazione su tre livelli: bilaterale, multilaterale e transfrontaliera. Ma allo stesso tempo ha introdotto delle novità sostanziali. Innanzitutto, ha previsto un aumento del budget europeo da 11,9 miliardi di euro a 15,4 miliardi per 16 paesi della Pev (10 partner mediterranei e 6 vicini dell’Europa orientale e del Caucaso). In secondo luogo, ha ristretto il focus a sei obiettivi specifici, contro i 29 individuati da Enpi. In particolare, la novità di Eni è stata quella di accogliere tra le sei priorità il rafforzamento della cooperazione a livello regionale, sub-regionale e transfrontaliera. In questo modo viene affermata l’importanza della cooperazione decentrata nel favorire la progressiva integrazione dei paesi della sponda Sud nel Mercato unico europeo. Nonostante gli aggiustamenti post 2011, il moltiplicarsi delle sfide nel vicinato europeo, tanto a Est quanto a Sud, ha spinto l’Ue ad avviare una nuova procedura di revisione della Pev per rispondere in maniera più adeguata alle esigenze e agli interessi dei partner più desiderosi di avanzare nel processo di avvicinamento all’Unione e di integrazione nel Mercato unico europeo. In questo contesto si introduce la consultazione lanciata lo scorso marzo dalla Commissione e dall’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza per la revisione della Pev i cui risultati sono attesi entro fine 2015[7] . La necessità di una effettiva coownership, di un più ampio coinvolgimento dei paesi partner nella Pev e di una maggiore diversificazione e flessibilità sono tra gli aspetti prevalentemente messi in rilievo. Negli ultimi anni si è sottolineata anche l’esigenza di investire maggiormente, non solo in termini di risorse finanziarie, sul decentramento territoriale e sul coinvolgimento attivo delle autorità locali nell’implementazione, gestione e valutazione dei progetti.
1.2   Legittimità e Validità degli accordi
La cooperazione tra enti territoriali è stata inserita nell’ambito delle relazioni euro-mediterranee per la prima volta con la Pev. I programmi di cooperazione transfrontaliera sono stati supportati da Enpi per il periodo 2007-2013 e da Eni per il periodo 2014-2020. Essa prevede attualmente 17 programmi tra paesi europei e i loro vicini nelle sponde Est e Sud del Mediterraneo. Tra questi, due programmi nello specifico interessano l’Italia: il Programma Bacino del Mediterraneo (Sea Basin Programme) e il Programma marittimo (Sea Crossings Programme).
Il Programma per il Bacino del Mediterraneo 2007-2013, si fissava di promuovere la cooperazione transnazionale e facilitare l’integrazione regionale, al fine di avviare le basi di uno sviluppo equo e sostenibile a livello economico, sociale e territoriale. I diversi progetti hanno interessato partner provenienti da regioni italiane e dei paesi della sponda Sud. Il Programma Operativo sancito il 14 agosto 2008 con la risoluzione n° C (4242) della Commissione europea, ha individuato i seguenti obiettivi sulla base dei quali sono stati selezionati i progetti da finanziare[8]:
·         Promuovere lo sviluppo socio-economico e il potenziamento dei territori Lo sviluppo equo e sostenibile tra i partner del Mediterraneo rappresenta la sfida maggiore. Per ottenere questo obiettivo, il Programma 2007-2013 aveva selezionato, tra le sue priorità, il sostegno alla ricerca e all’innovazione, il rafforzamento dei cluster economici, la realizzazione di nuove sinergie tra potenziali partner e il consolidamento delle strategie nazionali per la programmazione territoriale.
·         Promuovere la sostenibilità ambientale a livello del bacino del Mediterraneo Anche nell’ottica di far fronte al mutamento climatico, il Programma ha individuato la priorità di prevenire i fattori di rischio per l’ambiente e favorire l’uso di energie rinnovabili in tutta la regione del Mediterraneo.
·         Promuovere modalità e condizioni migliori per la mobilità di persone, beni e capitali La mobilità è un elemento essenziale della cooperazione regionale e territoriale, e come tale merita l’attenzione della politica europea. La priorità in questo senso è stata quella di facilitare gli spostamenti di persone tra i territori come strumento di arricchimento culturale e sociale.
·         Promuovere il dialogo culturale e la governance locale Questo si inserisce nel progetto di fare del Mediterraneo un’area di pace e stabilità. Per questo motivo, le misure individuate hanno promosso la mobilità e gli scambi tra giovani professionisti e il potenziamento dei processi di governance a livello locale.
·          
In totale, l’Unione europea ha erogato per il Programma 2007-2013 oltre 173 milioni di euro il 40% dei quali è stato assorbito dall’obiettivo volto a favorire l’avanzamento dello sviluppo socio-economico e rafforzamento dei territori. I beneficiari dei progetti sono stati attori del settore sia pubblico sia privato[9]. Tra le regioni italiane, quelle idonee a richiedere finanziamenti sono state le seguenti: Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia e Toscana. Inoltre, sotto specifiche circostanze da valutare caso per caso, erano eleggibili anche altre regioni italiane[10]. Tra i paesi partner della sponda Sud, invece, erano eleggibili i seguenti paesi: Algeria, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria, Tunisia e Turchia. In concreto, i progetti selezionati e finanziati dal Programma per il Bacino 2007-2013 sono stati più di cento e hanno riguardato innumerevoli settori. Nell’ambito dell’obiettivo 1, a supporto dell’innovazione, della ricerca e della creazione di nuovi cluster economici, sono stati selezionati ed implementati progetti volti a sfruttare le risorse archeologiche e le risorse naturali, in particolare quelle idriche; a investire su forme innovative di agricoltura e di allevamento; a rafforzare il settore del turismo e promuovere nuove destinazioni; a migliorare le infrastrutture e le vie di trasporto, in particolare le autostrade; a migliorare lo status sociale delle donne e a creare posti di lavoro soprattutto per i giovani. Per quanto riguarda l’obiettivo 2, sono stati finanziati progetti che riguardavano la gestione sostenibile delle risorse idriche per l’irrigazione, il riciclo dell’acqua, il miglioramento della qualità dell’aria e dell’inquinamento, la gestione delle aree portuali, il turismo sostenibile, lo sviluppo delle energie rinnovabili. Rispetto all’obiettivo 3, è stato finanziato un solo progetto condotto dall’Università di Genova, in collaborazione con altri centri situati in Spagna, Libano, Grecia e Giordania, relativo al miglioramento della circolazione di beni tra il Medio Oriente e i paesi dell’Unione europea, adottando tecnologie condivise soprattutto in ambito portuale. All’interno dell’obiettivo 4, per favorire la mobilità di giovani professionisti e studenti, sono stati finanziati progetti che favorissero la collaborazione tra università, centri di ricerca in vari ambiti, istituti di cultura e fondazioni. I progetti selezionati hanno riguardato le tematiche più disparate: gli studi sulla botanica, la drammaturgia araba contemporanea, l’archeologia e i musei e il turismo, ma anche l’uso di tecnologie e telecomunicazioni a servizio delle pratiche di governo.
Il Programma per il Bacino del Mediterraneo[11] è stato confermato anche per il successivo periodo finanziario 2014-2020. Durante il meeting del Comitato Congiunto di Programmazione tenutosi nel gennaio 2015, i paesi partecipanti ne hanno definito la nuova strategia. Basandosi sull’esperienza passata dell’Enpi Cbc Med per il periodo 2007-2013, l’Eni Cbc Med si propone di concentrarsi soprattutto su questioni legate alla sfera socio-economica e all’ambiente. Inoltre, se nel periodo 2007-2013 erano stati soprattutto i paesi europei del Mediterraneo a giocare un ruolo guida e a beneficiare della cooperazione, il Programma Bacino del Mediterraneo finanziato da Eni si propone di investire soprattutto sui partner della sponda Sud.
Il Programma 2014-2020 prevede due macro obiettivi: promuovere lo sviluppo socioeconomico, da un lato, e far fronte alle sfide ambientali comuni, dall’altro. All’interno di questi due macro ambiti, sono stati stabiliti quattro obiettivi tematici specifici. Il primo è quello di favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese. Le piccole e medie imprese, infatti, rappresentano oltre il 90% del business nella regione, e quindi sono uno dei principali motori dello sviluppo economico, capaci di creare posti di lavoro, stimolare la crescita e i processi di innovazione. Per sostenere la crescita e la competitività di queste imprese sul medio e lungo termine, il programma si focalizza su:
  • Sviluppo dell’innovazione tecnologica, manageriale e operativa, dando supporto a startup innovative e nuove imprese che abbiano una dimensione transnazionale/transfrontaliera e che siano gestite da imprenditori giovani e/o donne;
  • Creazione e consolidamento di network euro-mediterranei sia in settori tradizionali (agroalimentare, turismo, tessile, ecc.) sia in quelli non-tradizionali (sviluppo urbano innovativo, energie rinnovabili, industria creativa, ecc.);
  • Incoraggiamento di iniziative di turismo sostenibile, diversificando le proposte di mercato attraverso la promozione di mete meno turistiche ed aumentando l’offerta nei periodi fuori stagione.
Il secondo obiettivo riguarda il sostegno a istruzione, ricerca e sviluppo tecnologico, da un lato investendo sull’innovazione, rafforzando i legami tra ricerca, industria e piccole e medie imprese (settore privato) e predisponendo la commercializzazione dei risultati della ricerca; dall’altro garantendo l’accesso all’innovazione alle piccole e medie imprese coinvolte in progetti di cooperazione transfrontaliera nel Mediterraneo. Il terzo obiettivo si incentra sull'inserimento sociale e la lotta alla povertà. Quest’ultima è qui intesa come la deprivazione dovuta alla scarsità di risorse materiali e immateriali, dal reddito e proprietà a salute e accesso all’educazione. In questo contesto, la cooperazione si concentra su due ambiti di azione: da un lato, dare a donne e giovani sotto i trent’anni le conoscenze e le competenze necessarie per il mercato lavorativo; dall’altro, sostenere personaggi economici sociali e solidali nel fornire servizi sociali per le persone vulnerabili, favorendone anche la cooperazione con le amministrazioni pubbliche. Il quarto e ultimo obiettivo alle sfide ambientali comuni alla regione mediterranea, in materia di protezione ambientale, cambiamento climatico e limitazione degli sprechi. In particolare, le priorità individuate sono:
  • Sostenere iniziative innovative che puntino a ridurre il problema della scarsità dell’acqua ed incoraggino il rifornimento d’acqua per uso domestico a partire da risorse nonconvenzionali;
  •  Ridurre gli sprechi a livello comunale, promuovendo la raccolta differenziata e lo sfruttamento ottimale in particolare dei rifiuti organici;
  • Aumentare l’uso delle energie sostenibili, soprattutto negli edifici pubblici;
  • Gestire le aree costiere secondo un approccio integrato di cooperazione intra-territoriale tra autorità pubbliche e altri stakeholder rilevanti, in modo da favorire lo sviluppo locale (Ecosystem-Based Approach)
Il Programma Bacino del Mediterraneo 2014-2020 è stato incrementato del 17% rispetto al periodo precedente passando a 209 milioni di euro, corrispondenti ad un quinto del budget totale della cooperazione transfrontaliera sotto lo strumento Eni, che ammonta ad un miliardo di euro. Su un totale di 17 programmi di Cbc, il Programma per il Bacino è il più importante dal punto di vista finanziario. Attualmente, i progetti che rientreranno nella cornice del Programma per il nuovo periodo sono ancora in fase di preparazione.

Parallelamente alla Politica europea di Vicinato, l’importanza della cooperazione decentrata a livello territoriale nelle relazioni euro-mediterranee è stata ripresa e sottolineata anche all’interno di altre iniziative e ambiti istituzionalizzati di dialogo, quali l’Unione per il Mediterraneo e il Comitato delle Regioni (Cdr). In particolare, in un’ottica di rilancio delle relazioni euro-mediterranee nell’ambito del Processo di Barcellona-Unione per il Mediterraneo e della Politica di Vicinato, il Cdr – che funge da piattaforma di incontro e di dialogo politico tra l’Ue e le autorità locali degli stati membri – ha espresso la necessità di includere i concetti di decentramento e dimensione territoriale nonché di adottare un approccio flessibile e mirato verso singoli paesi e progetti specifici[12].
A questo proposito è stata creata nel 2010 l’Assemblea regionale e locale euro-mediterranea (Arlem), con l’obiettivo specifico di rafforzare la dimensione locale e territoriale della cooperazione euro-mediterranea. Arlem è parte integrante della struttura governativa dell’Upm e viene riconosciuta come un forum di dibattito politico che dà voce agli interessi delle autorità locali e regionali[13]. Al suo interno sono state create due commissioni – una per gli Affari economici, sociali e territoriali (Ecoter), l’altra per lo sviluppo sostenibile (Sudev), attive tra il 2010 e il 2014 – che hanno prodotto rapporti su un ampia serie di tematiche che vanno dal decentramento, allo sviluppo urbano, alle migrazioni, allo sviluppo delle piccole e medie imprese, lo sviluppo sostenibile, l’energia, i trasporti ecc. In occasione della sessione plenaria di dicembre 2014, l’ultima in ordine di tempo, le due commissioni sono state riunite in un unico organismo, la Commissione per lo sviluppo territoriale sostenibile.
L’obiettivo che fa da cornice al lavoro di Arlem è infatti quello di supportare il processo di decentramento nella regione mediterranea, promuovendo politiche, programmi e progetti a livello territoriale, che prendano in considerazione le effettive necessità delle autorità locali e regionali attraverso un processo bottom-up. Tra il 2010 e il 2014, ad esempio, Arlem ha finalizzato un progetto per ampliare la capacità istituzionale delle autorità locali e regionali nell’ambito dello sviluppo urbano, cooperando con il Segretariato dell’Upm. Il progetto ha previsto diverse azioni complementari che hanno coinvolto regioni e città di ogni paese partner. Per l’attuale mandato, che copre il periodo 2012-2015, gli obiettivi prefissati sono i seguenti:
·         Ridurre la disparità di sviluppo nella regione del Mediterraneo, promuovendo la crescita delle regioni meno sviluppate;
·         Promuovere lo sviluppo territoriale per favorire la crescita e l’occupazione;
·         Promuovere good governance e institutional capacity building, necessarie per gestire i servizi pubblici locali e i fondi della cooperazione internazionale; Per raggiungere questi obiettivi, l’attuale mandato di Arlem individua le seguenti priorità:
·         Consolidare il processo di decentramento in quei paesi in cui le ‘primavere arabe’ hanno innescato dei processi di riforme volte a rafforzare il ruolo delle autonomie locali. È il caso del Marocco, dove la riforma costituzionale approvata nel luglio del 2011 ha previsto uno spostamento di potere dal centro alle regioni attraverso il potenziamento dei consigli regionali. E anche della Tunisia, dove la nuova costituzione del gennaio 2014 stabilisce il principio dell’elezione diretta dei consigli municipali e regionali.
·         Assicurare che le politiche settoriali dell’Upm comprendano la dimensione territoriale. In materia di sviluppo economico, sociale e territoriale, la proposta è di definire una agenda territoriale di vicinato 2020 (Neighbourhood Territorial Agenda 2020), attualmente in fase di preparazione, per favorire una integrazione funzionale tra regioni europee e dei paesi del vicinato in settori chiave quali trasporti, commercio, energia, acqua e ambiente. Sebbene diversi studi e programmi siano stati finanziati dall’Ue in materia, manca oggi una visione globale e inclusiva anche dei paesi partner del vicinato. Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, un contributo in materia di sviluppo urbano considerato prioritario nell’agenda della cooperazione euro-mediterranea, è stato dato dal rapporto del 2014 della commissione Sudev sulla gestione dei rifiuti a livello locale. Il report finale di Sudev dà infatti raccomandazioni specifiche sul tema dello smaltimento dei rifiuti[14].
·         Contribuire a una strategia macro-regionale e a una politica di coesione della zona uro-mediterranea. Traendo spunto dall’esperienza della politica europea di coesione che in due decenni ha rappresentato un importante strumento per ridurre le disparità socio-economiche tra le regioni europee, la proposta di Arlem è di estendere il modello della politica di coesione europea al vicinato mediterraneo e di integrarlo nell’approccio “more for more” in seno alla Pev. Questo approccio consentirebbe di sostenere il decentramento nei paesi della sponda Sud promuovendo e cofinanziando progetti e iniziative. Particolare attenzione sarebbe dedicata alle aree rurali e a quelle affette da svantaggi demografici o naturali di carattere permanente.

A complemento della politica di coesione Arlem propone anche di applicare al Mediterraneo l’approccio macro-regionale che l’Ue ha implementato nelle macro-regioni del Baltico e del Danubio e che ha adottato nella macro-regione adriatico-ionica. In concreto, la proposta prevede un approccio graduale in quelle che vengono individuate come tre distinte macroregioni del Mediterraneo: la Strategia Adriatico-Ionica, la Strategia per il Mediterraneo Occidentale (che include Portogallo, Spagna, Francia, Malta, Italia, Marocco, Mauritania, Algeria e possibilmente Libia) e la Strategia per il Mediterraneo Orientale (Turchia, Libano, Siria, Palestina, Israele ed Egitto). L’idea qui sarebbe di favorire un maggiore e più efficace coordinamento tra i vari strumenti e politiche esistenti, rafforzando il ruolo delle autorità locali e regionali. Se un maggiore interessamento delle autorità territoriali nella cooperazione euro-mediterranea sarebbe auspicabile e avrebbe evidenti vantaggi, il contesto di crisi che caratterizza il Mediterraneo orientale (crisi siriana, crisi dei rifugiati, conflitto israelopalestinese) ne rende difficile l’attuazione nel breve-medio periodo. Meno problematica, ad esclusione della Libia, si presenterebbe invece la Strategia per il Mediterraneo occidentale, grazie anche a programmi di cooperazione transfrontaliera consolidati. Nella parte finale del rapporto annuale, Arlem sottolinea ancora una volta la necessità di sostenere il processo di decentramento nel Mediterraneo attraverso la “territorializzazione” di programmi, politiche e progetti in particolare nelle aree prioritarie di azione dell’Upm. Inoltre mette in rilievo, da un lato, l’importanza di dotare le autorità locali e regionali dei mezzi necessari per mettere in moto la macchina dello sviluppo economico, oltre che per fare fronte a sfide sempre più schiaccianti come l’immigrazione, l’assistenza alle vittime di violenza, i costi dei conflitti regionali; dall’altro, la necessità di potenziare la cooperazione dell’Unione europea con le istituzioni locali e la pubblica amministrazione, aumentando il raggio d’azione della Local Administration Facility nel bacino del Mediterraneo. In conclusione, propone il rafforzamento del ruolo delle autorità dello sviluppo dei Piani d’azione definiti nella cornice della cooperazione bilaterale della Pev[15].

Seppure interrompendo la linea cronologica, quasi sempre coerentemente rispettata in questo studio, dobbiamo trattare di due temi, più volte citati e che temporalmente si pongono a cavallo tra questo capitolo ed il precedente. I due temi, che meritano un approfondimento, quanto meno cognitivo, sono il già citato Programma Enpi (European Neighbourhood and Partnership Instrument), e successivamente il tema complessivo dell’Area di Libero Scambio (Mefta). Questa trattazione risponde innanzitutto al bisogno di complessiva esaustività dei temi trattati in seno alla Cooperazione Euromediterranea; successivamente alla sottesa idea che i rapporti che hanno interessato il Bacino Mediterraneo, i protagonisti che vi si sono confrontati, e le vicende che ne hanno caratterizzato la storia, sono sempre il frutto di molteplici forze che si sono scontrate, sommate, diventate talvolta complementari, e quindi non ci si può esimere dal raccontare i progressi economici e culturali se si vuole apprendere l’essenza degli sviluppi istituzionali e giuridici.
  1. Programma Enpi (European Neighbourhood and Partnership Instrument)

Dal MEDA all’ENPI

Il programma MEDA[16] è stato il principale strumento finanziario dell’Unione europea al servizio del partenariato euro-mediterraneo. Esso prevedeva degli strumenti di accompagnamento finanziari e tecnici per il miglioramento delle strutture economiche e sociali dei partner mediterranei. Lo stesso programma MEDA ha avuto una natura al contempo bilaterale e regionale. Anche la struttura istituzionale, dunque, prevedendo il coinvolgimento di numerosi soggetti statali enon, rifletteva l’approccio sancito globalmente dalla Dichiarazione di Barcellona[17]. L’ENPI (Europeo di vicinato e partenariato - European Neighbourhood and Partnership Instrument) sostiene la politica europea di vicinato (PEV[18]).
Operativo dal 1 ° gennaio 2007, rappresenta la continuità strategica con obiettivi ampliati del precedente programma di cooperazione MEDA (per i paesi del Mediterraneo), divenendone di fatto il sostituto oltre che l’evoluzione[19].
I paesi beneficiari dell’ENPI sono i paesi partner[20] della PEV e la Russia.

L'ENPI ha i seguenti obiettivi strategici:

·         Sostenere la transizione democratica e la promozione dei diritti umani;
·         La transizione verso l'economia di mercato;
·         La promozione dello sviluppo sostenibile e politiche di comune interesse (antiterrorismo, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, la risoluzione dei conflitti, lo Stato di diritto internazionale, ecc.);
In questo quadro, la Commissione ed i paesi partner hanno stabilito quattro assi principali di cooperazione basati su:
  • L'attuazione di un dialogo rafforzato sulle riforme;
  • L’omogeneizzazione graduale delle legislazioni;
  • Sostegno istituzionale alla democrazia;
  • Gli obiettivi delle Nazioni Unite “Millennium Development Goals[21]”.

L'ENPI finanzia azioni nei vari settori, tra cui:
  • sviluppo più equo;
  • commercio e le riforme;
  • la liberalizzazione di alcuni settori;
  • giustizia e affari interni;
  • energia;
  • trasporto;
  • società dell'informazione;
  • sostenibilità ambientale;
  • ricerca e innovazione.

Inoltre, può fornire un supporto alle missioni di osservazione e post-crisi elettorali e di preparazione alle catastrofi.

Rispetto a MEDA, l'ENPI presenta le seguenti caratteristiche innovative[22]:
  • La cooperazione transfrontaliera, in base al quale l'ENPI finanzia programmi congiunti, tra le regioni degli Stati membri e dei paesi partner con una frontiera comune;
  • Un fondo per la governance che fornisce risorse per partner che hanno dimostrato la volontà di portare avanti le riforme essenziali in materia di democratizzazione e di buon governo;
  • Il gemellaggio: strumento, che riunisce competenze del settore pubblico degli Stati membri dell'UE e dei paesi beneficiari, con l'obiettivo di valorizzare le attività di cooperazione;
  • TAIEX[23] (assistenza tecnica e scambio di informazioni), gestito congiuntamente da EuropeAid e direzione generale Allargamento della Commissione europea, con l'obiettivo di contribuire a promuovere la cooperazione politica ed economica in una serie di settori, soprattutto per quanto riguarda il ravvicinamento, l'applicazione e l'attuazione della legislazione UE.

La cooperazione multilaterale transfrontaliera denominata "Programma per il Bacino del Mediterraneo[24]" fa parte della nuova politica europea di vicinato (PEV) e del suo strumento finanziario (European Neighbourhood and Partnership Instrument - ENPI) per il periodo 2007-2013: essa mira a rafforzare la cooperazione tra l'Unione Europea (UE) e le regioni partner, disposte lungo i paesi le rive del Mar Mediterraneo.

14 paesi partecipanti, che rappresentano 76 paesi e circa 110 milioni di persone, sono ammissibili nell'ambito del programma: Cipro, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Giordania, Libano, Malta, Autorità palestinese, Portogallo, Spagna, Siria e Tunisia[25].

Il programma operativo, approvato il 14 agosto 2008[26], stabilisce un quadro strategico di 4 Priorità definite congiuntamente dai paesi partecipanti:
1) promozione dello sviluppo socio-economico e rafforzamento dei territori
2) promozione ambientale la sostenibilità a livello di bacino
3) promozione di migliori condizioni e modalità per garantire la mobilità delle persone, delle merci e capitali
4) promozione del dialogo culturale e della governance locale.

Attori pubblici e privati, ​​organizzati in partenariati transfrontalieri mediterranei sono invitati a proporre progetti in seguito all’emanazione di inviti pubblici, che saranno in gran parte promossi dalle istituzioni interessate. Principali beneficiari sono enti regionali e locali pubblici, ONG, associazioni, agenzie di sviluppo, università e istituti di ricerca, così come gli attori privati ​​che operano nei settori di intervento del programma[27].

Come principale organo decisionale, il comitato di controllo congiunto, composto dai rappresentanti dei paesi partecipanti, supervisiona ed assicura la qualità e l'efficacia dell'attuazione del programma e approva i progetti da finanziare. L'Autorità di Gestione Comune[28], è responsabile della gestione operativa e finanziaria del programma. Sarà supportato da un segretariato tecnico congiunto, un ufficio internazionale, mentre una rete di punti di contatto nazionali contribuisce alla promozione delle opportunità del programma e dei risultati nei territori eleggibili.

Dall’ENPI all’ENI (The European Neighbourhood Instrument)

A partire dal 2014, lo strumento europeo di vicinato (ENI) ha sostituito il, sin qui trattato, (ENPI). L'ENI sarà attivo, stando al contenuto degli accordi, sino al 2020 e fornirà il quadro complessivo di riferimento dei finanziamenti per le relazioni tra l'Unione europea (UE) ei paesi partner nell'ambito della nuova politica europea di vicinato (PEV). Oltre agli accordi bilaterali e multinazionali, il sostegno sarà concesso attraverso la cooperazione transfrontaliera, di cui programma del nuovo ENI CBC[29] "Bacino del Mediterraneo" fa parte.

UE e partner limitrofi: relazioni in evoluzione

La cooperazione, la pace e la sicurezza, responsabilità reciproca ed una responsabilità comune per i valori assoluti della democrazia, dello Stato di diritto e principalmente il rispetto dei diritti umani, sono i principi costituenti del rapporto che si persegue tra l'UE ei paesi vicini dell'Est e del Sud.

L'obiettivo di tale partenariato dovrebbe essere "di creare un’area di prosperità e buon vicinato fondato sui valori dell'Unione e caratterizzato da relazioni strette e pacifiche basate sulla cooperazione", secondo quanto sancito dal trattato sull'Unione europea.

Da quando è stato lanciata, nel 2004, la politica europea di vicinato (PEV) vi è stato il rafforzamento delle relazioni, importante risultato, seppur infinitamente più esiguo delle aspettative iniziali, portando benefici tangibili sia per l'UE che per i suoi partner, compresa l'introduzione di iniziative regionali, di rilevanza umanitaria e solidale, sia il, già visto, sostegno alla democratizzazione.

Le relazioni e gli obiettivi saranno ulteriormente ampliati attraverso lo strumento europeo di vicinato (ENI), in modo tale da adattarsi alle esigenze reali e le considerazioni che emergeranno nel corso degli anni. D’altronde gli stessi documenti costitutivi dell’Eni identificano questo istituto come fonte principale di supporto alle politiche Europee (PEV) nel Mediterraneo ed in Oriente[30].

Sulla base delle esperienze acquisite fino ad oggi[31], la Eni sosterrà la politica europea di vicinato (PEV) e girare le decisioni prese a livello politico in azioni sul terreno. L'ENI si prefigge, inoltre, di razionalizzare il sostegno finanziario[32], concentrandosi su obiettivi politici concordati, e rendere la programmazione più specifica, in modo che sia più efficace.

I 16 Paesi partner ENI sono:

ENI Sud - Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia Marocco, Palestina, Siria[33], Tunisia

ENI Oriente - Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia, Ucraina

La Russia ha uno status speciale, fuori dalle dinamiche dell’ENI e della PEV in genere. I rapporti con questo paese non si sviluppano attraverso la PEV, ma una partnership strategica che riguarda quattro "spazi comuni". Pertanto, sono ammissibili solo per programmi ENI di cooperazione regionale e transfrontaliera, con co-finanziamento di progetti[34].

Ciò che rende questo strumento più efficace, è che, sotto l'ENI, l'assistenza ai Vicini sarà:

• Più veloce e flessibile, riducendo la complessità e la lunghezza del processo di preparazione in modo che la rilevanza del contributo non sia pregiudicata;
• Destinerà incentivi per i migliori risultati attraverso l’approccio “more-for-more approach[35]”;
• Sarà sempre più orientata alle politiche sulla base dei principali obiettivi politici concordati con i partner, soprattutto nei piani d'azione bilaterale della PEV;
• permetterà una più grande diversificazione, in modo che l'Unione europea assegni una percentuale maggiore di fondi laddove l'aiuto possa avere il massimo impatto;
• Obiettivo per la responsabilità reciproca in modo che tenga maggiormente conto dei diritti umani, della democrazia e del buon governo.

L'ENI incoraggerà inoltre legami più stretti tra l'UE ei paesi partner per consentire ai loro cittadini di partecipare al successo programmi interni dell'UE, come ad esempio sulla mobilità degli studenti, programmi per la gioventù o il sostegno alla società civile. Sarà data particolare enfasi all'impegno con la società civile. Questo strumento di finanziamento, che risponde alla necessità di relazioni in evoluzione tra l'UE ei suoi paesi partner, continuerà a garantire la buona riuscita del processo di democratizzazione e di migliorare lo sviluppo economico e sociale nelle immediate vicinanze dell'Unione europea. Sosterrà il processo di riforma già avviato dai paesi partner stessi.

Questa lunga disamina, può essere riassunta nel catalogo dei sei obiettivi ENI:

(1) La promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, dello Stato di diritto, l'uguaglianza, la democrazia sostenibile, del buon governo e una società civile vitale.

(2) garantire la progressiva integrazione nel mercato interno dell'UE e una maggiore cooperazione anche attraverso l’omogeneizzazione legislativa e la convergenza normativa, il potenziamento istituzionale e gli investimenti.

(3) condizioni di mobilità ben gestita ed incentivata di persone e la promozione dei contatti interpersonali.

(4) incoraggiare lo sviluppo, la riduzione della povertà, la coesione economica, sociale e territoriale interna, lo sviluppo rurale, azione per il clima e la resilienza alle catastrofi.

(5) promuovere la creazione di fiducia e le altre misure che contribuiscono alla sicurezza e alla prevenzione e risoluzione dei conflitti.

(6) Rafforzare la cooperazione subregionale, regionale e di vicinato, così come la cooperazione transfrontaliera.

Il sostegno attraverso l'Eni è programmato e dato in tre modi diversi[36]:

• programmi bilaterali che riguardano il sostegno a un paese partner;
• programmi che affrontano sfide comuni a tutti od ad alcuni dei paesi partner;
• programmi di cooperazione transfrontaliera tra Stati membri e paesi partner che si svolgono lungo la parte comune delle frontiere esterne dell'Unione europea (inclusa la Russia[37]).
Settori prioritari

Alcune delle aree di cooperazione ENI che sarà dato massima priorità sono[38]:

• Aumentare le piccole e medie imprese
• della società civile impegno
• Azione Cambiamento climatico
• Più facile la mobilità delle persone
• cooperazione energetica
• La parità di genere
• integrazione economica graduale
• Persone-contatti interpersonali
• collegamenti di trasporto
• Gioventù e occupazione

  1. Area di Libero Scambio (Mefta)

Gli accordi sin qui analizzati, prevedevano la progressiva istituzione di una zona di libero scambio nel Mediterraneo, nel rispetto delle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Questa zona di libero scambio sarebbe dovuta essere attuata dopo un periodo di transizione della durata di 12 anni successivi all'entrata in vigore degli accordi[39].
La libertà di circolazione delle merci tra l’UE e i paesi del Mediterraneo avrebbero reso possibile attraverso:
·         La progressiva eliminazione dei dazi doganali;
·         Il divieto delle restrizioni quantitative all'esportazione e all'importazione, nonché di altre misure di effetto equivalente o discriminatorie tra le parti.
Queste regole si riferiscono in particolare all'importazione di prodotti industriali, agli scambi di prodotti agricoli, trasformati e non, e ai prodotti della pesca[40].
Per quanto riguarda il diritto di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, le istituzioni accordarono il rispettivo impegno in virtù dell'accordo generale sugli scambi di servizi. Inoltre i partner devono giungere alla completa liberalizzazione del settore dei capitali non appena sussisteranno le condizioni di base.
Infine, si metterà progressivamente in atto un meccanismo di composizione delle controversie commerciali[41].

Uno degli aspetti che è stato messo in evidenza fin dalle origini del Partenariato, è la necessità di completare gli accordi di libero scambio tra la UE e i Paesi partner. Fra i tentativi messi in atto, la Dichiarazione di Agadir firmata da Marocco, Tunisia, Giordania ed Egitto l’8 maggio 2001, proponeva la creazione di un’area araba di libero scambio tra questi quattro Paesi comprendente la cooperazione nelle aree strategiche e il superamento delle differenze ideologiche e dei contrasti politici, ma essa non ha trovato attuazione pratica. 
Il complesso intrecciarsi delle variabili economiche con quelle politiche che da sempre ha caratterizzato gli equilibri della regione e le sue prospettive di sganciamento dalla dipendenza con l’estero risale in superficie ogni volta che si cerca di creare delle istituzioni regionali.  
Di tentativi di integrazione economica e politica tra i Paesi arabi se ne sono contati moltissimi dal secondo dopoguerra in poi, ma nessuno ha raggiunto gli scopi che si era prefissato. Infatti, uno dei principali scogli da superare è quello della cessione della sovranità: i Paesi arabi, sin dai tempi della Lega Araba e del Consiglio dell’Unità Economica Araba, hanno mostrato sempre un certo scetticismo verso la delega di poteri decisionali ad organi collegiali sopranazionali, sia per motivi interni, che per la forte dipendenza dalle influenze straniere. Anche il promettente progetto dell’Unione del Maghreb Arabo    naufragato in seguito alla destabilizzazione causata dai rigurgiti dei conflitti interetnici nel Sahara Occidentale. Un altro scoglio da affrontare è la debolezza degli scambi: il commercio intra-arabo è infatti limitato[42] ed inoltre la qualità e le potenzialità dei flussi commerciali risultano essere incerti.  Un livello tecnologico  similare tra  i  sistemi  produttivi dell’area,  nonché  una specializzazione  concorrenziale  in  molti  prodotti  agricoli  e  la  forte  incidenza  delle risorse naturali sull’economia di vari Paesi della sponda meridionale e orientale, non sembrano  rappresentare  una  base  solida  su  cui  fondare  i  processi  di  integrazione commerciale  sud-sud,  anche  se  questo  mette  in  luce  la  presenza  di  ampie  fasce  di mercato attualmente soddisfatte da beni importati e l’importanza che può rivestire il commercio intra-industriale.  La via d’uscita indicata dall’UM rimase quella della creazione di un’ampia regione mediterranea fortemente integrata politicamente ed economicamente, e funzionale sia al centro che alla periferia[43]
L’importanza della Conferenza di Barcellona risiedeva indubbiamente nel superamento della vecchia tradizione della politica mediterranea della Ue durata un quarto di secolo[44], basata sulle relazioni bilaterali e sulle tradizionali politiche di aiuto alla cooperazione verso i paesi terzi mediterranei. Per la prima volta la Ue ha manifestato un punto di vista geopolitico e strategico sull’intera regione. Attraverso l’attuazione di un partenariato euromediterraneo fondato su accordi di associazione imperniati su tre elementi prioritari: il sostegno alla transizione economica, il sostegno per un migliore equilibrio socioeconomico e il sostegno all’integrazione regionale (l’area di libero scambio) l’Unione europea e i suoi partner mediterranei avrebbero instaurato una cooperazione non soltanto economica ma anche sociale, culturale e finanziaria su scala regionale. Nei fatti, l’80% della cooperazione tra Ue e paesi mediterranei è rimasta di tipo bilaterale.
Il Partenariato si basa su due principi fondamentali che sono stari unanimemente accettati da tutti i partecipanti, e cioè[45]:
-           Continuare lungo le linee previste dal trattato di Maastricht dell’Europa Allargata (Wider Europe) con la realizzazione di una grande area Euro-Mediterranea tra i paesi membri della Ue ed i paesi mediterranei mediante una politica globale, comprendente gli assetti politici e di sicurezza, economici e finanziari nonché il rafforzamento delle condizioni di base della vita delle comunità da conseguire con specifiche politiche sociali e culturali;
-           Il principio della massima crescita attraverso l’utilizzo delle potenzialità offerte da una maggiore integrazione dei mercati, ma nel massimo rispetto delle diversità geografiche e culturali; e contemporaneamente la realizzazione dell’obiettivo della coesione sociale dell’intero sistema. Quindi un principio basato su un concetto di modernizzazione articolato ed innovativo rispetto alla semplice integrazione costituita dall’omologazione su standard predeterminati (cioè quelli europei).
Nello specifico è possibile vedere come il processo di Barcellona produsse risultati, il cui valore analizzeremo successivamente.
Nel corso degli anni tutti i paesi mediterranei, eccetto la Turchia e la Tunisia, hanno ridotto i dazi doganali nel settore industriale. A tale proposito appare interessante analizzare almeno tre aspetti che stanno alla base dei futuri negoziati interstatuali per la realizzazione dell’area di libero scambio:
-Il primo riguarda gli eterogenei livelli dei dazi doganali, che vanno dall’8% per Israele al 64% per il Marocco e ancora dal 38% per la Turchia al 160% per l’Egitto.
Nel complesso, sono cinque i PPM ad avere i dazi doganali più elevati: il Marocco, la Tunisia, l’Algeria, l’Egitto e la Giordania.
-Nel corso degli anni, dal 1995 al 2010, questi paesi hanno inoltre provveduto allo smantellamento tariffario con ritmi differenziati. Il Marocco, ha ridotto le sue tariffe di circa 37 punti percentuali e di 93 punti riferito all’intera regione mediterranea tra il 1993 e il 2003 (ossia una riduzione rispettivamente del 57% e del 65% in dieci anni). L’Algeria, la Tunisia e l’Egitto hanno optato per uno smantellamento più lento: le loro tariffe si sono ridotte di circa 6 punti (per l’Algeria e per la Tunisia) e 8 punti (per l’Egitto). La Giordania, invece, ha ridotto le sue tariffe di circa 9 punti tra il 2000 e il 2003, circa una riduzione del 43% in tre anni. La Turchia, il Libano e Israele sono passati da una media di circa il 9% al 4% per Israele e Libano e al 5,2% per la Turchia (nel 2003)[46].
L’insieme dei Paesi Partner Mediterranei hanno beneficiato, per i loro prodotti industriali, di diritti doganali preferenziali (spesso vi è un esonero totale) sul mercato europeo da almeno due decenni[47].
Tuttavia, per valutare il grado di evoluzione di questo accesso al mercato europeo, e più largamente, ai mercati dei paesi sviluppati, la sola considerazione della riduzione generale dei dazi doganali ad valorem, è decisamente insufficiente. La riduzione generale dei diritti ad valorem è stata seguita da un ricorso massiccio ad altri tipi di barriere agli scambi. La forma di questa restrizione può essere multipla. Può trattarsi di diritti specifici, di contingenti tariffari, di diritti anti-dumping, di norme, ecc.
Studi condotti dal Centro del Commercio Internazionale, da M. Mimouni e F. Von Kirchbach[48], mostrano che, contrariamente alle idee sostenute in passato, gli ostacoli ai mercati dei paesi sviluppati non si sono ridotti, e che al contrario esistono una serie di fattori che tendono ad accrescerli. Per questi autori, i principali fattori che hanno rinforzato la protezione dei paesi sviluppati sono i seguenti:
-La moltiplicazione dei diritti specifici: essi sono comparsi nel corso del Ciclo dell’Uruguay Round e riguardano in particolare i prodotti agricoli e i prodotti sensibili dell’industria. Questi diritti specifici consistono nell’imporre un diritto in unità monetaria sulle quantità (per unità, per tonnellate). Così, la percentuale di questo diritto in rapporto al valore del prodotto (equivalente ad valorem) dipende dal suo prezzo e dal tasso di cambio. Ciò rende questi diritti specifici molto meno trasparenti rispetto a diritti ad valorem.
-La caduta dei prezzi dei prodotti di base: questi prodotti, che hanno subito sensibili riduzioni di prezzo, sono generalmente soggetti a diritti specifici, provocando in questo modo un aumento dei loro tassi di protezione ad valorem[49].
Nella stessa maniera, il deprezzamento e/o l’apprezzamento del tasso di cambio nei Paesi Partner Mediterranei, riducendo e/o rincarando i prezzi unitati espressi in divisa, accresce e/o riduce la protezione ad valorem esercitata dai diritti specifici.
-Il ricorso massiccio alle barriere non tariffarie: si tratta di norme tecniche (qualità, etichettatura, ecc…), così come di norme relative alla sicurezza ambientale.
Un ulteriore problema che a nostro avviso appare interessante menzionare riguarda il ruolo giocato dalle regole di origine[50]. In via generale, le regole di origine costituiscono un ostacolo all’accesso ai mercati dei paesi sviluppati nella misura in cui esse impongono: una costrizione tecnica (ossia per le regole di cambiamento della posizione tariffaria, per il criterio fondato su un valore aggiunto minimo, per una procedura di produzione specifica) e una costrizione di costi, legati alla pesantezza delle procedure amministrative per provare le origini dei prodotti. Per armonizzare le regole di origine e permettere il cumulo diagonale tra i paesi membri, l’Unione Europea creò il sistema Pan-Europeo, entrato in vigore nel gennaio del 1997. Ne fanno parte i paesi UE, i paesi dell’EFTA (Norvegia, Islanda, Lichtenstein e Svizzera), la Romania, la Bulgaria e la Turchia dal 1999. Il Consiglio di Toledo nel marzo 2002 propose l’ingresso di tutti i paesi mediterranei nel sistema Pan-Europeo. Sembra, di conseguenza, che le recenti evoluzioni non vadano nella direzione di un accrescimento dell’apertura dei mercati del nord. I paesi sviluppati hanno probabilmente reso più difficile l’accesso al loro mercato.
Un ulteriore problema, che a nostro avviso rappresenta probabilmente il maggiore ostacolo alla costituzione di uno spazio economico euromediterraneo, riguarda la questione agricola. Questa tematica, nel quadro del partenariato euro-mediterraneo, è di fatto trascurata, ed anzi completamente accantonata con specifico riferimento agli accordi bilaterali italiani anche più recenti[51]. Un ruolo di rilievo del settore agricolo lo si può riscontrare solo, appunto con l’esclusione dell’esperienza italiana, nelle negoziazioni bilaterali, in alcuni accordi di associazione, dove vi sono peculiarità specifiche e reciproche. Ma l’eventuale processo che potrebbe permettere una evoluzione congiunta e progressiva delle agricolture dei paesi UE e dei Paesi Partner Mediterranei non è mai stato posto alla base di un negoziato[52]. A nostro avviso, l’UE dovrebbe rilanciare la PAC e intensificare gli scambi sui prodotti agricoli con i PPM.
Lo sviluppo degli scambi di beni e servizi nella grande regione euro-mediterranea sarebbe dovuto essere un elemento centrale di rafforzamento della coerenza di questa regione. Il modo in cui questi scambi si svilupperanno sarà determinante per l’area di libero scambio poiché costituiscono il fondamento materiale delle aspirazioni umane di prossimità legati alla storia, alla cultura e alla geografia. L’evoluzione degli scambi di beni e servizi e dei movimenti di capitali costituiscono ottimi indicatori della vitalità delle società considerate e dei progressi realizzati in termini di competitività e attrattività.
Si tratta del principale criterio per giudicare il successo del partenariato[53]. Tutti i partners Mediterranei dell’UE si aprirono agli scambi internazionali, tranne l’Egitto e il Libano. Questa apertura fu in parte legata all’evoluzione tariffaria e in parte al ruolo accresciuto degli scambi internazionali nella vita economica dei PM. Fatta eccezione per l’Egitto e il Libano, la crescita dei PM riguarda maggiormente la domanda esterna. Per quanto riguarda le importazioni, si accese la concorrenza fra produzioni industriali. Alla prima fase della liberalizzazione doganale che ha visto le riduzioni tariffarie colpire i beni strumentali e i prodotti intermedi, e che ha condotto contemporaneamente ad un ridimensionamento delle entrate fiscali e ad un leggero aumento della produzione reale delle industrie domestiche di beni di consumo, seguì una fase di forte competizione tra le produzioni nazionali ormai largamente avviata soprattutto nei paesi che hanno già messo in atto le azioni previste negli accordi di associazione.

Sulla base di studi condotti dalla Heritage Foundation, esclusivamente impostati sulla media dei diritti, si può dunque registrare che il principale obiettivo economico di Barcellona, la liberalizzazione degli scambi, è stato sostanzialmente ottenuto sulla carta, e ha condotto ad un ampliamento nell’apertura delle economie considerate, in maniera importante più dal punto di vista storico che prettamente pecuniario. Questa liberalizzazione, realizzata ad un ritmo più debole se paragonata all’intera economia mondiale, è tuttavia sensibilmente inferiore rispetto ai nuovi aderenti, diretti concorrenti dei PPM.
L’esperienza commerciale euro-mediterranea non è quindi riuscita propriamente nel suo intento. Passato il 2010[54], nonostante gli sforzi, specie di matrice Europea, e nonostante alcuni importanti risultati che abbiamo registrato, sia di naturale bilaterale, che anche infra-paesi tersi, siamo costretti a misurarci con nuovi e forse imprevedibili problemi: molti di questi imprevedibili nel 1995[55]. L’idea di sviluppare un clima di Pace nel Mediterraneo, partendo da un’unificazione sempre più stringente e progressiva delle realtà politiche, tra loro differenti, ha prodotto una serie, in parte analizzata di problematiche. Lacune che si sono sommate, moltiplicate ed addirittura radicate nella considerazione che i paesi musulmani rivieraschi nutrono nei confronti dei paesi Europei. Sullo sfondo rimangono immutate le criticità legate allo scacchiere politico euromediterraneo, tradizionalmente instabile per definizione. Anche di questo dato, non certo irrilevante, sembrano avere piena consapevolezza a Bruxelles, i rappresentanti nazionali del consiglio e l’altro Rappresentante[56].
Nonostante problematiche e ritardi, vi è una coscienza diffusa, anche se non completamente condivisa tra le Istituzioni Europee, di non demordere, e continuare a puntare ad un grande progetto Mediterraneo Istituzionale ed economico. Il Vicepresidente Vicario del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ribadisce come il rafforzamento della cooperazione industriale nel Mediterraneo assuma una valenza decisiva per il rilancio della crescita economica. Ecco così spiegata la decisione dell’Unione Europea di non precludere ai vicini Paesi del Mediterraneo la possibilità di partecipare ai programmi comunitari Horizon 2020[57] per la ricerca e Cosme[58] per le piccole e medie imprese.
Tajani sostiene: “La partecipazione avverrà a certe condizioni, ma si tratta di un messaggio molto importante”, ha tenuto ad evidenziare Tajani. Il sostegno alle piccole e medie imprese e il rilancio del settore industriale sono fattori fondamentali “per favorire la creazione di posti di lavoro per i giovani e promuovere il ruolo della donna nei Paesi del Mediterraneo”, ha invece sottolineato dal canto suo il segretario generale dell’Upm, Fathallah Sijilmassi[59].
Quindi anche per il futuro, oltre i fallimenti, alcuni parziali, del percorso di integrazione economica, condotto sin qui, La commissione Europea, per il periodo 2014-2020, per la zona euromediterranea, assegna lo stesso obiettivo che Bruxelles assegna all’Europa: creare un clima socioeconomico favorevole per sostenere gli investimenti, promuovere l’innovazione tecnologica, aiutare le aziende piccole e medie. Per i prossimi anni l’UM concentrerà i suoi sforzi sulla creazione di reti tra imprese mentre proseguirà il lavoro già intrapreso per arrivare alla costituzione di un grande mercato industriale euro-mediterraneo. Seguendo questa metodologia di lavoro, saranno portati avanti i negoziati sugli accordi relativi alla valutazione della conformità e l’accettazione dei prodotti industriali. Altro punto chiave sarà la prosecuzione del dialogo in ambiti di comune interesse.














[1] European Commission, A Partnership for Democracy and Shared Prosperity with the Southern Mediterranean,
COM(2011) 200 final, Brussels, 8 March 2011
[2]OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE, Approfondimento ISPI su RILANCIO DELLA COOPERAZIONE EURO-MEDITERRANEA Valeria Talbot, Chiara Lovotti. Ottobre 2015
[3]OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE, Approfondimento ISPI su RILANCIO DELLA COOPERAZIONE EURO-MEDITERRANEA Valeria Talbot, Chiara Lovotti. Ottobre 2015
[4]Joint Communication by the Representative of the Union for Foreign Affairs and Security Policy and the European
Commission, A New Response to a Changing Neighbourhood: A Review of the European Neighbourhood Policy,
Brussels, 25 May 2011.
[5]per quanto riguarda i paesi della sponda Sud
[6]OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE, Approfondimento ISPI Valeria Talbot, Chiara Lovotti. Ottobre 2015
[7]European Commission, High Representative of the European union for Foreign Affairs and Security Policy, Joint
Consultation Paper, Towards a new European Neighbourhood Policy, JOIN(2015) 6 final, Brussels, 4.3.2015.
[8]Mediterranean Sea Basin Programme 2007-2013, Cross-Border Cooperation within the European Neighbourhood
Partnership (ENPI), Final Version, 14 August 2008.
[9]autorità, agenzie, piccole e medie imprese, istituzioni universitarie, centri di formazione, organizzazioni della società civile, etc.
[10]Abruzzo, Emilia Romagna, Marche, Molise, Piemonte e Umbria
[11]Il Programma Bacino del Mediterraneo 2014-2020.  Mediterranean Sea Basin Programme 2014-2020, Final Draft Strategy, 8 March 2015
[12]Comitato delle Regioni, http://cor.europa.eu/it/Pages/home.aspx.
[13]ARLEM, Annual Report on the Territorial Dimension of the Union for the Mediterranean, 2014
[14]ARLEM, Report on Waste Management at Local and Regional Level in the Mediterranean Region, 2014.
[15]ARLEM, Annual Report on the Territorial Dimension of the Union for the Mediterranean, 2014.
[16] Il programma MEDA è il principale strumento finanziario dell’Unione europea al servizio del partenariato euro-mediterraneo. Esso prevede delle misure di accompagnamento finanziarie e tecniche per la riforma delle strutture economiche e sociali dei partner mediterranei. Il programma MEDA ha avuto come prima base giuridica il egolamento MEDA del 1996 (regolamento (CE) n° 1488/96 del consiglio) che copriva il periodo dal 1995 al 1999 e lo dotava di un bilancio di 3.435 milioni di euro. Un nuovo regolamento (regolamento (CE) n° 2698/2000), versione migliorata del precedente, che istituiva il programma MEDA II per il periodo 2000-2006, è stato adottato nel novembre 2000. Il nuovo programma ha una dotazione di 5,35 miliardi di euro. I principali obiettivi e settori di intervento si rifanno direttamente a quelli della Dichiarazione di Barcellona del 1995. Il programma MEDA ha una vocazione allo stesso tempo bilaterale e regionale. Cooperazione bilaterale Cooperazione regionale
[17] La politica mediterranea dell’Unione Europea dal Processo di Barcellona all’Unione per il Mediterraneo, (1995-2009), Paolo Wulzer.
[18] Sito istituzionale: http://eeas.europa.eu/policies/index_en.htm
[19] L’Enpi non è solo l’evoluzione del Meda, ma anche del  simile TACIS (per i paesi dell'Europa orientale).
[20] Mediterranei in particolar modo
[21] Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM) sono obiettivi con scadenze precise e quantificabili al mondo per affrontare la povertà estrema nelle sue molteplici dimensioni reddito povertà, la fame, le malattie, la mancanza di un riparo adeguato, e l'esclusione, promuovendo l'uguaglianza di genere, l'istruzione, e la sostenibilità ambientale. Essi sono anche fondamentali diritti-umani i diritti di ogni persona sul pianeta alla salute, all'istruzione, rifugio, e la sicurezza.
[22] COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E SVILUPPOCreazione di partenariati per il cambiamento nei paesi in via di sviluppo. http://ec.europa.eu/
[23] Programmi di cooperazione interregionale della Commissione europea mirano a sostenere la riforma e processi di transizione in atto nei paesi partner limitrofi dell'UE. Promuovono attuazione ed omogeneizzazione del diritto comunitario, rafforzando nel contempo la cooperazione, dell'integrazione economica e della governance democratica. Per raggiungere questi obiettivi, vengono utilizzati i due strumenti chiave 'TAIEX' e 'SIGMA'.
[24] CROSS-BORDER COOPERATION WITHIN THE EUROPEAN NEIGHBOURHOOD AND PARTNERSHIP INSTRUMENT (ENPI)
MEDITERRANEAN SEA BASIN PROGRAMME 2007-2013, http://www.enpicbcmed.eu/documenti/29_38_20090108120940.pdf
[25]Rappresentazione geografica: http://www.enpicbcmed.eu/documenti/29_153_20090109134529.pdf
[26] Della Commissione europea dalla decisione C (2008) 4242
[27] ENPI CBC Mediterranean Sea Basin Programme 2007 – 2013, http://www.enpicbcmed.eu/documenti/29_153_20090109135603.pdf
[28] http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=URISERV%3Ar17101
[29] Sito istituzionale: http://www.enpicbcmed.eu/
[30] Enpi CpcMed, sito Istituzionale http://www.enpicbcmed.eu/enicbcmed-2014-2020/the-european-neighbourhood-instrument
[31] Anche quindi al passato di ENPI e MEDA
[32] L'ENI si baserà sui risultati del vicinato e partenariato, ereditati da ENPI per portare benefici più tangibili sia per l'UE ei suoi partner di vicinato. Con un budget di € 15 miliardi e 433milioni, fornirà la maggior parte dei finanziamenti ai paesi europei di vicinato attraverso una serie di programmi.
[33]  Cooperazione dell'Unione europea con la Siria è attualmente sospesa a causa della situazione politica
[34]  CROSS-BORDER COOPERATION
WITHIN THE
EUROPEAN NEIGHBOURHOOD AND PARTNERSHIP INSTRUMENT (ENPI) http://www.enpicbcmed.eu/documenti/29_38_20090108120940.pdf
[35] Che consente all'UE di aumentare il suo sostegno a i partner che stanno realmente attuando ciò che è stato concordato
[36]Istruzioni per la programmazione per l'strumento europeo di vicinato (ENI) 2014-2020 http://ec.europa.eu/europeaid/sites/devco/files/ENI%20programming%20instructions.pdf
[37] Il programma di ENI CBC "Bacino del Mediterreanane" fa parte della componente di cooperazione transfrontaliera dell'ENI.
[38] REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 897/2014 di 18 Agosto 2014 che stabilisce disposizioni specifiche per l'attuazione dei programmi di cooperazione transfrontaliera finanziati nel quadro del regolamento (UE) n 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento europeo di vicinato http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/HTML/?uri=CELEX:32014R0897&from=EN
[39] Tuttavia si deve notare che gli scambi fra l’UE e Israele sono già oggetto di una liberalizzazione, da un periodo significativamente precedente rispetto al resto dell’esperienza Mediterranea.
[40] Possono essere adottate, tuttavia, delle misure di salvaguardia per ragioni di interesse pubblico o per tutelare un settore economico particolarmente vulnerabile.
[41] http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=URISERV%3Ar14104
[42] Al 5% del volume complessivo di Pil, nei primi anni 2000
[43] La strategia euro-mediterranea: prospettive politico-economiche per il ...
 Di Dino Nicolia, 2005. Franco Angeli
[44] Mediterraneo ed Europa, Il Partenariato Euro-Mediterraneo, Andrea Gallina. 2005
[45] Dichiarazione di Barcellona e partenariato euromediterraneo http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=URISERV:r15001
[46] Rapporto FEMISE, febbraio 2005
[47] Rapporto annuale Femise sul Partenariato Euro-mediterraneo, settembre 2006; http://www.femise.org
[48] Trade and Gender: Opportunities and Challenges for Developing Countries, 2004, Studio delle Nazioni Unite
[49] Economia internazionale, Volume 1  Di Paul R. Krugman,Maurice Obstfeld, Pearson Addison Wesley
[50] Studio sulle “Regole d’origne” condotto dalla camera di commercio di Varese http://209.227.254.56/faq.html
[51] Ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008, Presentato il 23 dicembre 2008 http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/schedela/apritelecomando_wai.asp?codice=16pdl0017390
[52] Alejandro Lorca et Josè Vinces, “The effects of agricultural liberalisation on the economies of Mediterranean partner countries”, rapporto Femise, giugno 2004
[53] Rapporto annuale Femise sul Partenariato Euro-mediterraneo, settembre 2006; http://www.femise.org
[54] Data indicata come il vero e proprio inizio di un nuovo capitolo della Storia del Bacino Mediterraneo.
[55] Processo di Barcellona
[56] Federica Mogherini
[57] Programma Quadro europeo per la Ricerca e l’Innovazione (2014 –2020) https://ec.europa.eu/programmes/horizon2020/
[58]Programma COSME – Programma per la competitività delle imprese e delle PMI 2014-2020  http://ec.europa.eu/growth/smes/cosme/index_it.htm
[59] http://www.rivistaeuropae.eu/esteri/esterni/unione-per-il-mediterraneo-il-ruolo-centrale-delle-piccole-e-medie-imprese