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venerdì 20 novembre 2015

elaborazione tesi 1

1.    Situazione Politica dei Partecipanti

La Dichiarazione di Barcellona del 1995, ratificata da 15 paesi dell’UE e da 12 Paesi della sponda sud ed est del Mediterraneo[1], rappresenta, sia da un punto di vista politico-economico che sociale una sostanziale svolta nei rapporti tra due culture, popoli che per secoli sono stati divisi da usi, costumi e religioni diverse.
La Dichiarazione di Barcellona costituisce una fase del tutto nuova nei rapporti tra paesi europei, maghrebini e mediorientali poiché per la prima volta le politiche economiche, commerciali non si svolgono più su basi e iniziative dei singoli stati, bensì in un disegno armonico, di sviluppo pianificato: per la prima volta si parla di “cosviluppo”, un notevole passo in avanti rispetto alla tipologia di intervento precedente, che si rifaceva al tradizionale modello di aiuto allo sviluppo.
La politica di partenariato nasce proprio dal riconoscimento che gli obiettivi della stabilità e della realizzazione di una zona di libero scambio nell’area non possano essere raggiunti semplicemente limitandosi agli aggiornamenti dei protocolli finanziari e degli accordi. “La pace, la stabilità e la prosperità della regione mediterranea figurano tra le principali priorità dell’Europa” che deve provvedere a riorientare i propri interventi nella regione in funzione di queste finalità. Il partenariato ha cominciato a prendere forma nel 1992 a seguito di una comunicazione della Commissione su “Il futuro delle relazioni tra la Comunità e il Maghreb”[2]. Questo primo approccio regionale è stato successivamente allargato a tutto il bacino mediterraneo. Nell’ottobre del 1994, la Commissione ha approvato un testo nel quale si richiedeva l’adozione di una politica mediterranea più incisiva e l’instaurazione di un nuovo partenariato euro-mediterraneo. Il Consiglio europeo di Essen, nel dicembre dello stesso anno, ha accettato gli orientamenti della Commissione e l’ha invitata alla trasmissione di proposte specifiche, proposte contenute in una Comunicazione del marzo 1995 su: “Il consolidamento della politica mediterranea dell’Unione Europea: proposte per la creazione di un partenariato euro-mediterraneo”. Alla base del Partenariato Euro-mediterraneo c’è un progetto di cooperazione e integrazione interregionale che si basa essenzialmente sulla creazione di una zona di libero scambio. L’idea che anima la cooperazione si fonda sulla prossimità sia geografica, ma anche storica e culturale, delle aree che si affacciano sul Mediterraneo. Il partenariato rappresenta il principale strumento per contenere i rischi che il divario economico tra le due sponde del bacino e le profonde fratture in campo sociopolitico (l’integralismo islamico, le debolissime istituzioni democratiche) sfocino in un netto distacco dall’Unione.
Nel ’94 ha visto luce il Forum mediterraneo[3].
Forum Mediterraneo: Dal 2000 in poi le riunioni del forum si sono soprattutto concentrate sugli aspetti prettamente politici e della sicurezza. È stato affrontato, a più riprese, il conflitto arabo-israeliano, e sono state discusse le varie risoluzioni delle Nazioni Unite su questo tema, senza peraltro trovare una posizione comune se non una blanda condanna delle azioni repressive di Israele in Cisgiordania. L’obiettivo di rendere il forum uno strumento atto a promuovere iniziative di carattere culturale è sostanzialmente vanificato. A suggello di tutti questi organismi che peccavano sul fatto di affrontare in maniera estemporanea le problematiche comuni e non prevedevano alcun vincolo giuridico è nata l’idea di realizzare un partenariato euro-mediterraneo stabile, definito e ambizioso. Con la Dichiarazione di Barcellona l’idea di Schuman, De Gasperi, Monnet, Altiero Spinelli finalmente ha cominciato a prendere forma.
Il processo di interesse dell’U.E. verso una politica euromediterranea ha avuto origine nel 1992 con la Dichiarazione di Lisbona, dove si è chiaramente identificato il Mediterraneo come zona di interesse sulla base di quattro elementi:
·        posizione geografica,
·        interesse economico,
·        interdipendenza economica e commerciale,
·        importanza dell’Islam.
Il vero punto di svolta nella politica “mediterranea” dell’UE si è avuta con l’avvio del cosiddetto Processo di Barcellona. Il nome è dovuto al primo importante Consiglio dell’Unione dei quindici con i dodici paesi della “riva meridionale” del Mediterraneo che si tenne il 27-28 novembre 1995 a Barcellona durante il semestre di Presidenza spagnola.
La conferenza ha gettato le basi di un processo che avrebbe dovuto portare all’istituzione di un quadro multilaterale di dialogo e di cooperazione tra l’UE e i paesi terzi mediterranei. Sin dal preambolo, i partecipanti affermavano la loro volontà di superare il classico bilateralismo che ha contrassegnato a lungo le relazioni euromediterranee. Ne deriva un contesto multilaterale e durevole che poggia sullo spirito di partenariato, pur nel rispetto delle specificità proprie di ogni partecipante. Il processo di Barcellona ha obiettivi che vanno ad integrare quelli preesistenti di attenzione al Mediterraneo, ma vive di sue proprie motivazioni: cercare di limitare il divario economico esistente tra le due sponde del “Mare historicum”, creare un’alternativa al blocco degli stati americani ed asiatici, progettare una espansione al di là del blocco ex-Urss.
Si è, quindi, sviluppata una cooperazione chiusa tra l’U.E. ed i dodici paesi del Mediterraneo in tre settori o pilastri di centrale importanza:
A.    Politico e della sicurezza
B.     Economico-finanziario
C.     Culturale e sociale
E’ appropriato procedere per gradi ad un’analisi empirica, nella quale venga accennato l’aspetto politico, culturale ed economico di questi Paesi. L’Europa del periodo postbellico cresce basandosi su istituzioni politiche e democratiche. Le rappresentazioni parlamentari sono sistematicamente elette e quindi hanno il pieno mandato dei cittadini. Si è inoltre proceduto a realizzare una riforma politico-istituzionale, volta al decentramento dei poteri e delle competenze. Nei Paesi Arabi, con le dovute differenze, assistiamo ad una concentrazione del potere esecutivo nelle mani di pochi rappresentanti istituzionali che nella maggior parte dei casi ricevono un mandato elettorale plebiscitario.
Nei Paesi Arabi non esiste il ricambio generazionale e poi, ed è questo l’ostacolo principale alla crescita economica di questi paesi, non vi è mai stato un serio intervento di riforme atte ad assicurare il decentramento dei poteri: contiguamente a ciò appare doveroso riportare che i sindaci e i governatori su base regionale, non vengono eletti dal popolo bensì nominati dal governo centrale. Su queste basi, nei paesi Arabi, nel dopoguerra abbiamo avuto una completa assenza di un adeguato sviluppo industriale e una adeguata politica commerciale. È ovvio che non possiamo disconoscere che parte della responsabilità di questo mancato decollo, o talvolta avvio, economico dei paesi della sponda Sud, ricade sui Paesi Europei. Infatti il controllo diretto colonialistico (che ha portato vari Paesi Europei fra cui il Benelux, la Francia e la Gran Bretagna, a sfruttare le riserve economiche e industriali di quei Paesi) è stato sostituito, dopo l’indipendenza ottenuta da questi Paesi, dal neocolonialismo che, se ha consentito la nascita di una classe dirigente locale, ha al tempo stesso mantenuto le economie di paesi come il Marocco, la Tunisia, la Giordania e l’Egitto nelle mani dei Paesi Europei e nell’ultimo ventennio degli USA.
Quindi, se si vuole edificare un Partenariato Euromediterraneo su basi economico-finanziarie e politico-legislative stabili, bisogna non solo rimodellare i mercati, ma intervenire drasticamente per la realizzazione di costruzioni (istituti, per l’appunto) legislative comuni. Possiamo così sintetizzare gli obiettivi:
• Rinnovare la “governance” e le istituzioni politiche in genere a tutti i livelli;
• Rimodellare il settore bancario, industriale e commerciale;
• Procedere a rinnovare, attraverso gli aiuti dati alle Università, la formazione di una classe dirigente moderna e manageriale.
Diventa doveroso indicare, per quanto schematicamente, le linee guida dei paesi partecipanti alla Dichiarazione di Barcellona, al momento in cui essa comincia il suo percorso. Tale analisi permette di evidenziare caratteri comuni e differenze nei punti cardini e salienti degli stati partecipanti.

ALGERIA
Repubblica popolare democratica d'Algeria
(Al-Jumhuriya al-Jaza'iriya ad-dimuqratiya ash-sha'biya)

Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Algeri
Indipendenza: 5 luglio 1962 (dalla Francia)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo, in seguito alla revisione della Costituzione del 1996, è affidato principalmente al presidente della Repubblica, che viene eletto a suffragio universale e resta in carica per cinque anni; ha ampi poteri e nomina il primo ministro.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è basato su un Parlamento bicamerale. L’Assemblea nazionale del popolo (al-Majlis al-Sha’abi al-Watani) è composta da 380 membri eletti a suffragio universale ogni quattro anni. Il Consiglio nazionale (al-Majlis al-Umma), chiamato anche Senato, è composto da 144 membri (di cui 48 nominati dal presidente della Repubblica) che restano in carica per sei anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario è basato sul diritto francese e islamico. Prevede un Consiglio costituzionale di nove membri con un singolo mandato di sei anni e diverse Corti supreme, di cui le principali sono quelle di Algeri, Orano e Costantina. La pena di morte è prevista per una serie di reati ordinari e per gli atti di terrorismo, ma il paese sta attuando una moratoria delle esecuzioni.
·        Divisioni amministrative: L’Algeria comprende 48 dipartimenti (wilayaat, sing. wilaya); ogni dipartimento è amministrato da un governatore (wali)[4].

AUSTRIA
Repubblica Federale Austriaca
Republik Österreich

Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Vienna
Indipendenza: 1156 (dalla Baviera)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo è esercitato dal Presidente che è eletto a suffragio universale con un mandato di sei anni, rinnovabile una sola volta; di sua competenza è la nomina del cancelliere, il capo del governo.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è esercitato da un Parlamento bicamerale costituito dal Consiglio nazionale (Nationalrat, o Camera bassa), composto da 183 membri eletti per un termine di quattro anni attraverso un sistema di rappresentanza proporzionale, e dal Consiglio federale (Bundesrat, o Camera alta), composto da 64 membri nominati dalle Diete provinciali. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 19 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario prevede la Corte suprema costituzionale (Verfassungsgerichtshof), la Corte suprema amministrativa (Verwaltungsgerichtshof) e la Corte suprema di giustizia (Oberster Gerichtshof), l’organo di grado più elevato[5].
·        Divisioni amministrative[6]: L’Austria è divisa in nove stati federati (Bundesländer, sing. Bundesland): Burgenland, Carinzia, Austria Inferiore, Salisburgo, Stiria, Tirolo, Austria Superiore, Vienna e Vorarlberg.

BELGIO
Regno del Belgio
Royaume de Belgique
Koninkrijk België

Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Bruxelles
Indipendenza: 4 ottobre 1830 (dai Paesi Bassi)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo federale è esercitato dal Re e dal suo governo, costituito dai Ministri e dai Segretari di Stato
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento bicamerale che comprende un Senato (fiammingo Senaat; francese Sénat) di 71 membri che restano in carica per 4 anni (di cui 40 eletti attraverso un sistema di rappresentanza proporzionale e 31 dalle tre comunità linguistiche) e una Camera dei rappresentanti (fiammingo Kamer van Volksvertegenwoordigers; francese Chambre des Représentants) di 150 membri eletti attraverso un sistema proporzionale per un mandato di 4 anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte Suprema i cui giudici sono nominati a vita dal sovrano.
·        Divisioni amministrative[7]: Il Belgio è diviso in tre regioni, a loro volta ripartite in dieci province: le Fiandre, che comprendono le province di Anversa, del Brabante Fiammingo, del Limburgo, di Fiandra Occidentale e di Fiandra Orientale; la Vallonia, suddivisa in Brabante Vallone, Hainaut, Liegi, Lussemburgo e Namur; e infine la provincia di Bruxelles-Capitale, a sua volta divisa in 19 comuni.
BULGARIA
Repubblica di Bulgaria
(Republika Balgarija)
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Sofia
Indipendenza: 1878 (dall’Impero Ottomano)

·        I poteri sono così ripartiti: Potere esecutivo: Il presidente è eletto a suffragio universale per un termine di cinque anni e il suo mandato è rinnovabile una sola volta. Egli nomina il capo del governo, che è di norma il leader del partito di maggioranza.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo poggia su un Parlamento monocamerale, l’Assemblea nazionale (Narodno Sabranie), composta da 240 membri eletti con sistema proporzionale per un termine di quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema, il cui presidente è nominato dal capo dello stato, e una Corte costituzionale. La pena di morte è stata abolita nel 1999.
·        Divisioni amministrative[8]: La Bulgaria è divisa in 28 province (oblasti, sing. oblast): Sofia Capitale, Sofia Regione, Burgas, Varna, Plovdiv, Ruse, Haskovo, Lovech, Montana, Sliven, Yambol, Dobrich, Silistra, Shumen, Gabrovo, Pleven, Vidin, Vratsa, Veliko Tarnovo, Pazardjik, Smolyan, Razgrad, Targovishte, Blagoevgrad, Pernik, Kardjali, Kjustendil, Stara Zagora.

CIPRO
Repubblica di Cipro
Kibris Cumhuriyeti (turco)

Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Nicosia
Indipendenza: 16agosto 1960 (dalla GB)
I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il presidente è eletto a suffragio universale per un periodo di cinque anni ed è anche capo del governo. Nella Repubblica turca di Cipro del Nord il presidente è eletto a suffragio universale per un periodo di cinque anni; egli nomina il capo del governo, scelto tra i membri del Parlamento.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è affidato a una Camera dei rappresentanti (Vouli Antiprosopon) di 80 membri, eletti con un mandato di cinque anni; sono vacanti i 24 seggi riservati alla comunità turco-cipriota. Nella Repubblica turca di Cipro del Nord il potere legislativo è affidato a un’Assemblea legislativa (Cumhuriyet Meclisi) di 50 membri eletti con un mandato di cinque anni. In entrambe le entità hanno diritto al voto tutti i cittadini che hanno compiuto il diciottesimo anno di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario cipriota si basa sulla Common Law. La pena di morte è stata abolita nel 1983 per i crimini ordinari e nel 1999 per tutti i crimini commessi in tempo di pace; nel 2002 è stata cancellata anche per i reati commessi in tempo di guerra. Il sistema giudiziario prevede quale massimo organo la Corte Suprema.
·        Divisioni amministrative[9]: La Repubblica di Cipro è divisa in 6 distretti (Famagosta, Kyrenia, Larnaca, Limassol, Nicosia, Pathos), distinti in due tipologie di enti locali: 33 municipi e 576 Consigli Comunali.

Regno di Danimarca
Danimarca
Kongeriget Danmark

Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Copenhagen
Indipendenza: Nel 1849 divenne una monarchia costituzionale

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il sovrano è il capo dello stato; egli nomina il primo ministro e approva la formazione del governo.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è affidato congiuntamente al sovrano e al Parlamento unicamerale (Folketing o Dieta), composto da 179 membri (di cui due per le isole Fær Øer e due per la Groenlandia) eletti con sistema proporzionale per un mandato di quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario si basa sul diritto continentale e prevede una Corte suprema, che ha sede a Copenaghen, i cui giudici sono nominati a vita dal sovrano.
·        Divisioni amministrative[10]: La Danimarca è divisa in quattordici contee (amter, sing. amt) e in due distretti municipali (Copenaghen e Frederiksberg). Le contee sono: Copenaghen, Frederiksborg, Roskilde, Storstrøm, Vestsjælland (sull’isola di Sjælland); Bornholm; Århus, Nordjylland, Ribe, Ringkøbing, Sønderjylland, Vejle e Viborg (nella penisola dello Jutland); Fionia o Fyn.


EGITTO
Repubblica Araba d'Egitto
(Jumhuriyya Misr al-‘Arabiyya)
Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Il Cairo
Indipendenza: 28 febbraio 1922 (da GB)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il presidente della Repubblica, scelto dall’Assemblea del popolo e confermato con referendum popolare, rimane in carica per sei anni; è coadiuvato da un gabinetto di ministri da lui nominati. Il presidente ha amplissimi poteri: può destituire i ministri, sciogliere l’Assemblea ed emettere decreti, i quali devono tuttavia essere sottoposti a referendum entro 60 giorni.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è affidato all’Assemblea del popolo (Majlis al-Sha’b), composta da 454 membri (di cui 444 eletti con voto diretto per cinque anni e 10 di nomina presidenziale). Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età. Nel 1980 è stato istituito un Consiglio consultivo o Senato (Majlis al-Shura) composto da 264 membri, di cui 176 eletti con voto diretto per sei anni e 88 di nomina presidenziale.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario, che si basa su elementi della legge islamica della shariah insieme a leggi di derivazione britannica e francese, prevede una Corte suprema costituzionale. Ogni governatorato è dotato di tribunali propri. È in vigore la pena di morte.
·        Divisioni amministrative[11]: L’Egitto è amministrativamente diviso in 27 governatorati (muhafazat, sing. muhafazah)

ESTONIA
Repubblica dell'Estonia
Eesti Vabariik


Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale:
Tallin
Indipendenza: 20 agosto 1991 (dall'URSS)
I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il presidente della Repubblica, eletto dal Parlamento con un mandato di cinque anni, esercita funzioni perlopiù rappresentative. Il potere esecutivo è affidato al governo, responsabile di fronte al Parlamento.
·        Potere legislativo: L’esercizio del potere legislativo spetta al Consiglio di stato (Riigikogu), organo monocamerale composto da 101 membri eletti col sistema proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il potere giudiziario spetta alla Suprema Corte composta 19 giudici, il cui Presidente è nominato dal Parlamento a vita. La pena di morte è stata abolita nel 1998
·        Divisioni amministrative[12]: L’Estonia è suddivisa in quindici distretti (maakonnad, sing. maakond): Harju, Hiiu, Ida-Viru, Järva, Jõgeva, Lääne, Lääne-Viru, Pärnu, Põlva, Rapla, Saare, Tartu, Valga, Viljandi, Võru.

FINLANDIA
Repubblica di Finlandia
Suomen Tasavalta (finlandese)
Republiken Finland (svedese)

Forma di governo: Repubblica Parlamentare
Capitale: Helsinki
Indipendenza: 6 dicembre 1917 (dalla Russia)
I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo appartiene al Presidente della Repubblica e al Governo. Il presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale con un mandato di sei anni. Egli nomina il primo ministro, che guida un Consiglio di stato (Valtioneuvosto) formato da un massimo di 17 ministri
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è affidato a un Parlamento unicamerale (Eduskunta) composto da 200 membri eletti con sistema proporzionale per un mandato di quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario si basa su tre gradi di giudizio ed è esercitatati da 71 Tribunali distrettuali, 6 Corti d’Appello e le Corte Suprema (Korkein Oikeus), oltre ai tribunali amministrativi e a quelli speciali.
·        Divisioni amministrative[13]: La Finlandia è divisa in 6 Province (Aland, Etela-Suomen Laani, Ita-Suomen Laani, Lansi-Suomen Laani, Lappi, Oulun Laani). Solo la provincia insulare di Aland gode di particolare autonomia amministrativa e può legiferare su determinate materie

FRANCIA
Repubblica Francese
République Française
Forma di governo: Repubblica semipresidenziale
Capitale: Parigi
Indipendenza: 486 (unificata da Clovis)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il presidente della Repubblica viene eletto a suffragio universale per un mandato di cinque anni. Egli nomina il primo ministro (e, su proposta di questi, i ministri), presiede il Consiglio dei ministri, il Consiglio superiore della magistratura, il Consiglio di difesa nazionale ed è comandante in capo delle forze armate.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento bicamerale. L’Assemblea nazionale (Assemblée nationale) è costituita da 577 membri eletti a suffragio universale, in carica per cinque anni. Il Senato (Sénat) è composto da 331 membri, eletti a suffragio universale indiretto dai deputati e dai consiglieri dipartimentali e comunali e rinnovabili per un terzo ogni tre anni. Il diritto di voto è conferito al conseguimento del diciottesimo anno d’età.
·        Potere giudiziario: Il potere giudiziario si divide tra la giurisdizione ordinaria (che cura i casi civili e penali) e quella amministrativa (che giudica i ricorsi contro i provvedimenti amministrativi). L'ultima istanza della giurisdizione ordinaria è la Corte di Cassazione, mentre la suprema corte amministrativa è il Consiglio di Stato.
·        Divisioni amministrative[14]: La Francia è divisa in 26 regioni (régions), 22 metropolitane e 4 regioni d'oltre mare, ulteriormente suddivise in 96 dipartimenti (départements).


GIORDANIA
Regno Hascemita di Giordania
(Al-Mamlaka al-Urdunniyya al-Hashimiyya)

Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Amman
Indipendenza: 25 maggio 1946[15]

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il sovrano esercita il potere esecutivo insieme a un gabinetto di ministri, responsabili di fronte al Parlamento. Il re ha il potere di dichiarare guerra, di concludere la pace e di convocare, aggiornare e sospendere la Camera dei rappresentanti.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato sull’Assemblea nazionale (Majlis al-Umma), bicamerale. Il Senato (Majlis al-Aayan) è composto da 40 membri nominati dal sovrano su approvazione del Parlamento; la Camera dei rappresentanti (Majlis al-Nuwaab) riunisce 80 membri eletti con sistema proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 20 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario del paese, che si basa sulle leggi civili e sulla legge coranica, prevede una Corte suprema e una Corte di cassazione. È in vigore la pena di morte.
·        Divisioni amministrative[16]: La Giordania è divisa in dodici governatorati (muhafazat, sing. muhafazah): Ajlun, Amman, Aqaba, Balqa, Irbid, Jarash, Karak, Ma’an, Madaba, Mafraq, Tafila e Zarqa.

GERMANIA
Repubblica Federale di Germania
Bundesrepublik Deutschland
Forma di governo: Repubblica federale
Capitale: Berlino
Indipendenza: 18 gennaio 1871 (unificazione dell’Impero Tedesco); 1989 (caduta del muro di Berlino)
I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo è affidato al cancelliere, nominato dal presidente e approvato dal Parlamento, e al governo di cui è capo. I ministri sono nominati dal presidente, sulla base delle proposte del cancelliere; quest’ultimo è responsabile di fronte al Bundestag.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento bicamerale. La Dieta federale (Bundestag) è composta da circa 600 membri (il numero varia con le legislature) eletti a suffragio universale per un termine di quattro anni. Il Consiglio federale (Bundesrat) ha 69 membri designati dai governi dei Länder in proporzione alla popolazione. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario del paese prevede una Corte costituzionale federale (Bundesverfassungsgericht), i cui giudici sono eletti per metà dal Bundestag e per metà dal Bundesrat.I Länder hanno tribunali propri.
·        Divisioni amministrative[17]: La Germania è divisa in sedici stati confederati (tedesco Land, plurale Länder). Baden-Württemberg, Baviera, Berlino, Brandeburgo, Brema, Amburgo, Assia, Bassa Sassonia, Renania Settentrionale-Vestfalia, Renania-Palatinato, Saarland, Schleswig-Holstein, Meclemburgo-Pomerania Anteriore, Sassonia-Anhalt, Turingia e Sassonia.


GRECIA
Repubblica Ellenica
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Atene
Indipendenza: 1829 (dall'Impero Ottomano)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il presidente, eletto dal Parlamento con un mandato di cinque anni, ha una funzione perlopiù rappresentativa. Egli designa il primo ministro e nomina, su proposta di questi, i ministri. Il potere esecutivo è affidato al primo ministro e al governo, che rispondono del loro operato davanti al Parlamento.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale (Vouli ton Ellinon) composto da 300 membri eletti con sistema proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema e un Tribunale speciale supremo, i cui giudici sono nominati a vita dal presidente. La pena di morte è stata abolita nel 1993 per i crimini ordinari e completamente nel 2005.
·        Divisioni amministrative[18]: La Grecia è amministrativamente divisa in 13 regioni, a loro volta suddivise in 52 province (nomói, sing. nomós). Le regioni sono: Attica, Creta, Egeo Meridionale, Egeo Settentrionale, Epiro, Grecia Centrale, Grecia Occidentale, Isole Ionie, Macedonia Centrale, Macedonia Occidentale, Macedonia Orientale e Tracia, Peloponneso e Tessaglia. La Costituzione del 1975 riconobbe al monte Athos lo status di Repubblica monastica autonoma.



IRLANDA
Repubblica d'Irlanda
Republic of Ireland (inglese)
Poblacht na hÉireann (gaelico)
Forma di governo: Repubblica Parlamentare
Capitale: Dublino
Indipendenza: 6 Dicembre 1922[19]

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il presidente, eletto a suffragio universale con un mandato di sette anni, nomina il primo ministro approvazione del Parlamento. (Taoiseach) e il consiglio dei ministri, previa
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è (Oireachtas/Parliament) composto da due camere. Basato su un Parlamento La Camera dei rappresentanti (Dáil Éireann/House of Representatives) riunisce 166 membri eletti con sistema proporzionale per cinque anni; il Senato (Seanad Éireann/Senate) ha 60 membri in carica per 5 anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: L’ordinamento giudiziario è basato sulla Common Law anglosassone, adattata alle consuetudini locali. Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema, i cui giudici sono nominati dal presidente su indicazione del governo.
·        Divisioni amministrative[20]: Lo Stato d’Irlanda è diviso in quattro province (Leinster, Munster, Connaught e una parte dell’Ulster), a loro volta divise in 26 contee: Carlow, Dublino, Kildare, Kilkenny, Laois, Longford, Louth, Meath, Offaly, Westmeath, Wexford e Wicklow (Leinster); Clare, Cork, Kerry, Limerick, Tipperary (South Riding), Tipperary (North Riding) e Waterford (Munster); Galway, Leitrim, Mayo, Roscommon e Sligo (Connaught); Cavan, Donegal e Monaghan (Ulster).

ISRAELE
Stato d'Israele
(ebraico) 'elanatYisriMed .... ..... .(arabo)li'aDawlatIsr ..

Forma di governo: Repubblica Parlamentare
Capitale: Gerusalemme
Indipendenza: 14 maggio 1948[21]


I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il presidente della repubblica è eletto dal Parlamento e rimane in carica per cinque anni; le sue funzioni sono perlopiù rappresentative. Il potere esecutivo è affidato al primo ministro, eletto a suffragio diretto per quattro anni, e al governo, responsabili del proprio operato di fronte al Parlamento.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è affidato all’Assemblea nazionale (Knesset), unicamerale, che comprende 120 membri eletti a suffragio universale con sistema proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Sono in vigore due sistemi giudiziari, l’uno civile, l’altro religioso. Il primo prevede una Corte Suprema, alla quale sono sottoposti i tribunali distrettuali; le facoltà delle corti minori sono piuttosto limitate. Ai tribunali religiosi vengono affidati i casi di matrimonio, divorzio e testamentari. La pena di morte è in vigore per reati eccezionali.
·        Divisioni amministrative[22]: Il paese è diviso in sei distretti (mehozot, sing. mehoz): Centrale, Gerusalemme, Haifa, Meridionale, Settentrionale e Tel Aviv.


ITALIA
Repubblica Italiana

Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Roma
Indipendenza: 17 Marzo 1861 (proclamazione del Regno d' Italia); La nascita della Repubblica Italiana avvenne a seguito dei risultati del referendum istituzionale del 2 e 3 giugno 1946

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo spetta al governo, formato dal presidente del Consiglio dei ministri e dai vari ministri; per entrare in carica il governo deve ottenere il voto di fiducia del Parlamento, quindi esprime la volontà della maggioranza degli elettori. In genere il presidente del Consiglio è a capo del partito di maggioranza.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è affidato ad un parlamento bicamerale, costituito dalla Camera dei Deputati (630 deputati) e dal Senato della Repubblica (315 senatori eletti, più i senatori a vita). Il parlamento viene eletto dal popolo con un sistema elettorale misto maggioritario-proporzionale.La legislatura ha una durata massima di cinque anni, ma può essere interrotta anticipatamente.
·        Potere giudiziario: Corte Costituzionale (composta da15 giudici: un terzo nominati dal presidente, un terzo eletti dal Parlamento in seduta comune, un terzo eletti dalle supreme magistrature giudiziarie e amministrative)
·        Divisioni amministrative[23]: L’Italia si riparte in venti regioni, di cui quindici (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto) a “statuto ordinario”, mentre cinque (Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta) a “statuto straordinario”. A loro volta le regioni sono ripartite in province (110 al 2009[24]); le province sono suddivise in comuni, in numero di 8.047[25].

LETTONIA
Repubblica di Lettonia
Latvijas Republika
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Riga
Indipendenza: 21 agosto 1991[26] (dall'URSS)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo è esercitato dal Governo (Consiglio dei Ministri) che è composto dal Primo Ministro e dai Ministri da lui nominati.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale (Saeima), composto da 100 membri eletti a suffragio universale con sistema proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema, i cui giudici vengono ratificati dal Parlamento. La pena di morte è stata abolita nel 1999, ma è ancora prevista per l’omicidio con circostanze aggravanti commesso in tempo di guerra.
·        Divisioni amministrative[27]: La Lettonia è suddivisa in ventisei distretti (sing. rajons): Aizkraukles, Aluksnes, Balvu, Bauskas, Cesu, Daugavpils, Dobeles, Gulbenes, Jekabpils, Jelgavas, Kraslavas, Kuldigas, Liepajas, Limbazu, Ludzas, Madonas, Ogres, Preiju, Rezeknes, Rigas, Saldus, Talsu, Tukuma, Valkas, Valmieras, Ventspils. Vi sono inoltre sette municipalità: Riga, Daugavpils, Liepaja, Jelgava, Jurmala, Ventspils e Rezekne.

LIBANO
Repubblica del Libano
(Al-Jumhuriyya al-Lubnaniyya)

Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Beirut
Indipendenza: 22 novembre 1943 (dalla Francia)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Capo dello stato è il presidente della repubblica eletto, con un mandato di sei anni (nove dal 1995), dall’Assemblea nazionale tra i membri della comunità cristiana maronita; i suoi poteri sono oggi molto limitati. Il potere esecutivo è affidato al governo e al presidente del consiglio; questi è scelto tra i membri della comunità musulmana sunnita.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è affidato a un parlamento unicamerale, l’Assemblea nazionale, composta da 128 membri eletti a suffragio universale con un mandato di quattro anni. Le comunità musulmana e cristiana dispongono entrambe di 64 seggi. Dei seggi della comunità musulmana, 27 sono appannaggio dei sunniti, 27 degli sciiti, 8 dei drusi e 2 degli alawiti; dei seggi della comunità cristiana, 34 sono appannaggio dei maroniti, 14 degli ortodossi di rito greco, 8 dei cattolici, 5 degli ortodossi di rito armeno, 3 di altre minoranze.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario risente delle influenze del lungo dominio ottomano e della successiva presenza francese. È basato su una Corte suprema, una Corte costituzionale e quattro Corti di cassazione (di cui tre destinate alle controversie civili e una a quelle penali). È in vigore la pena di morte.
·        Divisioni amministrative[28]: Il Libano è amministrativamente diviso in sei province (mohafazat, sing. mohafazah): Beirut, Bekaa, Libano Nord, Libano Sud, Monte Libano, Nabatiyé


LIBIA

Repubblica Araba Popolare Socialista di Libia
(Al Jumahiriyah al Arabiyah al Libiyah ash Shabiyah al Ishtirakiyah al Uzma)
Forma di governo: Dittatura Militare
Capitale: Tripoli
Indipendenza: 24 dicembre 1951(dall’Italia)
I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo è affidato al Governo, che si compone del Segretariato generale e del Comitato generale del Popolo, i cui membri fungono da ministri (solo cinque dopo una riforma del 2000: Risorse naturali, Affari Esteri, Informazione, Giustizia e Economia); e dal Segretariato Generale del Congresso del Popolo. Il Colonnello Muammar al-Gheddafi è, dal 2 marzo 1979, “Guida della Rivoluzione” esercitando, in pratica, la funzione di Capo di Stato (anche se tale carica non è ufficialmente riconosciuta dal sistema istituzionale libico in vigore).
·        Potere legislativo: L’ordinamento istituzionale libico, risultante dalla riforma costituzionale del 1977, prevede che la popolazione designi 2700 rappresentanti, eletti dai Congressi Popolari di Base, i quali si riuniscono nel Congresso Generale Popolare. È quest’ultimo a nominare il Governo
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario combina elementi d’ispirazione francese e britannica con integrazioni suggerite dalla Sharia. È prevista una Corte suprema, unita a Corti di prima istanza e a Corti d’appello. È in vigore la pena di morte.
·        Divisioni amministrative[29]: Dal punto di vista amministrativo lo stato è suddiviso in 34 municipalità (sha’biyat)

LITUANIA
Repubblica di Lituania
Lietuvos Respublika

Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Vilnius
Indipendenza: 11 marzo 1990 (dall’URSS)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo è ricoperto dal Governo, principale centro di produzione di leggi, composto dal Primo Ministro e dai Ministri (Consiglio dei Ministri); il Primo Ministro, soggetto all’approvazione del Parlamento, è nominato e destituito dal Presidente della Repubblica, che agisce nello stesso modo nei confronti dei Ministri, su proposta del Primo Ministro
·         Potere legislativo: Il potere legislativo spetta al Parlamento unicamerale detto Seimas; esso è composto da 141 membri, 71 dei quali eletti direttamente dal popolo e i restanti 70 di rappresentanza proporzionale. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il potere giudiziario è assicurato da un sistema di corti composto dalla Corte Suprema, la Corte d’Appello, 5 Corti di Contea e 54 Corti distrettuali. La pena di morte è stata abolita nel 1998 per i crimini ordinari e completamente nel 2005.
·        Divisioni amministrative[30]: La Lituania è suddivisa in dieci contee (apskritys): Alytus, Kaunas, Klaipeda, Marijampole, Panevežys, Šiauliai, Taurage, Telšiai, Utena e Vilnius; e in 60 municipalità.


LUSSEMBURGO
Granducato del Lussemburgo
Grand-Duché de Luxembourg
Grousherzogdem Lezebuurg

Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Lussemburgo
Indipendenza: 1839 (dai Paesi Bassi)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Formalmente, il potere esecutivo spetta al granduca, che ha anche la prerogativa di nominare e revocare i membri del governo; nella pratica è affidato a un primo ministro e a un gabinetto di ministri (Consiglio dei ministri), responsabili del loro operato davanti al Parlamento.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale, la Camera dei deputati (Châmber vun députéirten / Chambre des députés), composta da 60 membri eletti a suffragio universale con sistema proporzionale per cinque anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema (Cour superieure de justice) e una Corte amministrativa (Tribunale administration); per entrambe, i giudici sono nominati a vita dal sovrano.
·        Divisioni amministrative[31]: Il Granducato di Lussemburgo è diviso in dodici cantoni, raggruppati all’interno di tre distretti: il distretto di Diekirch, con i cantoni di Clervaux, Diekirch, Redange, Vianden e Wiltz; il distretto di Grevenmacher, con i cantoni di Echternach, Grevenmacher e Remich; il distretto di Lussemburgo, con i cantoni di Capellen, Esch, Lussemburgo e Mersch.


MALTA
Repubblica di Malta

Repubblika ta' Malta (maltese)
Republic of Malta (inglese)

Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: La Valletta
Indipendenza: 21 settembre 1964 (da GB)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo è esercitato dal Presidente che è eletto dal Parlamento per 5 anni. Egli nomina il Primo Ministro, il leader del partito che ha ottenuto la maggioranza dei seggi nel Parlamento unicamerale (House of Representatives). Su proposta del Primo Ministro nomina gli altri ministri tra i membri del Parlamento
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale, la Camera dei rappresentanti (Il-kamra tad-deputati/House of Representatives), composta da 65 membri eletti a suffragio universale per un termine di cinque anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il potere giudiziario è esercitato da Corti di primo grado e Corti d’appello nonché da tribunali competenti per specifiche materie . L’ordinamento giudiziario, basato in parte sulla Common Law anglosassone e in parte sul diritto romano, prevede una Corte costituzionale e una Corte d’appello, i cui giudici sono nominati dal presidente su consiglio del primo ministro.
·        Divisioni amministrative[32]: L’arcipelago maltese è suddiviso in 6 regioni: Gozo e Comino, Occidentale, Porto Esterno, Porto Interno, Settentrionale, Sudorientale. Dalla riforma del 1993, Malta è stata suddivisa in 68 "Consigli locali" (in maltese: Kunsilli Lokali) eletti per 3 anni col sistema proporzionale, di cui 54 a Malta e 14 a Gozo.


MAROCCO
Regno del Marocco
(Al-Mamlaka al-Maghribiyya)
Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Rabat
Indipendenza: 2 Marzo 1956 (dalla Francia)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il sovrano, che in base alla Costituzione deve essere di sesso maschile, è il capo dello stato e ha la facoltà di nominare il primo ministro e il Consiglio dei ministri. Il re è anche comandante in capo delle forze armate.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è esercitato da un Parlamento bicamerale. La Camera dei rappresentanti (Majlis al-nuwab/Assemblée des répresentants) comprende 325 membri eletti a suffragio universale per cinque anni; la Camera dei consiglieri (Majlis al-mustasharin) ha 270 membri eletti a suffragio indiretto (dagli organismi locali e dalle categorie professionali) che restano in carica per nove anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 21 anni di età.
·        Potere giudiziario: L’ordinamento giudiziario, basato sulla legge islamica e sul diritto francese, prevede una Corte suprema, con sede a Rabat, i cui giudici sono nominati su indicazione del Consiglio supremo di giustizia, presieduto dal sovrano. È in vigore la pena di morte, ma dagli anni ‘90 non vengono eseguite sentenze capitali.
·        Divisioni amministrative[33]: Il Marocco è suddiviso in 16 regioni a loro volta suddivise in 71 fra province e prefetture. Le regioni sono: Chaouia-Ouerdigha, Doukkala-Abda, Oriental, Fès-Boulemane, Gharb-Cherarda-Beni Hssen, Grand Casablanca, Guelmim-Es Semara, Laâyoune-Boujdour, Marrakech-Tensift-El Haouz, Meknès-Tafilalet, Oued Eddahab-Lagouira, Rabat-Salé-Zemmour-Zaër, SoussMassa-Drâa, Tadla-Azilal, Tangeri-Tétouan, Taza-El Hoceima-Taounate.


PAESI BASSI
Regno dei Paesi Bassi
Koninkrijk der Nederlanden


Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Amsterdam
Indipendenza: 26 luglio 1581 (dalla Spagna); riconosciuta il 30 gennaio 1648

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo è affidato a un primo ministro e a un governo nominati dal sovrano, che rispondono del loro operato di fronte al Parlamento
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo spetta a un Parlamento bicamerale, gli Stati Generali (Staten-Generaal), che comprendono un Senato o Prima camera (Eerste Kamer), composta da 75 membri eletti per un termine di quattro anni con voto indiretto dai membri dei consigli provinciali, e una Camera dei rappresentanti o Seconda camera (Tweede Kamer), costituita da 150 membri eletti a suffragio universale con un sistema proporzionale per un mandato di quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario dei Paesi Bassi prevede un’Alta Corte (Hoge Raad) i cui giudici sono nominati a vita dal sovrano. Non è prevista la pena di morte (abolita, per reati ordinari, sin dal 1870).
·        Divisioni amministrative[34]: Il Paese è diviso in 12 Province (Brabante Settentrionale, Drenthe. Flevoland, Frisia, Gheldria, Groninga, Limburgo, Olanda Meridionale, Olanda Settentrionale, Utrecht, Overijssel e Zelanda), a loro volta divise in un totale di 483 comuni; essi sono governati da consigli provinciali e municipali.


PALESTINA
Autorità Nazionale Palestinese (ANP)
(As-Sulta Al-Wataniyya Al-Filastiniyya)

Forma di governo: Democrazia parlamentare
Capitale: Gerusalemme (de jure)
Ramallah (de facto)
Indipendenza: Ad oggi non riconosciuta[35].
(Costituzione 2003)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo è affidato al Presidente che viene eletto a suffragio universale diretto per 4 anni. Nel 2003 Arafat, presidente provvisorio dell’ANP dalle elezioni del 1996, fu costretto ad accettare una revisione della Costituzione dell’ANP e a istituire la carica di primo ministro, cui affidare una parte del potere esecutivo. Nell’autunno del 2004, alla morte di Arafat, alla presidenza dell’ANP fu eletto Mahmud Abbas (Abu Mazen), uno dei fondatori dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP).
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale, il Consiglio Legislativo Palestinese di 132 membri (88 fino al 2006), 66 dei quali sono eletti attraverso un sistema elettorale di tipo proporzionale e gli altri 66 attraverso un sistema elettorale maggioritario; i rappresentanti sono eletti a suffragio universale diretto per 4 anni.
·        Potere giudiziario: La branca giudiziaria non è stata, ad oggi, opportunamente istituzionalizzata.
·        Divisioni amministrative[36]: Il potere dell’ANP è circoscritto alla striscia di Gaza e a parte della Cisgiordania (45%). L’ANP divide i Territori Palestinesi in 16 governatorati (Aqdya, sing. qadaa): Jenin, Tubas, Nablus, Tulkarm, Qalqilya, Ramallah and al-Bireh, Jericho, Gerusalemme, Betlemme, Hebron, Nord di Gaza, Gaza, Deir el-Balah, Khan Yunis, Rafah


POLONIA
Repubblica di Polonia
Rzeczpospolita Polska

Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Varsavia
Indipendenza: 11 novembre 1918 (dalla Germania)[37]

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo viene esercitato dal Governo: il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri sono nominati dal Capo dello Stato col quale condividono competenze in tema di difesa nazionale e politica estera.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento bicamerale, l’Assemblea nazionale (Zgromadzenie Narodowe). La Dieta (Sejm) riunisce 460 membri eletti a suffragio universale con sistema proporzionale per quattro anni; il Senato (Senat) è composto da 100 membri eletti a suffragio universale con un mandato di quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario si basa in parte sul diritto continentale, in parte sulla giurisprudenza ereditata dal passato regime comunista; prevede una Corte suprema, i cui giudici sono nominati dal presidente su raccomandazione del Consiglio nazionale giudiziario, e un Tribunale costituzionale, le cui massime cariche sono scelte dal Parlamento per un periodo di nove anni
·        Divisioni amministrative[38]: La Polonia è suddivisa in sedici province (wojewodztwa, sing. wojewodztwo): Dolnoslaskie, Kujawsko-Pomorskie, Lodzkie, Lubelskie, Lubuskie, Malopolskie, Mazowieckie, Opolskie, Podkarpackie, Podlaskie, Pomorskie, Slaskie, Swietokrzyskie, Warminsko-Mazurskie, Wielkopolskie, Zachodniopomorskie.

PORTOGALLO
Repubblica del Portogallo
República Portuguesa


Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Lisbona
Indipendenza: 1143 (proclamazione della repubblica il 5 ottobre 1910)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il Presidente della Repubblica è eletto per un termine di cinque anni con voto popolare diretto. Al Presidente compete la nomina del Primo Ministro e, su sua raccomandazione, del Consiglio dei Ministri, sulla base dei risultati delle elezioni parlamentari
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è basato su un Parlamento unicamerale, l’Assemblea della Repubblica (Assembleia da República), composto da 230 membri eletti attraverso un sistema di rappresentanza proporzionale per un termine di quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dal diciottesimo anno di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte Suprema (Supremo Tribunal de Justicia), i cui giudici sono nominati a vita dal Consiglio superiore della magistratura.
·        Divisioni amministrative[39]: Il Portogallo è diviso in diciotto distretti amministrativi (distritos) e due regioni autonome (região autonoma). La massima autorità di distretto è il governatore. I distretti sono:Aveiro, Beja, Braga, Braganza, Castelo Branco, Coimbra, Évora, Faro, Guarda, Leiria, Lisbona, Portalegre, Porto, Santarém, Setúbal, Viana do Castelo, Vila Real e Viseu; gli arcipelaghi delle Azzorre e di Madeira costituiscono le due regioni autonome



REGNO UNITO
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord
United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland

Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Londra
Indipendenza: 1801 (creazione formale di uno Stato unico)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Le funzioni esecutive, nominalmente conferite alla Corona, di fatto vengono esercitate da un gabinetto presieduto dal premier, nominato dal sovrano nella persona del leader del partito di maggioranza. Il governo è responsabile del suo operato di fronte al Parlamento.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento composto da due camere. La Camera dei Lord (House of Lords) è attualmente composta da 713 membri (detti Peers, “Pari”) nominati a vita dal sovrano. La Camera dei Comuni (House of Commons) è composta da 646 membri eletti a suffragio universale per un termine di cinque anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario britannico è basato sulla Common Law. La Camera dei Lord è la massima corte d’appello e impiega solo giudici e giuristi professionisti.
·        Divisioni amministrative[40]: Il Regno Unito è diviso nelle regioni dell’Inghilterra, del Galles, della Scozia e dell’Irlanda del Nord, a loro volta suddivise in contee, regioni e distretti. L’Inghilterra è divisa in 148 unità amministrative (78 distretti e 70 contee); Il Galles è suddiviso in 22 distretti unitari; La Scozia è divisa in 32 distretti unitari; L’Irlanda del Nord è divisa in 26 distretti.


REPUBBLICA CECA
Repubblica Ceca
Ceská republika

Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Praga
Indipendenza: 1 gennaio 1993 (suddivisione della Cecoslovacchia)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il presidente, eletto dal Parlamento, dura in carica cinque anni e il suo mandato è rinnovabile; egli nomina il primo ministro e, su indicazione di questi, un gabinetto di ministri (Consiglio dei ministri).
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento composto da due camere. La Camera dei deputati (Poslanecká snemovna) riunisce 200 membri eletti a suffragio universale per quattro anni; il Senato (Senát) ha 81 membri eletti a suffragio universale per sei anni, rinnovati per un terzo ogni due. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: L’ordinamento giudiziario, basato sui codici austro-ungarici, prevede una Corte suprema e una Corte costituzionale, le cui massime cariche sono nominate a vita dal presidente.
·        Divisioni amministrative[41]: Il paese è suddiviso in tredici regioni amministrative: Boemia Centrale (Stredoceský), Boemia Meridionale (Jihoceský), Karlovarský, Královéhradecký, Liberecký, Moravia Meridionale (Jihomoravvský), Moravskoslezský, Olomucký, Pardubický, Plzenský, Ústecký, Vysocina e Zlinský. Alle regioni si aggiunge il distretto amministrativo della capitale, suddiviso in municipalità.


REPUBBLICA SLOVACCA
Repubblica Slovacca
Slovenská republika

Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Bratislava
Indipendenza: 1 gennaio 1993 (suddivisione
della Cecoslovacchia)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il presidente, eletto a suffragio universale per cinque anni, nomina il primo ministro e, su indicazione di questi, il consiglio dei ministri. Il primo ministro viene scelto nella persona del leader del partito o della coalizione di maggioranza.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo compete a un Parlamento unicamerale, il Consiglio nazionale (Národná rada), formato da 150 membri eletti a suffragio universale con sistema proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il potere giudiziario è esercitato tramite 55 Corti distrettuali, 8 Corti regionali e la Corte Suprema, che è la più alta istanza. La Corte Costituzionale è investita delle questioni di costituzionalità.
·        Divisioni amministrative[42]: La Slovacchia è amministrativamente suddivisa in otto distretti (okres), che includono anche il territorio autonomo della capitale. I distretti, a loro volta suddivisi in 79 province, non possiedono poteri definiti dall’ordinamento costituzionale. Le otto divisioni amministrative sono: Banská Bystrica, Bratislava, Košice, Nitra, Prešov, Trencín, Trnava, Žilina.



ROMANIA
Repubblica di Romania
Repubblica România

Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Bucarest
Indipendenza: 9 maggio 1887
(dall’Impero Ottomano)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il presidente della Repubblica, eletto a suffragio universale ogni quattro anni, dispone di ampi poteri. Nell’esercizio dell’esecutivo il presidente è affiancato da un primo ministro, di sua nomina, posto a capo del Consiglio dei ministri.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento composto da due camere. La Camera dei deputati (Camera DeputaNilor) riunisce 332 membri eletti a suffragio universale per quattro anni (18 seggi sono riservati alle minoranze etniche); il Senato (Senatul) ha 137 membri eletti a suffragio universale con sistema proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: L’ordinamento giudiziario prevede una Corte suprema di giustizia, le cui massime cariche sono nominate dal presidente su indicazione del Consiglio superiore dei magistrati. La pena di morte è stata abolita nel 1989.
·        Divisioni amministrative[43]: Il paese è suddiviso in 41 distretti e un municipio (la capitale)


SIRIA
Repubblica Araba di Siria
 (Al-Jumhuriyya al-`Arabiyya al-Suriyya)

Forma di governo: Repubblica presidenziale
Capitale: Damasco
Indipendenza: 17 aprile 1946 (dalla Francia)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Capo dell’esecutivo e capo di stato è il presidente, eletto a suffragio universale diretto con un mandato settennale, che nomina il governo, guidato dal primo ministro Potere legislativo: La funzione legislativa è esercitata da un’unica Camera, denominata “Consiglio del Popolo” (Majlis al-Shaab ), costiutita da 250 membri eletti a suffragio universale per 4 anni.
·        Potere giudiziario: Nel sistema giudiziario siriano – composto dalla Corte di cassazione, dalle corti di appello, presenti in ognuno dei 13 distretti in cui è amministrativamente diviso il paese, e da corti sommarie e di prima istanza – l’Alta corte costituzionale, con sede a Damasco, è l’organo di grado più elevato. È in vigore la pena di morte.
·        Divisioni amministrative[44]: La Siria è amministrativamente divisa in tredici distretti, oltre alla municipalità di Damasco, capitale e maggiore città del paese


SLOVENIA
Repubblica di Slovenia
Republika Slovenije

Forma di governo:
Repubblica parlamentare
Capitale:
Lubiana
Indipendenza:
25 giugno 1991 (dalla Jugoslavia)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: L’esecutivo è affidato al presidente, eletto a suffragio universale con un mandato di cinque anni, e al consiglio dei ministri, presieduto dal primo ministro; questi viene nominato dal presidente nella persona del leader del partito o della coalizione di maggioranza.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato sull’Assemblea nazionale (Skupšcina Slovenije), composta da due camere. La Camera di stato (Državni zbor) riunisce 90 membri eletti a suffragio universale per quattro anni; il Consiglio di stato (Državni svet) ha 40 membri in carica per cinque anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini di età superiore ai 18 anni (e quelli di età superiore ai 16 anni, se occupati).
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario è basato su tre gradi di giudizio. La Corte Suprema è il tribunale di ultima istanza con giurisdizione generale, mentre alla Corte Costituzionale fondamentali. spetta la protezione dei principi costituzionali e delle libertà
·        Divisioni amministrative[45]: La Slovenia è amministrativamente municipalità e 10 municipalità urbane.

SPAGNA
Regno di Spagna
Reino de España

Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Madrid
Indipendenza: 1479, unione di Castiglia e
Aragona (Reyes Católicos)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo è affidato al capo del governo, eletto dall’Assemblea nazionale su designazione del sovrano; il presidente è coadiuvato da un consiglio dei ministri da lui nominato e da un consiglio di stato.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è affidato all’Assemblea nazionale (o Corti generali, Cortes generales), che ha due camere. Il Senato (Senado) attuale è composto da 259 membri che restano in carica per quattro anni. Il Congresso dei deputati (Congreso de los diputados) comprende da un minimo di 300 a un massimo di 400 membri che rimangono in carica per quattro anni; il numero è fissato volta per volta dalla legge elettorale: nell’attuale legislatura i deputati sono 350. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte costituzionale (Tribunal constitucional), una Corte suprema (Tribunal supremo) e 17 Alte Corti, quante sono le regioni.
·        Divisioni amministrative[46]: La Spagna è suddivisa in 17 Comunità Autonome che sono ulteriormente suddivise in 50 province, e poco più di 8.000 comuni, più due città autonome (Ceuta e Melilla). Le 17 comunità autonome sono: Andalusia, Aragona, Baleari, Canarie, Cantabria, Castiglia-La Mancia, Castiglia-León, Catalogna, Estremadura, Galizia, La Rioja, Madrid, Murcia, Navarra, Principato delle Asturie, Province Basche e Valencia.


SVEZIA
Regno di Svezia
Konungariket Sverige

Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Stoccolma
Indipendenza: 6 Giugno 1523
(con Gustav Vasa eletto re)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Affidato formalmente al sovrano, il potere esecutivo è esercitato dal governo, guidato da un primo ministro eletto dal Parlamento.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale (Riksdag) composto da 349 membri eletti a suffragio universale con sistema proporzionale per quattro anni (nell’attuale Parlamento le donne sono 149, pari al 43% dei membri). Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: Il sistema giudiziario è diviso tra corti con una regolare giurisdizione civile e criminale, e corti speciali con responsabilità sui contenziosi tra il pubblico e il governo o le autorità municipali. La legge svedese è codificata e il sistema giuridico consiste di corti locali, corti d’appello regionali e una corte suprema (Hogsta Domstolen), con sede a Stoccolma.
·        Divisioni amministrative[47]: La Svezia è suddivisa in ventuno contee (Län, sing. e plur.): Blekinge, Dalarna, Gävleborg, Gotland, Halland, Jämtland, Jönköping, Kalmar, Kronoberg, Norrbotten Örebro, Östergötland, Scania, Södermanland, Stoccolma, Uppsala, Värmland, Västerbotten, Västernorrland e Västmanland, Västra Götaland.


TUNISIA
Repubblica di Tunisia
(Al-Jumhuriyya al-Tunusiyya)

Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Tunisi
Indipendenza: 20 marzo 1956 (dalla Francia, che ne mantenne il protettorato)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il potere esecutivo è affidato al capo dello stato, assistito da un governo diretto da un primo ministro. Il presidente viene eletto a suffragio universale per un termine di cinque anni ed è rieleggibile; egli è dotato di ampi poteri ed è comandante in capo delle forze armate.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo è basato su un Parlamento unicamerale, la Camera dei deputati (Majlis al-Nuwaab/Chambre des Députés), composta da 189 membri eletti a suffragio universale per cinque anni (34 seggi sono riservati alle opposizioni). Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 20 anni di età.
·        Potere giudiziario: L’ordinamento giudiziario del paese, che si basa in parte sul diritto francese e in parte sulla legge islamica, prevede una Corte di cassazione (Cour de Cassation), con sede a Tunisi. È in vigore la pena di morte ma dagli inizi degli anni Novanta non vengono eseguite sentenze capitali.
·        Divisioni amministrative[48]: La Tunisia è divisa in ventiquattro governatorati: Al Kaf, Al Mahdiyah, Al Munastir, Al Qasrayn, Aryanah, Bajah, Bin’ Arus, Biserta, Jundubah, Kairouan, Gabès, Gafsa, Madanin, Manubah, Nabul, Qibili, Sfax, Sidi Bu Zayd, Silyanah, Susa, Tatauin, Tawzar, Tunisi, Zaghwan.



TURCHIA
Repubblica di Turchia
Türkiye Cumhuriyeti

Forma di Governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Ankara
Indipendenza: 29 ottobre 1923 (stato successore dell'I. Ottomano)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Il presidente della Repubblica, eletto dal Parlamento con un mandato di sette anni, nomina il primo ministro e, su indicazione di questi, un consiglio dei ministri. Il primo ministro viene scelto di norma nella persona del leader del partito o della coalizione di maggioranza. Oltre che al Parlamento, l’esecutivo deve rispondere della sua attività al Consiglio di sicurezza nazionale, composto da tre membri nominati dalle forze armate con funzioni consultive e di supervisione.
·        Potere legislativo: Il potere legislativo compete alla Grande assemblea nazionale (Türkiye büyük millet meclisi), un Parlamento unicamerale composto da 550 membri eletti a suffragio universale ogni cinque anni. Il diritto di voto è esteso a tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: L’ordinamento giudiziario prevede una Corte costituzionale, i cui membri sono nominati dal presidente, e una Corte d’appello, eletta dal Consiglio supremo dei giudici e procuratori. La pena di morte è stata completamente abolita nel 2004.
·        Divisioni amministrative[49]: La Turchia è amministrativamente suddivisa in 81 province (iller, sing. il) raggruppate in otto regioni: Tracia, Costa del Mar Nero, Marmara e coste dell’Egeo, Costa del Mediterraneo, Anatolia Occidentale, Anatolia Centrale, Anatolia Sud-orientale, Anatolia Orientale.


UNGHERIA
Repubblica d'Ungheria
Magyar Köztársaság

Forma di Governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Budapest
Indipendenza: 1001 (successiv. dall'Impero austro-ungarico 1918)

I poteri sono così ripartiti:
·        Potere esecutivo: Capo dello stato ungherese è il presidente della repubblica, eletto dall’Assemblea nazionale per un periodo di cinque anni;il potere esecutivo è affidato al primo ministro e al Consiglio dei ministri, che, designati dal presidente, devono ottenere la fiducia dell’Assemblea nazionale.
·        Potere legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale, l’Assemblea nazionale (Országgyülés), composta da 386 membri eletti a suffragio universale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·        Potere giudiziario: L’ordinamento giudiziario è basato sul sistema continentale europeo; prevede una Corte suprema, con sede a Budapest, i cui giudici sono eletti dall’Assemblea nazionale per nove anni. La pena di morte è stata abolita nel 1990.
·        Divisioni amministrative[50]: L’Ungheria è suddivisa in diciannove contee (megye); Budapest costituisce un’unità amministrativa a sé stante. Le contee ungheresi sono: Bács-Kiskun, Baranya, Békés, Borsod-Abaúj-Zemplén, Csongrád, Fejér, GyõrMoson-Sopron, Hajdú-Bihar, Heves, Jász-Nagykun-Szolnok, Komárom-Esztergom, Nógrád, Pest, Somogy, Szabolcs-Szatmár-Bereg, Tolna, Vas, Veszprém, Zala.

Nella quasi totalità dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come possiamo evincere dalle schede sopra riportate, si sono affermati sistemi presidenziali che concentrano il potere nelle mani di un presidente eletto, quasi sempre, con voto plebiscitario. In tutti i sistemi politico-statali della sponda sud, tranne che in Palestina e in Israele, abbiamo la presenza di due soli partiti, tutt’e due filogovernativi. Quindi il voto si riduce ad una mera approvazione del presidente in carica. Le assemblee popolari vedono la presenza di rappresentanti eletti nel partito del presidente o nominati direttamente dal presidente. Il modello rappresentativo che in questi paesi si è perpetuato negli anni, tranne che in Libano, Palestina, Israele, Siria e Tunisia, è quello del Parlamento con struttura bicamerale: quindi un Consiglio o un’Assemblea Nazionale e una Camera del Senato. I presidenti della Repubblica di tutti i paesi della sponda sud del Mediterraneo, tranne che in Palestina e in Siria, concentrano nelle sue mani il potere esecutivo avvalendosi, in qualche caso, come in Egitto, Siria e Libano, di un Consiglio di Sicurezza Nazionale formato dalle élite del partito. Ma procediamo per ordine. In Algeria abbiamo la presenza di qualche opposizione partitica nell’assemblea del Parlamento bicamerale che non influisce in nessun caso nella scelta del governo, governo che viene nominato dal presidente eletto. Situazione ancora più rigida in Egitto e in Siria dove il presidente governa con un esecutivo da lui nominato (sommando potere esecutivo e legislativo): le sedute parlamentari in Egitto e in Siria ratificano le decisioni esecutive e legislative prese dal Presidente. In Tunisia, in Libano e in Giordania le assemblee hanno un modesto potere consultivo. Per ragioni di chiarezza aggiungiamo che in Giordania e Marocco è presente una forma di governo monarchica; in questi paesi il re può essere paragonato al Presidente con stessi poteri e funzioni. Discorsa a parte, in questo periodo storico, è la Libia, i cui organi istituzionali e le pianificazioni politiche sono contenute nel Libro Verde di Gheddafi. Negli stati arabi, soprattutto nelle ex-colonie inglesi, più che una Costituzione esiste una legge scritta nella quale sono riportati i primi fondamenti della Repubblica.
Accanto a ciò bisogna considerare anche le differenze etniche concentrate nello stesso paese che portano anche ad un adeguamento degli organi legislativi; ci riferiamo in particolare al Libano, una delle democrazie pluraliste in cui un Presidente della Repubblica è cristiano maronita e l’altro, quello del Consiglio dei Ministri, musulmano sannita. In Marocco si comincia, a livello nazionale, a vedere i primi segnali non solo di progresso della classe dirigente ma anche della società; basti pensare che nelle ultime elezioni del 2007 sono state elette tre donne al Parlamento. Singolarità nella sponda sud sono, e lo diciamo in modo paradossale, Israele e Palestina. Lo Stato d’Israele ha una configurazione legislativa di stampo europeo mentre la Palestina, con la presenza di due partiti Al Fatah e Hamas, genera un apparato democratico ed elettivo reale e concreto.
In tutti i paesi dell’Unione Europea, molto differentemente, abbiamo la presenza di sistemi democratici repubblicani e forme di monarchia costituzionale. In alcuni paesi, come la Francia, abbiamo una repubblica semipresidenziale con un governo presieduto dal Primo ministro a sua volta nominato dal Capo dello Stato. Al modello francese possiamo accomunare il modello finlandese. In altri paesi come l’Austria, Germania, Italia, Grecia, Estonia,Bulgaria, Irlanda, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca e Slovacca, Slovenia ed Ungheria abbiamo un sistema in cui il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento e ha come potere più importante quello di rappresentare la Nazione. In queste Nazioni il potere esecutivo è nelle mani del primo Ministro, capo del partito di maggioranza. Il potere legislativo è nella sede ordinaria: il Parlamento.
In questi paesi le monarchie di Svezia, Belgio, Danimarca, Regno Unito e Paesi Bassi presentano camere legislative che eleggono il Primo Ministro che a sua volta nomina i membri del governo. Unica eccezione la Romania, Repubblica semipresidenziale di modello francese, il cui presidente viene eletto dalla maggioranza dell’assemblea. Il capo dello Stato in quasi tutti questi paesi viene scelto dal Parlamento (tranne nelle repubbliche semipresidenziali) e in Irlanda dove è eletto dal popolo.







2.     Cornice Istituzionale
La nuova politica euromediterranea è stata ufficialmente avviata in occasione della Conferenza di Barcellona del 1995 alla quale hanno preso parte, oltre ai ministri degli esteri degli allora quindici Stati membri dell’Unione Europea, anche l’Algeria, Cipro, l’Egitto, Israele, la Giordania, il Libano, Malta, il Marocco, la Siria, la Tunisia, la Turchia, l’Autorità Palestinese. La conferenza di Barcellona fu aperta dall'allora ministro degli esteri spagnolo Javier Solana che in quell'occasione rimarcò come i paesi aderenti avessero l'occasione per riparare ai malintesi e agli scontri che ne avevano caratterizzato le relazioni nei secoli passati. I Paesi partecipanti hanno generato ed approvato una Dichiarazione composta da un preambolo e quattro capitoli dai quali affiora un profondo cambiamento di prospettiva nella politica euromediterranea. Infatti, tra gli Stati membri dell’Unione europea e i partners del Mediterraneo non si istituivano relazioni articolate solo intorno all’interscambio di merci e prodotti e all’assegnazione di assistenza finanziaria. La nuova politica euromediterranea intendeva sviluppare il principio in base al quale era essenziale migliorare le condizioni politiche ed economico-sociali dell’area, complessivamente considerate, per restituire al bacino del Mediterraneo una stabilità importantissima anche nel processo di edificazione dell’Unione Europea sociale e politica.
La sezione più importante fatta oggetto del partenariato euromediterraneo era rappresentata da quello economico-finanziaria. A tal proposito la Dichiarazione di Barcellona postulava (e presupponeva alla stessa creazione ulteriori sviluppi) la creazione di un’area di libero scambio (più nota come Zona di libero scambio) entro il 2010 sulla base di accordi euromediterranei e di accordi di libero scambio stipulati tra i vari Stati membri. Inoltre, i Paesi firmatari della Dichiarazione intendevano promuovere l’aumento effettivo dell’assistenza finanziaria. Il maggiore dispositivo legislativo e finanziario previsto durante la Conferenza di Barcellona per raggiungere gli obiettivi indicati (dalla stessa Dichiarazione) del partenariato economico era rappresentato dal programma MEDA, che predisponeva le misure di complemento finanziarie e tecniche. Si tratta di una proposta organica (un vero e proprio programma) che si ispirava a quelli già utilizzati dall’Unione Europea per i Paesi dell’area soggetta all’influenza comunista e per le ex repubbliche sovietiche.
Il programma MEDA, avviato nel 1995 e guidato dalla Direzione Generale Relazioni esterne e dalla Commissione Europea, costituisce lo strumento massimo e più efficace a livello finanziario per la realizzazione del partenariato euromediterraneo e delle sue attività. Si tratta di un programma economico-finanziario, fornito di una struttura di base che definisce le norme di gestione ed attuazione delle misure di cui servirsi.
Il principio che sta alla base della funzione dell’intero programma è rappresentato, così come fissato dall’articolo 1 del Regolamento MEDA, dal “sostenimento degli sforzi intrapresi dai territori e Paesi terzi mediterranei non membri per procedere alle riforme delle loro strutture economiche e sociali, migliorare le condizioni dei più sfavoriti e attenuare le conseguenze che possono risultare dallo sviluppo economico sul piano sociale e ambientale”[51]. Il riferimento alle condizioni dei paesi più svantaggiati e sfavoriti è indice di quella elasticità che è congeniata come una priorità nella stesura del Regolamento. I destinatari degli aiuti finanziari sono “non soltanto gli Stati e le Regioni, ma altresì le autorità locali, le organizzazioni regionali, gli organismi pubblici, le comunità locali, gli operatori privati, le associazioni e le organizzazioni non governative”[52]. Il Regolamento (CE) n.1488/96 del Consiglio, copriva il periodo dal 1995 al 1999 e dotava il Programma MEDA di un bilancio di 3.435 milioni di ecu[53]. Un nuovo regolamento (regolamento (CE) n.2698, del 27 novembre 2000), versione perfezionata del precedente, che dava vita al programma MEDA II per il periodo 2000-2006, è stato adottato nel novembre 2000. Il nuovo programma ha una dotazione di 5,35 miliardi di euro. I principali obiettivi e settori d’intervento si rifanno esplicitamente a quelli della Dichiarazione di Barcellona del 1995.
In merito alle modalità di finanziamento, il MEDA II ha postulato, per il proprio funzionamento, una struttura “piramidale”, che parte da un primo livello generale e di lungo periodo (quello dei “documenti strategici”), per giungere ad un livello molto analitico e minuzioso, quello dei Programmi indicativi e dei relativi Piani di finanziamento adottati anno per anno. I documenti che dettano ed indicano le strategie, sono redatti allo scopo di definire gli obiettivi a lungo termine della cooperazione e di individuare i settori d’intervento prioritari, sia a livello regionale che nazionale, e vengono stesi di concerto con la Banca europea per gli investimenti (BEI). Hanno così la funzione di indicare quali saranno le priorità, cioè gli ambiti su cui ricadranno i finanziamenti, in una prospettiva di lungo periodo (nel “MEDA II”, dal 2000 al 2006.
I programmi indicativi per ciascun Paese coprono invece un arco di tre anni. Si basano sui rispettivi documenti strategici e sono redatti sia a livello nazionale che a livello regionale di concerto con la BEI. I risultati riportati nei programmi indicativi triennali tengono conto delle priorità indicate insieme ai partner mediterranei; essi definiscono gli obiettivi principali, le linee guida e i settori prioritari del sostegno comunitario, e comprendono importi indicativi globali e per settore. Con una norma che conferisce notevole elasticità all’intero sistema, si prevede la possibilità di una revisione annuale per i programmi, che “possono essere modificati in funzione dell’esperienza acquisita o dei progressi compiuti dai partner nel campo delle riforme strutturali, della stabilizzazione macroeconomica, dello sviluppo industriale e del progresso sociale, nonché [...] dei nuovi accordi di associazione”. Tra l’altro, i programmi indicativi illustrano le riforme che i partner devono attuare nei settori prioritari e comprendono una valutazione dei progressi compiuti in tal senso. Vi sono poi i piani di sussidio e finanziamento, che a loro volta si basano sui programmi indicativi e sono adottati annualmente.
Il partenariato, da quanto si evince, nasce dal diritto prodotto e “fornito agli aderenti” da una Conferenza Internazionale che raffigura propriamente un organismo che richiama, a livello regionale, la pratica delle conferenze internazionali convocate dalle Nazioni Unite sin dal 1992. Ciò nonostante, differentemente dalle Conferenze internazionali convocate dalle Nazioni Unite, la Conferenza di Barcellona si è conclusa con la stipula di accordi di associazione tra l’Unione Europea e i partner del Mediterraneo, indirizzati e finalizzati a dare compimento a quanto stabilito dalla Dichiarazione di Barcellona. Attraverso gli accordi, infatti, è possibile assicurare una maggiore solidità al partenariato ed orientare i Paesi del Mediterraneo verso i principi ed i modus operandi che sono a fondamento dell’ordinamento comunitario. Proprio la sussistenza degli accordi di associazione, contribuisce a differenziare la cooperazione realizzata con il partenariato rispetto ai paradigmi forniti dalla prassi del diritto internazionale. Infatti, in difformità della maggior parte degli ordinamenti giuridici basati sulla cooperazione, l’ordinamento euromediterraneo non si limita a coordinare l’azione dei singoli membri o a permettere la comparazione tra i diversi sistemi ma regola, entro certi limiti, la convergenza attorno modello comunitario, principalmente sotto il profilo giuridico.
Il partenariato euromediterraneo persegue, come detto precedentemente, una pluralità di obiettivi in diversi settori della cooperazione internazionale, esattamente come la coordinazione globale. Tuttavia, il programma rappresentato dalla Dichiarazione di Barcellona non si inserisce nel quadro generale del sistema introdotto e diffuso dalle Nazioni Unite. La Dichiarazione di Barcellona, infatti, mette a punto un programma tendenzialmente autosufficiente rispetto a quello della Nazioni Unite e che si congiunge strettamente all’architettura funzionale dell’Unione Europea. A livello organizzativo, poi, i Paesi membri hanno dato luogo ad un regime internazionale che può contare, in parte, su organismi che costituiscono una diretta espressione della Conferenza di Barcellona, in parte, su uffici dell’UE e, quindi, di un ente esterno, chiamati ad operare su incarico e nell’interesse del partenariato.
In merito alla materia amministrativa, viceversa, è opportuno osservare che essa è posta in essere, a volte, senza intermediari dai Paesi membri, a volte, da istituzioni transnazionali di settore formati da rappresentati dei governi, amministratori od esperti nazionali. In tal modo, si compie un disegno che si differenzia distintamente dall’esperienza delle organizzazioni internazionali nelle quali prevale un’amministrazione preposta alla cura di un interesse proprio all’organizzazione e tolta all’influenza statale.
Complessivamente, quindi, il partenariato euromediterraneo ha un apparato molto articolato. Per un verso, figura come un regime internazionale fornito di un proprio ed autonomo fondamento giuridico, costruito su meccanismi di coordinamento e di cooperazione, volto a favorire la volontarietà piuttosto che la conformazione. Tuttavia, il regime in esame avvera anche un effetto di convergenza dei sistemi giuridici delle parti verso l’ordinamento giuridico europeo, ordina la cooperazione non secondo gli schemi tipici dell’esperienza internazionale ma ricalcando l’articolazione di base del metodo comunitario e consente alla Commissione di occupare una posizione di preminenza funzionale nel processo decisionale.

Organi e strutture
·        Il Comitato MED: Per la materiale esecuzione delle misure sovvenzionate dalla Comunità Europea nel quadro del programma MEDA, il sistema preferito è quello dell’appalto. In breve, significa che l’Unione, nell’ambito delle iniziative stabilite, pubblica annualmente l’elenco dei servizi e delle azioni di cooperazione tecnica da attribuire attraverso gara d’appalto, aperta senza distinzioni e discriminazioni a tutte le persone fisiche e giuridiche degli Stati membri e dei partner mediterranei. Per il migliore affidamento dell’appalto, è previsto un meccanismo di verifica da parte della Commissione, che deve assicurare la più ampia partecipazione possibile, agli stessi limiti, alle prestazioni e alle aggiudicazioni per gli appalti di forniture, di lavori e di servizi. Inoltre, fa parte delle competenze della Commissione quella di garantire la trasparenza e la disciplina necessari nell’applicazione dei criteri di selezione, nonché di garantire una reale concorrenza tra imprese, organizzazioni ed istituzioni che partecipano all’appalto.
L’organo che si occupa di tale gestione è il Comitato MED, un comitato di gestione che coopera con la Commissione nello svolgimento dei lavori (Commissione Europea 2004). La procedura di cooperazione tra Commissione e Comitato prevede che il rappresentante della Commissione richieda al Comitato un parere sul programma delle misure da adottare, parere che viene espresso a maggioranza qualificata. In seguito la Commissione accoglie le misure che sono direttamente applicabili; tuttavia, se tali misure non sono conformi al pensiero del Comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio dei Ministri UE. La Commissione inoltre comunica periodicamente con il Parlamento Europeo sui lavori del Comitato: esso riceve gli ordini del giorno delle riunioni dei comitati, i progetti presentati agli stessi relativi a misure di esecuzione degli atti adottati nonché i risultati delle votazioni e i resoconti sommari delle riunioni, ed anche gli elenchi degli organismi cui appartengono le persone designate dagli Stati membri a rappresentarli.

·        Il Comitato Euromediterraneo: è stato costituito per seguire e controllare l’effettiva applicazione ed evoluzione dell’intero Processo di Barcellona. È composto dai rappresentanti diplomatici di ciascun Paese del Mediterraneo e da tre rappresentanti dell’U.E. Questo Comitato si riunisce periodicamente per verificare il lavoro svolto dall’intero sistema del Partenariato Euromediterraneo e per organizzare e creare le basi per la Conferenza dei Ministri degli esteri, la quale ha un rilievo essenziale in quanto delinea le linee guida dell’intera politica euro mediterranea. Durante queste conferenze si firmano tutti gli accordi di adesione. Il Comitato Euromediterraneo ha inoltre un importante funzione nella individuazione delle priorità e nell’analisi delle direttive di sviluppo del Partenariato Euromediterraneo. Su questo ultimo punto, quando il Comitato Euromediterraneo individua urgenze o priorità in un determinato pilastro della dichiarazione di Barcellona, si procede alla organizzazione di Conferenze tematiche sul tema individuato, con la partecipazione dei Ministri ad hoc.

·        Vertici EUROMED: Uno degli strumenti di maggiore efficacia della Dichiarazione di Barcellona riguarda la istituzionalizzazione dei cosiddetti Vertici EUROMED. In sostanza si è deciso che una volta all’anno i Capi di Governo e i Ministri degli Affari Esteri ed Economici dei Paesi firmatari della Dichiarazione di Barcellona si incontrano per fare il punto sullo stato dell’arte e per procedere alla programmazione delle nuove politiche inerenti ai tre pilastri del trattato di Barcellona[54].
 


La Dichiarazione finale (EN) della Conferenza ministeriale euromediterranea di Barcellona del 27 e 28 novembre 1995 e il suo programma di lavoro.
L’'Unione europea (UE) istituisce un contesto di cooperazione multilaterale con i paesi del bacino mediterraneo. Tale partenariato rappresenta una nuova fase nelle loro relazioni, affrontando per la prima volta gli aspetti economici, sociali, umani, culturali e le questioni di sicurezza comune.
Il partenariato si è concretizzato con l’adozione della dichiarazione di Barcellona da parte degli Stati membri dell’UE e dei seguenti dodici paesi terzi mediterranei (PTM): Algeria, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e Autorità palestinese. La Lega degli Stati arabi (EN) e l'Unione del Maghreb arabo (UMA) (FR) sono state invitate così come la Mauritania in qualità di membro dell'UMA.
Il partenariato si basa su uno spirito di solidarietà e di rispetto delle specificità proprie di ogni partecipante, inserendosi in maniera complementare rispetto alle azioni e iniziative intraprese a favore della pace, della stabilità e dello sviluppo della regione.
Il partenariato politico e di sicurezza
Il primo obiettivo del partenariato mira a favorire la nascita di uno spazio comune di pace e di stabilità del Mediterraneo. Un obiettivo che deve essere raggiunto grazie al dialogo politico multilaterale, a complemento dei dialoghi bilaterali previsti ai sensi degli accordi euromediterranei di associazione. I partner si impegnano a:
rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali, attraverso l’applicazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite (EN) (ES) (FR), della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (EN) (ES) (FR) e del diritto internazionale, nonché a scambiare informazioni in questi settori;
rispettare i principi dello Stato di diritto e della democrazia, riconoscendo il diritto di ciascun partecipante di scegliere e sviluppare liberamente il suo sistema politico, socioculturale, economico e giudiziario;
rispettare la sovranità degli Stati, l'uguaglianza di diritti dei popoli e il loro diritto all'autodeterminazione;
rispettare l'integrità territoriale, il principio di non intervento negli affari interni e la composizione pacifica delle controversie;
combattere il terrorismo, la criminalità organizzata e il traffico di droga;
promuovere la sicurezza regionale, eliminare le armi di distruzione di massa, aderire ai regimi di non proliferazione nucleare sia internazionali che regionali, nonché agli accordi sul disarmo e sul controllo degli armamenti.
I partecipanti sostengono una composizione giusta, globale e sostenibile delle controversi in Medio Oriente, basata precipuamente sulle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delele Nazioni Unite.
Il partenariato economico e finanziario
Lo sviluppo socioeconomico sostenibile ed equilibrato dei PTM deve portare alla creazione di una zona di prosperità condivisa nel Mediterraneo.
Le riforme devono permettere di instaurare una zona di libero scambio (ZLS) che deve tradursi con la progressiva eliminazione degli ostacoli doganali (tariffari e non tariffari) agli scambi commerciali dei prodotti manufatti. I partner prevedono altresì una liberalizzazione progressiva degli scambi dei prodotti agricoli e dei servizi.
La realizzazione della ZLS euromediterranea è disciplinata dagli accordi euromediterranei di associazione e dagli accordi di libero scambio tra I PTM. Tali accordi sono conclusi nel rispetto delle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) (EN) (ES) (FR);
I partner definiscono alcune priorità per facilitare l’attuazione della ZLS:
adottare un sistema doganale di cumulo dell’origine delle merci, adattare le regole della concorrenza, di certificazione degli operatori economici e di protezione dei diritti di proprietà intellettuale;
sviluppare l'economia di mercato, il settore privato, il trasferimento di tecnologie e l’integrazione economica dei PTM;
ammodernare le strutture economiche e sociali, e incoraggiare i programmi a favore delle popolazioni più povere;
favorire il libero scambio, armonizzare le regole e le procedure doganali, eliminare gli ostacoli tecnici ingiustificati nello scambio dei prodotti agricoli.
Inoltre la cooperazione economica intrapresa dai partner mira a:
favorire gli investimenti e il risparmio privato, compresi gliinvestimenti esteri diretti;
incoraggiare la cooperazione regionale tra i PTM;
creare un ambiente favorevole all’industria e alle piccole e medie imprese (PMI);
raggiungere una gestione sostenibile dell’ambiente, dell’energia, delle risorse naturali e delle risorse ittiche;
promuovere il ruolo della donna nell’economia;
ammodernare l'agricoltura.
I partner devono inoltre stabilire delle priorità di cooperazione per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto, lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione e l'ammodernamento delle telecomunicazioni.
Infine, i partner devono rafforzare la loro cooperazione finanziaria e l’UE deve aumentare la sua assistenza finanziaria in particolare attraverso la Banca europea per gli investimenti (BEI).
Il partenariato sociale, culturale e umano
I partner cooperano al fine di sviluppare le risorse umane, favorire la comprensione tra le culture e gli scambi tra le società civili.
In tale ottica, la dichiarazione di Barcellona e il suo programma di lavoro pongono l'accento su:
l'importanza del dialogo interculturale e interreligioso;
l'importanza del ruolo dei mezzi di comunicazione di massa ai fini della conoscenza e della comprensione reciproca tra culture;
gli scambi culturali, la conoscenza di altre lingue, l’attuazione di programmi educativi e culturali rispettosi delle identità culturali;
l'importanza del settore sanitario e dello sviluppo sociale e il rispetto dei diritti sociali fondamentali;
il coinvolgimento della società civile nel partenariato euromediterraneo e il rafforzamento della cooperazione fra autorià regionali e locali;
la lotta contro l'immigrazione clandestina, il terrorismo, al traffico di droga, alla criminalità internazionale e alla corruzione;
Contesto
La dichiarazione di Barcellona prevede riunioni periodiche dei ministri degli Esteri dei partner mediterranei e dell'UE. Tali conferenze euromediterranee (EN) (FR) sono preparate da un "Comitato euromediterraneo per il processo di Barcellona" che è incaricato inoltre di monitorare il processo e le priorità di cooperazione[55].

Si forma un complesso politico-giuridico multilaterale che associa agli aspetti economici e di sicurezza, la dimensione sociale, umana e culturale indicando come mai prima che “il Mediterraneo è uno e multiplo, unito nella sua dimensione musulmana araboberbera, africana e mediterranea, frammentato per il ventaglio di regimi sociopolitici, la varietà delle strategie di sviluppo e le scelte economiche”[56].
Gli elementi nuovi (innovati) e interessanti sono molteplici e vale la pena di esaminarli in dettaglio a partire della scelta della città ospitante la conferenza stessa. La decisione di Barcellona come sito per la conferenza fu un riconoscimento-premio al ruolo predominante ed essenziale giocato dalla Spagna e alla sua importanza come “primo attore” nel comporre la nuova politica nel mediterraneo[57].
Sin dal preambolo è poi manifesta l’intenzione dei partecipanti di voler oltrepassare il bilateralismo che ha contraddistinto a lungo le relazioni, basandole invece su una riformata fase di cooperazione globale e condivisa. Si legge però anche la volontà di non realizzare una cesura con il passato ma un morbido e graduale mutamento delle condizioni.
Il nuovo approccio multilaterale è complementare alla sistemazione delle relazioni bilaterali testimoniato dal ruolo fondamentale che continuano ad avere i nuovi accordi euromediterranei di associazione “i partecipanti […] consapevoli che i nuovi problemi politici, economici e sociali nei vari punti del Mediterraneo costituiscono sfide comuni che richiedono una impostazione globale, […] convinti che l’obiettivo generale - consistente nel fare del Bacino del Mediterraneo una zona di dialogo, di scambi e di cooperazione che garantisca la pace, la stabilità, la prosperità - esige il rafforzamento della democrazia, uno sviluppo economico e sociale sostenibile, misure per combattere la povertà e la promozione di una migliore comprensione tra culture […] convengono di stabilire un partenariato globale tra i partecipanti […] attraverso un dialogo politico rafforzato e regolare, uno sviluppo della cooperazione economica e finanziaria ed un’accresciuta valorizzazione della dimensione sociale, culturale ed umana, tre assi che costituiscono i tre aspetti del partenariato euro-mediterraneo”[58]. Si recuperano quindi nel testo della Dichiarazione la natura delle proposte fatte dalla Commissione e saldano degli obiettivi comuni nei campi della stabilità interna ed esterna con la finalità di conseguire per l’anno 2010[59] un vero e proprio partenariato attraverso la creazione di una zona di libero scambio[60]. Ne deriva quindi un contesto durevole fondato sullo spirito di partenariato rispettando nel contempo le singole specificità di ogni partecipante attraverso il canale bilaterale con gli accordi di associazione.
La scelta stessa della definizione della nuova iniziativa come “partenariato” denota un chiaro mutamento di pensiero e di rotta nelle relazioni esterne dell’Unione europea. Essa è intrinsecamente legata ai concetti di condivisione e associazione. Se all’interno di un partenariato vi è un’associazione è perché si è “conquistato” un accordo sui punti comuni, ma anche sulle differenze. Il partenariato, proprio perché sviluppato attorno ad accordi dinamici, è vivo e volubile; esso stesso si evolve all’evolvere delle mutate condizioni che lo hanno prodotto. L’aver raggiunto, poi, un accordo su delle basi condivise ha portato i membri a studiarsi e a conoscersi affermando le differenze reciproche come valore e non difetto. L’elemento chiave e la novità del concetto di partenariato è però l’equivalenza tra i suoi membri. Questo è l’elemento scriminante che lo qualifica e definisce. Inoltre la parità di ruolo implica che ciascun partecipante si assuma le proprie incombenze in misura eguale e cooperi al buon esito del processo[61].
L’allora Commissario europeo per la cooperazione con il Mediterraneo Nord-Sud dichiarava nel ‘92 che sul piano politico, l’Europa stava ragionando su un nuovo concetto basato sul passaggio da una logica di assistenza a una logica di partenariato. Il metodo a lungo termine del partenariato era dunque giustificato dalla chiara comprensione degli interessi comuni e dalla entità degli impegni reciproci che costringevano da un lato la Comunità ad un sostegno concreto e migliore alle politiche di apertura e di sviluppo economico e dall’altro lato la sponda sud a congegnare per il meglio tali riforme e procedere sulla via dell’apertura attraverso il libero scambio[62].
La partnership euromediterranea si discosta dai precedenti sforzi perché più che un progetto di cooperazione regionale mostra tutte le caratteristiche di una cooperazione interregionale cominciata in modo paritario tra molteplici regioni e paesi diversi tra loro dal punto di vista politico, culturale economico e sociale. Per questo alcuni autori riferendosi ad essa parlano di un co-sviluppo anziché di aiuto allo sviluppo e parlano degli impegni assunti all’interno del partenariato come di una responsabilità partecipata. Il tema del regionalismo nella storia delle relazioni internazionali contemporanee e specialmente nelle relazioni tra Unione e paesi del mediterraneo ha sempre conservato una sua coerenza. Sin dalla fine della guerra fredda è stato favorito e portato avanti da tutte le potenze più influenti come mezzo per avviare lo sviluppo della sponda sud, e nel contempo tutelare i loro interessi. I governi lo hanno spesso utilizzato come efficiente strumento politico per gestire le pressioni esterne ed interne[63] e la UE da questo punto di vista non si differenzia.
Se il regionalismo tipico dell’approccio della UE è, infatti, da questa usato come uno congegno di gestione internazionale per diminuire il divario politico ed economico attraverso un processo di socializzazione[64], il partenariato euromediterraneo può essere similmente valutato come un processo di costruzione regionale diretto in prima istanza a produrre un linguaggio comune tra i partner sui concetti base. Per via della natura trans-culturale della struttura euro-mediterranea, infatti, i concetti importanti per la collettività dei partner possono magari essere qualificati nello stesso modo ma significare cose diverse a cominciare dai concetti di democrazia, diritti umani e terrorismo[65].
A ciò si aggiunga che nello sforzo di rafforzare le relazioni nord-sud, il partenariato euromediterraneo ha tra i temi degni di preminenza maggiore quella di coltivare e sostenere più strette relazioni sud-sud. Tentativi specifici sono, infatti, definiti per assistere i paesi del Mediterraneo al fine di divenire più consci e informati delle opportunità che esistono nelle nazioni confinanti e per offrire contemporaneamente ai paesi aderenti accordi con incentivi finanziari per promuovere la creazione di imprese e società trans-mediterranee. Ciascuna delle nazioni del Mediterraneo continuano ad agire singolarmente, seguendo ognuna il proprio piano di sviluppo e pochissimi sono i segni che indichino che esista una benché minima fervore di cooperazione intra - mediterranea tra loro o che questo possa avvenire in breve tempo[66]. Si aggiunga poi che la politica estera della Unione in quegli anni è ovviamente destinata in prevalenza ai paesi dell’ex cortina di ferro e il PEM può quindi essere anche inteso come il tentativo di estendere il progetto di partenariato verso sud nel tentativo di stimolare e promuovere delle relazioni cooperative nell’area mediterranea[67]. E’ in quest’ottica che si incastra Barcellona e a partire da quel momento si amplieranno in modo costante e continuo le relazioni istituzionali e transnazionali con l’Europa. Il presupposto principale di Barcellona è quello di costituire nell’area mediterranea una sorta di spazio comune che abbia in divenire tutti gli elementi indispensabili per costituire una vera e propria regione e quindi la contiguità geografica territoriale, i valori condivisi, le tradizioni e gli interessi comuni affinché lo sviluppo serva come trampolino di lancio per la realizzazione di un modello regionale. Da tale premessa discese meccanicamente e logicamente che gli stati dovessero tutti, inevitabilmente essere ugualmente motivati ed inclini fortemente all’obiettivo comune della cooperazione regionale come strumento per promuovere pace, stabilità e ricchezza e che similmente fossero tutti propensi ad accettare e favorire le necessarie riforme e liberalizzazioni politiche, economiche e sociali che avrebbero consentito la concretizzazione della cooperazione transnazionale[68].
La nuova politica o più correttamente il partenariato si articola su tre “assi” o ambiti di cooperazione principali: il partenariato politico e di sicurezza che mira a realizzare “uno spazio comune di pace e di stabilità” basata sui principi fondamentali, ivi compresi il rispetto per i diritti umani e la democrazia; il partenariato economico e finanziario che intende permettere la creazione di una “zona di prosperità condivisa” attraverso la progressiva creazione di una zona di libero scambio tra la UE e i paesi mediterranei, e tra essi stessi, coadiuvata da un appoggio finanziario consistente per la transizione economica dei paesi partner e per temperare le conseguenze sociali ed economiche dovute al processo di riforma; e infine il partenariato sociale, culturale ed umano che intende favorire “lo sviluppo delle risorse umane,(…) della comprensione tra culture e degli scambi tra società civili” attraverso lo sviluppo delle risorse umane, il rafforzamento della comprensione e del dialogo tra culture e storie diverse, nonché il riavvicinamento dei popoli della regione oltre che lo sviluppo e promozione della propulsione della società civile.
Per la prima volta la cooperazione economica e finanziaria regionale ha un ruolo secondario sebbene indispensabile, è di fatto uno strumento per concorrere a rafforzare la pace e la democrazia, vero elemento cardine del partenariato[69].
Pace e democrazia una volta raggiunte saranno elementi cruciali a loro volta per consolidare l’economia e procedere sul cammino delle privatizzazioni e liberalizzazioni contribuendo così a togliere gli ostacoli alla libera circolazione delle merci. Tutta la novità del processo di Barcellona risiede in due aspetti, il primo attiene alla valenza giuridica della Dichiarazione. Essa è, diversamente alle altre iniziative dell’Unione europea, a tutti gli effetti un atto vincolante avente forza legale[70]: i membri del partenariato euro-mediterraneo firmando l’atto finale della conferenza hanno dato inizio a un accordo internazionale che, benché privo delle solennità convenzionali di solito utilizzate, resta sicuramente valido e produttore di effetti legali e in particolare impegni internazionali a carico delle parti stipulanti. In breve avendo firmato la dichiarazione i partner sono vincolati ad intraprendere azioni materiali per compiere e raggiungere gli obiettivi contenuti nei tre ambiti di cooperazione principali.
La seconda novità risiede invece nella sua realizzazione e nella tecnica dei vasi comunicanti utilizzata per congegnare i tre ambiti di cooperazione. I tre assi infatti “comunicano” tra loro e ciò reca un beneficio al partenariato nella misura in cui si realizzino dei progressi concomitanti ossia che lo stato di avanzamento dei tre ambiti avanzi in parallelo. Se si analizza in particolare il testo della Dichiarazione di Barcellona e l’annesso programma di lavoro, si osserverà che il contenuto e la funzione di ogni singolo ambito non è stata ideata per essere isolato e specifico ma anzi si augura ed auspica che gli effetti benefici prodotti in un ambito di cooperazione si espandano anche agli altri. Tale novità però non è ugualmente innovativa, bensì riprende quanto già ideato per lo spazio intra - europeo con il trattato di Maastricht. Il partenariato riproduce in una qualche misura un’esperienza, parte della storia dell’Unione, permettendo di trovare dei nuovi modi di funzionamento più adeguati, tentando così a replicare all’esterno quanto ha già dato frutti positivi all’interno dell’Unione. Importante e nuovo è invece il ruolo riservato alla Commissione europea, vero motore dell’Unione. Le si attribuisce il ruolo della cabina di regia, della preparazione e guida delle riunioni statuite dal documento di lavoro o decise dal Comitato euromediterraneo prodotto ad hoc. Esaminando il meccanismo vero e proprio del partenariato e le sue strutture si nota che il sistema multilaterale creato dal PEM rappresenta un’innovazione nel tentativo di costruzione di una regione mediterranea. Al di là infatti delle riunioni dei Capi di Stato e di Governo si mette in piedi un sistema attraverso cui gli incontri tra i partner avvengono a tutti i livelli e con cadenza regolare[71]. Tali riunioni ex post si attestarono essere uno dei fattori di successo svolgendosi in modo sufficientemente regolare senza essere influenzati da fattori esterni[72] e permisero agli stati partner di confrontarsi su una estesa varietà di materie: dal commercio, sia esso intra-regionale sia multilaterale in preparazione ai negoziati di Doha, a temi particolarmente delicati quali l’immigrazione. A ciò si affianca un interessante meccanismo di decisione che testimonia la volontà reale di migliorare i rapporti con i partner e dotarli di un potere più ampio rispetto al passato. Si prevede la creazione e l’intervento di un ibrido, il Comitato euromediterraneo[73], formato da alti funzionari specializzati venuti dai 27 stati partner che si riunisce ogni due mesi e ha la competenza di esaminare i dossier del Consiglio che trattano tematiche euromediterranee relative alla messa in pratica dei tre assi. La novità consiste nel tentativo di rendere più svelto il funzionamento e nella velocità della trattazione e decisione dei dossier. Il meccanismo di funzionamento del partenariato è forse l’organismo più completo e raffinato messo in opera dalla Unione europea, ha creato un congegno condiviso, trasversale agli assi e che coinvolge tutte le istituzioni. Prevede inoltre per la prima volta la partecipazione della società civile in modo attivo e in tutto il bacino. Nel passato infatti si erano proposti degli esperimenti, negli anni 1992-1995, per incoraggiare la cooperazione decentrata nell’area e la società civile si era mostrata vivace, dinamica e desiderosa di mettersi in contatto con la Ue creando dei network tematici. Attraverso la nuova iniziativa si vuole in un certo senso legittimare la loro esistenza e azione principalmente nei paesi meridionali. In seguito, a ulteriore sostegno e semplificazione degli scambi si crea nel 1998 il Forum euromediterraneo composto da parlamentari dei paesi aderenti e da euro-parlamentari con l’obiettivo di sostenere le sinergie tra i partner per incoraggiare gli accordi e la trasparenza dell’intero processo decisionale[74].
L’Unione Europea ha da allora, attraverso il PEM, sempre favorito una serie di pratiche sia a livello istituzionale sia a livello di dialogo tra i partner per caldeggiare il multilateralismo e la edificazione della regione mediterranea[75].

3.     Prerogative ed obiettivi

Ø Il partenariato politico e della sicurezza
Il primo asse è il partenariato politico e di sicurezza. Le condizioni geopolitiche che originarono la conferenza ebbero un ruolo decisivo nella scelta di creare tale asse e nella determinazione del suo contenuto. Di tutti i confini dell’Europa nel nuovo assetto mondiale solo quelli mediterranei figuravano ancora come una minaccia. I Balcani erano in conflitto e sul fronte meridionale il risentimento anti-occidentale si erano intensificato in seguito alla guerra del Golfo che si aggiungeva al più grave problema della tensione deflagrata in Algeria. Se da un lato gli stati membri erano impensieriti dalla paventata minaccia islamica, testimoniata anche dalla della volontà comune degli Stati partecipanti di «rafforzare la loro cooperazione per prevenire e combattere il terrorismo, in particolare attraverso la ratifica e l’applicazione di strumenti internazionali da essi sottoscritti, l’adesione a questi strumenti e l’adozione di ogni altra misura idonea»[76], dall’altro li impensieriva in maggior misura la possibile emigrazione di massa algerina. E’ proprio in tale circostanza e tema che Huntington[77] identifica uno degli “scontri” tra le differenti culture e civiltà preferendo più per una visione del Mediterraneo diviso piuttosto che unitario, in senso radicalmente opposto quindi al percorso scelto dalla UE. Il suo scontro di civiltà sollevò però la questione della sicurezza dell’area, in cui il conflitto si verifica lungo la linea di contrapposizione tra la militanza a vocazione religiosa e i valori liberali occidentali. Tali elementi uniti alla fine del bipolarismo contribuirono ad alimentare quella che per alcuni[78] è un’incertezza conoscitiva, ossia quel momento di transito che precorre una trasformazione nell’interesse o nella politica di uno Stato e che creò poi la nuova politica mediterranea della Ue e in particolare originò l’asse sulla politica e sicurezza. Analizzando il testo della Dichiarazione si trova traccia di tale momento ove “i partecipanti esprimono la convinzione che la pace, la stabilità e la sicurezza della regione mediterranea sono un bene comune che si impegnano a promuovere e a rafforzare con tutti i mezzi di cui dispongono[79].”
Originato da tali presupposti l’asse della cooperazione politica e di sicurezza si sostanzia nella determinazione di fini politici comuni ai vari Paesi dell’area. Tra di essi è opportuno segnalare non solo e non tanto il rispetto dei principi del diritto internazionale, cosa questa abbastanza naturale, quanto piuttosto l’affermazione dell’impegno degli Stati partecipanti a «sviluppare lo Stato di diritto e la democrazia nei loro sistemi, di scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, socio-culturale, economico e giudiziario[80]». Al di là della misurata e moderata formulazione l’impegno così preso era considerevole, si tenga conto di quanto differenti fossero tra loro i sistemi socio-politici degli stati sulle rive del Mediterraneo[81].
Gli obiettivi tratteggiati e gli impegni fissati tra i membri erano però da considerare come delle dichiarazioni di intenti, degli obiettivi a lungo termine che andavano oltre l’appianamento dei problemi contingenti per i quali sussistevano altri esclusi dalla trattazione. Per questo motivo nel testo della dichiarazione la lista delle possibili azioni da intraprendere all’interno dell’asse ancorché sia molto ampia e vada dallo sviluppo della democrazia alla lotta contro razzismo e xenofobia e dal rispetto della sovranità dello Stato alla promozione della sicurezza regionale adoperandosi, tra l’altro, a favore della non proliferazione chimica, biologica e nucleare e alla creazione di un'area mediorientale priva di armi di distruzione di massa, non è però da considerare come tassativa.
Similmente i partner accolsero la decisione di rispettare in generale i diritti umani e le libertà fondamentali, le diversità, il pluralismo e riconobbero in questo contesto “il diritto di ciascun partecipante di scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, socioculturale, economico e giudiziario[82].” Sempre nell’ottica di favorire la comunicazione e la comprensione reciproca si impiantarono ex novo degli incontri periodici e la realizzazione di un network tra i diversi pensatoi dei paesi partner per avanzare verso un dialogo politico rafforzato per riconfermare, ove necessario, gli obiettivi condivisi in materia di stabilità sia interna che esterna. Al di là delle singole tematiche coperte dalle dichiarazioni di intenti, l’elemento rilevante della cooperazione è la creazione di un dispositivo giuridico e politico leggero che da un lato introduce la dimensione politico militare all’interno della politica estera europea e contemporaneamente non lega la realizzazione della cooperazione a obiettivi fissi e rigidi ma è elastico potendosi infatti applicare a più ampio novero di casi e comunque sempre diretta al più rilevante obiettivo della consultazione politica[83]. E’ proprio attraverso questa che si lancia l’idea di un approccio omnicomprensivo alla sicurezza aggiungendo la dimensione politico militare in una visione più ampia e sinergica con la politica estera dell’Unione, e si introduce l’idea del partenariato e della condivisione delle responsabilità anche oltre il tradizionale settore economico per utilizzarlo nei casi inerenti a problemi che riguardano la sicurezza, comuni a tutti gli stati e non solo quelli europei, superando così le valutazioni negative poste soprattutto dai paesi arabi di un eccessivo eurocentrismo dell’iniziativa.
Altri[84] invece non sono d’accordo con tale visione e sostengono invece che il PEM contribuì in materia decisiva a dare una risposta alla questione, già ampiamente discussa, se per sicurezza regionale si dovesse interpretare e di conseguenza orientare la politica in modo restrittivo solo al Mediterraneo geograficamente riconosciuto oppure potesse essere considerata anche in modo omnicomprensivo includendo tutta l’Europa in quanto la minaccia era comune indipendentemente dalla mera collocazione geografica[85]. Il PEM era un compito collettivo, un tentativo di ridefinire la visione europea nell’ambito della sicurezza ma pertinente più ai fattori di instabilità sociale e di arretratezza economica più che all’esame e risoluzione di una vera minaccia militare.
Nella sostanza: i partecipanti alla conferenza di Barcellona hanno deciso di istituire un dialogo politico globale e regolare, a complemento del dialogo bilaterale previsto dagli accordi di precedenti. Inoltre, la dichiarazione definisce alcuni obiettivi comuni in materia di stabilità interna ed esterna. Le parti si impegnano ad agire in conformità della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, come pure di altri obblighi che derivano dal diritto internazionale, segnatamente di quelli risultanti dagli strumenti regionali ed internazionali.
Le parti si impegnano ad introdurre lo stato di diritto e la democrazia nei loro sistemi politici, riconoscendo, in questo quadro, il diritto di ciascun partecipante di scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, socioculturale, economico e giudiziario. Hanno inoltre concordato di combattere il terrorismo, la criminalità organizzata e la droga in tutti i suoi aspetti. Le parti si sono inoltre impegnate a promuovere la sicurezza regionale, adoperandosi, tra l'altro, a favore della non proliferazione chimica, biologica e nucleare mediante l'adesione e l'ottemperanza ai regimi di non proliferazione sia internazionali che regionali, nonché agli accordi sul disarmo e sul controllo degli armamenti. Esse perseguono l'obiettivo di creare un'area mediorientale priva di armi di distruzione di massa.

Ø Il partenariato economico e finanziario
In questo ambito la Commissione ha voluto dare alla sfera economica un ruolo politico fissando un legame tra lo sviluppo economico finanziario e l’ammodernamento della politica. Il metodo seguito poggiava, infatti, sul ragionamento che uno sviluppo dell’apparato commerciale implica come diretto effetto il miglioramento del tenore di vita dei cittadini, l'aumento degli occupati e di conseguenza anche una forma di liberalizzazione politica e quindi di democratizzazione. Se tutti gli esperimenti fino ad allora fatti per modernizzare i regimi non sempre democratici degli stati terzi erano falliti, si pensò che lavorando sul profilo commerciale-economico questo avrebbe generato la spinta fondamentale per il mutamento politico[86]. Sarà quindi la liberalizzazione economica il mezzo attraverso cui si stabilizzerà la regione, aprendo le economie; il rinforzamento delle interazioni e scambi commerciali tra i partner doveva a lungo termine comportare inevitabilmente la risoluzione dei conflitti nella regione. Per conseguire tale obiettivo i partner si decidono per l’instaurazione graduale di una zona di libero scambio, attuazione di un'opportuna cooperazione e un'azione concertata a livello economico nei settori pertinenti ed il potenziamento dell'assistenza finanziaria ai partner meridionali[87].
La zona di libero scambio (ZLS) dalle parti fissata alla data del 2010 includeva la maggior parte degli scambi[88] tra i partner. Per ottenere ciò si erano anche stabilite delle misure tangibili destinate a favorire il libero scambio come l'armonizzazione delle regole e delle procedure doganali e la rimozione degli ostacoli tecnici immotivati nei settori d’intervento individuati come rilevanti tra cui il primo è il settore degli investimenti e il risparmio privato. Secondo la dichiarazione di Barcellona, l'introduzione di un ambiente favorevole agli investimenti avrà come conseguenza il trasferimento di tecnologie e l'aumento della produzione e delle esportazioni. Il programma di lavoro prevede una riflessione volta ad individuare gli ostacoli agli investimenti così come gli strumenti necessari per favorire tali investimenti, compreso nel settore bancario. Il secondo è la cooperazione regionale come elemento risolutivo per favorire la realizzazione di una zona di libero scambio; la cooperazione industriale e il sostegno alle piccole e medie imprese (PMI); la diffusione di strumenti comuni in materia di protezione e di amministrazione razionale delle risorse ittiche; l'intensificazione del dialogo e della cooperazione nel settore dell'energia; lo sviluppo della cooperazione attinente alla gestione delle risorse idriche; l'aggiornamento e la riorganizzazione dell'agricoltura. Tale processo di completamento e avviamento delle economie potrà completarsi solo attraverso la rimozione delle barriere commerciali che attuando un mercato regionale più ampio, consentiranno di attrarre gli investimenti diretti esteri imprescindibili a modernizzare le economie nazionali in mancanza di adeguate risorse finanziarie[89].
La liberalizzazione dei mercati non ha soltanto un fine economico, ha anche, per il principio dei vasi comunicanti già visto, un obiettivo di sicurezza e stabilità, attraverso cui si vuole contenere il flusso migratorio verso l’Europa ed alleviare le situazioni di instabilità legate a cause politiche e religiose. Ma non solo per l’Europa erano i benefici del PEM. Giacché basato sulla condivisione della incombenze, deve essere esaminato anche da un differente punto di vista ossia quello dei paesi mediterranei. Il partenariato infatti è per i paesi del mediterraneo la sommatoria di indubbi vantaggi economici sia sul fronte esterno sia su quello interno. Pertanto, accanto all’importanza di stabilire nella regione mediterranea una forte cooperazione economica con l’Unione europea, il partenariato costituisce, per i partner mediterranei, l’occasione di incrementare anche l’integrazione orizzontale. Questa, oltre a contribuire alla crescita delle esportazioni e quindi allo sviluppo economico, è possibile solamente attraverso l’apertura dei mercati. L’opportunità di sfruttare le potenzialità commerciali del mercato europeo avrebbe richiamato un flusso fiorente di investimenti esteri diretti, incoraggiando il trasferimento di tecnologie avanzate verso i Paesi della sponda Sud ed accrescendo la produttività e la competitività del lavoro; ciò avrebbe a sua volta implicato una maggiore crescita ed una maggiore occupazione, producendo non solo benefici effetti sugli indicatori sociali e la lotta alla povertà, ma anche un ulteriore impulso per gli investimenti e la modernizzazione dell’apparato produttivo. L’apertura commerciale, attraverso gli Accordi di associazione Euro - mediterranei e la costruzione dell’Area di Libero Scambio avrebbe dunque innescato un circolo virtuoso che, passando attraverso un miglioramento delle condizioni di produzione, avrebbe immesso il Paese in un percorso di crescita saldo e nutrito. Il progresso del benessere e la riduzione dell’indigenza ne sarebbero conseguite come conseguenza[90].
Si può dunque rilevare che la creazione di una “zona di prosperità condivisa” nel Mediterraneo presuppone necessariamente uno sviluppo socioeconomico sostenibile e regolato, nonché il miglioramento della qualità di vita delle popolazioni, l'aumento del livello di occupazione e l’impulso della cooperazione e dell'integrazione regionale[91].
Per il conseguimento di tali obiettivi, i partecipanti convengono di stabilire un partenariato economico e finanziario che sia volto a:
·        instaurare gradualmente una zona di libero scambio;
·        attuare un'opportuna cooperazione e un'azione concertata a livello economico nei settori pertinenti;
·        potenziare sostanzialmente l'assistenza finanziaria dell'Unione Europea ai suoi partner.
La zona di libero scambio (ZLS) sarà instaurata grazie ai nuovi accordi euromediterranei e agli accordi di libero scambio stesi tra gli stessi paesi terzi mediterranei. Le parti hanno fissato la data del 2010 come meta per la graduale attuazione di questa zona che coprirà la maggior parte degli scambi, nel rispetto degli obblighi risultanti dall'Organizzazione Mondiale per il Commercio (OMC). Saranno gradualmente eliminati gli ostacoli tariffari e non tariffari al commercio dei prodotti manufatti, secondo scadenzari che saranno negoziati tra i partner. Il commercio dei prodotti agricoli e gli scambi in materia di servizi saranno progressivamente liberalizzati.
Per facilitare la realizzazione di questa zona di libero scambio euro-mediterranea, l'UE e i PTM[92] hanno definito quattro campi d’azione prioritari:
• l'adozione di misure adeguate in materia di norme d'origine, di certificazione, di tutela dei diritti di proprietà intellettuale, industriale e di concorrenza;
• il proseguimento e lo sviluppo di politiche fondate sui principi dell'economia di mercato e dell'integrazione delle loro economie, tenendo conto dei rispettivi bisogni e livelli di sviluppo;
• l'adattamento e l'ammodernamento delle strutture economiche e sociali, accordando priorità alla promozione ed allo sviluppo del settore privato, al miglioramento del settore produttivo e alla creazione di un opportuno quadro istituzionale e regolamentare per un'economia di mercato. Analogamente, ci si sforzerà di attenuare le conseguenze sociali negative che possono risultare da tale adattamento, incoraggiando programmi a favore delle popolazioni più povere;
• la promozione di meccanismi volti a sviluppare i trasferimenti di tecnologia. Il programma di lavoro prevede alcune misure concrete destinate a promuovere il libero scambio, come l'armonizzazione delle norme e delle procedure doganali e l'eliminazione degli ostacoli tecnici ingiustificati agli scambi di prodotti agricoli.
L'intensificazione della cooperazione e della concertazione a livello economico tra l'UE e i PTM riguarda in modo prioritario alcuni settori importanti:
·        gli investimenti e il risparmio privato: i paesi terzi mediterranei dovranno eliminare gli ostacoli agli investimenti esteri diretti e incentivare il risparmio interno al fine di promuovere lo sviluppo economico. Secondo la dichiarazione di Barcellona, l'introduzione di un ambiente favorevole agli investimenti avrà come conseguenza il trasferimento di tecnologie e l'aumento della produzione e delle esportazioni. Il programma di lavoro prevede una riflessione volta ad individuare gli ostacoli agli investimenti così come gli strumenti necessari per favorirli, anche nel settore bancario;
·        la cooperazione regionale come fattore chiave per favorire la creazione di una zona di libero scambio;
·        la cooperazione industriale e il sostegno alle piccole e medie imprese (PMI);
·        il rafforzamento della cooperazione ambientale;
·        la promozione del ruolo della donna nello sviluppo;
·         l'introduzione di strumenti comuni in materia di conservazione e di gestione razionale delle risorse ittiche;
·         l'intensificazione del dialogo e della cooperazione nel settore dell'energia;
·         lo sviluppo della cooperazione relativa alla gestione delle risorse idriche;
·         l'ammodernamento e la ristrutturazione dell'agricoltura.

Le parti convengono inoltre sulla necessità di elaborare un programma di priorità riguardo ad altri settori, come le infrastrutture di trasporto, lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione e l'ammodernamento delle telecomunicazioni. Si impegnano inoltre a rispettare i principi del diritto marittimo internazionale, ad incoraggiare la cooperazione tra collettività locali e la pianificazione territoriale, nonché a promuovere la cooperazione nel settore statistico; riconoscono inoltre che la scienza e la tecnologia hanno un considerevole influsso sullo sviluppo socioeconomico.
La realizzazione di una zona di libero scambio tra l’UE ed i suoi partners (“cooperazione bilaterale”)[93], nonché tra i partners mediterranei stessi (“cooperazione regionale”)[94], e il successo globale del partenariato euromediterraneo poggiano su un rafforzamento della cooperazione finanziaria e su un potenziamento sostanziale dell'assistenza finanziaria fornita dall'UE. Il Consiglio Europeo di Cannes[95] ha convenuto di prevedere per tale assistenza finanziaria stanziamenti per un importo pari a 4.685 miliardi di ecu[96] per il periodo 1995-1999 sotto forma di fondi del bilancio comunitario. A ciò si aggiunge l'intervento della Banca Europea per gli Investimenti (BEI), sotto forma di prestiti di importo simile, e gli aiuti bilaterali degli Stati membri.

Il partenariato sociale, culturale e umano
La creazione di tale asse rappresenta idealmente la risposta da parte della Unione europea alla tesi dello scontro di civiltà di Huntington. Per dirimere le controversi e scongiurare gli scontri occorre infatti prima conoscersi. Ed è proprio questa la speranza della Ue nell’inserimento di tale pilastro. Spera infatti che da un primo momento di curiosità e conoscenza reciproca basata sul confronto delle culture si possa passare a un livello più profondo di condivisione degli standard in materia di rispetto dei diritti umani sino al riavvicinamento istituzionale quale strumento per il raggiungimento della pace. In ultima istanza, il PEM si propone di stimolare una società mediterranea multiculturale basata su valori transnazionali. Si prova a replicare su vasta scala il modello della pace democratica rielaborata dopo la caduta del muro di Berlino[97].
Ai sensi della dichiarazione di Barcellona, “le parti hanno convenuto di instaurare un partenariato in ambito sociale, culturale ed umano finalizzato al ravvicinamento e alla comprensione tra popoli e ad una migliore percezione reciproca. Il partenariato si fonda da un lato, sul delicato compromesso tra l'esistenza, il riconoscimento e il rispetto reciproco di tradizioni, di culture e di civiltà diverse su entrambe le sponde del Mediterraneo e dall'altro, sulla valorizzazione delle radici comuni”. Vi si afferma inoltre la necessità di avviare una cooperazione nei settori dell’istruzione, della cultura, della sanità, riconoscendo l’importanza che la società civile può avere nella costruzione del partenariato. A tal fine gli Stati partecipanti si impegnano a promuovere, tra l’altro, scambi di giovani e altri contatti tra le popolazioni[98].
Il contesto in cui si colloca Barcellona non è infatti dei migliori. Il bacino è scosso da tensioni imputabili in grande misura alla ripresa delle ostilità Israelo - Palestinesi e in misura minore dalla mai risolta contesa turco-greca per Cipro e la disputa sul Sahara Occidentale e il Golan. E’ quindi evidente e condivisibile che si inciti la comunicazione tra le diverse culture e che anzi si auspichi che dagli incontri ne traggano un benefico influsso reciproco. Sebbene la distanza geografica possa arrestare il contatto reale tra i popoli non può fare altrettanto per la cultura,la religione usi e tradizioni. Queste viaggiano attraverso le nuove tecnologie che hanno contribuito a rendere il bacino un luogo più piccolo e le due rive permeabili le une alle altre grazie agli scambi reali e virtuali. Secondo alcuni è addirittura impossibile ormai mantenere le società separate e impermeabili a causa dell’emergere sull’una e sull’altra sponda di ibridi[99].
Riconoscendo l'esistenza di differenze ma anche di elementi in comune tra le civiltà del Mediterraneo si punta a affrontare i temi sensibili dall’esclusione culturale, al razzismo e alla xenofobia per abbattere i pregiudizi e costruire una società multiculturale che sia fondata su valori e interessi comuni pur partendo da una base culturale specifica e individuale.
Tra le altre novità introdotte a cui solo brevemente si è accennato all’inizio del paragrafo vi è l’avvio un quadro di cooperazione regionale innovativo rispetto alle precedenti politiche comunitarie, perché si basa al tempo stesso su una triplice, sinergica cooperazione. La cooperazione multilaterale si interseca e lega in sinergia con la tradizionale cooperazione bilaterale sancita dagli Accordi euromediterranei di associazione ed entrambe poi con la cooperazione subregionale tra i paesi dell’area qui riproposta e rivestita di nuova importanza. L’Unione e le sue istituzioni sembrano quindi aver intrapreso la strada opposta rispetto a “coloro che non vogliono confrontarsi con il loro passato, sono incapaci di comprendere il presente, e non saranno in grado di affrontare il futuro[100]” comprendendo che un approccio olistico è non solo necessario ma indispensabile per affrontare la complessità della regione. Anche la pianificazione e distribuzione dei finanziamenti ricalcherà tale approccio; non più protocolli finanziari bilaterali, ma una nuova linea comune a tutti, nasce MEDA[101]. Il partenariato ha una nuova dotazione finanziaria più elevata rispetto al passato,decisa dal Consiglio Europeo di Cannes nel giugno 1995 per il periodo fino al 1999 e che poi verrà successivamente rinnovata[102].
Lo sviluppo sociale al pari di quanto succede nelle altri assi deve procedere di pari passo con lo sviluppo economico e la decentralizzazione della cooperazione deve coinvolgere i principali attori della società politica e civile, il mondo religioso e culturale, università e centri di ricerca nonché i soggetti economici sia pubblici che privati. Jünemann definisce il PEM come il momento più alto di un processo politico che iniziò subito dopo la caduta del muro di Berlino, ma cosa più importante segnò il punto di origine per una nuove epoca di relazioni interregionali[103] e che Barcellona aspirava in realtà a una progressiva occidentalizzazione del mediterraneo, convertendolo gradualmente in un area di influenza politica ed economica. Questo è forse l’asse che ha avuto più successo perché ha originato un processo di creazione, a tutt’oggi ancora in corso, di una società trans mediterranea.
Ai sensi della Dichiarazione di Barcellona, le parti hanno convenuto di instaurare un partenariato in ambito sociale, culturale ed umano, finalizzato al riavvicinamento e alla comprensione tra popoli.
Il partenariato si fonda, da un lato, sul delicato compromesso tra l'esistenza, il riconoscimento e il rispetto reciproco di tradizioni, di culture e di civiltà diverse su entrambe le sponde del Mediterraneo e, dall'altro, sulla valorizzazione delle radici comuni. In tale ottica, la dichiarazione di Barcellona e il suo programma di lavoro pongono l'accento su:
·        l'importanza del dialogo interculturale e interreligioso;
·        l'importanza del ruolo dei mezzi di comunicazione di massa ai fini della conoscenza e della comprensione reciproca tra culture;
·        lo sviluppo delle risorse umane nel settore della cultura: scambi culturali, conoscenza di altre lingue, attuazione di programmi educativi e culturali rispettosi delle identità culturali;
·        l'importanza del settore sanitario e dello sviluppo sociale e il rispetto dei diritti sociali fondamentali;
·        la necessità di coinvolgere la società civile nel partenariato euromediterraneo e il rafforzamento degli strumenti della cooperazione decentrata per favorire gli scambi tra i diversi settori dello sviluppo;
·        la cooperazione nel settore dell'immigrazione clandestina e della lotta al terrorismo, al traffico di droga, alla criminalità internazionale e alla corruzione.

Di non minore importanza, seppur non catalogabile come uno degli assi portanti la Dichiarazione di Barcellona, possiamo sicuramente, per completezza d’indagine, annoverare gli accordi euromediterranei di Associazione.  Nell'ambito del processo di partenariato euro-mediterraneo notevole importanza rivestono questo tipo di accordi, strumento tanto fondamentale da essere un vero e proprio snodo del processo. La vera novità del partenariato è dunque rappresentata dalla multilateralizzazione dei rapporti già esistenti a livello bilaterale attraverso gli accordi di associazione tra l’Unione europea e i singoli Stati mediterranei e che però non vengono comunque per questo rinnegati.
Nel testo della Dichiarazione si afferma anzi che essi verranno rafforzati e che la cooperazione multilaterale dovrà ritenersi complementare ad essi[104]. Sono accordi contrattuali bilaterali di nuova generazione che governano le relazioni tra la CE e i suoi partner del mediterraneo sostituendosi agli accordi precedentemente conclusi negli anni settanta.
Sono di importanza fondamentale nella nuova struttura perché coprono i 3 assi della dichiarazione di Barcellona e costituiscono nel contempo un foro di confrontazione informale e costante tra la Comunità e i paesi del Mediterraneo. Sebbene le disposizioni dei singoli accordi bilaterali variano a seconda del paese partner[105] si possono comunque individuare degli aspetti comuni. Tutti gli accordi contengono una clausola che definisce il rispetto per i principi democratici e i diritti umani fondamentali come un “elemento essenziale” degli accordi. Tutti gli accordi di associazione contengono inoltre delle clausole che riguardano il dialogo politico; la libera circolazione dei beni, dei servizi e dei capitali; cooperazione economica; cooperazione sociale e culturale; cooperazione finanziaria e accordi istituzionali. Prendendo come modello l'Accordo di Associazione con la Tunisia, che è stato il primo paese a firmare[106], si possono individuare gli obiettivi concreti che le parti cercheranno di raggiungere, cioè, ex art. 1: "Costituire un ambito adeguato per il dialogo politico tra le parti che consenta di consolidare le loro relazioni in tutti i campi che esse riterranno pertinenti a tale dialogo; stabilire le condizioni per la liberalizzazione degli scambi di beni, di servizi e di capitali; sviluppare gli scambi e stimolare l'espansione di relazioni economiche e sociali equilibrate tra le parti, segnatamente attraverso il dialogo e la cooperazione, per favorire lo sviluppo e la prosperità della Tunisia e del popolo tunisino; incoraggiare l'integrazione del Maghreb e favorire gli scambi e la cooperazione tra la Tunisia e i paesi della regione; promuovere la cooperazione in campo economico, sociale, culturale e finanziario". Il primo elemento in comune contenuto nei testi dei nuovi accordi riguarda il rafforzamento della democrazia, il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali facendo anche esplicito riferimento alla Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo. Il valore di tale inserzione va al di là del mero testo, rappresenta infatti l’ennesima conferma del tentativo di proporre la Comunità come un attore politico e non solo commerciale. Gli accordi proprio perché ideati come strumenti di supporto alla attuazione degli obiettivi della Dichiarazione hanno come obiettivo implicito l'istituzione di un dialogo tra le parti soprattutto in materia di politica e sicurezza. La struttura comune è però flessibile permettendo così di essere adattata alle singole specificità come ad esempio nel caso dell’Autorità Palestinese che a causa del suo status particolare beneficia di un accordo ad hoc e precisamente di un accordo interinale che riguarda solo gli aspetti commerciali tralasciando la cooperazione politica. L’importante è che sia raggiunto l’obiettivo di instaurare una dialogo che favorisca il riavvicinamento delle parti grazie all'instaurazione di una migliore comprensione reciproca ed una cooperazione politica approfondita. Si vuole inoltre rafforzare anche la solidarietà e la tolleranza nei confronti delle altre culture; vi è l’esigenza per i motivi illustrati all’inizio del capitolo di garantire la pace, la sicurezza e lo sviluppo della regione anche attraverso la realizzazione di iniziative comuni.
L'Accordo euro-tunisino proseguendo con l’esempio pratico, continua con un'accurata descrizione dei diversi ambiti in cui dovrà operare, a partire dal dialogo politico come base per garantire la stabilità e sicurezza dell'area mediterranea, per poi arrivare al cuore del problema, cioè la libera circolazione delle merci. L'art. 6 infatti stabilisce l'istituzione di una zona di libero scambio transitoria, della durata massima di dodici anni dall'entrata in vigore dell'accordo, che sarà poi sostituita dalla zona di libero scambio[107] euromediterranea da istituirsi entro il 2010. Questo è il secondo ambito comune a tutti gli accordi che comprendono infatti delle previsioni dettagliare per permettere la creazione di una Zona di Libero Scambio le cui procedure e meccanismi sono dettagliate negli accordi. Anche in tal caso dalla intelaiatura comune a tutti i paesi vi si discostano alcune previsioni specifiche e adattate alle esigenze del singolo partner come ad esempio quelle contenute nell’accordo con Israele con cui esistendo già una zona di libero scambio con la Comunità se ne prevede, pertanto, il rafforzamento. La diversità delle situazioni dei paesi mediterranei si manifesta anche nel tipo di esportazioni considerate e inserite nei singoli accordi. Alcune economie dipendono quasi al 99% dall'esportazione di idrocarburi, come Libia e Algeria, altri, come Siria ed Egitto, esportano prodotti tessili, mentre Tunisia e Marocco esportano fosfati, tessili e prodotti alimentari. Di conseguenza, anche se il regime della Zona di Libero Scambio è unico, le esigenze sono in realtà molteplici e variegate[108].

4.     Epilogo
I Paesi del Partenariato Euro-Mediterraneo seguono un approccio progressivo e pragmatico, perché l’interazione non è scevra da incoerenze e contrasti e le aspettative alte degli attori in gioco non sempre sono convergenti. Data la complessità dell’area e le controversie politiche tra alcuni degli attori coinvolti, il metodo di lavoro accolto dai Paesi del Partenariato Euro-Mediterraneo è quello di procedere con dichiarazioni politiche e programmi specifici, più che attraverso congegni legali codificati in trattati internazionali che obblighino i partner sul piano multilaterale. Per questo si parla di un quadro istituzionale “leggero”.
In tema di cooperazione regionale[109] viene introdotto il criterio di convocare riunioni periodiche a tutti i livelli, per completare i confronti avviati con ogni Stato sulla base dei singoli accordi, nel convincimento che la strategia più efficace risieda nel coinvolgimento dinamico di tutte le forze, di entrambe le società civili, in un’ottica, appunto, di partenariato. Partendo dal Programma di Lavoro di Barcellona, le conclusioni raggiunte nelle varie riunioni convergono in un’unica documentazione, sottoposta all’esame della successiva Conferenza Euro-Mediterranea dei Ministri degli Esteri, che dovrebbe analizzare lo stato di avanzamento del Processo e rivitalizzarlo con nuovi progetti. Sintomatico è tuttavia il fatto che, dopo la prima Conferenza Ministeriale di Barcellona del 1995, le successive Conferenze Ministeriali sono celebrate tutte in città europee[110]. Si tratta invero di un processo regionale in cui il coinvolgimento dei Paesi del sud del Mediterraneo non è esaustivo. Il Piano d’Azione adottato a Valencia nel 2002 è stato stilato, viceversa, in seguito a consultazioni che la presidenza spagnola, la Commissione e il Segretariato Generale del Consiglio europeo avevano avuto con tutti i partner. Perciò questo documento, alla stregua della Dichiarazione di Barcellona e a differenza delle Conclusioni Finali delle Conferenze Ministeriali, ha vincolato politicamente tutti i partner. Anche il Programma di lavoro quinquennale stilato ed accettato al Vertice, che nel novembre 2005 ha riunito a Barcellona i capi di Stato e di Governo dei Paesi del Partenariato Euro-Mediterraneo, si considera politicamente vincolante per tutti i Paesi del Partenariato.
Con il Piano d’Azione di Valencia i Paesi del PEM, riconoscendo le difficoltà che esso ha incontrato nel perseguire gli obiettivi fissati nella Dichiarazione di Barcellona[111], hanno manifestato l’opportunità di rilanciare il Processo e di ottenere più grande visibilità, capacità e peso. Il Piano d’Azione di Valencia e il Programma di lavoro di Barcellona non si fermano ad attestare l’immutato interesse dei partner a perseguire la pace nell’area, la stabilità ed il benessere nel Mediterraneo; anzi si prende atto dei limiti incontrati dal Partenariato Euro-Mediterraneo in questi anni[112] e se ne ridefiniscono i congegni operativi. Tra i punti più importanti del Piano d’Azione vi è l’introduzione del metodo di “co-ownership”, che risponde ai rimproveri più comuni mosse nei confronti del Partenariato dai partner, ovvero che esso viene gestito completamente dagli Stati membri dell’Unione europea e dalle istituzioni comunitarie, senza rendere complice del percorso decisionale i Paesi del Sud nelle valutazioni più importanti, disattendendo così nei fatti al principio di partenariato.
Se le Conferenze dei Ministri degli Esteri fissano le direttrici del Partenariato Euro-Mediterraneo e indicano i settori di cooperazione di maggiore interesse, l’espressione delle singole politiche avviene poi nelle Conferenze ministeriali settoriali[113]. Finora si sono tenute con una certa regolarità Conferenze ministeriali sulla cooperazione industriale, sul commercio, sull’ambiente, sulla gestione dell’acqua, sulle risorse energetiche, sulla cultura. Sporadicamente ci sono state Conferenze ministeriali su sanità, agricoltura, società dell’informazione, sicurezza energetica, istruzione e ricerca scientifica[114]. Mentre, alcuna riunione ministeriale si è dedicata direttamente dei temi che ricadono nel Partenariato politico e di sicurezza, che sono invece trattati dagli Alti funzionari. In materia di sicurezza gli incontri tra alti funzionari sono serviti per comporre le diverse concezioni di sicurezza e per compilare la bozza di Carta per la Pace e la Stabilità nel Mediterraneo[115], che non è mai stata adottata.
Un altro strumento postulato nell’ambito della cooperazione regionale è il Comitato Euro-Mediterraneo[116] per il Processo di Barcellona, di cui fanno parte alti funzionari dei Paesi del Partenariato Euro-Mediterraneo e che, però, è presieduto, dall’Unione europea. Per sopperire alle critiche rivolte all’Unione come centro decisionale di ultima istanza, il Piano d’Azione di Valencia ha deciso la ristrutturazione del Comitato per garantire ai Paesi del Mediterraneo un maggiore coinvolgimento nell’elaborazione e nella valutazione dei programmi regionali o dei progetti avallati dalle Conferenze dei Ministri degli Affari esteri.
Altro elemento, che ha fatto presupporre ai Paesi della sponda sud del Mediterraneo che rispetto all’Unione non avessero abbastanza potere decisionale nell’implementazione dei progetti, sta nel fatto che è la Commissione europea che agisce da segretariato del Partenariato Euro-Mediterraneo; essa è, infatti, responsabile del coordinamento, della preparazione e del monitoraggio del Processo di Barcellona e dell’attuazione delle attività finanziate con il programma MEDA[117].
In ogni caso, alcune delle raccomandazioni della Commissione sono state accolte nel Piano d’Azione di Valencia, come la proposta di adottare un programma di cooperazione regionale per affrontare la lotta al terrorismo[118], le questioni di giustizia e libertà di movimento; mentre l’esortazione della Commissione di dare più importanza ai diritti umani e ai principi democratici[119] nei rapporti dell’Unione europea con i Paesi del Mediterraneo e vincolare la concessione dei fondi MEDA al progresso in questi settori è stata semplicemente tradotta in un incarico agli Alti funzionari per studiare l’elaborazione di un metodo più strutturato per rafforzare il dialogo politico. Finora le questioni legate a democrazia e diritti umani nei Paesi del Partenariato Euro-Mediterraneo sono formalmente discusse solo nel contesto di EuroMeSCo[120].
Nel quadro istituzionale del Partenariato Euro-Mediterraneo[121] vi è anche la cosiddetta “diplomazia parlamentare” che ha una sua dimensione autonoma. Il processo di istituzionalizzazione del dialogo parlamentare è stato relativamente lungo, e questo rivela la ritrosia di alcuni Paesi ad attribuire autonomia alla cooperazione tra parlamentari. Già nel 1995 il Programma di lavoro allegato alla Dichiarazione di Barcellona invitava il Parlamento europeo ad instaurare un dialogo tra i rappresentanti dei parlamenti dei Paesi del Mediterraneo, ma solo nell’ottobre 1998 si è tenuto il 1° Forum Parlamentare Euro-Mediterraneo[122]. Il Forum Parlamentare si è poi trasformato in Assemblea parlamentare nel marzo 2004. L’Assemblea Parlamentare Euro-Mediterranea (APEM) si riunisce una volta l’anno in sessione plenaria e adotta dichiarazioni politiche che attribuiscono grande importanza al contributo di forum non governativi, come il dialogo parlamentare, per perseguire stabilità nel Mediterraneo e garantire continuità alla cooperazione regionale. Però, perché questa assemblea possa offrire ai parlamentari del Mediterraneo un forum di dialogo franco e costruttivo, tutte le delegazioni parlamentari dei Paesi del PEM devono essere realmente presenti e devono poter partecipare ai lavori senza condizionamenti da parte dei governi[123]. Infatti, se, da un lato, un’Assemblea Parlamentare dei popoli del bacino del Mediterraneo può rappresentare un’assise dove esercitare i principi democratici, dall’altro, a questi incontri molti parlamentari del Nord Africa e del Medio Oriente hanno sinora partecipato come portavoce delle posizioni politiche dei loro Paesi, più che sfruttare questo luogo della rappresentanza democratica per esprimersi criticamente sull’assenza di democrazia e libertà politiche e civili[124].
Bisogna poi considerare che il Partenariato Euro-Mediterraneo ha il potenziale per agire come security community-building institution, cioè come processo che diffonde e istituzionalizza valori, norme, e comprensione reciproca, ma questo non può avvenire in un’area non pacificata. Le misure di partenariato sono necessarie ma non sufficienti per la creazione di un sistema di sicurezza in cui le dispute siano affrontate con meccanismi non militari, per sviluppare la comprensione e la fiducia reciproca, per avviare meccanismi di gestione e prevenzione dei conflitti. Attraverso il Partenariato Euro-Mediterraneo il tortuoso percorso di institution-building nel Mediterraneo, dato dalla creazione di istituzioni e dall’accordo su obiettivi, procedure e strategie comuni, è stato segnato, ma l’avanzamento di questo processo è stato bloccato da problemi politico-territoriali ancora irrisolti[125] e, di conseguenza, il suo risultato futuro rimane incerto.
È evidente che l’Europa ha un interesse molto forte a sostenere lo sviluppo economico dei Paesi terzi mediterranei, perché il processo di crescita economica costituisce il mezzo più sicuro per stabilizzare tutta la regione[126]. È ovvio inoltre che in ciascun Paese partner i problemi si pongono in termini diversi ma tutti, inevitabilmente, sono chiamati ad affrontare sfide comuni[127] come la forte pressione demografica, la popolazione agricola numerosa, la diversificazione insufficiente della produzione[128] e degli scambi industriali, la debolezza del commercio intraregionale, il settore pubblico poco efficiente ed eccessivamente esteso.
Il processo di liberalizzazione degli scambi proposto dall‟Unione europea, si iscrive in un doppio contesto di regionalizzazione e globalizzazione che contribuisce, largamente, a promuovere il partenariato economico e finanziario visto che i concetti di globalizzazione e regionalizzazione, piuttosto che processi antitetici, sono processi complementari[129].
La cooperazione, dunque, per quanto in un’ottica di maggiore collaborazione e ricettività nei confronti delle richieste dei Paesi partner, è stata concepita in chiave eurocentrica e orientata a “sollevare” le condizioni di tali Paesi e a condurle quanto più vicino possibile a quelle europee[130].
Tuttavia, a Barcellona si prende coscienza di un’evidenza importante e cioè che il Mediterraneo non è una frontiera impermeabile che permette di isolare a lungo gli uomini e di far coesistere pacificamente ricchezza e povertà, soprattutto in un momento in cui la mondializzazione comprime le dimensioni del tempo e dello spazio[131].
La parola fallimento, semplicemente sibilata, tra i meccanismi e le burocrazie europee e quelle presunte della sponda mediterranea, in realtà, tirando le fila, diventa il comune denominatore di praticamente tutto il palinsesto di iniziative che la dichiarazione di Barcellona aveva preannunciato. Cinque anni dopo il lancio del Partenariato eurmediterraneo la Commissione nel settembre 2000[132] in preparazione della quarta riunione dei Ministri degli esteri dell’area euromediterranea ammise che il perfetto meccanismo di Barcellona aveva in realtà delle crepe tra cui: l’instabilità dell’area medio orientale che non aveva tratto beneficio particolare dal PEM; il lento procedere della conclusione dei nuovi accordi di associazione; lo spirito del partenariato che non produceva nei settori sensibili i risultati sperati in materia di riforme sui diritti umani, sulle liberalizzazioni necessarie per la piena riforma economica, sul mancato incremento dei commerci nelle relazioni Sud-Sud con conseguente scarso incremento degli investimenti e infine la messa in pratica del MEDA rallentato da problemi burocratici e procedurali[133]. L’iniziativa dell’UE verso il Mediterraneo si reggeva, dunque, sul successo dei negoziati di pace, condizione questa che non dipendeva, se non in misura limitata, dagli sforzi europei. Il fallimento del processo di pace di Madrid, maturato proprio fra il 1994 e il 1995, emerse ben presto come un ostacolo insuperabile allo sviluppo del PEM, portando a un suo penoso e progressivo ridimensionamento. Da un lato il conflitto arabo-israeliano, rimasto irrisolto nel processo di Madrid, si riverberava, infatti, negativamente su quello di Barcellona costringendo il PEM a misurarsi con una questione che non rientrava nei suoi compiti e che non era in grado di risolvere. Dall’altro, il PEM, che era nato con l’obiettivo di costituire il quadro di sicurezza e cooperazione della regione, non poteva sottrarsi a un’obiezione fondamentale sollevata dagli arabi: senza una soluzione del conflitto arabo-israeliano, appaiono velleitarie politiche di cooperazione nel campo della sicurezza che coinvolgano paesi coinvolti nel conflitto. A partire dalla fine del 2000, con il fallimento dei colloqui di Camp David è rimasto un impegno declaratorio comune nei confronti del conflitto arabo-israeliano, ma, di fatto, nessuno si aspetta più che esso svolga un ruolo nella sua risoluzione. Centrali nell’agenda del PEM sono invece diventate le questioni scaturite dalla reazione americana e occidentale agli attacchi dell’11 settembre come la promozione della democrazia, lotta al terrorismo, immigrazione (spesso associata al terrorismo) e il controllo dei confini[134].
Al netto di fallimenti e di lacune, l’enorme necessità di una politica mediterranea coerente ed attiva, resterà il focus di molti paesi dell’Unione. Come vedremo più avanti nel testo, saranno proprio i paesi con una più spiccata storia di attenzione al mediterraneo a riportare al centro del dibattito europeo un percorso univoco e politico, che la Dichiarazione di Barcellona aveva introdotto, e che non aveva scaldato le cancellerie ed i ministeri del nord Europa e dell’est.




[1] La Dichiarazione di Barcellona è stata adottata in occasione della conferenza di Barcellona che ha riunito, il 27 e 28 novembre 1995, i quindici ministri degli Esteri degli Stati membri dell'UE e quelli dei seguenti dodici paesi terzi mediterranei (PTM): Algeria, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e Autorità palestinese. La Lega degli Stati arabi e l'Unione del Maghreb arabo (UMA) sono state invitate, così come la Mauritania (in qualità di membro UMA).
[2] Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo sul futuro delle relazioni fra la Comunità e il Maghreb, 30 Aprile 1992, SEC(1992).
[3] Il Forum mediterraneo per il Dialogo e la Cooperazione è una sorta di club che riunisce membri europei e non europei del Pem facenti parte del Mediterraneo. Il Forum non ha iniziative o politiche proprie ma discute questioni politiche o di sicurezza in collegamento con l’agenda del Pem. È stato promosso dall’Egitto – e varato nel 1994 ad Alessandria come un’iniziativa franco-egiziana – in una fase in cui questo paese temeva d’essere escluso dalle relazioni privilegiate che apparentemente andavano a crearsi fra l’UE e i paesi del Maghreb. La creazione del Pem l’ha reso immediatamente obsoleto. I membri del Forum hanno nondimeno deciso di conservarlo come segno della loro esistenza «mediterranea» nel quadro euromediterraneo.
[4] Fonte: Ambasciata d’Algeria in Italia -http://www.algerianembassy.it; CIA – The World Factbook 2008
[5] La pena di morte è stata abolita per i reati comuni nel 1950 e per tutti i crimini nel 1968.
[6] Fonte: Ambasciata d’Austria in Italia – http://www.austria.it; Countries of the World – http://www.infoplease.com
[7] Fonte: Ambasciata del Belgio in Italia -http://www.diplomatie.be/romeit/; http://www.treccani.it/enciclopedia/belgio_(Dizionario-di-Storia)/, http://www.belgio.cc/scheda-riassuntiva-del-belgio.html

[8] Ambasciata di Bulgaria in Italia -http://www.bulgaria-italia.com; http://www.treccani.it/enciclopedia/bulgaria/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/bulgaria.html;
[10] Fonte: Ambasciata di Danimarca in Italia - http://italien.um.dk/it.aspx; CIA – The World Factbook 2008
[11] Ambasciata della Repubblica araba d’Egitto in Italia – http://www.mfa.gov.eg/English/Pages/default.aspx; http://www.treccani.it/enciclopedia/egitto/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/egitto.html
[12] Fonte: CIA – The World Factbook 2008; Countries of the World–http://www.infoplease.com/country/estonia.html; http://www.treccani.it/enciclopedia/estonia/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/estonia.html
[13] Ambasciata di Finlandia in Italia - http://www.finland.it/Public/Default.aspx; http://www.treccani.it/enciclopedia/finlandia/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/finlandia.html
[14] Ambasciata di Francia in Italia -http://www.ambafrance-it.org; CIA – The World Factbook 2008; http://www.treccani.it/enciclopedia/francia/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/francia.html;
[15] indipendenza Giordania dal Regno Unito
[17] Ambasciata di Germania in Italia - http://www.italien.diplo.de/Vertretung/italien/it/Startseite.html; http://www.treccani.it/enciclopedia/germania/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/germania.html; CIA – The World Factbook 2008
[18] Ambasciata di Grecia in Italia - http://www.mfa.gr/italy/it/the-embassy/; http://www.treccani.it/enciclopedia/grecia/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/grecia.html; CIA – The World Factbook 2008
[19] Il 6 dicembre 1922 venne istituito lo Stato libero d'Irlanda. Lo Stato costituiva un dominio britannico, sottoposto al monarca del Regno Unito.
[20] Ambasciata d’Irlanda in Italia - https://www.dfa.ie/irish-embassy/italy/; http://www.treccani.it/enciclopedia/irlanda/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/irlanda.html; CIA – The World Factbook 2008
[21] Dopo la seconda guerra mondiale e la Shoah, anche per cercare di porre rimedio agli scontri tra arabi ed ebrei, il 29 novembre 1947 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella Risoluzione n. 181 approvava il piano di partizione della Palestina, che prevedeva la costituzione di due stati indipendenti, uno ebraico e l'altro arabo. Il moderno Stato d'Israele fu quindi proclamato da David Ben Gurion il 14 maggio 1948, alla scadenza del mandato britannico
[23] Governo Italiano -http://www.governo.it/; Presidenza della Repubblica Italiana -http://www.quirinale.it/; http://www.treccani.it/enciclopedia/italia/; http://www.treccani.it/catalogo/catalogo_prodotti/i_grandi_temi/L-Italia_e_le_sue_regioni.html;
[24] La Sicilia seppur in procinto di eliminarla risulta ancora suddivisa in province regionali.
[25] http://www.comuniverso.it/index.cfm?Comuni%20per%20regione&menu=150
[26] Il 4 maggio 1990 venne emanata una Dichiarazione di indipendenza transitoria, che divenne definitiva il 21 agosto 1991, data in cui il paese riconquistò la propria indipendenza dall'Unione Sovietica, al momento del suo crollo. L'URSS riconobbe la Lettonia come Stato indipendente il 6 settembre 1991.
[27] http://www.treccani.it/enciclopedia/lettonia/ ; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/lettonia.html; http://www.mfa.gov.lv/it/;  CIA – The World Factbook 2008

[30] http://www.treccani.it/enciclopedia/lituania/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/lituania.html; http://it.mfa.lt/it/it/; CIA – The World Factbook 2008;
[31] Ambasciata del Lussemburgo in Italia - http://rome.mae.lu/it;    http://www.treccani.it/enciclopedia/lussemburgo/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/lussemburgo.html; CIA – The World Factbook 2008
[32] https://foreignaffairs.gov.mt/en/Embassies/Italy/Pages/ME_Rome.aspx;  http://www.treccani.it/enciclopedia/malta/ ; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/malta.html; CIA – The World Factbook 2008
[34] Ambasciata dei Paesi Bassi in Italia -http://italy.nlembassy.org; http://www.treccani.it/enciclopedia/paesi-bassi_(Dizionario-di-Storia)/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/paesi-bassi.html;
[35] Nonostante il riconoscimento da parte della maggioranza delle nazioni del mondo, tra cui il Vaticano, lo Stato di Palestina è tuttora privo di un'organizzazione statale tipica. Talune nazioni ancora oggi non l’hanno riconosciuta.
[36]  http://www.ambasciatapalestina.com/; http://www.assafrica.it/scheda.asp?id=8; http://www.treccani.it/enciclopedia/palestina/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/palestina.html;
[37] 11 novembre 1918 la Polonia guadagnò l’indipendenza dall'Impero austriaco, Regno di Prussia e Impero russo
[38] Ambasciata di Polonia in Italia -  http://www.rzym.msz.gov.pl/it/; http://www.treccani.it/enciclopedia/polonia/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/polonia.html
[39] Ambasciata del Portogallo in Italia - https://www.roma.embaixadaportugal.mne.pt/it/; http://www.treccani.it/enciclopedia/portogallo/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/portogallo.html; CIA -The World Factbook 2008
[40] https://www.gov.uk/government/world/italy.it; http://www.treccani.it/enciclopedia/gran-bretagna-e-irlanda-del-nord-regno-unito-di/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/regno-unito.html;  CIA -The World Factbook 2008; UK government - https://www.gov.uk/
[41] http://www.mzv.cz/jnp/; http://www.treccani.it/enciclopedia/repubblica-ceca/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/repubblica-ceca.html; CIA -The World Factbook 2008
[42] http://www.mzv.sk/rim; CIA -The World Factbook 2008;  http://www.treccani.it/enciclopedia/slovacchia/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/slovacchia.html;
[43]http://roma.mae.ro/it; http://www.treccani.it/enciclopedia/romania/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/romania.html; CIA -The World Factbook 2008 
[44] http://www.treccani.it/enciclopedia/siria/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/siria.html;
[45] http://www.rim.veleposlanistvo.si/index.php?id=42&L=4; http://www.treccani.it/enciclopedia/slovenia/;http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/slovenia.html;  Fonte: CIA -The World Factbook 2008
[46] http://www.lamoncloa.gob.es/lang/en/Paginas/index.aspx; Ambasciata di Spagna in Italia - http://www.spain.it/; http://www.treccani.it/enciclopedia/spagna/; http://www.treccani.it/vocabolario/spagnolo/;
[47] http://www.treccani.it/enciclopedia/svezia/;  http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/svezia.html; Ambasciata di Svezia in Italia http://www.swedenabroad.com/en-GB/
[48] http://www.ministeres.tn/; http://www.treccani.it/enciclopedia/tunisia/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/tunisia.html;
[49] http://www.turchia.it/; http://www.treccani.it/enciclopedia/turchia/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/turchia.html;
[50] Ambasciata della Repubblica d’Ungheria in Italia - http://www.mfa.gov.hu/kulkepviselet/IT/it/mainpage.htm; http://www.treccani.it/enciclopedia/ungheria/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/ungheria.html;
[51] Cfr. Regolamento del Consiglio 1488/96 del 23 luglio 1996, GUCE L 189/1 del 30/07/1996, art.1 c.1.
[52] Cfr. Regolamento (CE) n. 1488/96, art.1 c. 2
[53] ECU è l'acronimo di European Currency Unit (simbolo ₠), ovvero "unità di conto europea". È stata una moneta scritturale introdotta dal Consiglio Europeo nel 1978.
[54] La Dichiarazione finale della Conferenza ministeriale euromediterranea di Barcellona del 27 e 28 novembre 1995 – Seguito della Conferenza: “Al fine di garantire un controllo della realizzazione degli obiettivi del partenariato, la dichiarazione prevede riunioni periodiche dei ministri degli Esteri dei partner mediterranei e dell'UE. Le riunioni sono preparate da un "Comitato euromediterraneo per il processo di Barcellona" che si riunisce periodicamente a livello di alti funzionari. Il comitato è incaricato inoltre di fare il punto della situazione, dare una valutazione del seguito del processo di Barcellona ed aggiornare il programma di lavoro.
Le diverse azioni decise nel quadro del partenariato saranno oggetto di verifica attraverso riunioni tematiche ad hoc di ministri, alti funzionari e esperti, scambi di esperienze e di informazioni, contatti tra i partecipanti della società civile o con qualsiasi altro mezzo appropriato”.
[56] B. Khader, L’Europa e il mondo arabo : le ragioni del dialogo, Torino, L'Harmattan Italia, 1996
[57] R. Gillespie, Spanish Protagonismo and the Euro-Med Partnership Initiative, in R. Gillespie
( a cura di), The Euro-Mediterranean Partnership: political ad economic perspectives, Londra,
Frank Cass Publications, 1997
[59] Tale data era meramente indicativa infatti solo la Tunisia presentava una situazione tale da poter realisticamente essere pronta alla integrazione regionale per tale data
[60] Si veda, per tutti S. Mezdour, Opportunité théorique d’une zone de libre-échange MaghrebUE, in «Revue du Marché commun et de 1’Union européenne», n. 399, 1996, pp. 458 ss. e R. Sapienza, Il partenariato Euro Mediterraneo a due anni dalla Conferenza di Barcellona, su “Aggiornamenti Sociali”, n.2, 1998, p. 148 ss. Anche altre organizzazioni internazionali, intergovernative e non governative, hanno rivolto grande attenzione ai problemi dell’area del Mediterraneo. Ad esempio, il Consiglio d’Europa intende rilanciare il progetto di una più intensa cooperazione tra i Paesi rivieraschi del Mediterraneo, nella convinzione che sia questa, l’area verso la quale l’Europa debba rivolgere prioritaria attenzione. In particolare, si ricerca la valorizzazione della partnership dei Paesi mediterranei non membri, promovendo la loro adesione alle Convenzioni del Consiglio d’Europa aperte. In tal modo gli sviluppi che fino a questo momento sono stati patrimonio degli Stati membri del Consiglio possano divenire un vero e proprio regime mediterraneo, in particolare per quanto riguarda la protezione dell’ambiente o dei beni culturali. I1 Consiglio d’Europa è stato poi particolarmente attivo sul fronte della cooperazione fra gli enti locali degli Stati del Mediterraneo attraverso la convocazione di periodiche conferenze delle Regioni del Mediterraneo. Anche il Centro NordSud, altra struttura del Consiglio d’Europa, rivolge particolare attenzione ai problemi dell’area del Mediterraneo, attraverso il proprio programma Trans-Med. Si veda in proposito la raccomandazione n. 1249 del 1994 riguardante la cooperazione nel bacino del Mediterraneo adottata dall’ Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa il 7 ottobre 1994 e il relativo rapporto presentato dall’on. Francesco Parisi, presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Poteri Locali. Vd. a tal proposito, Assemblée Parlamentaire du Conseil de l’Europe, stratégies en Méditerranée, Stasburgo, Les éditions du Conseil de l’Europe, 1995
[61] E. Kienle, Destabilization through partnership?: Euro- Mediterranean relations after the Barcelona Declaration, in “ Mediterranean Politics”, 1998,Vol. 3
[62] Agence Europe n. 5681, 4 marzo 1992, p.9 da P. Xuereb( a cura di), The European Union and the Mediterranean; The Mediterranean's European Challenge, Vol. V, European Documentation and Research Centre , Malta, University of Malta, 2004
[63] I. Clark, Globalisation and Fragmentation: International Relations in the Twentieth Century, Oxford, Oxford University Press, 1997, pp. 1-32
[64] R. Aliboni, Common Languages on Democracy in the Euro-Mediterranean partnership, EuroMeSCo paper 31, orking Group I, Second Year Report, maggio, 2004
[65] R. Aliboni, Common Languages on Democracy in the Euro-Mediterranean partnership, EuroMeSCo paper 31, orking Group I, Second Year Report, maggio, 2004
[66] “La Ue è infatti il partner principale dei paesi mediterranei per quanto riguarda gli scambi di beni e di servizi. Oltre il 50% dell’attività commerciale della regione coinvolge l’UE, a cui è destinato più del 70% delle esportazioni di alcuni paesi. L’Europa e l’UE sono rispettivamente la prima fonte di investimenti esteri diretti (36% dell’importo totale) e di assistenza finanziaria nella regione, con quasi 3 miliardi di euro sotto forma di prestiti e aiuti non rimborsabili. L’UE
rappresenta inoltre la prima fonte di turismo e la principale destinazione dei migranti”, da Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, Decimo anniversario del partenariato euromediterraneo: un programma di lavoro per far fronte alle sfide dei prossimi anni, COM 139, definitivo, 2005
[67] S.C.Calleya, The Euro- Mediterranean Partnership and Sub- Regionalism: A case of RegionBuilding? In  E. Adler, F.Bicchi, B. Crawford, R.A. del Sarto ( a cura di) , The convergence of civilizations. Constructing   Mediterranean Region, Toronto, University of Toronto Press Incorporated, 2006
[68] S. C. Calleya , op.cit.
[69] 9 S. Panebianco , Sfide e prospettive per un’identità mediterranea plurale da “Foedus”, 2002,
[70] R. Sapienza, Il Partenariato Euro-Mediterraneo. A due anni dalla Conferenza di Barcellona, in “Aggiornamenti Sociali”, n. 2, 1998
[71]  Si sono verificati solo rari casi di boicottaggio delle riunioni come ad esempio quello del Libano e della Siria
[72] Siamo negli anni della ripresa di intensità del conflitto israelo - palestinese
[73]  C. Zanghì, Istituzioni di diritto dell’Unione Europea: verso una Costituzione europea, Torino, Giappichelli, 2005
[74] F. Bicchi, The European origins of the Mediterranean practices, in E. Adler, F.Bicchi, B. Crawford, R.A. del Sarto ( a cura di) , The convergence of civilizations. Constructing a Mediterranean Region, op.cit.
[75]  Per una valutazione dei progressi fatti negli specifici settori vedere E. Philippart, The EuroMediterranean Partnership: The Euro- Mediterranean Partnership: Unique features, first results and future challenges, CEPS Working Paper, 10, 2003
[76] R. Sapienza, Le risposte legali al terrorismo, in «Relazioni Internazionali», 1990, pp. 120 ss. Secondo l’autore preoccupa non poco il fatto che, al momento di votare la Dichiarazione di Malta del 16 aprile 1997 (, le delegazioni della Siria e del Libano abbiano apposto una riserva relativamente proprio alla disposizione che riguarda l’impegno alla cooperazione nella lotta al terrorismo
[77] Samuel Phillips Huntington (New York, 18 aprile 1927 – Martha's Vineyard, 24 dicembre 2008) è stato un politologo statunitense.
[78] F.Bicchi, Defining European Interests in Foreign Policy: Insights from the Mediterranean Case, “Arena” Working Papers, WG 13/03
[79] Testo della Dichiarazione di Barcellona, cit.
[80]  http://www.europarl.europa.eu/summits/mad4_it.htm#annex11
[81] B. Badie, I due Stati. Società e potere in Islam e Occidente, Genova, Marietti, 1990
[82]  Testo della dichiarazione di Barcellona, cit.
[83]  R. Aliboni The Euro Mediterranean Partnership: An interpretation from Italy, in A. Bin ( a cura di), Co-operation and security in the Mediterranean: prospects after Barcelona. Contributions to the international colloquium, Malta, Mediterranean Academy of Diplomatic Studies, marzo, 1996
[84]  N. Fahmy, After Madrid and Barcelona: Prospects for Mediterranean Security, in D. K Xenakis. e D. N. Chryssochoou, Europe in Change The Emerging Euro Mediterranean System, Manchester University Press 2001
[85]  R.King, M.Donati, The ‘Divided’ Mediterranean: Re-defining European Relationships, in R. Hudson and A. M. Williams (a cura di), Divided Europe: Society and Territory, Londra, Sage, 1999, p. 156
[86] L. Manfra, Il flusso migratorio dai paesi MED e l’ampliamento dell’Unione europea, in “Sociologia e ricerca sociale”, n.72, 2003, p. 99. Anche Kienle fornisce la medesimea spiegazione sostenendo che trattasi della versione aggiornata della teoria del mercato come forza democraticizzante in E. Kienle, Destabilisation through Partnership? EuroMediterranean Relations after the Barcelona Declaration, in “Mediterranean Politics”, 3:2, 1998
[87] In questo senso il Consiglio europeo di Cannes decise di prevedere a tal uopo stanziamenti per un importo pari a 4.685 miliardi di euro per il periodo 1995-1999 sotto forma di fondi del bilancio comunitario. A ciò si aggiunsero anche l'intervento della Banca europea per gli investimenti (BEI), sotto forma di prestiti di importo simile, e gli aiuti bilaterali degli Stati membri
[88] Si stabiliva infatti di eliminare gli ostacoli tariffari e non tariffari al commercio per quanto riguarda i prodotti manufatti, secondo scadenzari che saranno negoziati tra i partner. Il commercio dei prodotti agricoli e gli scambi in materia di servizi saranno progressivamente liberalizzati
[89] E’ interessante notare a posteriori come secondo dei dati tratti dal sito del Ministero del Commercio, dei dodici Paesi aderenti otto sono diventati membri dell’OMC e tutti lo sono diventati tra il 1995 ed il 2000. A partire dagli anni Novanta, il commercio Sud-Sud rappresenta almeno un terzo delle esportazioni del Terzo Mondo e di queste almeno il 35% è rappresentato da prodotti manufatti.
[90] J.Brach, Ten Years After: Achievements and Challenges of the Euro- Mediterranean Economic and Financial Partnership, GIGA Working Papers, 36, December, 2006 su http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=977980
[91] Il portale dell’Unione Europea, “Dichiarazione di Barcellona e Partenariato Euromediterraneo”, documento disponibile sul sito < http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=URISERV:r15001 >

[92] Paesi terzi Mediterranei
[93] Definita anche “cooperazione verticale” o “Nord-Sud”.
[94] Definita anche “cooperazione orizzontale” o “Sud-Sud”.
[95] Consiglio europeo di Cannes, 26 e 27 giugno 1995.
[96] ECU è l'acronimo di European Currency Unit, ovvero "unità di conto europea". È stata una moneta scritturale introdotta dal Consiglio Europeo nel 1978. L'ECU è stata la seconda valuta (virtuale) dell'Unione europea dopo l'UCE. L'ECU nasce come una unità di conto per la redazione del budget interno della Comunità europea. In seguito divenne più simile ad una vera valuta. “Enciclopedia di direzione e consulenza aziendale”  A. M. Magri, G. C. Zuccotti Piccin, 1989
[97] Vd. in proposito D. Schmid op. cit.; questa tesi è criticata da J.Macmillan in A Kantian Protest Against the Peculiar Discourse of Inter-Liberal State Peace, in “Millenium: Journal of International Studies”, 1995, vol. 24
[98] Quanto sia utile, anzi necessaria, l’opportunità di incontri e di scambi lo si coglie bene quando si rifletta sulla distanza che divide le due sponde in materia di protezione dei diritti dell’uomo, materia nella quale, pur in presenza di numerosi trattati internazionali, permangono grandi divergenze. Si veda, per tutti, C.Zanghi , L. Panella, R. La Rosa (a cura di), I diritti dell’uomo nel Mediterraneo, Torino, Giappichelli, 1995. In una prospettiva più ampia, insiste sulla possibilità e sulla necessità di un dialogo A. Riccardi, Mediterraneo. Cristianesimo e Islam tra coabitazione e conflitto, Milano, Guerini e Associati, 1997
[99] S. Allievi , Nouveaux protagonistes de l'Islam européen. Naissance d'une culture euroislamique? Le rôle des convertis, EUI Working Papers, European University Institute, RSC n. 18, Mediterranean Programme Series, 2000, su http://cadmus.eui.eu/handle/1814/1658
[100] B. Lewis, Natura della storia e compito degli storici, in “Nuova Storia Contemporanea”, Vol. III, n.6, 1999, p.9
[101] Il programma MEDA ha lo scopo di incoraggiare e sostenere le riforme economiche e sociali dei partner mediterranei, attraverso la sua duplice vocazione: a) bilaterale, a cui è riservata la maggiore allocazione finanziaria con circa il 90% dell'importo totale del programma e che prende l'avvio dagli accordi di associazione fra l'Unione Europea e ciascun paese beneficiario; b) regionale, tra cui rientra anche la cooperazione decentralizzata, inaugurata con la Politica Mediterranea Rinnovata. Le azioni compiute in bilaterale si basano sui programmi indicativi nazionali, che definiscono in funzione delle linee guida i settori prioritari del sostegno comunitario, identificando nel contempo gli importi previsionali per ogni settore. I settori principali di intervento ricalcano ovviamente le assi della dichiarazione di Barcellona e dunque sono il sostegno alla economia e in particolare alla transizione economica, attraverso
programmi di aggiustamento strutturale e programmi di sviluppo del settore privato per favorire l’ammodernamento dell’apparato industriale, a sostenere gli investimenti privati europei e a rivedere l’apparato giuridico entro il quale le imprese operano; il consolidamento degli equilibri socio-economici consistente nel mitigare gli effetti negativi a breve termine della transizione economica con misure sociali adeguate e nel miglioramento dei servizi sociali e dell’istruzione, all’interno dei quali possono essere anche realizzati programmi che contribuiscano allo sviluppo della democrazia e dei diritti umani. Le azioni in regionale invece si realizzano prevalentemente con incontri di dialogo, conferenze, seminari e programmi tematici allo scopo di mettere insieme i rappresentanti dei paesi del mediterraneo e qUelli dei paesi europei per discutere questioni di interesse comune. Anche in questo caso i settori di intervento ricalcano i tre assi di Barcellona. L’ammontare finanziario allocato per la messa in pratica di MEDA è in sostanza essenzialmente rivolto non al finanziamento diretto di imprese o società ma piuttosto a preparare l’humus e le condizioni che ne permettano e favoriscano lo sviluppo. MEDA subordina l’erogazione dei finanziamenti al rispetto di determinate condizioni di natura politica a cui i Paesi terzi mediterranei devono adeguarsi, pena la sospensione dei
finanziamenti, come il mantenimento dei principi democratici e la tutela dei diritti umani. Con tale novità l’Unione tenta di acquistare maggiore peso politico; i fondi possono essere addirittura ritirati o sospesi. La Commissione ha , in base al criterio di condizionalità politica, il diritto di proporre al Consiglio l’adozione di misure appropriate (di cui la più estrema la sospensione immediata delle sovvenzioni), in assenza di un elemento fondamentale per il proseguimento delle misure di sostegno. In base a tale principio le sovvenzioni sono subordinate a comportamenti giudicati virtuosi e conformi allo spirito del partenariato.
[102] I finanziamenti comprendono gli aiuti a fondo perduto, provenienti dal bilancio comunitario ed un ammontare analogo in prestiti della Banca Europea per gli Investimenti. Nell'ambito degli aiuti a fondo perduto la parte preponderante è rappresentata dal programma Meda. Tali aiuti sono gestiti dalla Commissione Europea con l'assistenza del Comitato Med, composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.
[103] A. Jünemann, Europe’s interrelations with North Africa in the new framework of EuroMediterranean partnership - A provisional assessment of the Barcelona concept, in European Commission , Third ECSA World Conference “ The European Union in A changing world”, Bruxelles, 19-20 settembre 1996
[104] Cfr. il quarto «considerando» del preambolo della Dichiarazione. Sugli Accordi di Associazione si veda R. Sapienza op.cit. e F. Luchaire, Les associations à la Communauté économique européenne, in «Collected courses of the Hague Accademy of International Law», 1975, vol. I
[105] V. Dononi, La conferenza di Barcellona: una svolta nei rapporti Euro-mediterranei? In “Jura Gentium. Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale”, n. 3, 2007 che in proposito cita il caso dell’ordine pubblico. Vi sono però delle deroghe ad esempio in caso di ordine pubblico, buon costume, pubblica sicurezza come sottolinea, l'art. 27 dell'accordo euro-tunisino: «Il presente accordo lascia impregiudicati i divieti o le restrizioni all'importazione, all'esportazione o al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale o di tutela della proprietà intellettuale, industriale e commerciale o dalle norme relative all'oro e all'argento. Tuttavia, tali divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra le parti». La stessa disciplina è prevista dagli artt. 27 degli accordi stipulati con la Giordania e con Israele, dall'art. 28 dell'accordo con il Marocco, dall'art. 26 dell'accordo con l'Egitto, dall'art. 23 dell'accordo interinale con il Libano e dall'art. 14 dell'accordo interinale con l'Autorità Palestinese
[106] Firmato il 17 luglio 1995 ed entrato in vigore il 1 marzo 1998, ma il processo di
eliminazione delle barriere tariffarie era stato avviato addirittura prima della ratifica
dell'Accordo, come chiaro segnale della volontà di apertura del Governo tunisino.
[107] L'Accordo distingue chiaramente i prodotti industriali (art. 7-14) da quelli agricoli (artt. 15-19), mantenendo la differenza di regime, dal momento che per i prodotti industriali originari della Tunisia importabili in Europa e viceversa sono eliminati i dazi e le tasse di effetto equivalente (secondo un dettagliato calendario che prevede nell'arco di dodici anni l'azzeramento totale progressivo), mentre provvede solo a una progressiva liberalizzazione nei reciproci scambi di prodotti agricoli e della pesca.
[108] Cfr. A. Sid Ahmed, Les conditions de l'ancrage économique, in R. Bistolfi (a cura di) EuroMéditerranée. Une région à construire, Parigi, Publisud, 1995
[109] Ovvero per quanto riguarda la cooperazione multilaterale.
[110] Tenute a Malta nel 1997 (Barcellona II), a Palermo nel 1998 (come incontro “ad hoc”), a Stoccarda nel 1999 Barcellona III), a Lisbona nel 2000 (come “think tank” meeting), a Marsiglia nel 2000 (Barcellona IV), a Bruxelles nel 2001 (a livello informale), a Valencia nel 2002 (Barcellona V), a Creta nel 2003 (come incontro di medio-termine), a Napoli nel 2003 (Barcellona VI), a Dublino nel 2004 (come conferenza di medio termine), a L‟Aja nel 2004 (per preparare il decimo anniversario del Partenariato Euro-Mediterraneo), a Lussemburgo nel 2005 (Barcellona VII), a Tampere nel 2006 (Barcellona VIII) e a Lisbona nel 2007 (Barcellona IX).
[111] Cfr. B. KARRAY, L‟évolution du partenariat euro-méditerranéen, in Journal du droit International 2008, v. 135, n. 3, julliet-août-septembre
[112] Il bilancio del partenariato euro-mediterraneo risulta mitigato se si guarda alle deboli realizzazioni in materia di convergenza politico-giuridica e all‟integrazione economica (B. KARRAY, L‟évolution du partenariat euro-méditerranéen, cit.).
[113] Durante le Conferenze ministeriali settoriali vengono adottate misure specifiche per la cooperazione regionale; ma può anche accadere che le decisioni delle riunioni ministeriali settoriali servano da spunto per decisioni dei ministri degli Esteri. Il Piano d’Azione di Valencia, infatti, ha fatto proprie molte indicazioni dei ministri responsabili degli scambi commerciali.
[114] Cfr. http://www.euromedi.org/home/partenariato/conferenze/index.asp
[115] L’idea era quella di elaborare uno strumento politico, non vincolante sul piano giuridico, basata sul concetto di sicurezza globale, che considerasse gli aspetti economici, sociali, culturali ed umani nella misura in cui condizionano e determinano la pace e la stabilità nel Bacino del Mediterraneo. Il fallimento della Carta è stato determinato proprio dalla mancanza di una concezione globale sull’idea di sicurezza che accordasse tutti i partner.
[116] Che si riunisce in media ogni tre mesi per verificare l’attuazione del programma di lavoro della cooperazione regionale.
[117] Per le questioni finanziarie la Commissione è coadiuvata dal Comitato MED, composto da rappresentanti dei Paesi dell’Unione europea e da un rappresentante della Banca europea per gli investimenti. Oltre a svolgere funzioni organizzative, la Commissione agisce, stimolando la creazione di regole, norme, routine e suggerendo modelli di comportamento.
[118] La lotta al terrorismo è diventata uno dei pilastri dell’azione esterna dell’Unione, tanto da essere indicata come una delle priorità nel documento presentato a Salonicco da Javier Solana, Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea. Cfr. J. SOLANA, Un’Europa sicura in un mondo migliore, documento presentato al Consiglio Europeo di Salonicco, 20 giugno 2003. Solana indica altre nuove “minacce” strettamente legate al terrorismo: la proliferazione di armi di distruzione di massa, gli stati falliti e il crimine organizzato. La cosiddetta “strategia Solana” propone una visione multidimensionale della sicurezza, in cui rientrano tanto la lotta al terrorismo che quella alla povertà, insieme alla competizione per le risorse energetiche. I tre scopi principali della European Security Strategy sono: - l’estensione della sicurezza interna, di cui godono gli Stati membri, ai Paesi confinanti con l’UE; - la promozione del multilateralismo e del sistema delle Nazioni Unite; - l’individuazione di contromisure efficaci per far fronte ai key threats.
[119] Tuttavia, la cooperazione regionale avviene anche a livello di società civile: per bilanciare la componente governativa del Partenariato Euro-Mediterraneo i rappresentanti della società civile si sono mobilitati in una conferenza Euro-Mediterranea “alternativa” già in occasione della Conferenza di Barcellona del 1995. Fora Civili EuroMed si sono sempre tenuti prima o dopo le Conferenze dei Ministri degli Affari esteri per riunire rappresentanti di associazioni operanti nel settore dei diritti umani, dell’ambiente, dei sindacati, degli enti locali, dell’industria. Le conclusioni del Forum Civile EuroMed (dichiarazioni comuni o di singoli gruppi) vengono inoltrate ai Ministri degli Affari esteri, alla Commissione e al Consiglio dell’Unione europea per veicolare le richieste della società civile. La nascente società civile Euro-Mediterranea svolge appieno la funzione di mobilitazione politica, contribuisce con questi incontri alla diffusione di un linguaggio comune, che si basa sul confronto tra diverse opinioni e vedute e offre ai rappresentanti dei Governi un riscontro diretto sulle questioni più importanti.
[120] 10Euro-Mediterranean Study Commission è una rete di istituti di politica estera nata a Sesimbra (Portogallo). Questa offre un’analisi indipendente degli aspetti politici e di sicurezza della regione. La sua creazione era espressamente prevista nel Programma di Lavoro allegato alla Dichiarazione di Barcellona ed è stata concretizzata nel 1996. L’enfasi è posta sulla cooperazione e lo scambio di informazioni che avviene in un contesto informale per sviluppare la confidenza e la comprensione reciproca e, in ultima analisi, avvicinare le posizioni di attori con culture di sicurezza differenti (cfr. http://www.euromesco.net/index.php?option=com_frontpage&Itemid=1&lang=en).
[121] Per completare l‟assetto istituzionale del Partenariato Euro-Mediterraneo, vanno poi menzionati i gruppi tematici e di esperti. La Commissione europea sostiene, spesso anche finanziariamente, la creazione di networks settoriali che si prefiggono di intensificare i rapporti tra rappresentanti di diversi settori produttivi o della società civile. Tra questi networks vi sono: “ArchiMedes”, una rete di Camere di Commercio; “MEDAPME”, una rete di piccole e medie imprese; “UniMed”, che riunisce le associazioni degli industriali. Vi è poi la Rete euro-mediterranea per i diritti umani che effettua un monitoraggio continuo del rispetto dei diritti umani nei Paesi membri, denuncia i casi di violazione reiterata e sistematica delle libertà fondamentali, organizza conferenze e gruppi di lavoro, oltre ad essere un’organizzazione attiva e presente del Forum Civile EuroMed. L’attività del network si presenta come un’alternativa ai forum formali di negoziato. L’informalità delle reti permette uno scambio di opinioni più libero e franco, e la flessibilità di questi strumenti ne garantisce la continuità e l’operatività nonostante i conflitti politico-territoriali, che limitano l’interazione tra Governi. Questo meccanismo di socializzazione è basato sull’interazione e il dialogo e dovrebbe promuovere lo sviluppo di significati comuni, idee innovative e soluzioni cooperative. Incontri di diplomatici, esperti o funzionari che si prefiggono di promuovere il dialogo politico e la cooperazione internazionale e di prevenire o gestire i conflitti attraverso tecniche consensuali o conoscenza normativa, sono importanti veicoli per diffondere le idee condivise e le interpretazioni comuni attraverso i confini statali nei rispettivi sistemi politici (cfr. E. ADLER, Seeds of peaceful change: the OSCE‟s security community building model, in Adler E. and Barnett M. (a cura di), in Security Communities, Cambridge University Press, Cambridge, 1998).
[122] Nel marzo 1999 e nel maggio 2000 si è tenuta rispettivamente la 1° e la 2° Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti euro-mediterranei. Il 2° Forum Parlamentare si è svolto nel febbraio 2001 e nel novembre dello stesso anno si è tenuto il terzo, straordinario, per reagire agli attentati terroristici di New York e Washington con una condanna comune al terrorismo, riaffermando al tempo stesso la volontà di dialogo tra i popoli delle due sponde del Mediterraneo. Nel giugno 2002 si è tenuto il 4° Forum Parlamentare Euro-Mediterraneo che ha confermato l‟impegno per la creazione di un‟Assemblea Parlamentare Euro-Mediterranea (APEM).
[123] “LO SVILUPPO DELLE POLITICHE EURO-MEDITERRANEE. NUOVO SCENARIO” dott.ssa Carla Taibi 2009
[124] “LO SVILUPPO DELLE POLITICHE EURO-MEDITERRANEE. NUOVO SCENARIO” dott.ssa Carla Taibi, 2009
[125] Come la disputa sullo status del Sahara Occidentale che vi è da più di trenta anni tra Algeria e Marocco.
[126] R. BISTOLFI, Euro-Méditerranée: une région à construire, Roma, 1995
[127] CONSIGLIO EUROPEO, Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo di Cannes, (26-27 giugno 1995), in Diritto Comunitario e degli Scambi Internazionali, 1995
[128] Ancora oggi, nonostante l‟adozione di politiche volte a favorire la diversificazione produttiva, i Paesi terzi mediterranei si concentrano sulla produzione di pochi beni (es. l‟Algeria punta buona parte delle sue risorse quasi esclusivamente nel campo degli idrocarburi). La mancanza di diversificazione è una delle amare eredità lasciate a questi Paesi dalle potenze colonizzatrici che hanno sempre favorito la produzione dei beni richiesti dalla madrepatria senza alcuna considerazione per le esigenze locali.
[129] J. IKENBERRY, Il regionalismo: competizione o cooperazione?, in Ikenberry J. e Parsi V. E. (a cura di), Manuale di Relazioni Internazionali, Roma-Bari, p. 233. Inoltre, la creazione di una “economia su scala regionale” funziona da effetto moltiplicatore sugli scambi. Questo è solo uno dei vantaggi perché come indicato nelle principali teorie sul commercio internazionale, il libero scambio massimizza la produzione mondiale e avvantaggia tutti i Paesi (cfr. M. FOUQUIN, Mondialisation et regionalisation in Euro-Méditerranée, une région à costruire, Publisud, Paris, 1995)
[130] A. LINJAKUMPU, Euro-Mediterranean Partenship and the Barcelona Summit, 1995, in Research Report 1996, n. 66.
[131] A. CHEVALLIER et G. KEBABDJIANG, L‟euro-méditerranée entre mondialisation et régionalisation, in Monde Arabe: Maghreb-Machrek, 1997
[132] Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo. Imprimere un nuovo impulso al processo di Barcellona, COM 497, definitivo, 2000
[133] http://europa.eu/scadplus/leg/en/lvb/r15003.htm. Vedere in proposito anche il rapporto di EuroMeSCo dove già nel 2000 si sottolineava che fosse chiaro che il partenariato non avesse raggiunto I risultati sperati e non abbia soddisfatto le attese in particolare delle regioni meridionali. Vi è stato anche un forte senso di disillusione tra I partecipanti europei sulle effettive potenzialità del partenariato ma nonostante ciò tutti I partner speravano ancora che se ne potesse trarre qualche utilità su: www.euromesco.org.
[134] LO SVILUPPO DELLA POLITICA EUROPEA NEL MEDITERRANEO. LA RICERCA DI UNA POLITICA COMUNE IN TEMA DI
IMMIGRAZIONE DOTTORANDA Dott. Maria Luisa FICHERA