1.
Situazione
Politica dei Partecipanti
La Dichiarazione di Barcellona del 1995, ratificata da 15
paesi dell’UE e da 12 Paesi della sponda sud ed est del Mediterraneo[1],
rappresenta, sia da un punto di vista politico-economico che sociale una
sostanziale svolta nei rapporti tra due culture, popoli che per secoli sono
stati divisi da usi, costumi e religioni diverse.
La Dichiarazione di Barcellona costituisce una fase del tutto
nuova nei rapporti tra paesi europei, maghrebini e mediorientali poiché per la
prima volta le politiche economiche, commerciali non si svolgono più su basi e
iniziative dei singoli stati, bensì in un disegno armonico, di sviluppo
pianificato: per la prima volta si parla di “cosviluppo”, un notevole passo in
avanti rispetto alla tipologia di intervento precedente, che si rifaceva al
tradizionale modello di aiuto allo sviluppo.
La politica di partenariato nasce proprio dal riconoscimento
che gli obiettivi della stabilità e della realizzazione di una zona di libero
scambio nell’area non possano essere raggiunti semplicemente limitandosi agli
aggiornamenti dei protocolli finanziari e degli accordi. “La pace, la stabilità
e la prosperità della regione mediterranea figurano tra le principali priorità
dell’Europa” che deve provvedere a riorientare i propri interventi nella
regione in funzione di queste finalità. Il partenariato ha cominciato a
prendere forma nel 1992 a seguito di una comunicazione della Commissione su “Il
futuro delle relazioni tra la Comunità e il Maghreb”[2].
Questo primo approccio regionale è stato successivamente allargato a tutto il
bacino mediterraneo. Nell’ottobre del 1994, la Commissione ha approvato un
testo nel quale si richiedeva l’adozione di una politica mediterranea più
incisiva e l’instaurazione di un nuovo partenariato euro-mediterraneo. Il
Consiglio europeo di Essen, nel dicembre dello stesso anno, ha accettato gli
orientamenti della Commissione e l’ha invitata alla trasmissione di proposte
specifiche, proposte contenute in una Comunicazione del marzo 1995 su: “Il
consolidamento della politica mediterranea dell’Unione Europea: proposte per la
creazione di un partenariato euro-mediterraneo”. Alla base del Partenariato
Euro-mediterraneo c’è un progetto di cooperazione e integrazione interregionale
che si basa essenzialmente sulla creazione di una zona di libero scambio.
L’idea che anima la cooperazione si fonda sulla prossimità sia geografica, ma
anche storica e culturale, delle aree che si affacciano sul Mediterraneo. Il
partenariato rappresenta il principale strumento per contenere i rischi che il
divario economico tra le due sponde del bacino e le profonde fratture in campo
sociopolitico (l’integralismo islamico, le debolissime istituzioni
democratiche) sfocino in un netto distacco dall’Unione.
Nel ’94 ha visto luce il Forum mediterraneo[3].
Forum Mediterraneo: Dal 2000 in poi le riunioni del forum si
sono soprattutto concentrate sugli aspetti prettamente politici e della
sicurezza. È stato affrontato, a più riprese, il conflitto arabo-israeliano, e
sono state discusse le varie risoluzioni delle Nazioni Unite su questo tema,
senza peraltro trovare una posizione comune se non una blanda condanna delle
azioni repressive di Israele in Cisgiordania. L’obiettivo di rendere il forum
uno strumento atto a promuovere iniziative di carattere culturale è
sostanzialmente vanificato. A suggello di tutti questi organismi che peccavano
sul fatto di affrontare in maniera estemporanea le problematiche comuni e non
prevedevano alcun vincolo giuridico è nata l’idea di realizzare un partenariato
euro-mediterraneo stabile, definito e ambizioso. Con la Dichiarazione di
Barcellona l’idea di Schuman, De Gasperi, Monnet, Altiero Spinelli finalmente
ha cominciato a prendere forma.
Il processo di interesse dell’U.E. verso una politica
euromediterranea ha avuto origine nel 1992 con la Dichiarazione di Lisbona,
dove si è chiaramente identificato il Mediterraneo come zona di interesse sulla
base di quattro elementi:
·
posizione
geografica,
·
interesse
economico,
·
interdipendenza
economica e commerciale,
·
importanza
dell’Islam.
Il vero punto di svolta nella politica “mediterranea” dell’UE
si è avuta con l’avvio del cosiddetto Processo di Barcellona. Il nome è dovuto
al primo importante Consiglio dell’Unione dei quindici con i dodici paesi della
“riva meridionale” del Mediterraneo che si tenne il 27-28 novembre 1995 a
Barcellona durante il semestre di Presidenza spagnola.
La conferenza ha gettato le basi di un processo che avrebbe
dovuto portare all’istituzione di un quadro multilaterale di dialogo e di
cooperazione tra l’UE e i paesi terzi mediterranei. Sin dal preambolo, i
partecipanti affermavano la loro volontà di superare il classico bilateralismo
che ha contrassegnato a lungo le relazioni euromediterranee. Ne deriva un
contesto multilaterale e durevole che poggia sullo spirito di partenariato, pur
nel rispetto delle specificità proprie di ogni partecipante. Il processo di
Barcellona ha obiettivi che vanno ad integrare quelli preesistenti di attenzione
al Mediterraneo, ma vive di sue proprie motivazioni: cercare di limitare il
divario economico esistente tra le due sponde del “Mare historicum”, creare un’alternativa
al blocco degli stati americani ed asiatici, progettare una espansione al di là
del blocco ex-Urss.
Si è, quindi, sviluppata una cooperazione chiusa tra l’U.E.
ed i dodici paesi del Mediterraneo in tre settori o pilastri di centrale
importanza:
A.
Politico
e della sicurezza
B.
Economico-finanziario
C.
Culturale
e sociale
E’ appropriato procedere per gradi ad un’analisi empirica,
nella quale venga accennato l’aspetto politico, culturale ed economico di
questi Paesi. L’Europa del periodo postbellico cresce basandosi su istituzioni
politiche e democratiche. Le rappresentazioni parlamentari sono sistematicamente
elette e quindi hanno il pieno mandato dei cittadini. Si è inoltre proceduto a
realizzare una riforma politico-istituzionale, volta al decentramento dei
poteri e delle competenze. Nei Paesi Arabi, con le dovute differenze,
assistiamo ad una concentrazione del potere esecutivo nelle mani di pochi
rappresentanti istituzionali che nella maggior parte dei casi ricevono un
mandato elettorale plebiscitario.
Nei Paesi Arabi non esiste il ricambio generazionale e poi,
ed è questo l’ostacolo principale alla crescita economica di questi paesi, non
vi è mai stato un serio intervento di riforme atte ad assicurare il
decentramento dei poteri: contiguamente a ciò appare doveroso riportare che i
sindaci e i governatori su base regionale, non vengono eletti dal popolo bensì
nominati dal governo centrale. Su queste basi, nei paesi Arabi, nel dopoguerra
abbiamo avuto una completa assenza di un adeguato sviluppo industriale e una
adeguata politica commerciale. È ovvio che non possiamo disconoscere che parte
della responsabilità di questo mancato decollo, o talvolta avvio, economico dei
paesi della sponda Sud, ricade sui Paesi Europei. Infatti il controllo diretto
colonialistico (che ha portato vari Paesi Europei fra cui il Benelux, la
Francia e la Gran Bretagna, a sfruttare le riserve economiche e industriali di
quei Paesi) è stato sostituito, dopo l’indipendenza ottenuta da questi Paesi,
dal neocolonialismo che, se ha consentito la nascita di una classe dirigente
locale, ha al tempo stesso mantenuto le economie di paesi come il Marocco, la
Tunisia, la Giordania e l’Egitto nelle mani dei Paesi Europei e nell’ultimo
ventennio degli USA.
Quindi, se si vuole edificare un Partenariato
Euromediterraneo su basi economico-finanziarie e politico-legislative stabili,
bisogna non solo rimodellare i mercati, ma intervenire drasticamente per la realizzazione
di costruzioni (istituti, per l’appunto) legislative comuni. Possiamo così sintetizzare
gli obiettivi:
• Rinnovare la “governance” e le istituzioni politiche in
genere a tutti i livelli;
• Rimodellare il settore bancario, industriale e commerciale;
• Procedere a rinnovare, attraverso gli aiuti dati alle
Università, la formazione di una classe dirigente moderna e manageriale.
Diventa doveroso indicare, per quanto schematicamente, le
linee guida dei paesi partecipanti alla Dichiarazione di Barcellona, al momento
in cui essa comincia il suo percorso. Tale analisi permette di evidenziare
caratteri comuni e differenze nei punti cardini e salienti degli stati
partecipanti.
ALGERIA
Repubblica popolare democratica d'Algeria
(Al-Jumhuriya al-Jaza'iriya ad-dimuqratiya ash-sha'biya)
Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Algeri
Indipendenza: 5 luglio 1962 (dalla Francia)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo, in seguito alla revisione della Costituzione
del 1996, è affidato principalmente al presidente della Repubblica, che viene
eletto a suffragio universale e resta in carica per cinque anni; ha ampi poteri
e nomina il primo ministro.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è basato su un Parlamento bicamerale.
L’Assemblea nazionale del popolo (al-Majlis al-Sha’abi al-Watani) è composta da
380 membri eletti a suffragio universale ogni quattro anni. Il Consiglio
nazionale (al-Majlis al-Umma), chiamato anche Senato, è composto da 144 membri
(di cui 48 nominati dal presidente della Repubblica) che restano in carica per
sei anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario è basato sul diritto francese e islamico.
Prevede un Consiglio costituzionale di nove membri con un singolo mandato di
sei anni e diverse Corti supreme, di cui le principali sono quelle di Algeri,
Orano e Costantina. La pena di morte è prevista per una serie di reati ordinari
e per gli atti di terrorismo, ma il paese sta attuando una moratoria delle
esecuzioni.
·
Divisioni
amministrative: L’Algeria comprende 48 dipartimenti (wilayaat, sing. wilaya);
ogni dipartimento è amministrato da un governatore (wali)[4].
AUSTRIA
Repubblica Federale Austriaca
Republik Österreich
Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Vienna
Indipendenza: 1156 (dalla Baviera)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo è esercitato dal Presidente che è eletto a
suffragio universale con un mandato di sei anni, rinnovabile una sola volta; di
sua competenza è la nomina del cancelliere, il capo del governo.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è esercitato da un Parlamento bicamerale
costituito dal Consiglio nazionale (Nationalrat, o Camera bassa), composto da
183 membri eletti per un termine di quattro anni attraverso un sistema di
rappresentanza proporzionale, e dal Consiglio federale (Bundesrat, o Camera
alta), composto da 64 membri nominati dalle Diete provinciali. Hanno diritto al
voto tutti i cittadini a partire dai 19 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario prevede la Corte suprema costituzionale
(Verfassungsgerichtshof), la Corte suprema amministrativa
(Verwaltungsgerichtshof) e la Corte suprema di giustizia (Oberster
Gerichtshof), l’organo di grado più elevato[5].
·
Divisioni
amministrative[6]: L’Austria
è divisa in nove stati federati (Bundesländer, sing. Bundesland): Burgenland,
Carinzia, Austria Inferiore, Salisburgo, Stiria, Tirolo, Austria Superiore,
Vienna e Vorarlberg.
BELGIO
Regno del Belgio
Royaume de Belgique
Koninkrijk België
Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Bruxelles
Indipendenza: 4 ottobre 1830 (dai Paesi Bassi)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo federale è esercitato dal Re e dal suo governo,
costituito dai Ministri e dai Segretari di Stato
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento bicamerale che
comprende un Senato (fiammingo Senaat; francese Sénat) di 71 membri che restano
in carica per 4 anni (di cui 40 eletti attraverso un sistema di rappresentanza
proporzionale e 31 dalle tre comunità linguistiche) e una Camera dei
rappresentanti (fiammingo Kamer van Volksvertegenwoordigers; francese Chambre
des Représentants) di 150 membri eletti attraverso un sistema proporzionale per
un mandato di 4 anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18
anni di età
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte Suprema i cui giudici
sono nominati a vita dal sovrano.
·
Divisioni
amministrative[7]: Il
Belgio è diviso in tre regioni, a loro volta ripartite in dieci province: le
Fiandre, che comprendono le province di Anversa, del Brabante Fiammingo, del
Limburgo, di Fiandra Occidentale e di Fiandra Orientale; la Vallonia, suddivisa
in Brabante Vallone, Hainaut, Liegi, Lussemburgo e Namur; e infine la provincia
di Bruxelles-Capitale, a sua volta divisa in 19 comuni.
BULGARIA
Repubblica di Bulgaria
(Republika Balgarija)
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Sofia
Indipendenza: 1878 (dall’Impero Ottomano)
·
I
poteri sono così ripartiti: Potere esecutivo: Il presidente è eletto a
suffragio universale per un termine di cinque anni e il suo mandato è
rinnovabile una sola volta. Egli nomina il capo del governo, che è di norma il
leader del partito di maggioranza.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo poggia su un Parlamento monocamerale,
l’Assemblea nazionale (Narodno Sabranie), composta da 240 membri eletti con sistema
proporzionale per un termine di quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i
cittadini a partire dai 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema, il cui
presidente è nominato dal capo dello stato, e una Corte costituzionale. La pena
di morte è stata abolita nel 1999.
·
Divisioni
amministrative[8]: La
Bulgaria è divisa in 28 province (oblasti, sing. oblast): Sofia Capitale, Sofia
Regione, Burgas, Varna, Plovdiv, Ruse, Haskovo, Lovech, Montana, Sliven,
Yambol, Dobrich, Silistra, Shumen, Gabrovo, Pleven, Vidin, Vratsa, Veliko
Tarnovo, Pazardjik, Smolyan, Razgrad, Targovishte, Blagoevgrad, Pernik,
Kardjali, Kjustendil, Stara Zagora.
CIPRO
Repubblica di Cipro
Kibris Cumhuriyeti (turco)
Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Nicosia
Indipendenza: 16agosto 1960 (dalla GB)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il presidente è eletto a suffragio universale per un periodo di
cinque anni ed è anche capo del governo. Nella Repubblica turca di Cipro del
Nord il presidente è eletto a suffragio universale per un periodo di cinque
anni; egli nomina il capo del governo, scelto tra i membri del Parlamento.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è affidato a una Camera dei rappresentanti
(Vouli Antiprosopon) di 80 membri, eletti con un mandato di cinque anni; sono
vacanti i 24 seggi riservati alla comunità turco-cipriota. Nella Repubblica
turca di Cipro del Nord il potere legislativo è affidato a un’Assemblea
legislativa (Cumhuriyet Meclisi) di 50 membri eletti con un mandato di cinque
anni. In entrambe le entità hanno diritto al voto tutti i cittadini che hanno
compiuto il diciottesimo anno di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario cipriota si basa sulla Common Law. La pena
di morte è stata abolita nel 1983 per i crimini ordinari e nel 1999 per tutti i
crimini commessi in tempo di pace; nel 2002 è stata cancellata anche per i
reati commessi in tempo di guerra. Il sistema giudiziario prevede quale massimo
organo la Corte Suprema.
·
Divisioni
amministrative[9]: La
Repubblica di Cipro è divisa in 6 distretti (Famagosta, Kyrenia, Larnaca, Limassol,
Nicosia, Pathos), distinti in due tipologie di enti locali: 33 municipi e 576
Consigli Comunali.
Regno di Danimarca
Danimarca
Kongeriget Danmark
Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Copenhagen
Indipendenza: Nel 1849 divenne una monarchia costituzionale
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il sovrano è il capo dello stato; egli nomina il primo ministro e
approva la formazione del governo.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è affidato congiuntamente al sovrano e al
Parlamento unicamerale (Folketing o Dieta), composto da 179 membri (di cui due
per le isole Fær Øer e due per la Groenlandia) eletti con sistema proporzionale
per un mandato di quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a
partire dai 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario si basa sul diritto continentale e prevede
una Corte suprema, che ha sede a Copenaghen, i cui giudici sono nominati a vita
dal sovrano.
·
Divisioni
amministrative[10]: La
Danimarca è divisa in quattordici contee (amter, sing. amt) e in due distretti
municipali (Copenaghen e Frederiksberg). Le contee sono: Copenaghen,
Frederiksborg, Roskilde, Storstrøm, Vestsjælland (sull’isola di Sjælland);
Bornholm; Århus, Nordjylland, Ribe, Ringkøbing, Sønderjylland, Vejle e Viborg
(nella penisola dello Jutland); Fionia o Fyn.
EGITTO
Repubblica Araba d'Egitto
(Jumhuriyya Misr al-‘Arabiyya)
Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Il Cairo
Indipendenza: 28 febbraio 1922 (da GB)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il presidente della Repubblica, scelto dall’Assemblea del popolo e
confermato con referendum popolare, rimane in carica per sei anni; è coadiuvato
da un gabinetto di ministri da lui nominati. Il presidente ha amplissimi
poteri: può destituire i ministri, sciogliere l’Assemblea ed emettere decreti,
i quali devono tuttavia essere sottoposti a referendum entro 60 giorni.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è affidato all’Assemblea del popolo (Majlis
al-Sha’b), composta da 454 membri (di cui 444 eletti con voto diretto per
cinque anni e 10 di nomina presidenziale). Hanno diritto al voto tutti i
cittadini a partire dai 18 anni di età. Nel 1980 è stato istituito un Consiglio
consultivo o Senato (Majlis al-Shura) composto da 264 membri, di cui 176 eletti
con voto diretto per sei anni e 88 di nomina presidenziale.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario, che si basa su elementi della legge
islamica della shariah insieme a leggi di derivazione britannica e francese,
prevede una Corte suprema costituzionale. Ogni governatorato è dotato di
tribunali propri. È in vigore la pena di morte.
·
Divisioni
amministrative[11]:
L’Egitto è amministrativamente diviso in 27 governatorati (muhafazat, sing.
muhafazah)
ESTONIA
Repubblica dell'Estonia
Eesti Vabariik
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale:
Tallin
Indipendenza: 20 agosto 1991 (dall'URSS)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il presidente della Repubblica, eletto dal Parlamento con un mandato
di cinque anni, esercita funzioni perlopiù rappresentative. Il potere esecutivo
è affidato al governo, responsabile di fronte al Parlamento.
·
Potere
legislativo: L’esercizio del potere legislativo spetta al Consiglio di stato
(Riigikogu), organo monocamerale composto da 101 membri eletti col sistema
proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di
sopra dei 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il potere giudiziario spetta alla Suprema Corte composta 19
giudici, il cui Presidente è nominato dal Parlamento a vita. La pena di morte è
stata abolita nel 1998
·
Divisioni
amministrative[12]:
L’Estonia è suddivisa in quindici distretti (maakonnad, sing. maakond): Harju,
Hiiu, Ida-Viru, Järva, Jõgeva, Lääne, Lääne-Viru, Pärnu, Põlva, Rapla, Saare,
Tartu, Valga, Viljandi, Võru.
FINLANDIA
Repubblica di Finlandia
Suomen Tasavalta (finlandese)
Republiken Finland (svedese)
Forma di governo: Repubblica Parlamentare
Capitale: Helsinki
Indipendenza: 6 dicembre 1917 (dalla Russia)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo appartiene al Presidente della Repubblica e al Governo.
Il presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale con un mandato
di sei anni. Egli nomina il primo ministro, che guida un Consiglio di stato
(Valtioneuvosto) formato da un massimo di 17 ministri
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è affidato a un Parlamento unicamerale
(Eduskunta) composto da 200 membri eletti con sistema proporzionale per un
mandato di quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai
18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario si basa su tre gradi di giudizio ed è
esercitatati da 71 Tribunali distrettuali, 6 Corti d’Appello e le Corte Suprema
(Korkein Oikeus), oltre ai tribunali amministrativi e a quelli speciali.
·
Divisioni
amministrative[13]: La
Finlandia è divisa in 6 Province (Aland, Etela-Suomen Laani, Ita-Suomen Laani,
Lansi-Suomen Laani, Lappi, Oulun Laani). Solo la provincia insulare di Aland
gode di particolare autonomia amministrativa e può legiferare su determinate
materie
FRANCIA
Repubblica Francese
République Française
Forma di governo: Repubblica semipresidenziale
Capitale: Parigi
Indipendenza: 486 (unificata da Clovis)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il presidente della Repubblica viene eletto a suffragio universale
per un mandato di cinque anni. Egli nomina il primo ministro (e, su proposta di
questi, i ministri), presiede il Consiglio dei ministri, il Consiglio superiore
della magistratura, il Consiglio di difesa nazionale ed è comandante in capo
delle forze armate.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento bicamerale.
L’Assemblea nazionale (Assemblée nationale) è costituita da 577 membri eletti a
suffragio universale, in carica per cinque anni. Il Senato (Sénat) è composto
da 331 membri, eletti a suffragio universale indiretto dai deputati e dai
consiglieri dipartimentali e comunali e rinnovabili per un terzo ogni tre anni.
Il diritto di voto è conferito al conseguimento del diciottesimo anno d’età.
·
Potere
giudiziario: Il potere giudiziario si divide tra la giurisdizione ordinaria
(che cura i casi civili e penali) e quella amministrativa (che giudica i
ricorsi contro i provvedimenti amministrativi). L'ultima istanza della
giurisdizione ordinaria è la Corte di Cassazione, mentre la suprema corte
amministrativa è il Consiglio di Stato.
·
Divisioni
amministrative[14]: La
Francia è divisa in 26 regioni (régions), 22 metropolitane e 4 regioni d'oltre
mare, ulteriormente suddivise in 96 dipartimenti (départements).
GIORDANIA
Regno Hascemita di Giordania
(Al-Mamlaka al-Urdunniyya al-Hashimiyya)
Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Amman
Indipendenza: 25 maggio 1946[15]
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il sovrano esercita il potere esecutivo insieme a un gabinetto di
ministri, responsabili di fronte al Parlamento. Il re ha il potere di
dichiarare guerra, di concludere la pace e di convocare, aggiornare e
sospendere la Camera dei rappresentanti.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato sull’Assemblea nazionale (Majlis
al-Umma), bicamerale. Il Senato (Majlis al-Aayan) è composto da 40 membri
nominati dal sovrano su approvazione del Parlamento; la Camera dei
rappresentanti (Majlis al-Nuwaab) riunisce 80 membri eletti con sistema
proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a
partire dai 20 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario del paese, che si basa sulle leggi civili e
sulla legge coranica, prevede una Corte suprema e una Corte di cassazione. È in
vigore la pena di morte.
·
Divisioni
amministrative[16]: La
Giordania è divisa in dodici governatorati (muhafazat, sing. muhafazah): Ajlun,
Amman, Aqaba, Balqa, Irbid, Jarash, Karak, Ma’an, Madaba, Mafraq, Tafila e
Zarqa.
GERMANIA
Repubblica Federale di Germania
Bundesrepublik Deutschland
Forma di governo: Repubblica federale
Capitale: Berlino
Indipendenza: 18 gennaio 1871 (unificazione dell’Impero
Tedesco); 1989 (caduta del muro di Berlino)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo è affidato al cancelliere, nominato dal
presidente e approvato dal Parlamento, e al governo di cui è capo. I ministri
sono nominati dal presidente, sulla base delle proposte del cancelliere;
quest’ultimo è responsabile di fronte al Bundestag.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento bicamerale. La
Dieta federale (Bundestag) è composta da circa 600 membri (il numero varia con
le legislature) eletti a suffragio universale per un termine di quattro anni.
Il Consiglio federale (Bundesrat) ha 69 membri designati dai governi dei Länder
in proporzione alla popolazione. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a
partire dai 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario del paese prevede una Corte costituzionale
federale (Bundesverfassungsgericht), i cui giudici sono eletti per metà dal
Bundestag e per metà dal Bundesrat.I Länder hanno tribunali propri.
·
Divisioni
amministrative[17]: La
Germania è divisa in sedici stati confederati (tedesco Land, plurale Länder).
Baden-Württemberg, Baviera, Berlino, Brandeburgo, Brema, Amburgo, Assia, Bassa
Sassonia, Renania Settentrionale-Vestfalia, Renania-Palatinato, Saarland,
Schleswig-Holstein, Meclemburgo-Pomerania Anteriore, Sassonia-Anhalt, Turingia
e Sassonia.
GRECIA
Repubblica Ellenica
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Atene
Indipendenza: 1829 (dall'Impero Ottomano)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il presidente, eletto dal Parlamento con un mandato di cinque anni,
ha una funzione perlopiù rappresentativa. Egli designa il primo ministro e
nomina, su proposta di questi, i ministri. Il potere esecutivo è affidato al
primo ministro e al governo, che rispondono del loro operato davanti al
Parlamento.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale (Vouli
ton Ellinon) composto da 300 membri eletti con sistema proporzionale per
quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di
età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema e un Tribunale
speciale supremo, i cui giudici sono nominati a vita dal presidente. La pena di
morte è stata abolita nel 1993 per i crimini ordinari e completamente nel 2005.
·
Divisioni
amministrative[18]: La
Grecia è amministrativamente divisa in 13 regioni, a loro volta suddivise in 52
province (nomói, sing. nomós). Le regioni sono: Attica, Creta, Egeo
Meridionale, Egeo Settentrionale, Epiro, Grecia Centrale, Grecia Occidentale,
Isole Ionie, Macedonia Centrale, Macedonia Occidentale, Macedonia Orientale e
Tracia, Peloponneso e Tessaglia. La Costituzione del 1975 riconobbe al monte
Athos lo status di Repubblica monastica autonoma.
IRLANDA
Repubblica d'Irlanda
Republic of Ireland (inglese)
Poblacht na hÉireann (gaelico)
Forma di governo: Repubblica Parlamentare
Capitale: Dublino
Indipendenza: 6 Dicembre 1922[19]
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il presidente, eletto a suffragio universale con un mandato di sette
anni, nomina il primo ministro approvazione del Parlamento. (Taoiseach) e il
consiglio dei ministri, previa
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è (Oireachtas/Parliament) composto da due
camere. Basato su un Parlamento La Camera dei rappresentanti (Dáil
Éireann/House of Representatives) riunisce 166 membri eletti con sistema
proporzionale per cinque anni; il Senato (Seanad Éireann/Senate) ha 60 membri
in carica per 5 anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei
18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: L’ordinamento giudiziario è basato sulla Common Law anglosassone,
adattata alle consuetudini locali. Il sistema giudiziario prevede una Corte
suprema, i cui giudici sono nominati dal presidente su indicazione del governo.
·
Divisioni
amministrative[20]: Lo
Stato d’Irlanda è diviso in quattro province (Leinster, Munster, Connaught e
una parte dell’Ulster), a loro volta divise in 26 contee: Carlow, Dublino,
Kildare, Kilkenny, Laois, Longford, Louth, Meath, Offaly, Westmeath, Wexford e
Wicklow (Leinster); Clare, Cork, Kerry, Limerick, Tipperary (South Riding),
Tipperary (North Riding) e Waterford (Munster); Galway, Leitrim, Mayo,
Roscommon e Sligo (Connaught); Cavan, Donegal e Monaghan (Ulster).
ISRAELE
Stato d'Israele
(ebraico) 'elanatYisriMed .... ..... .(arabo)li'aDawlatIsr ..
Forma di governo: Repubblica Parlamentare
Capitale: Gerusalemme
Indipendenza: 14 maggio 1948[21]
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il presidente della repubblica è eletto dal Parlamento e rimane in
carica per cinque anni; le sue funzioni sono perlopiù rappresentative. Il
potere esecutivo è affidato al primo ministro, eletto a suffragio diretto per
quattro anni, e al governo, responsabili del proprio operato di fronte al
Parlamento.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è affidato all’Assemblea nazionale
(Knesset), unicamerale, che comprende 120 membri eletti a suffragio universale
con sistema proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i
cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Sono in vigore due sistemi giudiziari, l’uno civile, l’altro
religioso. Il primo prevede una Corte Suprema, alla quale sono sottoposti i
tribunali distrettuali; le facoltà delle corti minori sono piuttosto limitate.
Ai tribunali religiosi vengono affidati i casi di matrimonio, divorzio e
testamentari. La pena di morte è in vigore per reati eccezionali.
·
Divisioni
amministrative[22]: Il
paese è diviso in sei distretti (mehozot, sing. mehoz): Centrale, Gerusalemme,
Haifa, Meridionale, Settentrionale e Tel Aviv.
ITALIA
Repubblica Italiana
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Roma
Indipendenza: 17 Marzo 1861 (proclamazione del Regno d' Italia);
La nascita della Repubblica Italiana avvenne a seguito dei risultati del
referendum istituzionale del 2 e 3 giugno 1946
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo spetta al governo, formato dal presidente del
Consiglio dei ministri e dai vari ministri; per entrare in carica il governo
deve ottenere il voto di fiducia del Parlamento, quindi esprime la volontà
della maggioranza degli elettori. In genere il presidente del Consiglio è a
capo del partito di maggioranza.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è affidato ad un parlamento bicamerale,
costituito dalla Camera dei Deputati (630 deputati) e dal Senato della
Repubblica (315 senatori eletti, più i senatori a vita). Il parlamento viene
eletto dal popolo con un sistema elettorale misto
maggioritario-proporzionale.La legislatura ha una durata massima di cinque
anni, ma può essere interrotta anticipatamente.
·
Potere
giudiziario: Corte Costituzionale (composta da15 giudici: un terzo nominati dal
presidente, un terzo eletti dal Parlamento in seduta comune, un terzo eletti
dalle supreme magistrature giudiziarie e amministrative)
·
Divisioni
amministrative[23]:
L’Italia si riparte in venti regioni, di cui quindici (Abruzzo, Basilicata,
Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise,
Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto) a “statuto ordinario”, mentre cinque
(Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta)
a “statuto straordinario”. A loro volta le regioni sono ripartite in province
(110 al 2009[24]); le
province sono suddivise in comuni, in numero di 8.047[25].
LETTONIA
Repubblica di Lettonia
Latvijas Republika
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Riga
Indipendenza: 21 agosto 1991[26]
(dall'URSS)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo è esercitato dal Governo (Consiglio dei
Ministri) che è composto dal Primo Ministro e dai Ministri da lui nominati.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale
(Saeima), composto da 100 membri eletti a suffragio universale con sistema
proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di
sopra dei 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema, i cui giudici
vengono ratificati dal Parlamento. La pena di morte è stata abolita nel 1999,
ma è ancora prevista per l’omicidio con circostanze aggravanti commesso in
tempo di guerra.
·
Divisioni
amministrative[27]: La
Lettonia è suddivisa in ventisei distretti (sing. rajons): Aizkraukles,
Aluksnes, Balvu, Bauskas, Cesu, Daugavpils, Dobeles, Gulbenes, Jekabpils,
Jelgavas, Kraslavas, Kuldigas, Liepajas, Limbazu, Ludzas, Madonas, Ogres,
Preiju, Rezeknes, Rigas, Saldus, Talsu, Tukuma, Valkas, Valmieras, Ventspils.
Vi sono inoltre sette municipalità: Riga, Daugavpils, Liepaja, Jelgava,
Jurmala, Ventspils e Rezekne.
LIBANO
Repubblica del Libano
(Al-Jumhuriyya al-Lubnaniyya)
Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Beirut
Indipendenza: 22 novembre 1943 (dalla Francia)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Capo dello stato è il presidente della repubblica eletto, con un
mandato di sei anni (nove dal 1995), dall’Assemblea nazionale tra i membri
della comunità cristiana maronita; i suoi poteri sono oggi molto limitati. Il
potere esecutivo è affidato al governo e al presidente del consiglio; questi è
scelto tra i membri della comunità musulmana sunnita.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è affidato a un parlamento unicamerale,
l’Assemblea nazionale, composta da 128 membri eletti a suffragio universale con
un mandato di quattro anni. Le comunità musulmana e cristiana dispongono
entrambe di 64 seggi. Dei seggi della comunità musulmana, 27 sono appannaggio
dei sunniti, 27 degli sciiti, 8 dei drusi e 2 degli alawiti; dei seggi della
comunità cristiana, 34 sono appannaggio dei maroniti, 14 degli ortodossi di
rito greco, 8 dei cattolici, 5 degli ortodossi di rito armeno, 3 di altre
minoranze.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario risente delle influenze del lungo dominio
ottomano e della successiva presenza francese. È basato su una Corte suprema,
una Corte costituzionale e quattro Corti di cassazione (di cui tre destinate
alle controversie civili e una a quelle penali). È in vigore la pena di morte.
·
Divisioni
amministrative[28]: Il
Libano è amministrativamente diviso in sei province (mohafazat, sing.
mohafazah): Beirut, Bekaa, Libano Nord, Libano Sud, Monte Libano, Nabatiyé
LIBIA
Repubblica Araba Popolare Socialista di Libia
(Al Jumahiriyah al Arabiyah al Libiyah ash Shabiyah al
Ishtirakiyah al Uzma)
Forma di governo: Dittatura Militare
Capitale: Tripoli
Indipendenza: 24 dicembre 1951(dall’Italia)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo è affidato al Governo, che si compone del
Segretariato generale e del Comitato generale del Popolo, i cui membri fungono
da ministri (solo cinque dopo una riforma del 2000: Risorse naturali, Affari
Esteri, Informazione, Giustizia e Economia); e dal Segretariato Generale del
Congresso del Popolo. Il Colonnello Muammar al-Gheddafi è, dal 2 marzo 1979,
“Guida della Rivoluzione” esercitando, in pratica, la funzione di Capo di Stato
(anche se tale carica non è ufficialmente riconosciuta dal sistema
istituzionale libico in vigore).
·
Potere
legislativo: L’ordinamento istituzionale libico, risultante dalla riforma
costituzionale del 1977, prevede che la popolazione designi 2700
rappresentanti, eletti dai Congressi Popolari di Base, i quali si riuniscono
nel Congresso Generale Popolare. È quest’ultimo a nominare il Governo
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario combina elementi d’ispirazione francese e
britannica con integrazioni suggerite dalla Sharia. È prevista una Corte
suprema, unita a Corti di prima istanza e a Corti d’appello. È in vigore la
pena di morte.
·
Divisioni
amministrative[29]: Dal
punto di vista amministrativo lo stato è suddiviso in 34 municipalità
(sha’biyat)
LITUANIA
Repubblica di Lituania
Lietuvos Respublika
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Vilnius
Indipendenza: 11 marzo 1990 (dall’URSS)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo è ricoperto dal Governo, principale centro di
produzione di leggi, composto dal Primo Ministro e dai Ministri (Consiglio dei
Ministri); il Primo Ministro, soggetto all’approvazione del Parlamento, è
nominato e destituito dal Presidente della Repubblica, che agisce nello stesso
modo nei confronti dei Ministri, su proposta del Primo Ministro
·
Potere legislativo: Il potere legislativo
spetta al Parlamento unicamerale detto Seimas; esso è composto da 141 membri,
71 dei quali eletti direttamente dal popolo e i restanti 70 di rappresentanza
proporzionale. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni
di età.
·
Potere
giudiziario: Il potere giudiziario è assicurato da un sistema di corti composto
dalla Corte Suprema, la Corte d’Appello, 5 Corti di Contea e 54 Corti
distrettuali. La pena di morte è stata abolita nel 1998 per i crimini ordinari
e completamente nel 2005.
·
Divisioni
amministrative[30]: La
Lituania è suddivisa in dieci contee (apskritys): Alytus, Kaunas, Klaipeda,
Marijampole, Panevežys, Šiauliai, Taurage, Telšiai, Utena e Vilnius; e in 60
municipalità.
LUSSEMBURGO
Granducato del Lussemburgo
Grand-Duché de Luxembourg
Grousherzogdem Lezebuurg
Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Lussemburgo
Indipendenza: 1839 (dai Paesi Bassi)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Formalmente, il potere esecutivo spetta al granduca, che ha anche la
prerogativa di nominare e revocare i membri del governo; nella pratica è
affidato a un primo ministro e a un gabinetto di ministri (Consiglio dei
ministri), responsabili del loro operato davanti al Parlamento.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale, la
Camera dei deputati (Châmber vun députéirten / Chambre des députés), composta
da 60 membri eletti a suffragio universale con sistema proporzionale per cinque
anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema (Cour superieure
de justice) e una Corte amministrativa (Tribunale administration); per
entrambe, i giudici sono nominati a vita dal sovrano.
·
Divisioni
amministrative[31]: Il
Granducato di Lussemburgo è diviso in dodici cantoni, raggruppati all’interno
di tre distretti: il distretto di Diekirch, con i cantoni di Clervaux,
Diekirch, Redange, Vianden e Wiltz; il distretto di Grevenmacher, con i cantoni
di Echternach, Grevenmacher e Remich; il distretto di Lussemburgo, con i
cantoni di Capellen, Esch, Lussemburgo e Mersch.
MALTA
Repubblica di Malta
Repubblika ta' Malta (maltese)
Republic of Malta (inglese)
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: La Valletta
Indipendenza: 21 settembre 1964 (da GB)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo è esercitato dal Presidente che è eletto dal
Parlamento per 5 anni. Egli nomina il Primo Ministro, il leader del partito che
ha ottenuto la maggioranza dei seggi nel Parlamento unicamerale (House of
Representatives). Su proposta del Primo Ministro nomina gli altri ministri tra
i membri del Parlamento
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale, la
Camera dei rappresentanti (Il-kamra tad-deputati/House of Representatives),
composta da 65 membri eletti a suffragio universale per un termine di cinque
anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il potere giudiziario è esercitato da Corti di primo grado e Corti
d’appello nonché da tribunali competenti per specifiche materie . L’ordinamento
giudiziario, basato in parte sulla Common Law anglosassone e in parte sul
diritto romano, prevede una Corte costituzionale e una Corte d’appello, i cui
giudici sono nominati dal presidente su consiglio del primo ministro.
·
Divisioni
amministrative[32]:
L’arcipelago maltese è suddiviso in 6 regioni: Gozo e Comino, Occidentale,
Porto Esterno, Porto Interno, Settentrionale, Sudorientale. Dalla riforma del
1993, Malta è stata suddivisa in 68 "Consigli locali" (in maltese:
Kunsilli Lokali) eletti per 3 anni col sistema proporzionale, di cui 54 a Malta
e 14 a Gozo.
MAROCCO
Regno del Marocco
(Al-Mamlaka al-Maghribiyya)
Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Rabat
Indipendenza: 2 Marzo 1956 (dalla Francia)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il sovrano, che in base alla Costituzione deve essere di sesso
maschile, è il capo dello stato e ha la facoltà di nominare il primo ministro e
il Consiglio dei ministri. Il re è anche comandante in capo delle forze armate.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è esercitato da un Parlamento bicamerale. La
Camera dei rappresentanti (Majlis al-nuwab/Assemblée des répresentants)
comprende 325 membri eletti a suffragio universale per cinque anni; la Camera
dei consiglieri (Majlis al-mustasharin) ha 270 membri eletti a suffragio
indiretto (dagli organismi locali e dalle categorie professionali) che restano
in carica per nove anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra
dei 21 anni di età.
·
Potere
giudiziario: L’ordinamento giudiziario, basato sulla legge islamica e sul
diritto francese, prevede una Corte suprema, con sede a Rabat, i cui giudici
sono nominati su indicazione del Consiglio supremo di giustizia, presieduto dal
sovrano. È in vigore la pena di morte, ma dagli anni ‘90 non vengono eseguite
sentenze capitali.
·
Divisioni
amministrative[33]: Il
Marocco è suddiviso in 16 regioni a loro volta suddivise in 71 fra province e
prefetture. Le regioni sono: Chaouia-Ouerdigha, Doukkala-Abda, Oriental,
Fès-Boulemane, Gharb-Cherarda-Beni Hssen, Grand Casablanca, Guelmim-Es Semara,
Laâyoune-Boujdour, Marrakech-Tensift-El Haouz, Meknès-Tafilalet, Oued
Eddahab-Lagouira, Rabat-Salé-Zemmour-Zaër, SoussMassa-Drâa, Tadla-Azilal,
Tangeri-Tétouan, Taza-El Hoceima-Taounate.
PAESI BASSI
Regno dei Paesi Bassi
Koninkrijk der Nederlanden
Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Amsterdam
Indipendenza: 26 luglio 1581 (dalla Spagna); riconosciuta il
30 gennaio 1648
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo è affidato a un primo ministro e a un governo
nominati dal sovrano, che rispondono del loro operato di fronte al Parlamento
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo spetta a un Parlamento bicamerale, gli
Stati Generali (Staten-Generaal), che comprendono un Senato o Prima camera
(Eerste Kamer), composta da 75 membri eletti per un termine di quattro anni con
voto indiretto dai membri dei consigli provinciali, e una Camera dei
rappresentanti o Seconda camera (Tweede Kamer), costituita da 150 membri eletti
a suffragio universale con un sistema proporzionale per un mandato di quattro
anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario dei Paesi Bassi prevede un’Alta Corte (Hoge
Raad) i cui giudici sono nominati a vita dal sovrano. Non è prevista la pena di
morte (abolita, per reati ordinari, sin dal 1870).
·
Divisioni
amministrative[34]: Il
Paese è diviso in 12 Province (Brabante Settentrionale, Drenthe. Flevoland,
Frisia, Gheldria, Groninga, Limburgo, Olanda Meridionale, Olanda
Settentrionale, Utrecht, Overijssel e Zelanda), a loro volta divise in un totale
di 483 comuni; essi sono governati da consigli provinciali e municipali.
PALESTINA
Autorità Nazionale Palestinese (ANP)
(As-Sulta Al-Wataniyya Al-Filastiniyya)
Forma di governo: Democrazia parlamentare
Capitale: Gerusalemme (de jure)
Ramallah (de facto)
Indipendenza: Ad oggi non riconosciuta[35].
(Costituzione 2003)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo è affidato al Presidente che viene eletto a
suffragio universale diretto per 4 anni. Nel 2003 Arafat, presidente
provvisorio dell’ANP dalle elezioni del 1996, fu costretto ad accettare una
revisione della Costituzione dell’ANP e a istituire la carica di primo
ministro, cui affidare una parte del potere esecutivo. Nell’autunno del 2004,
alla morte di Arafat, alla presidenza dell’ANP fu eletto Mahmud Abbas (Abu
Mazen), uno dei fondatori dell’Organizzazione per la Liberazione della
Palestina (OLP).
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale, il
Consiglio Legislativo Palestinese di 132 membri (88 fino al 2006), 66 dei quali
sono eletti attraverso un sistema elettorale di tipo proporzionale e gli altri
66 attraverso un sistema elettorale maggioritario; i rappresentanti sono eletti
a suffragio universale diretto per 4 anni.
·
Potere
giudiziario: La branca giudiziaria non è stata, ad oggi, opportunamente istituzionalizzata.
·
Divisioni
amministrative[36]: Il
potere dell’ANP è circoscritto alla striscia di Gaza e a parte della
Cisgiordania (45%). L’ANP divide i Territori Palestinesi in 16 governatorati
(Aqdya, sing. qadaa): Jenin, Tubas, Nablus, Tulkarm, Qalqilya, Ramallah and
al-Bireh, Jericho, Gerusalemme, Betlemme, Hebron, Nord di Gaza, Gaza, Deir
el-Balah, Khan Yunis, Rafah
POLONIA
Repubblica di Polonia
Rzeczpospolita Polska
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Varsavia
Indipendenza: 11 novembre 1918 (dalla Germania)[37]
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo viene esercitato dal Governo: il Presidente del
Consiglio dei Ministri e i Ministri sono nominati dal Capo dello Stato col
quale condividono competenze in tema di difesa nazionale e politica estera.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento bicamerale,
l’Assemblea nazionale (Zgromadzenie Narodowe). La Dieta (Sejm) riunisce 460
membri eletti a suffragio universale con sistema proporzionale per quattro
anni; il Senato (Senat) è composto da 100 membri eletti a suffragio universale
con un mandato di quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di
sopra dei 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario si basa in parte sul diritto continentale,
in parte sulla giurisprudenza ereditata dal passato regime comunista; prevede
una Corte suprema, i cui giudici sono nominati dal presidente su
raccomandazione del Consiglio nazionale giudiziario, e un Tribunale
costituzionale, le cui massime cariche sono scelte dal Parlamento per un
periodo di nove anni
·
Divisioni
amministrative[38]: La
Polonia è suddivisa in sedici province (wojewodztwa, sing. wojewodztwo):
Dolnoslaskie, Kujawsko-Pomorskie, Lodzkie, Lubelskie, Lubuskie, Malopolskie,
Mazowieckie, Opolskie, Podkarpackie, Podlaskie, Pomorskie, Slaskie,
Swietokrzyskie, Warminsko-Mazurskie, Wielkopolskie, Zachodniopomorskie.
PORTOGALLO
Repubblica del Portogallo
República Portuguesa
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Lisbona
Indipendenza: 1143 (proclamazione della repubblica il 5
ottobre 1910)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il Presidente della Repubblica è eletto per un termine di cinque
anni con voto popolare diretto. Al Presidente compete la nomina del Primo
Ministro e, su sua raccomandazione, del Consiglio dei Ministri, sulla base dei
risultati delle elezioni parlamentari
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è basato su un Parlamento unicamerale,
l’Assemblea della Repubblica (Assembleia da República), composto da 230 membri
eletti attraverso un sistema di rappresentanza proporzionale per un termine di
quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dal
diciottesimo anno di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte Suprema (Supremo Tribunal
de Justicia), i cui giudici sono nominati a vita dal Consiglio superiore della
magistratura.
·
Divisioni
amministrative[39]: Il
Portogallo è diviso in diciotto distretti amministrativi (distritos) e due
regioni autonome (região autonoma). La massima autorità di distretto è il
governatore. I distretti sono:Aveiro, Beja, Braga, Braganza, Castelo Branco,
Coimbra, Évora, Faro, Guarda, Leiria, Lisbona, Portalegre, Porto, Santarém,
Setúbal, Viana do Castelo, Vila Real e Viseu; gli arcipelaghi delle Azzorre e
di Madeira costituiscono le due regioni autonome
REGNO UNITO
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord
United
Kingdom of Great Britain and Northern Ireland
Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Londra
Indipendenza: 1801 (creazione formale di uno Stato unico)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Le funzioni esecutive, nominalmente conferite alla Corona, di fatto
vengono esercitate da un gabinetto presieduto dal premier, nominato dal sovrano
nella persona del leader del partito di maggioranza. Il governo è responsabile
del suo operato di fronte al Parlamento.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento composto da due
camere. La Camera dei Lord (House of Lords) è attualmente composta da 713
membri (detti Peers, “Pari”) nominati a vita dal sovrano. La Camera dei Comuni
(House of Commons) è composta da 646 membri eletti a suffragio universale per
un termine di cinque anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire
dai 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario britannico è basato sulla Common Law. La
Camera dei Lord è la massima corte d’appello e impiega solo giudici e giuristi
professionisti.
·
Divisioni
amministrative[40]: Il
Regno Unito è diviso nelle regioni dell’Inghilterra, del Galles, della Scozia e
dell’Irlanda del Nord, a loro volta suddivise in contee, regioni e distretti.
L’Inghilterra è divisa in 148 unità amministrative (78 distretti e 70 contee);
Il Galles è suddiviso in 22 distretti unitari; La Scozia è divisa in 32
distretti unitari; L’Irlanda del Nord è divisa in 26 distretti.
REPUBBLICA CECA
Repubblica Ceca
Ceská republika
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Praga
Indipendenza: 1 gennaio 1993 (suddivisione della
Cecoslovacchia)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il presidente, eletto dal Parlamento, dura in carica cinque anni e
il suo mandato è rinnovabile; egli nomina il primo ministro e, su indicazione
di questi, un gabinetto di ministri (Consiglio dei ministri).
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento composto da due
camere. La Camera dei deputati (Poslanecká snemovna) riunisce 200 membri eletti
a suffragio universale per quattro anni; il Senato (Senát) ha 81 membri eletti
a suffragio universale per sei anni, rinnovati per un terzo ogni due. Hanno
diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: L’ordinamento giudiziario, basato sui codici austro-ungarici,
prevede una Corte suprema e una Corte costituzionale, le cui massime cariche
sono nominate a vita dal presidente.
·
Divisioni
amministrative[41]: Il
paese è suddiviso in tredici regioni amministrative: Boemia Centrale
(Stredoceský), Boemia Meridionale (Jihoceský), Karlovarský, Královéhradecký,
Liberecký, Moravia Meridionale (Jihomoravvský), Moravskoslezský, Olomucký,
Pardubický, Plzenský, Ústecký, Vysocina e Zlinský. Alle regioni si aggiunge il
distretto amministrativo della capitale, suddiviso in municipalità.
REPUBBLICA SLOVACCA
Repubblica Slovacca
Slovenská republika
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Bratislava
Indipendenza: 1 gennaio 1993 (suddivisione
della Cecoslovacchia)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il presidente, eletto a suffragio universale per cinque anni, nomina
il primo ministro e, su indicazione di questi, il consiglio dei ministri. Il
primo ministro viene scelto nella persona del leader del partito o della
coalizione di maggioranza.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo compete a un Parlamento unicamerale, il
Consiglio nazionale (Národná rada), formato da 150 membri eletti a suffragio
universale con sistema proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto
tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il potere giudiziario è esercitato tramite 55 Corti distrettuali,
8 Corti regionali e la Corte Suprema, che è la più alta istanza. La Corte
Costituzionale è investita delle questioni di costituzionalità.
·
Divisioni
amministrative[42]: La
Slovacchia è amministrativamente suddivisa in otto distretti (okres), che
includono anche il territorio autonomo della capitale. I distretti, a loro
volta suddivisi in 79 province, non possiedono poteri definiti dall’ordinamento
costituzionale. Le otto divisioni amministrative sono: Banská Bystrica,
Bratislava, Košice, Nitra, Prešov, Trencín, Trnava, Žilina.
ROMANIA
Repubblica di Romania
Repubblica România
Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Bucarest
Indipendenza: 9 maggio 1887
(dall’Impero Ottomano)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il presidente della Repubblica, eletto a suffragio universale ogni
quattro anni, dispone di ampi poteri. Nell’esercizio dell’esecutivo il presidente
è affiancato da un primo ministro, di sua nomina, posto a capo del Consiglio
dei ministri.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento composto da due
camere. La Camera dei deputati (Camera DeputaNilor) riunisce 332 membri eletti
a suffragio universale per quattro anni (18 seggi sono riservati alle minoranze
etniche); il Senato (Senatul) ha 137 membri eletti a suffragio universale con
sistema proporzionale per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini
al di sopra dei 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: L’ordinamento giudiziario prevede una Corte suprema di giustizia,
le cui massime cariche sono nominate dal presidente su indicazione del
Consiglio superiore dei magistrati. La pena di morte è stata abolita nel 1989.
·
Divisioni
amministrative[43]: Il
paese è suddiviso in 41 distretti e un municipio (la capitale)
SIRIA
Repubblica Araba di Siria
(Al-Jumhuriyya
al-`Arabiyya al-Suriyya)
Forma di governo: Repubblica presidenziale
Capitale: Damasco
Indipendenza: 17 aprile 1946 (dalla Francia)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Capo dell’esecutivo e capo di stato è il presidente, eletto a
suffragio universale diretto con un mandato settennale, che nomina il governo,
guidato dal primo ministro Potere legislativo: La funzione legislativa è
esercitata da un’unica Camera, denominata “Consiglio del Popolo” (Majlis
al-Shaab ), costiutita da 250 membri eletti a suffragio universale per 4 anni.
·
Potere
giudiziario: Nel sistema giudiziario siriano – composto dalla Corte di
cassazione, dalle corti di appello, presenti in ognuno dei 13 distretti in cui
è amministrativamente diviso il paese, e da corti sommarie e di prima istanza –
l’Alta corte costituzionale, con sede a Damasco, è l’organo di grado più
elevato. È in vigore la pena di morte.
·
Divisioni
amministrative[44]: La
Siria è amministrativamente divisa in tredici distretti, oltre alla
municipalità di Damasco, capitale e maggiore città del paese
SLOVENIA
Repubblica di Slovenia
Republika Slovenije
Forma di governo:
Repubblica parlamentare
Capitale:
Lubiana
Indipendenza:
25 giugno 1991 (dalla Jugoslavia)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: L’esecutivo è affidato al presidente, eletto a suffragio universale
con un mandato di cinque anni, e al consiglio dei ministri, presieduto dal
primo ministro; questi viene nominato dal presidente nella persona del leader
del partito o della coalizione di maggioranza.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato sull’Assemblea nazionale
(Skupšcina Slovenije), composta da due camere. La Camera di stato (Državni
zbor) riunisce 90 membri eletti a suffragio universale per quattro anni; il
Consiglio di stato (Državni svet) ha 40 membri in carica per cinque anni. Hanno
diritto al voto tutti i cittadini di età superiore ai 18 anni (e quelli di età
superiore ai 16 anni, se occupati).
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario è basato su tre gradi di giudizio. La Corte
Suprema è il tribunale di ultima istanza con giurisdizione generale, mentre
alla Corte Costituzionale fondamentali. spetta la protezione dei principi
costituzionali e delle libertà
·
Divisioni
amministrative[45]: La
Slovenia è amministrativamente municipalità e 10 municipalità urbane.
SPAGNA
Regno di Spagna
Reino de España
Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Madrid
Indipendenza: 1479, unione di Castiglia e
Aragona (Reyes Católicos)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo è affidato al capo del governo, eletto
dall’Assemblea nazionale su designazione del sovrano; il presidente è
coadiuvato da un consiglio dei ministri da lui nominato e da un consiglio di
stato.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è affidato all’Assemblea nazionale (o Corti
generali, Cortes generales), che ha due camere. Il Senato (Senado) attuale è
composto da 259 membri che restano in carica per quattro anni. Il Congresso dei
deputati (Congreso de los diputados) comprende da un minimo di 300 a un massimo
di 400 membri che rimangono in carica per quattro anni; il numero è fissato
volta per volta dalla legge elettorale: nell’attuale legislatura i deputati
sono 350. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario prevede una Corte costituzionale (Tribunal
constitucional), una Corte suprema (Tribunal supremo) e 17 Alte Corti, quante
sono le regioni.
·
Divisioni
amministrative[46]: La
Spagna è suddivisa in 17 Comunità Autonome che sono ulteriormente suddivise in
50 province, e poco più di 8.000 comuni, più due città autonome (Ceuta e
Melilla). Le 17 comunità autonome sono: Andalusia, Aragona, Baleari, Canarie,
Cantabria, Castiglia-La Mancia, Castiglia-León, Catalogna, Estremadura,
Galizia, La Rioja, Madrid, Murcia, Navarra, Principato delle Asturie, Province
Basche e Valencia.
SVEZIA
Regno di Svezia
Konungariket Sverige
Forma di governo: Monarchia costituzionale
Capitale: Stoccolma
Indipendenza: 6 Giugno 1523
(con Gustav Vasa eletto re)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Affidato formalmente al sovrano, il potere esecutivo è esercitato
dal governo, guidato da un primo ministro eletto dal Parlamento.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale
(Riksdag) composto da 349 membri eletti a suffragio universale con sistema
proporzionale per quattro anni (nell’attuale Parlamento le donne sono 149, pari
al 43% dei membri). Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18
anni di età.
·
Potere
giudiziario: Il sistema giudiziario è diviso tra corti con una regolare
giurisdizione civile e criminale, e corti speciali con responsabilità sui
contenziosi tra il pubblico e il governo o le autorità municipali. La legge
svedese è codificata e il sistema giuridico consiste di corti locali, corti
d’appello regionali e una corte suprema (Hogsta Domstolen), con sede a
Stoccolma.
·
Divisioni
amministrative[47]: La
Svezia è suddivisa in ventuno contee (Län, sing. e plur.): Blekinge, Dalarna,
Gävleborg, Gotland, Halland, Jämtland, Jönköping, Kalmar, Kronoberg, Norrbotten
Örebro, Östergötland, Scania, Södermanland, Stoccolma, Uppsala, Värmland,
Västerbotten, Västernorrland e Västmanland, Västra Götaland.
TUNISIA
Repubblica di Tunisia
(Al-Jumhuriyya al-Tunusiyya)
Forma di governo: Repubblica Presidenziale
Capitale: Tunisi
Indipendenza: 20 marzo 1956 (dalla Francia, che ne mantenne
il protettorato)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il potere esecutivo è affidato al capo dello stato, assistito da un
governo diretto da un primo ministro. Il presidente viene eletto a suffragio
universale per un termine di cinque anni ed è rieleggibile; egli è dotato di
ampi poteri ed è comandante in capo delle forze armate.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo è basato su un Parlamento unicamerale, la
Camera dei deputati (Majlis al-Nuwaab/Chambre des Députés), composta da 189
membri eletti a suffragio universale per cinque anni (34 seggi sono riservati
alle opposizioni). Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 20
anni di età.
·
Potere
giudiziario: L’ordinamento giudiziario del paese, che si basa in parte sul diritto
francese e in parte sulla legge islamica, prevede una Corte di cassazione (Cour
de Cassation), con sede a Tunisi. È in vigore la pena di morte ma dagli inizi
degli anni Novanta non vengono eseguite sentenze capitali.
·
Divisioni
amministrative[48]: La
Tunisia è divisa in ventiquattro governatorati: Al Kaf, Al Mahdiyah, Al
Munastir, Al Qasrayn, Aryanah, Bajah, Bin’ Arus, Biserta, Jundubah, Kairouan,
Gabès, Gafsa, Madanin, Manubah, Nabul, Qibili, Sfax, Sidi Bu Zayd, Silyanah,
Susa, Tatauin, Tawzar, Tunisi, Zaghwan.
TURCHIA
Repubblica di Turchia
Türkiye Cumhuriyeti
Forma di Governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Ankara
Indipendenza: 29 ottobre 1923 (stato successore dell'I.
Ottomano)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Il presidente della Repubblica, eletto dal Parlamento con un mandato
di sette anni, nomina il primo ministro e, su indicazione di questi, un
consiglio dei ministri. Il primo ministro viene scelto di norma nella persona
del leader del partito o della coalizione di maggioranza. Oltre che al
Parlamento, l’esecutivo deve rispondere della sua attività al Consiglio di
sicurezza nazionale, composto da tre membri nominati dalle forze armate con
funzioni consultive e di supervisione.
·
Potere
legislativo: Il potere legislativo compete alla Grande assemblea nazionale
(Türkiye büyük millet meclisi), un Parlamento unicamerale composto da 550
membri eletti a suffragio universale ogni cinque anni. Il diritto di voto è
esteso a tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
·
Potere
giudiziario: L’ordinamento giudiziario prevede una Corte costituzionale, i cui
membri sono nominati dal presidente, e una Corte d’appello, eletta dal
Consiglio supremo dei giudici e procuratori. La pena di morte è stata
completamente abolita nel 2004.
·
Divisioni
amministrative[49]: La
Turchia è amministrativamente suddivisa in 81 province (iller, sing. il)
raggruppate in otto regioni: Tracia, Costa del Mar Nero, Marmara e coste
dell’Egeo, Costa del Mediterraneo, Anatolia Occidentale, Anatolia Centrale,
Anatolia Sud-orientale, Anatolia Orientale.
UNGHERIA
Repubblica d'Ungheria
Magyar Köztársaság
Forma di Governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Budapest
Indipendenza: 1001 (successiv. dall'Impero austro-ungarico
1918)
I poteri sono così ripartiti:
·
Potere
esecutivo: Capo dello stato ungherese è il presidente della repubblica, eletto
dall’Assemblea nazionale per un periodo di cinque anni;il potere esecutivo è
affidato al primo ministro e al Consiglio dei ministri, che, designati dal
presidente, devono ottenere la fiducia dell’Assemblea nazionale.
·
Potere
legislativo: Il sistema legislativo è basato su un Parlamento unicamerale, l’Assemblea
nazionale (Országgyülés), composta da 386 membri eletti a suffragio universale
per quattro anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni
di età.
·
Potere
giudiziario: L’ordinamento giudiziario è basato sul sistema continentale
europeo; prevede una Corte suprema, con sede a Budapest, i cui giudici sono
eletti dall’Assemblea nazionale per nove anni. La pena di morte è stata abolita
nel 1990.
·
Divisioni
amministrative[50]:
L’Ungheria è suddivisa in diciannove contee (megye); Budapest costituisce
un’unità amministrativa a sé stante. Le contee ungheresi sono: Bács-Kiskun,
Baranya, Békés, Borsod-Abaúj-Zemplén, Csongrád, Fejér, GyõrMoson-Sopron,
Hajdú-Bihar, Heves, Jász-Nagykun-Szolnok, Komárom-Esztergom, Nógrád, Pest,
Somogy, Szabolcs-Szatmár-Bereg, Tolna, Vas, Veszprém, Zala.
Nella quasi totalità dei paesi della sponda sud del
Mediterraneo, come possiamo evincere dalle schede sopra riportate, si sono
affermati sistemi presidenziali che concentrano il potere nelle mani di un
presidente eletto, quasi sempre, con voto plebiscitario. In tutti i sistemi
politico-statali della sponda sud, tranne che in Palestina e in Israele,
abbiamo la presenza di due soli partiti, tutt’e due filogovernativi. Quindi il voto
si riduce ad una mera approvazione del presidente in carica. Le assemblee
popolari vedono la presenza di rappresentanti eletti nel partito del presidente
o nominati direttamente dal presidente. Il modello rappresentativo che in
questi paesi si è perpetuato negli anni, tranne che in Libano, Palestina,
Israele, Siria e Tunisia, è quello del Parlamento con struttura bicamerale:
quindi un Consiglio o un’Assemblea Nazionale e una Camera del Senato. I
presidenti della Repubblica di tutti i paesi della sponda sud del Mediterraneo,
tranne che in Palestina e in Siria, concentrano nelle sue mani il potere
esecutivo avvalendosi, in qualche caso, come in Egitto, Siria e Libano, di un
Consiglio di Sicurezza Nazionale formato dalle élite del partito. Ma procediamo
per ordine. In Algeria abbiamo la presenza di qualche opposizione partitica
nell’assemblea del Parlamento bicamerale che non influisce in nessun caso nella
scelta del governo, governo che viene nominato dal presidente eletto.
Situazione ancora più rigida in Egitto e in Siria dove il presidente governa
con un esecutivo da lui nominato (sommando potere esecutivo e legislativo): le sedute
parlamentari in Egitto e in Siria ratificano le decisioni esecutive e
legislative prese dal Presidente. In Tunisia, in Libano e in Giordania le
assemblee hanno un modesto potere consultivo. Per ragioni di chiarezza
aggiungiamo che in Giordania e Marocco è presente una forma di governo
monarchica; in questi paesi il re può essere paragonato al Presidente con
stessi poteri e funzioni. Discorsa a parte, in questo periodo storico, è la
Libia, i cui organi istituzionali e le pianificazioni politiche sono contenute
nel Libro Verde di Gheddafi. Negli stati arabi, soprattutto nelle ex-colonie
inglesi, più che una Costituzione esiste una legge scritta nella quale sono
riportati i primi fondamenti della Repubblica.
Accanto a ciò bisogna considerare anche le differenze etniche
concentrate nello stesso paese che portano anche ad un adeguamento degli organi
legislativi; ci riferiamo in particolare al Libano, una delle democrazie
pluraliste in cui un Presidente della Repubblica è cristiano maronita e
l’altro, quello del Consiglio dei Ministri, musulmano sannita. In Marocco si
comincia, a livello nazionale, a vedere i primi segnali non solo di progresso
della classe dirigente ma anche della società; basti pensare che nelle ultime
elezioni del 2007 sono state elette tre donne al Parlamento. Singolarità nella
sponda sud sono, e lo diciamo in modo paradossale, Israele e Palestina. Lo
Stato d’Israele ha una configurazione legislativa di stampo europeo mentre la
Palestina, con la presenza di due partiti Al Fatah e Hamas, genera un apparato
democratico ed elettivo reale e concreto.
In tutti i paesi dell’Unione Europea, molto differentemente, abbiamo
la presenza di sistemi democratici repubblicani e forme di monarchia
costituzionale. In alcuni paesi, come la Francia, abbiamo una repubblica
semipresidenziale con un governo presieduto dal Primo ministro a sua volta
nominato dal Capo dello Stato. Al modello francese possiamo accomunare il
modello finlandese. In altri paesi come l’Austria, Germania, Italia, Grecia,
Estonia,Bulgaria, Irlanda, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Repubblica
Ceca e Slovacca, Slovenia ed Ungheria abbiamo un sistema in cui il Presidente
della Repubblica viene eletto dal Parlamento e ha come potere più importante
quello di rappresentare la Nazione. In queste Nazioni il potere esecutivo è
nelle mani del primo Ministro, capo del partito di maggioranza. Il potere
legislativo è nella sede ordinaria: il Parlamento.
In questi paesi le monarchie di Svezia, Belgio, Danimarca,
Regno Unito e Paesi Bassi presentano camere legislative che eleggono il Primo
Ministro che a sua volta nomina i membri del governo. Unica eccezione la
Romania, Repubblica semipresidenziale di modello francese, il cui presidente
viene eletto dalla maggioranza dell’assemblea. Il capo dello Stato in quasi tutti
questi paesi viene scelto dal Parlamento (tranne nelle repubbliche
semipresidenziali) e in Irlanda dove è eletto dal popolo.
2.
Cornice
Istituzionale
La nuova politica euromediterranea è
stata ufficialmente avviata in occasione della Conferenza di Barcellona del
1995 alla quale hanno preso parte, oltre ai ministri degli esteri degli allora
quindici Stati membri dell’Unione Europea, anche l’Algeria, Cipro, l’Egitto,
Israele, la Giordania, il Libano, Malta, il Marocco, la Siria, la Tunisia, la
Turchia, l’Autorità Palestinese. La conferenza di Barcellona fu aperta
dall'allora ministro degli esteri spagnolo Javier Solana che in quell'occasione
rimarcò come i paesi aderenti avessero l'occasione per riparare ai malintesi e
agli scontri che ne avevano caratterizzato le relazioni nei secoli passati. I
Paesi partecipanti hanno generato ed approvato una Dichiarazione composta da un
preambolo e quattro capitoli dai quali affiora un profondo cambiamento di
prospettiva nella politica euromediterranea. Infatti, tra gli Stati membri
dell’Unione europea e i partners del Mediterraneo non si istituivano relazioni
articolate solo intorno all’interscambio di merci e prodotti e all’assegnazione
di assistenza finanziaria. La nuova politica euromediterranea intendeva sviluppare
il principio in base al quale era essenziale migliorare le condizioni politiche
ed economico-sociali dell’area, complessivamente considerate, per restituire al
bacino del Mediterraneo una stabilità importantissima anche nel processo di edificazione
dell’Unione Europea sociale e politica.
La sezione più importante fatta
oggetto del partenariato euromediterraneo era rappresentata da quello
economico-finanziaria. A tal proposito la Dichiarazione di Barcellona postulava
(e presupponeva alla stessa creazione ulteriori sviluppi) la creazione di un’area
di libero scambio (più nota come Zona di libero scambio) entro il 2010 sulla
base di accordi euromediterranei e di accordi di libero scambio stipulati tra i
vari Stati membri. Inoltre, i Paesi firmatari della Dichiarazione intendevano
promuovere l’aumento effettivo dell’assistenza finanziaria. Il maggiore dispositivo
legislativo e finanziario previsto durante la Conferenza di Barcellona per
raggiungere gli obiettivi indicati (dalla stessa Dichiarazione) del partenariato
economico era rappresentato dal programma MEDA, che predisponeva le misure di complemento
finanziarie e tecniche. Si tratta di una proposta organica (un vero e proprio
programma) che si ispirava a quelli già utilizzati dall’Unione Europea per i
Paesi dell’area soggetta all’influenza comunista e per le ex repubbliche
sovietiche.
Il programma MEDA, avviato nel 1995 e
guidato dalla Direzione Generale Relazioni esterne e dalla Commissione Europea,
costituisce lo strumento massimo e più efficace a livello finanziario per la
realizzazione del partenariato euromediterraneo e delle sue attività. Si tratta
di un programma economico-finanziario, fornito di una struttura di base che
definisce le norme di gestione ed attuazione delle misure di cui servirsi.
Il principio che sta alla base della funzione
dell’intero programma è rappresentato, così come fissato dall’articolo 1 del
Regolamento MEDA, dal “sostenimento degli sforzi intrapresi dai territori e
Paesi terzi mediterranei non membri per procedere alle riforme delle loro
strutture economiche e sociali, migliorare le condizioni dei più sfavoriti e
attenuare le conseguenze che possono risultare dallo sviluppo economico sul
piano sociale e ambientale”[51].
Il riferimento alle condizioni dei paesi più svantaggiati e sfavoriti è indice
di quella elasticità che è congeniata come una priorità nella stesura del
Regolamento. I destinatari degli aiuti finanziari sono “non soltanto gli Stati
e le Regioni, ma altresì le autorità locali, le organizzazioni regionali, gli organismi
pubblici, le comunità locali, gli operatori privati, le associazioni e le
organizzazioni non governative”[52].
Il Regolamento (CE) n.1488/96 del Consiglio, copriva il periodo dal 1995 al
1999 e dotava il Programma MEDA di un bilancio di 3.435 milioni di ecu[53].
Un nuovo regolamento (regolamento (CE) n.2698, del 27 novembre 2000), versione perfezionata
del precedente, che dava vita al programma MEDA II per il periodo 2000-2006, è
stato adottato nel novembre 2000. Il nuovo programma ha una dotazione di 5,35
miliardi di euro. I principali obiettivi e settori d’intervento si rifanno esplicitamente
a quelli della Dichiarazione di Barcellona del 1995.
In merito alle modalità di
finanziamento, il MEDA II ha postulato, per il proprio funzionamento, una
struttura “piramidale”, che parte da un primo livello generale e di lungo
periodo (quello dei “documenti strategici”), per giungere ad un livello molto analitico
e minuzioso, quello dei Programmi indicativi e dei relativi Piani di
finanziamento adottati anno per anno. I documenti che dettano ed indicano le
strategie, sono redatti allo scopo di definire gli obiettivi a lungo termine
della cooperazione e di individuare i settori d’intervento prioritari, sia a
livello regionale che nazionale, e vengono stesi di concerto con la Banca
europea per gli investimenti (BEI). Hanno così la funzione di indicare quali
saranno le priorità, cioè gli ambiti su cui ricadranno i finanziamenti, in una
prospettiva di lungo periodo (nel “MEDA II”, dal 2000 al 2006.
I programmi indicativi per ciascun
Paese coprono invece un arco di tre anni. Si basano sui rispettivi documenti
strategici e sono redatti sia a livello nazionale che a livello regionale di
concerto con la BEI. I risultati riportati nei programmi indicativi triennali
tengono conto delle priorità indicate insieme ai partner mediterranei; essi
definiscono gli obiettivi principali, le linee guida e i settori prioritari del
sostegno comunitario, e comprendono importi indicativi globali e per settore.
Con una norma che conferisce notevole elasticità all’intero sistema, si prevede
la possibilità di una revisione annuale per i programmi, che “possono essere
modificati in funzione dell’esperienza acquisita o dei progressi compiuti dai
partner nel campo delle riforme strutturali, della stabilizzazione
macroeconomica, dello sviluppo industriale e del progresso sociale, nonché
[...] dei nuovi accordi di associazione”. Tra l’altro, i programmi indicativi
illustrano le riforme che i partner devono attuare nei settori prioritari e
comprendono una valutazione dei progressi compiuti in tal senso. Vi sono poi i
piani di sussidio e finanziamento, che a loro volta si basano sui programmi
indicativi e sono adottati annualmente.
Il partenariato, da quanto si evince,
nasce dal diritto prodotto e “fornito agli aderenti” da una Conferenza
Internazionale che raffigura propriamente un organismo che richiama, a livello
regionale, la pratica delle conferenze internazionali convocate dalle Nazioni
Unite sin dal 1992. Ciò nonostante, differentemente dalle Conferenze
internazionali convocate dalle Nazioni Unite, la Conferenza di Barcellona si è conclusa
con la stipula di accordi di associazione tra l’Unione Europea e i partner del
Mediterraneo, indirizzati e finalizzati a dare compimento a quanto stabilito
dalla Dichiarazione di Barcellona. Attraverso gli accordi, infatti, è possibile
assicurare una maggiore solidità al partenariato ed orientare i Paesi del
Mediterraneo verso i principi ed i modus operandi che sono a fondamento
dell’ordinamento comunitario. Proprio la sussistenza degli accordi di
associazione, contribuisce a differenziare la cooperazione realizzata con il
partenariato rispetto ai paradigmi forniti dalla prassi del diritto
internazionale. Infatti, in difformità della maggior parte degli ordinamenti
giuridici basati sulla cooperazione, l’ordinamento euromediterraneo non si
limita a coordinare l’azione dei singoli membri o a permettere la comparazione
tra i diversi sistemi ma regola, entro certi limiti, la convergenza attorno modello
comunitario, principalmente sotto il profilo giuridico.
Il partenariato euromediterraneo
persegue, come detto precedentemente, una pluralità di obiettivi in diversi
settori della cooperazione internazionale, esattamente come la coordinazione
globale. Tuttavia, il programma rappresentato dalla Dichiarazione di Barcellona
non si inserisce nel quadro generale del sistema introdotto e diffuso dalle
Nazioni Unite. La Dichiarazione di Barcellona, infatti, mette a punto un
programma tendenzialmente autosufficiente rispetto a quello della Nazioni Unite
e che si congiunge strettamente all’architettura funzionale dell’Unione
Europea. A livello organizzativo, poi, i Paesi membri hanno dato luogo ad un
regime internazionale che può contare, in parte, su organismi che costituiscono
una diretta espressione della Conferenza di Barcellona, in parte, su uffici
dell’UE e, quindi, di un ente esterno, chiamati ad operare su incarico e
nell’interesse del partenariato.
In merito alla materia
amministrativa, viceversa, è opportuno osservare che essa è posta in essere, a
volte, senza intermediari dai Paesi membri, a volte, da istituzioni
transnazionali di settore formati da rappresentati dei governi, amministratori
od esperti nazionali. In tal modo, si compie un disegno che si differenzia distintamente
dall’esperienza delle organizzazioni internazionali nelle quali prevale
un’amministrazione preposta alla cura di un interesse proprio
all’organizzazione e tolta all’influenza statale.
Complessivamente, quindi, il
partenariato euromediterraneo ha un apparato molto articolato. Per un verso, figura
come un regime internazionale fornito di un proprio ed autonomo fondamento
giuridico, costruito su meccanismi di coordinamento e di cooperazione, volto a favorire
la volontarietà piuttosto che la conformazione. Tuttavia, il regime in esame avvera
anche un effetto di convergenza dei sistemi giuridici delle parti verso l’ordinamento
giuridico europeo, ordina la cooperazione non secondo gli schemi tipici
dell’esperienza internazionale ma ricalcando l’articolazione di base del metodo
comunitario e consente alla Commissione di occupare una posizione di preminenza
funzionale nel processo decisionale.
Organi e strutture
·
Il
Comitato MED: Per la materiale esecuzione delle misure sovvenzionate dalla
Comunità Europea nel quadro del programma MEDA, il sistema preferito è quello
dell’appalto. In breve, significa che l’Unione, nell’ambito delle iniziative stabilite,
pubblica annualmente l’elenco dei servizi e delle azioni di cooperazione
tecnica da attribuire attraverso gara d’appalto, aperta senza distinzioni e
discriminazioni a tutte le persone fisiche e giuridiche degli Stati membri e
dei partner mediterranei. Per il migliore affidamento dell’appalto, è previsto
un meccanismo di verifica da parte della Commissione, che deve assicurare la
più ampia partecipazione possibile, agli stessi limiti, alle prestazioni e alle
aggiudicazioni per gli appalti di forniture, di lavori e di servizi. Inoltre, fa
parte delle competenze della Commissione quella di garantire la trasparenza e
la disciplina necessari nell’applicazione dei criteri di selezione, nonché di
garantire una reale concorrenza tra imprese, organizzazioni ed istituzioni che
partecipano all’appalto.
L’organo
che si occupa di tale gestione è il Comitato MED, un comitato di gestione che coopera
con la Commissione nello svolgimento dei lavori (Commissione Europea 2004). La
procedura di cooperazione tra Commissione e Comitato prevede che il
rappresentante della Commissione richieda al Comitato un parere sul programma
delle misure da adottare, parere che viene espresso a maggioranza qualificata.
In seguito la Commissione accoglie le misure che sono direttamente applicabili;
tuttavia, se tali misure non sono conformi al pensiero del Comitato, la
Commissione le comunica immediatamente al Consiglio dei Ministri UE. La
Commissione inoltre comunica periodicamente con il Parlamento Europeo sui
lavori del Comitato: esso riceve gli ordini del giorno delle riunioni dei
comitati, i progetti presentati agli stessi relativi a misure di esecuzione
degli atti adottati nonché i risultati delle votazioni e i resoconti sommari
delle riunioni, ed anche gli elenchi degli organismi cui appartengono le
persone designate dagli Stati membri a rappresentarli.
·
Il
Comitato Euromediterraneo: è stato costituito per seguire e controllare
l’effettiva applicazione ed evoluzione dell’intero Processo di Barcellona. È
composto dai rappresentanti diplomatici di ciascun Paese del Mediterraneo e da
tre rappresentanti dell’U.E. Questo Comitato si riunisce periodicamente per
verificare il lavoro svolto dall’intero sistema del Partenariato
Euromediterraneo e per organizzare e creare le basi per la Conferenza dei
Ministri degli esteri, la quale ha un rilievo essenziale in quanto delinea le
linee guida dell’intera politica euro mediterranea. Durante queste conferenze
si firmano tutti gli accordi di adesione. Il Comitato Euromediterraneo ha
inoltre un importante funzione nella individuazione delle priorità e
nell’analisi delle direttive di sviluppo del Partenariato Euromediterraneo. Su
questo ultimo punto, quando il Comitato Euromediterraneo individua urgenze o
priorità in un determinato pilastro della dichiarazione di Barcellona, si
procede alla organizzazione di Conferenze tematiche sul tema individuato, con
la partecipazione dei Ministri ad hoc.
·
Vertici
EUROMED: Uno degli strumenti di maggiore efficacia della Dichiarazione di
Barcellona riguarda la istituzionalizzazione dei cosiddetti Vertici EUROMED. In
sostanza si è deciso che una volta all’anno i Capi di Governo e i Ministri
degli Affari Esteri ed Economici dei Paesi firmatari della Dichiarazione di
Barcellona si incontrano per fare il punto sullo stato dell’arte e per
procedere alla programmazione delle nuove politiche inerenti ai tre pilastri
del trattato di Barcellona[54].
La Dichiarazione finale (EN) della
Conferenza ministeriale euromediterranea di Barcellona del 27 e 28 novembre
1995 e il suo programma di lavoro.
L’'Unione europea (UE) istituisce un contesto di cooperazione
multilaterale con i paesi del bacino mediterraneo. Tale partenariato
rappresenta una nuova fase nelle loro relazioni, affrontando per la prima volta
gli aspetti economici, sociali, umani, culturali e le questioni di sicurezza
comune.
Il partenariato si è concretizzato con l’adozione della dichiarazione di
Barcellona da parte degli Stati membri dell’UE e dei seguenti dodici paesi
terzi mediterranei (PTM): Algeria, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano,
Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e Autorità palestinese. La Lega degli
Stati arabi (EN) e l'Unione del Maghreb arabo (UMA) (FR) sono state invitate
così come la Mauritania in qualità di membro dell'UMA.
Il partenariato si basa su uno spirito di solidarietà e di rispetto delle
specificità proprie di ogni partecipante, inserendosi in maniera complementare
rispetto alle azioni e iniziative intraprese a favore della pace, della
stabilità e dello sviluppo della regione.
Il partenariato politico e di sicurezza
Il primo obiettivo del partenariato mira a favorire la nascita di uno
spazio comune di pace e di stabilità del Mediterraneo. Un obiettivo che deve
essere raggiunto grazie al dialogo politico multilaterale, a complemento dei
dialoghi bilaterali previsti ai sensi degli accordi euromediterranei di
associazione. I partner si impegnano a:
rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali, attraverso
l’applicazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite (EN) (ES) (FR),
della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (EN) (ES) (FR) e del
diritto internazionale, nonché a scambiare informazioni in questi settori;
rispettare i principi dello Stato di diritto e della democrazia,
riconoscendo il diritto di ciascun partecipante di scegliere e sviluppare
liberamente il suo sistema politico, socioculturale, economico e giudiziario;
rispettare la sovranità degli Stati, l'uguaglianza di diritti dei popoli
e il loro diritto all'autodeterminazione;
rispettare l'integrità territoriale, il principio di non intervento negli
affari interni e la composizione pacifica delle controversie;
combattere il terrorismo, la criminalità organizzata e il traffico di
droga;
promuovere la sicurezza regionale, eliminare le armi di distruzione di
massa, aderire ai regimi di non proliferazione nucleare sia internazionali che
regionali, nonché agli accordi sul disarmo e sul controllo degli armamenti.
I partecipanti sostengono una composizione giusta, globale e sostenibile
delle controversi in Medio Oriente, basata precipuamente sulle risoluzioni del
Consiglio di sicurezza delele Nazioni Unite.
Il partenariato economico e finanziario
Lo sviluppo socioeconomico sostenibile ed equilibrato dei PTM deve
portare alla creazione di una zona di prosperità condivisa nel Mediterraneo.
Le riforme devono permettere di instaurare una zona di libero scambio
(ZLS) che deve tradursi con la progressiva eliminazione degli ostacoli doganali
(tariffari e non tariffari) agli scambi commerciali dei prodotti manufatti. I
partner prevedono altresì una liberalizzazione progressiva degli scambi dei
prodotti agricoli e dei servizi.
La realizzazione della ZLS euromediterranea è disciplinata dagli accordi
euromediterranei di associazione e dagli accordi di libero scambio tra I PTM.
Tali accordi sono conclusi nel rispetto delle regole dell’Organizzazione
mondiale del commercio (OMC) (EN) (ES) (FR);
I partner definiscono alcune priorità per facilitare l’attuazione della
ZLS:
adottare un sistema doganale di cumulo dell’origine delle merci, adattare
le regole della concorrenza, di certificazione degli operatori economici e di
protezione dei diritti di proprietà intellettuale;
sviluppare l'economia di mercato, il settore privato, il trasferimento di
tecnologie e l’integrazione economica dei PTM;
ammodernare le strutture economiche e sociali, e incoraggiare i programmi
a favore delle popolazioni più povere;
favorire il libero scambio, armonizzare le regole e le procedure
doganali, eliminare gli ostacoli tecnici ingiustificati nello scambio dei
prodotti agricoli.
Inoltre la cooperazione economica intrapresa dai partner mira a:
favorire gli investimenti e il risparmio privato, compresi
gliinvestimenti esteri diretti;
incoraggiare la cooperazione regionale tra i PTM;
creare un ambiente favorevole all’industria e alle piccole e medie
imprese (PMI);
raggiungere una gestione sostenibile dell’ambiente, dell’energia, delle
risorse naturali e delle risorse ittiche;
promuovere il ruolo della donna nell’economia;
ammodernare l'agricoltura.
I partner devono inoltre stabilire delle priorità di cooperazione per
quanto riguarda le infrastrutture di trasporto, lo sviluppo delle tecnologie
dell'informazione e l'ammodernamento delle telecomunicazioni.
Infine, i partner devono rafforzare la loro cooperazione finanziaria e
l’UE deve aumentare la sua assistenza finanziaria in particolare attraverso la
Banca europea per gli investimenti (BEI).
Il partenariato sociale, culturale e umano
I partner cooperano al fine di sviluppare le risorse umane, favorire la
comprensione tra le culture e gli scambi tra le società civili.
In tale ottica, la dichiarazione di Barcellona e il suo programma di lavoro
pongono l'accento su:
l'importanza del dialogo interculturale e interreligioso;
l'importanza del ruolo dei mezzi di comunicazione di massa ai fini della
conoscenza e della comprensione reciproca tra culture;
gli scambi culturali, la conoscenza di altre lingue, l’attuazione di
programmi educativi e culturali rispettosi delle identità culturali;
l'importanza del settore sanitario e dello sviluppo sociale e il rispetto
dei diritti sociali fondamentali;
il coinvolgimento della società civile nel partenariato euromediterraneo
e il rafforzamento della cooperazione fra autorià regionali e locali;
la lotta contro l'immigrazione clandestina, il terrorismo, al traffico di
droga, alla criminalità internazionale e alla corruzione;
Contesto
La dichiarazione di Barcellona prevede riunioni periodiche dei ministri
degli Esteri dei partner mediterranei e dell'UE. Tali conferenze
euromediterranee (EN) (FR) sono preparate da un "Comitato euromediterraneo
per il processo di Barcellona" che è incaricato inoltre di monitorare il
processo e le priorità di cooperazione[55].
Si forma un complesso
politico-giuridico multilaterale che associa agli aspetti economici e di
sicurezza, la dimensione sociale, umana e culturale indicando come mai prima
che “il Mediterraneo è uno e multiplo, unito nella sua dimensione musulmana
araboberbera, africana e mediterranea, frammentato per il ventaglio di regimi sociopolitici,
la varietà delle strategie di sviluppo e le scelte economiche”[56].
Gli elementi nuovi (innovati) e
interessanti sono molteplici e vale la pena di esaminarli in dettaglio a
partire della scelta della città ospitante la conferenza stessa. La decisione
di Barcellona come sito per la conferenza fu un riconoscimento-premio al ruolo predominante
ed essenziale giocato dalla Spagna e alla sua importanza come “primo attore”
nel comporre la nuova politica nel mediterraneo[57].
Sin dal preambolo è poi manifesta
l’intenzione dei partecipanti di voler oltrepassare il bilateralismo che ha contraddistinto
a lungo le relazioni, basandole invece su una riformata fase di cooperazione
globale e condivisa. Si legge però anche la volontà di non realizzare una
cesura con il passato ma un morbido e graduale mutamento delle condizioni.
Il nuovo approccio multilaterale è
complementare alla sistemazione delle relazioni bilaterali testimoniato dal
ruolo fondamentale che continuano ad avere i nuovi accordi euromediterranei di
associazione “i partecipanti […] consapevoli che i nuovi problemi politici,
economici e sociali nei vari punti del Mediterraneo costituiscono sfide comuni
che richiedono una impostazione globale, […] convinti che l’obiettivo generale
- consistente nel fare del Bacino del Mediterraneo una zona di dialogo, di
scambi e di cooperazione che garantisca la pace, la stabilità, la prosperità -
esige il rafforzamento della democrazia, uno sviluppo economico e sociale
sostenibile, misure per combattere la povertà e la promozione di una migliore
comprensione tra culture […] convengono di stabilire un partenariato globale
tra i partecipanti […] attraverso un dialogo politico rafforzato e regolare,
uno sviluppo della cooperazione economica e finanziaria ed un’accresciuta
valorizzazione della dimensione sociale, culturale ed umana, tre assi che
costituiscono i tre aspetti del partenariato euro-mediterraneo”[58].
Si recuperano quindi nel testo della Dichiarazione la natura delle proposte
fatte dalla Commissione e saldano degli obiettivi comuni nei campi della
stabilità interna ed esterna con la finalità di conseguire per l’anno 2010[59]
un vero e proprio partenariato attraverso la creazione di una zona di libero
scambio[60].
Ne deriva quindi un contesto durevole fondato sullo spirito di partenariato
rispettando nel contempo le singole specificità di ogni partecipante attraverso
il canale bilaterale con gli accordi di associazione.
La scelta stessa della definizione
della nuova iniziativa come “partenariato” denota un chiaro mutamento di
pensiero e di rotta nelle relazioni esterne dell’Unione europea. Essa è
intrinsecamente legata ai concetti di condivisione e associazione. Se all’interno
di un partenariato vi è un’associazione è perché si è “conquistato” un accordo
sui punti comuni, ma anche sulle differenze. Il partenariato, proprio perché
sviluppato attorno ad accordi dinamici, è vivo e volubile; esso stesso si
evolve all’evolvere delle mutate condizioni che lo hanno prodotto. L’aver
raggiunto, poi, un accordo su delle basi condivise ha portato i membri a
studiarsi e a conoscersi affermando le differenze reciproche come valore e non
difetto. L’elemento chiave e la novità del concetto di partenariato è però l’equivalenza
tra i suoi membri. Questo è l’elemento scriminante che lo qualifica e definisce.
Inoltre la parità di ruolo implica che ciascun partecipante si assuma le proprie
incombenze in misura eguale e cooperi al buon esito del processo[61].
L’allora Commissario europeo per la
cooperazione con il Mediterraneo Nord-Sud dichiarava nel ‘92 che sul piano
politico, l’Europa stava ragionando su un nuovo concetto basato sul passaggio
da una logica di assistenza a una logica di partenariato. Il metodo a lungo
termine del partenariato era dunque giustificato dalla chiara comprensione
degli interessi comuni e dalla entità degli impegni reciproci che costringevano
da un lato la Comunità ad un sostegno concreto e migliore alle politiche di
apertura e di sviluppo economico e dall’altro lato la sponda sud a congegnare per
il meglio tali riforme e procedere sulla via dell’apertura attraverso il libero
scambio[62].
La partnership euromediterranea si
discosta dai precedenti sforzi perché più che un progetto di cooperazione
regionale mostra tutte le caratteristiche di una cooperazione interregionale cominciata
in modo paritario tra molteplici regioni e paesi diversi tra loro dal punto di
vista politico, culturale economico e sociale. Per questo alcuni autori
riferendosi ad essa parlano di un co-sviluppo anziché di aiuto allo sviluppo e
parlano degli impegni assunti all’interno del partenariato come di una responsabilità
partecipata. Il tema del regionalismo nella storia delle relazioni
internazionali contemporanee e specialmente nelle relazioni tra Unione e paesi
del mediterraneo ha sempre conservato una sua coerenza. Sin dalla fine della
guerra fredda è stato favorito e portato avanti da tutte le potenze più
influenti come mezzo per avviare lo sviluppo della sponda sud, e nel contempo
tutelare i loro interessi. I governi lo hanno spesso utilizzato come efficiente
strumento politico per gestire le pressioni esterne ed interne[63]
e la UE da questo punto di vista non si differenzia.
Se il regionalismo tipico
dell’approccio della UE è, infatti, da questa usato come uno congegno di gestione
internazionale per diminuire il divario politico ed economico attraverso un
processo di socializzazione[64],
il partenariato euromediterraneo può essere similmente valutato come un
processo di costruzione regionale diretto in prima istanza a produrre un
linguaggio comune tra i partner sui concetti base. Per via della natura
trans-culturale della struttura euro-mediterranea, infatti, i concetti importanti
per la collettività dei partner possono magari essere qualificati nello stesso
modo ma significare cose diverse a cominciare dai concetti di democrazia,
diritti umani e terrorismo[65].
A ciò si aggiunga che nello sforzo di
rafforzare le relazioni nord-sud, il partenariato euromediterraneo ha tra i
temi degni di preminenza maggiore quella di coltivare e sostenere più strette
relazioni sud-sud. Tentativi specifici sono, infatti, definiti per assistere i
paesi del Mediterraneo al fine di divenire più consci e informati delle opportunità
che esistono nelle nazioni confinanti e per offrire contemporaneamente ai paesi
aderenti accordi con incentivi finanziari per promuovere la creazione di imprese
e società trans-mediterranee. Ciascuna delle nazioni del Mediterraneo continuano
ad agire singolarmente, seguendo ognuna il proprio piano di sviluppo e
pochissimi sono i segni che indichino che esista una benché minima fervore di
cooperazione intra - mediterranea tra loro o che questo possa avvenire in breve
tempo[66].
Si aggiunga poi che la politica estera della Unione in quegli anni è ovviamente
destinata in prevalenza ai paesi dell’ex cortina di ferro e il PEM può quindi
essere anche inteso come il tentativo di estendere il progetto di partenariato
verso sud nel tentativo di stimolare e promuovere delle relazioni cooperative
nell’area mediterranea[67].
E’ in quest’ottica che si incastra Barcellona e a partire da quel momento si amplieranno
in modo costante e continuo le relazioni istituzionali e transnazionali con
l’Europa. Il presupposto principale di Barcellona è quello di costituire
nell’area mediterranea una sorta di spazio comune che abbia in divenire tutti
gli elementi indispensabili per costituire una vera e propria regione e quindi
la contiguità geografica territoriale, i valori condivisi, le tradizioni e gli
interessi comuni affinché lo sviluppo serva come trampolino di lancio per la realizzazione
di un modello regionale. Da tale premessa discese meccanicamente e logicamente
che gli stati dovessero tutti, inevitabilmente essere ugualmente motivati ed inclini
fortemente all’obiettivo comune della cooperazione regionale come strumento per
promuovere pace, stabilità e ricchezza e che similmente fossero tutti propensi
ad accettare e favorire le necessarie riforme e liberalizzazioni politiche,
economiche e sociali che avrebbero consentito la concretizzazione della
cooperazione transnazionale[68].
La nuova politica o più correttamente
il partenariato si articola su tre “assi” o ambiti di cooperazione principali:
il partenariato politico e di sicurezza che mira a realizzare “uno spazio
comune di pace e di stabilità” basata sui principi fondamentali, ivi compresi
il rispetto per i diritti umani e la democrazia; il partenariato economico e
finanziario che intende permettere la creazione di una “zona di prosperità
condivisa” attraverso la progressiva creazione di una zona di libero scambio
tra la UE e i paesi mediterranei, e tra essi stessi, coadiuvata da un appoggio
finanziario consistente per la transizione economica dei paesi partner e per temperare
le conseguenze sociali ed economiche dovute al processo di riforma; e infine il
partenariato sociale, culturale ed umano che intende favorire “lo sviluppo
delle risorse umane,(…) della comprensione tra culture e degli scambi tra
società civili” attraverso lo sviluppo delle risorse umane, il rafforzamento
della comprensione e del dialogo tra culture e storie diverse, nonché il riavvicinamento
dei popoli della regione oltre che lo sviluppo e promozione della propulsione
della società civile.
Per la prima volta la cooperazione
economica e finanziaria regionale ha un ruolo secondario sebbene indispensabile,
è di fatto uno strumento per concorrere a rafforzare la pace e la democrazia,
vero elemento cardine del partenariato[69].
Pace e democrazia una volta raggiunte
saranno elementi cruciali a loro volta per consolidare l’economia e procedere
sul cammino delle privatizzazioni e liberalizzazioni contribuendo così a togliere
gli ostacoli alla libera circolazione delle merci. Tutta la novità del processo
di Barcellona risiede in due aspetti, il primo attiene alla valenza giuridica
della Dichiarazione. Essa è, diversamente alle altre iniziative dell’Unione
europea, a tutti gli effetti un atto vincolante avente forza legale[70]:
i membri del partenariato euro-mediterraneo firmando l’atto finale della
conferenza hanno dato inizio a un accordo internazionale che, benché privo
delle solennità convenzionali di solito utilizzate, resta sicuramente valido e
produttore di effetti legali e in particolare impegni internazionali a carico delle
parti stipulanti. In breve avendo firmato la dichiarazione i partner sono vincolati
ad intraprendere azioni materiali per compiere e raggiungere gli obiettivi
contenuti nei tre ambiti di cooperazione principali.
La seconda novità risiede invece
nella sua realizzazione e nella tecnica dei vasi comunicanti utilizzata per
congegnare i tre ambiti di cooperazione. I tre assi infatti “comunicano” tra
loro e ciò reca un beneficio al partenariato nella misura in cui si realizzino
dei progressi concomitanti ossia che lo stato di avanzamento dei tre ambiti avanzi
in parallelo. Se si analizza in particolare il testo della Dichiarazione di
Barcellona e l’annesso programma di lavoro, si osserverà che il contenuto e la
funzione di ogni singolo ambito non è stata ideata per essere isolato e
specifico ma anzi si augura ed auspica che gli effetti benefici prodotti in un ambito
di cooperazione si espandano anche agli altri. Tale novità però non è ugualmente
innovativa, bensì riprende quanto già ideato per lo spazio intra - europeo con
il trattato di Maastricht. Il partenariato riproduce in una qualche misura un’esperienza,
parte della storia dell’Unione, permettendo di trovare dei nuovi modi di
funzionamento più adeguati, tentando così a replicare all’esterno quanto ha già
dato frutti positivi all’interno dell’Unione. Importante e nuovo è invece il
ruolo riservato alla Commissione europea, vero motore dell’Unione. Le si
attribuisce il ruolo della cabina di regia, della preparazione e guida delle
riunioni statuite dal documento di lavoro o decise dal Comitato
euromediterraneo prodotto ad hoc. Esaminando il meccanismo vero e proprio del
partenariato e le sue strutture si nota che il sistema multilaterale creato dal
PEM rappresenta un’innovazione nel tentativo di costruzione di una regione
mediterranea. Al di là infatti delle riunioni dei Capi di Stato e di Governo si
mette in piedi un sistema attraverso cui gli incontri tra i partner avvengono a
tutti i livelli e con cadenza regolare[71].
Tali riunioni ex post si attestarono essere uno dei fattori di successo
svolgendosi in modo sufficientemente regolare senza essere influenzati da fattori
esterni[72]
e permisero agli stati partner di confrontarsi su una estesa varietà di materie:
dal commercio, sia esso intra-regionale sia multilaterale in preparazione ai
negoziati di Doha, a temi particolarmente delicati quali l’immigrazione. A ciò
si affianca un interessante meccanismo di decisione che testimonia la volontà
reale di migliorare i rapporti con i partner e dotarli di un potere più ampio
rispetto al passato. Si prevede la creazione e l’intervento di un ibrido, il
Comitato euromediterraneo[73],
formato da alti funzionari specializzati venuti dai 27 stati partner che si
riunisce ogni due mesi e ha la competenza di esaminare i dossier del Consiglio
che trattano tematiche euromediterranee relative alla messa in pratica dei tre
assi. La novità consiste nel tentativo di rendere più svelto il funzionamento e
nella velocità della trattazione e decisione dei dossier. Il meccanismo di
funzionamento del partenariato è forse l’organismo più completo e raffinato
messo in opera dalla Unione europea, ha creato un congegno condiviso,
trasversale agli assi e che coinvolge tutte le istituzioni. Prevede inoltre per
la prima volta la partecipazione della società civile in modo attivo e in tutto
il bacino. Nel passato infatti si erano proposti degli esperimenti, negli anni
1992-1995, per incoraggiare la cooperazione decentrata nell’area e la società
civile si era mostrata vivace, dinamica e desiderosa di mettersi in contatto con
la Ue creando dei network tematici. Attraverso la nuova iniziativa si vuole in
un certo senso legittimare la loro esistenza e azione principalmente nei paesi meridionali.
In seguito, a ulteriore sostegno e semplificazione degli scambi si crea nel
1998 il Forum euromediterraneo composto da parlamentari dei paesi aderenti e da
euro-parlamentari con l’obiettivo di sostenere le sinergie tra i partner per incoraggiare
gli accordi e la trasparenza dell’intero processo decisionale[74].
L’Unione Europea ha da allora,
attraverso il PEM, sempre favorito una serie di pratiche sia a livello
istituzionale sia a livello di dialogo tra i partner per caldeggiare il
multilateralismo e la edificazione della regione mediterranea[75].
3.
Prerogative
ed obiettivi
Ø Il partenariato politico e della
sicurezza
Il primo asse è il partenariato politico e di sicurezza. Le
condizioni geopolitiche che originarono la conferenza ebbero un ruolo decisivo
nella scelta di creare tale asse e nella determinazione del suo contenuto. Di
tutti i confini dell’Europa nel nuovo assetto mondiale solo quelli mediterranei
figuravano ancora come una minaccia. I Balcani erano in conflitto e sul fronte meridionale
il risentimento anti-occidentale si erano intensificato in seguito alla guerra
del Golfo che si aggiungeva al più grave problema della tensione deflagrata in
Algeria. Se da un lato gli stati membri erano impensieriti dalla paventata minaccia
islamica, testimoniata anche dalla della volontà comune degli Stati partecipanti
di «rafforzare la loro cooperazione per prevenire e combattere il terrorismo,
in particolare attraverso la ratifica e l’applicazione di strumenti internazionali
da essi sottoscritti, l’adesione a questi strumenti e l’adozione di ogni altra
misura idonea»[76],
dall’altro li impensieriva in maggior misura la possibile emigrazione di massa
algerina. E’ proprio in tale circostanza e tema che Huntington[77]
identifica uno degli “scontri” tra le differenti culture e civiltà preferendo
più per una visione del Mediterraneo diviso piuttosto che unitario, in senso radicalmente
opposto quindi al percorso scelto dalla UE. Il suo scontro di civiltà sollevò
però la questione della sicurezza dell’area, in cui il conflitto si verifica
lungo la linea di contrapposizione tra la militanza a vocazione religiosa e i
valori liberali occidentali. Tali elementi uniti alla fine del bipolarismo
contribuirono ad alimentare quella che per alcuni[78]
è un’incertezza conoscitiva, ossia quel momento di transito che precorre una trasformazione
nell’interesse o nella politica di uno Stato e che creò poi la nuova politica
mediterranea della Ue e in particolare originò l’asse sulla politica e
sicurezza. Analizzando il testo della Dichiarazione si trova traccia di tale momento
ove “i partecipanti esprimono la convinzione che la pace, la stabilità e la
sicurezza della regione mediterranea sono un bene comune che si impegnano a promuovere
e a rafforzare con tutti i mezzi di cui dispongono[79].”
Originato da tali presupposti l’asse della cooperazione
politica e di sicurezza si sostanzia nella determinazione di fini politici
comuni ai vari Paesi dell’area. Tra di essi è opportuno segnalare non solo e
non tanto il rispetto dei principi del diritto internazionale, cosa questa abbastanza
naturale, quanto piuttosto l’affermazione dell’impegno degli Stati partecipanti
a «sviluppare lo Stato di diritto e la democrazia nei loro sistemi, di scegliere
e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, socio-culturale,
economico e giudiziario[80]».
Al di là della misurata e moderata formulazione l’impegno così preso era considerevole,
si tenga conto di quanto differenti fossero tra loro i sistemi socio-politici
degli stati sulle rive del Mediterraneo[81].
Gli obiettivi tratteggiati e gli impegni fissati tra i membri
erano però da considerare come delle dichiarazioni di intenti, degli obiettivi
a lungo termine che andavano oltre l’appianamento dei problemi contingenti per
i quali sussistevano altri esclusi dalla trattazione. Per questo motivo nel
testo della dichiarazione la lista delle possibili azioni da intraprendere
all’interno dell’asse ancorché sia molto ampia e vada dallo sviluppo della
democrazia alla lotta contro razzismo e xenofobia e dal rispetto della
sovranità dello Stato alla promozione della sicurezza regionale adoperandosi,
tra l’altro, a favore della non proliferazione chimica, biologica e nucleare e
alla creazione di un'area mediorientale priva di armi di distruzione di massa,
non è però da considerare come tassativa.
Similmente i partner accolsero la decisione di rispettare in
generale i diritti umani e le libertà fondamentali, le diversità, il pluralismo
e riconobbero in questo contesto “il diritto di ciascun partecipante di
scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, socioculturale,
economico e giudiziario[82].”
Sempre nell’ottica di favorire la comunicazione e la comprensione reciproca si impiantarono
ex novo degli incontri periodici e la realizzazione di un network tra i diversi
pensatoi dei paesi partner per avanzare verso un dialogo politico rafforzato
per riconfermare, ove necessario, gli obiettivi condivisi in materia di
stabilità sia interna che esterna. Al di là delle singole tematiche coperte
dalle dichiarazioni di intenti, l’elemento rilevante della cooperazione è la
creazione di un dispositivo giuridico e politico leggero che da un lato introduce
la dimensione politico militare all’interno della politica estera europea e contemporaneamente
non lega la realizzazione della cooperazione a obiettivi fissi e rigidi ma è elastico
potendosi infatti applicare a più ampio novero di casi e comunque sempre
diretta al più rilevante obiettivo della consultazione politica[83].
E’ proprio attraverso questa che si lancia l’idea di un approccio omnicomprensivo
alla sicurezza aggiungendo la dimensione politico militare in una visione più
ampia e sinergica con la politica estera dell’Unione, e si introduce l’idea del
partenariato e della condivisione delle responsabilità anche oltre il
tradizionale settore economico per utilizzarlo nei casi inerenti a problemi che
riguardano la sicurezza, comuni a tutti gli stati e non solo quelli europei,
superando così le valutazioni negative poste soprattutto dai paesi arabi di un
eccessivo eurocentrismo dell’iniziativa.
Altri[84]
invece non sono d’accordo con tale visione e sostengono invece che il PEM
contribuì in materia decisiva a dare una risposta alla questione, già ampiamente
discussa, se per sicurezza regionale si dovesse interpretare e di conseguenza
orientare la politica in modo restrittivo solo al Mediterraneo geograficamente riconosciuto
oppure potesse essere considerata anche in modo omnicomprensivo includendo tutta
l’Europa in quanto la minaccia era comune indipendentemente dalla mera
collocazione geografica[85].
Il PEM era un compito collettivo, un tentativo di ridefinire la visione europea
nell’ambito della sicurezza ma pertinente più ai fattori di instabilità sociale
e di arretratezza economica più che all’esame e risoluzione di una vera
minaccia militare.
Nella sostanza: i partecipanti alla conferenza di Barcellona
hanno deciso di istituire un dialogo politico globale e regolare, a complemento
del dialogo bilaterale previsto dagli accordi di precedenti. Inoltre, la
dichiarazione definisce alcuni obiettivi comuni in materia di stabilità interna
ed esterna. Le parti si impegnano ad agire in conformità della Carta delle
Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, come pure
di altri obblighi che derivano dal diritto internazionale, segnatamente di
quelli risultanti dagli strumenti regionali ed internazionali.
Le parti si impegnano ad introdurre lo stato di diritto e la
democrazia nei loro sistemi politici, riconoscendo, in questo quadro, il
diritto di ciascun partecipante di scegliere e sviluppare liberamente il
proprio sistema politico, socioculturale, economico e giudiziario. Hanno inoltre
concordato di combattere il terrorismo, la criminalità organizzata e la droga
in tutti i suoi aspetti. Le parti si sono inoltre impegnate a promuovere la
sicurezza regionale, adoperandosi, tra l'altro, a favore della non proliferazione
chimica, biologica e nucleare mediante l'adesione e l'ottemperanza ai regimi di
non proliferazione sia internazionali che regionali, nonché agli accordi sul
disarmo e sul controllo degli armamenti. Esse perseguono l'obiettivo di creare
un'area mediorientale priva di armi di distruzione di massa.
Ø Il partenariato economico e
finanziario
In questo ambito la Commissione ha voluto dare alla sfera
economica un ruolo politico fissando un legame tra lo sviluppo economico
finanziario e l’ammodernamento della politica. Il metodo seguito poggiava,
infatti, sul ragionamento che uno sviluppo dell’apparato commerciale implica
come diretto effetto il miglioramento del tenore di vita dei cittadini,
l'aumento degli occupati e di conseguenza anche una forma di liberalizzazione politica
e quindi di democratizzazione. Se tutti gli esperimenti fino ad allora fatti
per modernizzare i regimi non sempre democratici degli stati terzi erano
falliti, si pensò che lavorando sul profilo commerciale-economico questo
avrebbe generato la spinta fondamentale per il mutamento politico[86].
Sarà quindi la liberalizzazione economica il mezzo attraverso cui si
stabilizzerà la regione, aprendo le economie; il rinforzamento delle
interazioni e scambi commerciali tra i partner doveva a lungo termine
comportare inevitabilmente la risoluzione dei conflitti nella regione. Per conseguire
tale obiettivo i partner si decidono per l’instaurazione graduale di una zona
di libero scambio, attuazione di un'opportuna cooperazione e un'azione concertata
a livello economico nei settori pertinenti ed il potenziamento dell'assistenza finanziaria
ai partner meridionali[87].
La zona di libero scambio (ZLS) dalle parti fissata alla data
del 2010 includeva la maggior parte degli scambi[88]
tra i partner. Per ottenere ciò si erano anche stabilite delle misure tangibili
destinate a favorire il libero scambio come l'armonizzazione delle regole e
delle procedure doganali e la rimozione degli ostacoli tecnici immotivati nei
settori d’intervento individuati come rilevanti tra cui il primo è il settore
degli investimenti e il risparmio privato. Secondo la dichiarazione di
Barcellona, l'introduzione di un ambiente favorevole agli investimenti avrà
come conseguenza il trasferimento di tecnologie e l'aumento della produzione e
delle esportazioni. Il programma di lavoro prevede una riflessione volta ad
individuare gli ostacoli agli investimenti così come gli strumenti necessari
per favorire tali investimenti, compreso nel settore bancario. Il secondo è la
cooperazione regionale come elemento risolutivo per favorire la realizzazione
di una zona di libero scambio; la cooperazione industriale e il sostegno alle
piccole e medie imprese (PMI); la diffusione di strumenti comuni in materia di protezione
e di amministrazione razionale delle risorse ittiche; l'intensificazione del
dialogo e della cooperazione nel settore dell'energia; lo sviluppo della
cooperazione attinente alla gestione delle risorse idriche; l'aggiornamento e
la riorganizzazione dell'agricoltura. Tale processo di completamento e avviamento
delle economie potrà completarsi solo attraverso la rimozione delle barriere
commerciali che attuando un mercato regionale più ampio, consentiranno di
attrarre gli investimenti diretti esteri imprescindibili a modernizzare le
economie nazionali in mancanza di adeguate risorse finanziarie[89].
La liberalizzazione dei mercati non ha soltanto un fine
economico, ha anche, per il principio dei vasi comunicanti già visto, un
obiettivo di sicurezza e stabilità, attraverso cui si vuole contenere il flusso
migratorio verso l’Europa ed alleviare le situazioni di instabilità legate a cause
politiche e religiose. Ma non solo per l’Europa erano i benefici del PEM. Giacché
basato sulla condivisione della incombenze, deve essere esaminato anche da un
differente punto di vista ossia quello dei paesi mediterranei. Il partenariato
infatti è per i paesi del mediterraneo la sommatoria di indubbi vantaggi
economici sia sul fronte esterno sia su quello interno. Pertanto, accanto
all’importanza di stabilire nella regione mediterranea una forte cooperazione
economica con l’Unione europea, il partenariato costituisce, per i partner mediterranei,
l’occasione di incrementare anche l’integrazione orizzontale. Questa, oltre a contribuire
alla crescita delle esportazioni e quindi allo sviluppo economico, è possibile solamente
attraverso l’apertura dei mercati. L’opportunità di sfruttare le potenzialità
commerciali del mercato europeo avrebbe richiamato un flusso fiorente di
investimenti esteri diretti, incoraggiando il trasferimento di tecnologie
avanzate verso i Paesi della sponda Sud ed accrescendo la produttività e la
competitività del lavoro; ciò avrebbe a sua volta implicato una maggiore
crescita ed una maggiore occupazione, producendo non solo benefici effetti
sugli indicatori sociali e la lotta alla povertà, ma anche un ulteriore impulso
per gli investimenti e la modernizzazione dell’apparato produttivo. L’apertura
commerciale, attraverso gli Accordi di associazione Euro - mediterranei e la
costruzione dell’Area di Libero Scambio avrebbe dunque innescato un circolo
virtuoso che, passando attraverso un miglioramento delle condizioni di
produzione, avrebbe immesso il Paese in un percorso di crescita saldo e nutrito.
Il progresso del benessere e la riduzione dell’indigenza ne sarebbero conseguite
come conseguenza[90].
Si può dunque rilevare che la creazione di una “zona di
prosperità condivisa” nel Mediterraneo presuppone necessariamente uno sviluppo
socioeconomico sostenibile e regolato, nonché il miglioramento della qualità di
vita delle popolazioni, l'aumento del livello di occupazione e l’impulso della
cooperazione e dell'integrazione regionale[91].
Per il conseguimento di tali obiettivi, i partecipanti
convengono di stabilire un partenariato economico e finanziario che sia volto
a:
·
instaurare
gradualmente una zona di libero scambio;
·
attuare
un'opportuna cooperazione e un'azione concertata a livello economico nei
settori pertinenti;
·
potenziare
sostanzialmente l'assistenza finanziaria dell'Unione Europea ai suoi partner.
La zona di libero scambio (ZLS) sarà instaurata grazie ai
nuovi accordi euromediterranei e agli accordi di libero scambio stesi tra gli
stessi paesi terzi mediterranei. Le parti hanno fissato la data del 2010 come
meta per la graduale attuazione di questa zona che coprirà la maggior parte
degli scambi, nel rispetto degli obblighi risultanti dall'Organizzazione
Mondiale per il Commercio (OMC). Saranno gradualmente eliminati gli ostacoli
tariffari e non tariffari al commercio dei prodotti manufatti, secondo
scadenzari che saranno negoziati tra i partner. Il commercio dei prodotti
agricoli e gli scambi in materia di servizi saranno progressivamente
liberalizzati.
Per facilitare la realizzazione di questa zona di libero
scambio euro-mediterranea, l'UE e i PTM[92]
hanno definito quattro campi d’azione prioritari:
• l'adozione di misure adeguate in materia di norme
d'origine, di certificazione, di tutela dei diritti di proprietà intellettuale,
industriale e di concorrenza;
• il proseguimento e lo sviluppo di politiche fondate sui principi
dell'economia di mercato e dell'integrazione delle loro economie, tenendo conto
dei rispettivi bisogni e livelli di sviluppo;
• l'adattamento e l'ammodernamento delle strutture economiche
e sociali, accordando priorità alla promozione ed allo sviluppo del settore
privato, al miglioramento del settore produttivo e alla creazione di un
opportuno quadro istituzionale e regolamentare per un'economia di mercato.
Analogamente, ci si sforzerà di attenuare le conseguenze sociali negative che
possono risultare da tale adattamento, incoraggiando programmi a favore delle
popolazioni più povere;
• la promozione di meccanismi volti a sviluppare i
trasferimenti di tecnologia. Il programma di lavoro prevede alcune misure
concrete destinate a promuovere il libero scambio, come l'armonizzazione delle
norme e delle procedure doganali e l'eliminazione degli ostacoli tecnici
ingiustificati agli scambi di prodotti agricoli.
L'intensificazione della cooperazione e della concertazione a
livello economico tra l'UE e i PTM riguarda in modo prioritario alcuni settori
importanti:
·
gli
investimenti e il risparmio privato: i paesi terzi mediterranei dovranno
eliminare gli ostacoli agli investimenti esteri diretti e incentivare il risparmio
interno al fine di promuovere lo sviluppo economico. Secondo la dichiarazione
di Barcellona, l'introduzione di un ambiente favorevole agli investimenti avrà
come conseguenza il trasferimento di tecnologie e l'aumento della produzione e
delle esportazioni. Il programma di lavoro prevede una riflessione volta ad
individuare gli ostacoli agli investimenti così come gli strumenti necessari
per favorirli, anche nel settore bancario;
·
la
cooperazione regionale come fattore chiave per favorire la creazione di una zona
di libero scambio;
·
la
cooperazione industriale e il sostegno alle piccole e medie imprese (PMI);
·
il
rafforzamento della cooperazione ambientale;
·
la
promozione del ruolo della donna nello sviluppo;
·
l'introduzione di strumenti comuni in materia
di conservazione e di gestione razionale delle risorse ittiche;
·
l'intensificazione del dialogo e della
cooperazione nel settore dell'energia;
·
lo sviluppo della cooperazione relativa alla
gestione delle risorse idriche;
·
l'ammodernamento e la ristrutturazione
dell'agricoltura.
Le parti convengono inoltre sulla necessità di elaborare un
programma di priorità riguardo ad altri settori, come le infrastrutture di
trasporto, lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione e l'ammodernamento
delle telecomunicazioni. Si impegnano inoltre a rispettare i principi del
diritto marittimo internazionale, ad incoraggiare la cooperazione tra
collettività locali e la pianificazione territoriale, nonché a promuovere la
cooperazione nel settore statistico; riconoscono inoltre che la scienza e la
tecnologia hanno un considerevole influsso sullo sviluppo socioeconomico.
La realizzazione di una zona di libero scambio tra l’UE ed i
suoi partners (“cooperazione bilaterale”)[93],
nonché tra i partners mediterranei stessi (“cooperazione regionale”)[94],
e il successo globale del partenariato euromediterraneo poggiano su un
rafforzamento della cooperazione finanziaria e su un potenziamento sostanziale
dell'assistenza finanziaria fornita dall'UE. Il Consiglio Europeo di Cannes[95]
ha convenuto di prevedere per tale assistenza finanziaria stanziamenti per un
importo pari a 4.685 miliardi di ecu[96]
per il periodo 1995-1999 sotto forma di fondi del bilancio comunitario. A ciò
si aggiunge l'intervento della Banca Europea per gli Investimenti (BEI), sotto
forma di prestiti di importo simile, e gli aiuti bilaterali degli Stati membri.
Il partenariato sociale, culturale e umano
La creazione di tale asse rappresenta idealmente la risposta
da parte della Unione europea alla tesi dello scontro di civiltà di Huntington.
Per dirimere le controversi e scongiurare gli scontri occorre infatti prima
conoscersi. Ed è proprio questa la speranza della Ue nell’inserimento di tale
pilastro. Spera infatti che da un primo momento di curiosità e conoscenza reciproca
basata sul confronto delle culture si possa passare a un livello più profondo
di condivisione degli standard in materia di rispetto dei diritti umani sino al
riavvicinamento istituzionale quale strumento per il raggiungimento della pace.
In ultima istanza, il PEM si propone di stimolare una società mediterranea multiculturale
basata su valori transnazionali. Si prova a replicare su vasta scala il modello
della pace democratica rielaborata dopo la caduta del muro di Berlino[97].
Ai sensi della dichiarazione di Barcellona, “le parti hanno
convenuto di instaurare un partenariato in ambito sociale, culturale ed umano
finalizzato al ravvicinamento e alla comprensione tra popoli e ad una migliore
percezione reciproca. Il partenariato si fonda da un lato, sul delicato
compromesso tra l'esistenza, il riconoscimento e il rispetto reciproco di
tradizioni, di culture e di civiltà diverse su entrambe le sponde del
Mediterraneo e dall'altro, sulla valorizzazione delle radici comuni”. Vi si
afferma inoltre la necessità di avviare una cooperazione nei settori
dell’istruzione, della cultura, della sanità, riconoscendo l’importanza che la
società civile può avere nella costruzione del partenariato. A tal fine gli
Stati partecipanti si impegnano a promuovere, tra l’altro, scambi di giovani e
altri contatti tra le popolazioni[98].
Il contesto in cui si colloca Barcellona non è infatti dei
migliori. Il bacino è scosso da tensioni imputabili in grande misura alla
ripresa delle ostilità Israelo - Palestinesi e in misura minore dalla mai
risolta contesa turco-greca per Cipro e la disputa sul Sahara Occidentale e il
Golan. E’ quindi evidente e condivisibile che si inciti la comunicazione tra le
diverse culture e che anzi si auspichi che dagli incontri ne traggano un
benefico influsso reciproco. Sebbene la distanza geografica possa arrestare il
contatto reale tra i popoli non può fare altrettanto per la cultura,la
religione usi e tradizioni. Queste viaggiano attraverso le nuove tecnologie che
hanno contribuito a rendere il bacino un luogo più piccolo e le due rive
permeabili le une alle altre grazie agli scambi reali e virtuali. Secondo
alcuni è addirittura impossibile ormai mantenere le società separate e
impermeabili a causa dell’emergere sull’una e sull’altra sponda di ibridi[99].
Riconoscendo l'esistenza di differenze ma anche di elementi
in comune tra le civiltà del Mediterraneo si punta a affrontare i temi
sensibili dall’esclusione culturale, al razzismo e alla xenofobia per abbattere
i pregiudizi e costruire una società multiculturale che sia fondata su valori e
interessi comuni pur partendo da una base culturale specifica e individuale.
Tra le altre novità introdotte a cui solo brevemente si è
accennato all’inizio del paragrafo vi è l’avvio un quadro di cooperazione
regionale innovativo rispetto alle precedenti politiche comunitarie, perché si
basa al tempo stesso su una triplice, sinergica cooperazione. La cooperazione
multilaterale si interseca e lega in sinergia con la tradizionale cooperazione
bilaterale sancita dagli Accordi euromediterranei di associazione ed entrambe
poi con la cooperazione subregionale tra i paesi dell’area qui riproposta e
rivestita di nuova importanza. L’Unione e le sue istituzioni sembrano quindi
aver intrapreso la strada opposta rispetto a “coloro che non vogliono
confrontarsi con il loro passato, sono incapaci di comprendere il presente, e
non saranno in grado di affrontare il futuro[100]”
comprendendo che un approccio olistico è non solo necessario ma indispensabile
per affrontare la complessità della regione. Anche la pianificazione e
distribuzione dei finanziamenti ricalcherà tale approccio; non più protocolli
finanziari bilaterali, ma una nuova linea comune a tutti, nasce MEDA[101].
Il partenariato ha una nuova dotazione finanziaria più elevata rispetto al
passato,decisa dal Consiglio Europeo di Cannes nel giugno 1995 per il periodo
fino al 1999 e che poi verrà successivamente rinnovata[102].
Lo sviluppo sociale al pari di quanto succede nelle altri
assi deve procedere di pari passo con lo sviluppo economico e la
decentralizzazione della cooperazione deve coinvolgere i principali attori
della società politica e civile, il mondo religioso e culturale, università e
centri di ricerca nonché i soggetti economici sia pubblici che privati. Jünemann
definisce il PEM come il momento più alto di un processo politico che iniziò
subito dopo la caduta del muro di Berlino, ma cosa più importante segnò il
punto di origine per una nuove epoca di relazioni interregionali[103]
e che Barcellona aspirava in realtà a una progressiva occidentalizzazione del mediterraneo,
convertendolo gradualmente in un area di influenza politica ed economica. Questo
è forse l’asse che ha avuto più successo perché ha originato un processo di
creazione, a tutt’oggi ancora in corso, di una società trans mediterranea.
Ai sensi della Dichiarazione di Barcellona, le parti hanno
convenuto di instaurare un partenariato in ambito sociale, culturale ed umano,
finalizzato al riavvicinamento e alla comprensione tra popoli.
Il partenariato si fonda, da un lato, sul delicato
compromesso tra l'esistenza, il riconoscimento e il rispetto reciproco di
tradizioni, di culture e di civiltà diverse su entrambe le sponde del
Mediterraneo e, dall'altro, sulla valorizzazione delle radici comuni. In tale
ottica, la dichiarazione di Barcellona e il suo programma di lavoro pongono
l'accento su:
·
l'importanza
del dialogo interculturale e interreligioso;
·
l'importanza
del ruolo dei mezzi di comunicazione di massa ai fini della conoscenza e della
comprensione reciproca tra culture;
·
lo
sviluppo delle risorse umane nel settore della cultura: scambi culturali,
conoscenza di altre lingue, attuazione di programmi educativi e culturali
rispettosi delle identità culturali;
·
l'importanza
del settore sanitario e dello sviluppo sociale e il rispetto dei diritti
sociali fondamentali;
·
la
necessità di coinvolgere la società civile nel partenariato euromediterraneo e
il rafforzamento degli strumenti della cooperazione decentrata per favorire gli
scambi tra i diversi settori dello sviluppo;
·
la
cooperazione nel settore dell'immigrazione clandestina e della lotta al
terrorismo, al traffico di droga, alla criminalità internazionale e alla
corruzione.
Di non minore importanza, seppur non catalogabile come uno
degli assi portanti la Dichiarazione di Barcellona, possiamo sicuramente, per
completezza d’indagine, annoverare gli accordi euromediterranei di
Associazione. Nell'ambito del processo
di partenariato euro-mediterraneo notevole importanza rivestono questo tipo di accordi,
strumento tanto fondamentale da essere un vero e proprio snodo del processo. La
vera novità del partenariato è dunque rappresentata dalla multilateralizzazione
dei rapporti già esistenti a livello bilaterale attraverso gli accordi di
associazione tra l’Unione europea e i singoli Stati mediterranei e che però non
vengono comunque per questo rinnegati.
Nel testo della Dichiarazione si afferma anzi che essi
verranno rafforzati e che la cooperazione multilaterale dovrà ritenersi
complementare ad essi[104].
Sono accordi contrattuali bilaterali di nuova generazione che governano le
relazioni tra la CE e i suoi partner del mediterraneo sostituendosi agli
accordi precedentemente conclusi negli anni settanta.
Sono di importanza fondamentale nella nuova struttura perché
coprono i 3 assi della dichiarazione di Barcellona e costituiscono nel contempo
un foro di confrontazione informale e costante tra la Comunità e i paesi del
Mediterraneo. Sebbene le disposizioni dei singoli accordi bilaterali variano a
seconda del paese partner[105]
si possono comunque individuare degli aspetti comuni. Tutti gli accordi
contengono una clausola che definisce il rispetto per i principi democratici e
i diritti umani fondamentali come un “elemento essenziale” degli accordi. Tutti
gli accordi di associazione contengono inoltre delle clausole che riguardano il
dialogo politico; la libera circolazione dei beni, dei servizi e dei capitali;
cooperazione economica; cooperazione sociale e culturale; cooperazione
finanziaria e accordi istituzionali. Prendendo come modello l'Accordo di
Associazione con la Tunisia, che è stato il primo paese a firmare[106],
si possono individuare gli obiettivi concreti che le parti cercheranno di
raggiungere, cioè, ex art. 1: "Costituire un ambito adeguato per il
dialogo politico tra le parti che consenta di consolidare le loro relazioni in tutti
i campi che esse riterranno pertinenti a tale dialogo; stabilire le condizioni per
la liberalizzazione degli scambi di beni, di servizi e di capitali; sviluppare gli
scambi e stimolare l'espansione di relazioni economiche e sociali equilibrate tra
le parti, segnatamente attraverso il dialogo e la cooperazione, per favorire lo
sviluppo e la prosperità della Tunisia e del popolo tunisino; incoraggiare l'integrazione
del Maghreb e favorire gli scambi e la cooperazione tra la Tunisia e i paesi
della regione; promuovere la cooperazione in campo economico, sociale,
culturale e finanziario". Il primo elemento in comune contenuto nei testi
dei nuovi accordi riguarda il rafforzamento della democrazia, il rispetto dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali facendo anche esplicito
riferimento alla Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo. Il valore di
tale inserzione va al di là del mero testo, rappresenta infatti l’ennesima
conferma del tentativo di proporre la Comunità come un attore politico e non
solo commerciale. Gli accordi proprio perché ideati come strumenti di supporto
alla attuazione degli obiettivi della Dichiarazione hanno come obiettivo
implicito l'istituzione di un dialogo tra le parti soprattutto in materia di
politica e sicurezza. La struttura comune è però flessibile permettendo così di
essere adattata alle singole specificità come ad esempio nel caso dell’Autorità
Palestinese che a causa del suo status particolare beneficia di un accordo ad
hoc e precisamente di un accordo interinale che riguarda solo gli aspetti
commerciali tralasciando la cooperazione politica. L’importante è che sia
raggiunto l’obiettivo di instaurare una dialogo che favorisca il
riavvicinamento delle parti grazie all'instaurazione di una migliore comprensione
reciproca ed una cooperazione politica approfondita. Si vuole inoltre
rafforzare anche la solidarietà e la tolleranza nei confronti delle altre culture;
vi è l’esigenza per i motivi illustrati all’inizio del capitolo di garantire la
pace, la sicurezza e lo sviluppo della regione anche attraverso la realizzazione
di iniziative comuni.
L'Accordo euro-tunisino proseguendo con l’esempio pratico,
continua con un'accurata descrizione dei diversi ambiti in cui dovrà operare, a
partire dal dialogo politico come base per garantire la stabilità e sicurezza
dell'area mediterranea, per poi arrivare al cuore del problema, cioè la libera
circolazione delle merci. L'art. 6 infatti stabilisce l'istituzione di una zona
di libero scambio transitoria, della durata massima di dodici anni dall'entrata
in vigore dell'accordo, che sarà poi sostituita dalla zona di libero scambio[107]
euromediterranea da istituirsi entro il 2010. Questo è il secondo ambito comune
a tutti gli accordi che comprendono infatti delle previsioni dettagliare per permettere
la creazione di una Zona di Libero Scambio le cui procedure e meccanismi sono
dettagliate negli accordi. Anche in tal caso dalla intelaiatura comune a tutti
i paesi vi si discostano alcune previsioni specifiche e adattate alle esigenze
del singolo partner come ad esempio quelle contenute nell’accordo con Israele
con cui esistendo già una zona di libero scambio con la Comunità se ne prevede,
pertanto, il rafforzamento. La diversità delle situazioni dei paesi
mediterranei si manifesta anche nel tipo di esportazioni considerate e inserite
nei singoli accordi. Alcune economie dipendono quasi al 99% dall'esportazione
di idrocarburi, come Libia e Algeria, altri, come Siria ed Egitto, esportano
prodotti tessili, mentre Tunisia e Marocco esportano fosfati, tessili e
prodotti alimentari. Di conseguenza, anche se il regime della Zona di Libero
Scambio è unico, le esigenze sono in realtà molteplici e variegate[108].
4.
Epilogo
I Paesi del Partenariato Euro-Mediterraneo seguono un
approccio progressivo e pragmatico, perché l’interazione non è scevra da incoerenze
e contrasti e le aspettative alte degli attori in gioco non sempre sono
convergenti. Data la complessità dell’area e le controversie politiche tra
alcuni degli attori coinvolti, il metodo di lavoro accolto dai Paesi del
Partenariato Euro-Mediterraneo è quello di procedere con dichiarazioni
politiche e programmi specifici, più che attraverso congegni legali codificati
in trattati internazionali che obblighino i partner sul piano multilaterale.
Per questo si parla di un quadro istituzionale “leggero”.
In tema di cooperazione regionale[109]
viene introdotto il criterio di convocare riunioni periodiche a tutti i
livelli, per completare i confronti avviati con ogni Stato sulla base dei
singoli accordi, nel convincimento che la strategia più efficace risieda nel
coinvolgimento dinamico di tutte le forze, di entrambe le società civili, in
un’ottica, appunto, di partenariato. Partendo dal Programma di Lavoro di
Barcellona, le conclusioni raggiunte nelle varie riunioni convergono in un’unica
documentazione, sottoposta all’esame della successiva Conferenza
Euro-Mediterranea dei Ministri degli Esteri, che dovrebbe analizzare lo stato
di avanzamento del Processo e rivitalizzarlo con nuovi progetti. Sintomatico è
tuttavia il fatto che, dopo la prima Conferenza Ministeriale di Barcellona del
1995, le successive Conferenze Ministeriali sono celebrate tutte in città
europee[110]. Si
tratta invero di un processo regionale in cui il coinvolgimento dei Paesi del
sud del Mediterraneo non è esaustivo. Il Piano d’Azione adottato a Valencia nel
2002 è stato stilato, viceversa, in seguito a consultazioni che la presidenza
spagnola, la Commissione e il Segretariato Generale del Consiglio europeo
avevano avuto con tutti i partner. Perciò questo documento, alla stregua della
Dichiarazione di Barcellona e a differenza delle Conclusioni Finali delle
Conferenze Ministeriali, ha vincolato politicamente tutti i partner. Anche il
Programma di lavoro quinquennale stilato ed accettato al Vertice, che nel
novembre 2005 ha riunito a Barcellona i capi di Stato e di Governo dei Paesi
del Partenariato Euro-Mediterraneo, si considera politicamente vincolante per
tutti i Paesi del Partenariato.
Con il Piano d’Azione di Valencia i Paesi del PEM,
riconoscendo le difficoltà che esso ha incontrato nel perseguire gli obiettivi
fissati nella Dichiarazione di Barcellona[111],
hanno manifestato l’opportunità di rilanciare il Processo e di ottenere più
grande visibilità, capacità e peso. Il Piano d’Azione di Valencia e il Programma
di lavoro di Barcellona non si fermano ad attestare l’immutato interesse dei
partner a perseguire la pace nell’area, la stabilità ed il benessere nel
Mediterraneo; anzi si prende atto dei limiti incontrati dal Partenariato Euro-Mediterraneo
in questi anni[112]
e se ne ridefiniscono i congegni operativi. Tra i punti più importanti del
Piano d’Azione vi è l’introduzione del metodo di “co-ownership”, che risponde ai
rimproveri più comuni mosse nei confronti del Partenariato dai partner, ovvero
che esso viene gestito completamente dagli Stati membri dell’Unione europea e
dalle istituzioni comunitarie, senza rendere complice del percorso decisionale
i Paesi del Sud nelle valutazioni più importanti, disattendendo così nei fatti
al principio di partenariato.
Se le Conferenze dei Ministri degli Esteri fissano le
direttrici del Partenariato Euro-Mediterraneo e indicano i settori di cooperazione
di maggiore interesse, l’espressione delle singole politiche avviene poi nelle
Conferenze ministeriali settoriali[113].
Finora si sono tenute con una certa regolarità Conferenze ministeriali sulla
cooperazione industriale, sul commercio, sull’ambiente, sulla gestione dell’acqua,
sulle risorse energetiche, sulla cultura. Sporadicamente ci sono state
Conferenze ministeriali su sanità, agricoltura, società dell’informazione, sicurezza
energetica, istruzione e ricerca scientifica[114].
Mentre, alcuna riunione ministeriale si è dedicata direttamente dei temi che ricadono
nel Partenariato politico e di sicurezza, che sono invece trattati dagli Alti
funzionari. In materia di sicurezza gli incontri tra alti funzionari sono
serviti per comporre le diverse concezioni di sicurezza e per compilare la
bozza di Carta per la Pace e la Stabilità nel Mediterraneo[115],
che non è mai stata adottata.
Un altro strumento postulato nell’ambito della cooperazione
regionale è il Comitato Euro-Mediterraneo[116]
per il Processo di Barcellona, di cui fanno parte alti funzionari dei Paesi del
Partenariato Euro-Mediterraneo e che, però, è presieduto, dall’Unione europea.
Per sopperire alle critiche rivolte all’Unione come centro decisionale di
ultima istanza, il Piano d’Azione di Valencia ha deciso la ristrutturazione del
Comitato per garantire ai Paesi del Mediterraneo un maggiore coinvolgimento
nell’elaborazione e nella valutazione dei programmi regionali o dei progetti avallati
dalle Conferenze dei Ministri degli Affari esteri.
Altro elemento, che ha fatto presupporre ai Paesi della
sponda sud del Mediterraneo che rispetto all’Unione non avessero abbastanza
potere decisionale nell’implementazione dei progetti, sta nel fatto che è la
Commissione europea che agisce da segretariato del Partenariato
Euro-Mediterraneo; essa è, infatti, responsabile del coordinamento, della
preparazione e del monitoraggio del Processo di Barcellona e dell’attuazione
delle attività finanziate con il programma MEDA[117].
In ogni caso, alcune delle raccomandazioni della Commissione
sono state accolte nel Piano d’Azione di Valencia, come la proposta di adottare
un programma di cooperazione regionale per affrontare la lotta al terrorismo[118],
le questioni di giustizia e libertà di movimento; mentre l’esortazione della
Commissione di dare più importanza ai diritti umani e ai principi democratici[119]
nei rapporti dell’Unione europea con i Paesi del Mediterraneo e vincolare la
concessione dei fondi MEDA al progresso in questi settori è stata semplicemente
tradotta in un incarico agli Alti funzionari per studiare l’elaborazione di un
metodo più strutturato per rafforzare il dialogo politico. Finora le questioni
legate a democrazia e diritti umani nei Paesi del Partenariato
Euro-Mediterraneo sono formalmente discusse solo nel contesto di EuroMeSCo[120].
Nel quadro istituzionale del Partenariato Euro-Mediterraneo[121]
vi è anche la cosiddetta “diplomazia parlamentare” che ha una sua dimensione
autonoma. Il processo di istituzionalizzazione del dialogo parlamentare è stato
relativamente lungo, e questo rivela la ritrosia di alcuni Paesi ad attribuire
autonomia alla cooperazione tra parlamentari. Già nel 1995 il Programma di
lavoro allegato alla Dichiarazione di Barcellona invitava il Parlamento europeo
ad instaurare un dialogo tra i rappresentanti dei parlamenti dei Paesi del
Mediterraneo, ma solo nell’ottobre 1998 si è tenuto il 1° Forum Parlamentare
Euro-Mediterraneo[122].
Il Forum Parlamentare si è poi trasformato in Assemblea parlamentare nel marzo
2004. L’Assemblea Parlamentare Euro-Mediterranea (APEM) si riunisce una volta
l’anno in sessione plenaria e adotta dichiarazioni politiche che attribuiscono
grande importanza al contributo di forum non governativi, come il dialogo parlamentare,
per perseguire stabilità nel Mediterraneo e garantire continuità alla
cooperazione regionale. Però, perché questa assemblea possa offrire ai
parlamentari del Mediterraneo un forum di dialogo franco e costruttivo, tutte
le delegazioni parlamentari dei Paesi del PEM devono essere realmente presenti
e devono poter partecipare ai lavori senza condizionamenti da parte dei governi[123].
Infatti, se, da un lato, un’Assemblea Parlamentare dei popoli del bacino del
Mediterraneo può rappresentare un’assise dove esercitare i principi
democratici, dall’altro, a questi incontri molti parlamentari del Nord Africa e
del Medio Oriente hanno sinora partecipato come portavoce delle posizioni
politiche dei loro Paesi, più che sfruttare questo luogo della rappresentanza
democratica per esprimersi criticamente sull’assenza di democrazia e libertà
politiche e civili[124].
Bisogna poi considerare che il Partenariato Euro-Mediterraneo
ha il potenziale per agire come security community-building institution, cioè
come processo che diffonde e istituzionalizza valori, norme, e comprensione
reciproca, ma questo non può avvenire in un’area non pacificata. Le misure di
partenariato sono necessarie ma non sufficienti per la creazione di un sistema
di sicurezza in cui le dispute siano affrontate con meccanismi non militari,
per sviluppare la comprensione e la fiducia reciproca, per avviare meccanismi
di gestione e prevenzione dei conflitti. Attraverso il Partenariato
Euro-Mediterraneo il tortuoso percorso di institution-building nel Mediterraneo,
dato dalla creazione di istituzioni e dall’accordo su obiettivi, procedure e
strategie comuni, è stato segnato, ma l’avanzamento di questo processo è stato
bloccato da problemi politico-territoriali ancora irrisolti[125]
e, di conseguenza, il suo risultato futuro rimane incerto.
È evidente che l’Europa ha un interesse molto forte a
sostenere lo sviluppo economico dei Paesi terzi mediterranei, perché il
processo di crescita economica costituisce il mezzo più sicuro per stabilizzare
tutta la regione[126].
È ovvio inoltre che in ciascun Paese partner i problemi si pongono in termini
diversi ma tutti, inevitabilmente, sono chiamati ad affrontare sfide comuni[127]
come la forte pressione demografica, la popolazione agricola numerosa, la
diversificazione insufficiente della produzione[128]
e degli scambi industriali, la debolezza del commercio intraregionale, il
settore pubblico poco efficiente ed eccessivamente esteso.
Il processo di liberalizzazione degli scambi proposto
dall‟Unione europea, si iscrive in un doppio contesto di regionalizzazione e
globalizzazione che contribuisce, largamente, a promuovere il partenariato
economico e finanziario visto che i concetti di globalizzazione e
regionalizzazione, piuttosto che processi antitetici, sono processi
complementari[129].
La cooperazione, dunque, per quanto in un’ottica di maggiore
collaborazione e ricettività nei confronti delle richieste dei Paesi partner, è
stata concepita in chiave eurocentrica e orientata a “sollevare” le condizioni
di tali Paesi e a condurle quanto più vicino possibile a quelle europee[130].
Tuttavia, a Barcellona si prende coscienza di un’evidenza
importante e cioè che il Mediterraneo non è una frontiera impermeabile che
permette di isolare a lungo gli uomini e di far coesistere pacificamente
ricchezza e povertà, soprattutto in un momento in cui la mondializzazione
comprime le dimensioni del tempo e dello spazio[131].
La parola fallimento, semplicemente sibilata, tra i
meccanismi e le burocrazie europee e quelle presunte della sponda mediterranea,
in realtà, tirando le fila, diventa il comune denominatore di praticamente
tutto il palinsesto di iniziative che la dichiarazione di Barcellona aveva
preannunciato. Cinque anni dopo il lancio del Partenariato eurmediterraneo la
Commissione nel settembre 2000[132]
in preparazione della quarta riunione dei Ministri degli esteri dell’area
euromediterranea ammise che il perfetto meccanismo di Barcellona aveva in
realtà delle crepe tra cui: l’instabilità dell’area medio orientale che non
aveva tratto beneficio particolare dal PEM; il lento procedere della
conclusione dei nuovi accordi di associazione; lo spirito del partenariato che
non produceva nei settori sensibili i risultati sperati in materia di riforme sui
diritti umani, sulle liberalizzazioni necessarie per la piena riforma economica,
sul mancato incremento dei commerci nelle relazioni Sud-Sud con conseguente
scarso incremento degli investimenti e infine la messa in pratica del MEDA
rallentato da problemi burocratici e procedurali[133].
L’iniziativa dell’UE verso il Mediterraneo si reggeva, dunque, sul successo dei
negoziati di pace, condizione questa che non dipendeva, se non in misura
limitata, dagli sforzi europei. Il fallimento del processo di pace di Madrid,
maturato proprio fra il 1994 e il 1995, emerse ben presto come un ostacolo
insuperabile allo sviluppo del PEM, portando a un suo penoso e progressivo
ridimensionamento. Da un lato il conflitto arabo-israeliano, rimasto irrisolto
nel processo di Madrid, si riverberava, infatti, negativamente su quello di
Barcellona costringendo il PEM a misurarsi con una questione che non rientrava
nei suoi compiti e che non era in grado di risolvere. Dall’altro, il PEM, che
era nato con l’obiettivo di costituire il quadro di sicurezza e cooperazione
della regione, non poteva sottrarsi a un’obiezione fondamentale sollevata dagli
arabi: senza una soluzione del conflitto arabo-israeliano, appaiono velleitarie
politiche di cooperazione nel campo della sicurezza che coinvolgano paesi
coinvolti nel conflitto. A partire dalla fine del 2000, con il fallimento dei
colloqui di Camp David è rimasto un impegno declaratorio comune nei confronti
del conflitto arabo-israeliano, ma, di fatto, nessuno si aspetta più che esso
svolga un ruolo nella sua risoluzione. Centrali nell’agenda del PEM sono invece
diventate le questioni scaturite dalla reazione americana e occidentale agli
attacchi dell’11 settembre come la promozione della democrazia, lotta al
terrorismo, immigrazione (spesso associata al terrorismo) e il controllo dei
confini[134].
Al netto di fallimenti e di lacune, l’enorme necessità di una
politica mediterranea coerente ed attiva, resterà il focus di molti paesi
dell’Unione. Come vedremo più avanti nel testo, saranno proprio i paesi con una
più spiccata storia di attenzione al mediterraneo a riportare al centro del
dibattito europeo un percorso univoco e politico, che la Dichiarazione di
Barcellona aveva introdotto, e che non aveva scaldato le cancellerie ed i
ministeri del nord Europa e dell’est.
[1]
La Dichiarazione di Barcellona è
stata adottata in occasione della conferenza di Barcellona che ha riunito, il
27 e 28 novembre 1995, i quindici ministri degli Esteri degli Stati membri
dell'UE e quelli dei seguenti dodici paesi terzi mediterranei (PTM): Algeria,
Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia,
Turchia e Autorità palestinese. La Lega degli Stati arabi e l'Unione del
Maghreb arabo (UMA) sono state invitate, così come la Mauritania (in qualità di
membro UMA).
[2] Comunicazione
della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo sul futuro delle
relazioni fra la Comunità e il Maghreb, 30 Aprile 1992, SEC(1992).
[3] Il Forum mediterraneo per
il Dialogo e la Cooperazione è una sorta di club che riunisce membri europei e
non europei del Pem facenti parte del Mediterraneo. Il Forum non ha iniziative
o politiche proprie ma discute questioni politiche o di sicurezza in collegamento
con l’agenda del Pem. È stato promosso dall’Egitto – e varato nel 1994 ad
Alessandria come un’iniziativa franco-egiziana – in una fase in cui questo
paese temeva d’essere escluso dalle relazioni privilegiate che apparentemente
andavano a crearsi fra l’UE e i paesi del Maghreb. La creazione del Pem l’ha
reso immediatamente obsoleto. I membri del Forum hanno nondimeno deciso di
conservarlo come segno della loro esistenza «mediterranea» nel quadro
euromediterraneo.
[4] Fonte: Ambasciata
d’Algeria in Italia -http://www.algerianembassy.it; CIA – The World Factbook
2008
[6] Fonte: Ambasciata
d’Austria in Italia – http://www.austria.it; Countries of the World – http://www.infoplease.com
[7] Fonte: Ambasciata
del Belgio in Italia -http://www.diplomatie.be/romeit/; http://www.treccani.it/enciclopedia/belgio_(Dizionario-di-Storia)/, http://www.belgio.cc/scheda-riassuntiva-del-belgio.html
[8] Ambasciata di
Bulgaria in Italia -http://www.bulgaria-italia.com; http://www.treccani.it/enciclopedia/bulgaria/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/bulgaria.html;
[10] Fonte:
Ambasciata di Danimarca in Italia - http://italien.um.dk/it.aspx;
CIA – The World Factbook 2008
[11] Ambasciata
della Repubblica araba d’Egitto in Italia – http://www.mfa.gov.eg/English/Pages/default.aspx;
http://www.treccani.it/enciclopedia/egitto/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/egitto.html
[12] Fonte: CIA – The World Factbook 2008; Countries of
the World–http://www.infoplease.com/country/estonia.html;
http://www.treccani.it/enciclopedia/estonia/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/estonia.html
[13] Ambasciata
di Finlandia in Italia - http://www.finland.it/Public/Default.aspx;
http://www.treccani.it/enciclopedia/finlandia/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/finlandia.html
[14] Ambasciata
di Francia in Italia -http://www.ambafrance-it.org; CIA – The World Factbook
2008; http://www.treccani.it/enciclopedia/francia/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/francia.html;
[15]
indipendenza Giordania dal Regno Unito
[17] Ambasciata
di Germania in Italia -
http://www.italien.diplo.de/Vertretung/italien/it/Startseite.html;
http://www.treccani.it/enciclopedia/germania/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/germania.html; CIA – The World
Factbook 2008
[18] Ambasciata di Grecia
in Italia - http://www.mfa.gr/italy/it/the-embassy/;
http://www.treccani.it/enciclopedia/grecia/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/grecia.html; CIA – The World Factbook
2008
[19] Il 6 dicembre
1922 venne istituito lo Stato libero d'Irlanda. Lo Stato costituiva un dominio
britannico, sottoposto al monarca del Regno Unito.
[20]
Ambasciata d’Irlanda in Italia - https://www.dfa.ie/irish-embassy/italy/;
http://www.treccani.it/enciclopedia/irlanda/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/irlanda.html; CIA – The World Factbook
2008
[21]
Dopo la seconda guerra mondiale e la Shoah, anche per cercare di porre rimedio
agli scontri tra arabi ed ebrei, il 29 novembre 1947 l'Assemblea generale delle
Nazioni Unite nella Risoluzione n. 181 approvava il piano di partizione della
Palestina, che prevedeva la costituzione di due stati indipendenti, uno ebraico
e l'altro arabo. Il moderno Stato d'Israele fu quindi proclamato da David Ben
Gurion il 14 maggio 1948, alla scadenza del mandato britannico
[23] Governo
Italiano -http://www.governo.it/; Presidenza della Repubblica Italiana
-http://www.quirinale.it/; http://www.treccani.it/enciclopedia/italia/;
http://www.treccani.it/catalogo/catalogo_prodotti/i_grandi_temi/L-Italia_e_le_sue_regioni.html;
[24]
La Sicilia seppur in procinto di eliminarla risulta ancora suddivisa in
province regionali.
[26] Il
4 maggio 1990 venne emanata una Dichiarazione di indipendenza transitoria, che
divenne definitiva il 21 agosto 1991, data in cui il paese riconquistò la
propria indipendenza dall'Unione Sovietica, al momento del suo crollo. L'URSS
riconobbe la Lettonia come Stato indipendente il 6 settembre 1991.
[27]
http://www.treccani.it/enciclopedia/lettonia/ ;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/lettonia.html; http://www.mfa.gov.lv/it/; CIA – The World Factbook 2008
[30] http://www.treccani.it/enciclopedia/lituania/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/lituania.html; http://it.mfa.lt/it/it/; CIA – The World Factbook 2008;
[31] Ambasciata del Lussemburgo in Italia - http://rome.mae.lu/it; http://www.treccani.it/enciclopedia/lussemburgo/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/lussemburgo.html; CIA – The World
Factbook 2008
[32]
https://foreignaffairs.gov.mt/en/Embassies/Italy/Pages/ME_Rome.aspx; http://www.treccani.it/enciclopedia/malta/ ;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/malta.html; CIA – The World Factbook
2008
[34] Ambasciata
dei Paesi Bassi in Italia -http://italy.nlembassy.org;
http://www.treccani.it/enciclopedia/paesi-bassi_(Dizionario-di-Storia)/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/paesi-bassi.html;
[35]
Nonostante il riconoscimento da parte della maggioranza delle nazioni del
mondo, tra cui il Vaticano, lo Stato di Palestina è tuttora privo di
un'organizzazione statale tipica. Talune nazioni ancora oggi non l’hanno
riconosciuta.
[36] http://www.ambasciatapalestina.com/;
http://www.assafrica.it/scheda.asp?id=8;
http://www.treccani.it/enciclopedia/palestina/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/palestina.html;
[37] 11
novembre 1918 la Polonia guadagnò l’indipendenza dall'Impero austriaco, Regno
di Prussia e Impero russo
[38] Ambasciata
di Polonia in Italia -
http://www.rzym.msz.gov.pl/it/;
http://www.treccani.it/enciclopedia/polonia/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/polonia.html
[39]
Ambasciata del Portogallo in Italia -
https://www.roma.embaixadaportugal.mne.pt/it/;
http://www.treccani.it/enciclopedia/portogallo/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/portogallo.html; CIA -The World
Factbook 2008
[40] https://www.gov.uk/government/world/italy.it;
http://www.treccani.it/enciclopedia/gran-bretagna-e-irlanda-del-nord-regno-unito-di/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/regno-unito.html; CIA -The World Factbook 2008; UK government -
https://www.gov.uk/
[41] http://www.mzv.cz/jnp/; http://www.treccani.it/enciclopedia/repubblica-ceca/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/repubblica-ceca.html; CIA -The World
Factbook 2008
[42] http://www.mzv.sk/rim; CIA -The World Factbook 2008;
http://www.treccani.it/enciclopedia/slovacchia/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/slovacchia.html;
[43]http://roma.mae.ro/it;
http://www.treccani.it/enciclopedia/romania/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/romania.html; CIA -The World Factbook
2008
[44]
http://www.treccani.it/enciclopedia/siria/; http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/siria.html;
[45]
http://www.rim.veleposlanistvo.si/index.php?id=42&L=4;
http://www.treccani.it/enciclopedia/slovenia/;http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/slovenia.html; Fonte: CIA -The World Factbook 2008
[46] http://www.lamoncloa.gob.es/lang/en/Paginas/index.aspx;
Ambasciata di Spagna in Italia - http://www.spain.it/;
http://www.treccani.it/enciclopedia/spagna/;
http://www.treccani.it/vocabolario/spagnolo/;
[47]
http://www.treccani.it/enciclopedia/svezia/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/svezia.html; Ambasciata di
Svezia in Italia http://www.swedenabroad.com/en-GB/
[48] http://www.ministeres.tn/;
http://www.treccani.it/enciclopedia/tunisia/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/tunisia.html;
[49]
http://www.turchia.it/; http://www.treccani.it/enciclopedia/turchia/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/turchia.html;
[50] Ambasciata della
Repubblica d’Ungheria in Italia -
http://www.mfa.gov.hu/kulkepviselet/IT/it/mainpage.htm;
http://www.treccani.it/enciclopedia/ungheria/;
http://www.treccani.it/geopolitico/paesi/ungheria.html;
[51] Cfr. Regolamento
del Consiglio 1488/96 del 23 luglio 1996, GUCE L 189/1 del 30/07/1996, art.1
c.1.
[52] Cfr. Regolamento
(CE) n. 1488/96, art.1 c. 2
[53] ECU
è l'acronimo di European Currency Unit (simbolo ₠), ovvero "unità di conto
europea". È stata una moneta scritturale introdotta dal Consiglio Europeo
nel 1978.
[54]
La
Dichiarazione finale della Conferenza ministeriale euromediterranea di
Barcellona del 27 e 28 novembre 1995 – Seguito della Conferenza: “Al fine di
garantire un controllo della realizzazione degli obiettivi del partenariato, la
dichiarazione prevede riunioni periodiche dei ministri degli Esteri dei partner
mediterranei e dell'UE. Le riunioni sono preparate da un "Comitato
euromediterraneo per il processo di Barcellona" che si riunisce
periodicamente a livello di alti funzionari. Il comitato è incaricato inoltre
di fare il punto della situazione, dare una valutazione del seguito del
processo di Barcellona ed aggiornare il programma di lavoro.
Le
diverse azioni decise nel quadro del partenariato saranno oggetto di verifica
attraverso riunioni tematiche ad hoc di ministri, alti funzionari e esperti,
scambi di esperienze e di informazioni, contatti tra i partecipanti della società
civile o con qualsiasi altro mezzo appropriato”.
[56]
B. Khader, L’Europa e il mondo arabo : le ragioni del dialogo, Torino,
L'Harmattan Italia, 1996
[57]
R. Gillespie, Spanish Protagonismo and the Euro-Med Partnership Initiative, in
R. Gillespie
( a cura di), The Euro-Mediterranean
Partnership: political ad economic perspectives, Londra,
Frank Cass Publications, 1997
[59]
Tale data era meramente indicativa infatti solo la Tunisia presentava una
situazione tale da poter realisticamente essere pronta alla integrazione
regionale per tale data
[60]
Si veda, per tutti S. Mezdour, Opportunité théorique d’une zone de
libre-échange MaghrebUE, in «Revue du Marché commun et de 1’Union européenne»,
n. 399, 1996, pp. 458 ss. e R. Sapienza, Il partenariato Euro Mediterraneo a
due anni dalla Conferenza di Barcellona, su “Aggiornamenti Sociali”, n.2, 1998,
p. 148 ss. Anche altre organizzazioni internazionali, intergovernative e non
governative, hanno rivolto grande attenzione ai problemi dell’area del Mediterraneo.
Ad esempio, il Consiglio d’Europa intende rilanciare il progetto di una più intensa
cooperazione tra i Paesi rivieraschi del Mediterraneo, nella convinzione che
sia questa, l’area verso la quale l’Europa debba rivolgere prioritaria
attenzione. In particolare, si ricerca la valorizzazione della partnership dei
Paesi mediterranei non membri, promovendo la loro adesione alle Convenzioni del
Consiglio d’Europa aperte. In tal modo gli sviluppi che fino a questo momento
sono stati patrimonio degli Stati membri del Consiglio possano divenire un vero
e proprio regime mediterraneo, in particolare per quanto riguarda la protezione
dell’ambiente o dei beni culturali. I1 Consiglio d’Europa è stato poi
particolarmente attivo sul fronte della cooperazione fra gli enti locali degli
Stati del Mediterraneo attraverso la convocazione di periodiche conferenze
delle Regioni del Mediterraneo. Anche il Centro NordSud, altra struttura del
Consiglio d’Europa, rivolge particolare attenzione ai problemi dell’area del
Mediterraneo, attraverso il proprio programma Trans-Med. Si veda in proposito
la raccomandazione n. 1249 del 1994 riguardante la cooperazione nel bacino del
Mediterraneo adottata dall’ Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa il 7
ottobre 1994 e il relativo rapporto presentato dall’on. Francesco Parisi,
presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Poteri Locali. Vd. a tal
proposito, Assemblée Parlamentaire du Conseil de l’Europe, stratégies en
Méditerranée, Stasburgo, Les éditions du Conseil de l’Europe, 1995
[61] E. Kienle,
Destabilization through partnership?: Euro- Mediterranean relations after the
Barcelona Declaration, in “ Mediterranean Politics”, 1998,Vol. 3
[62] Agence Europe n. 5681, 4 marzo 1992, p.9 da P.
Xuereb( a cura di), The European Union and the Mediterranean; The
Mediterranean's European Challenge, Vol. V, European Documentation and Research
Centre , Malta, University of Malta, 2004
[63] I. Clark, Globalisation and Fragmentation:
International Relations in the Twentieth Century, Oxford, Oxford University
Press, 1997, pp. 1-32
[64] R. Aliboni, Common Languages on Democracy in the
Euro-Mediterranean partnership, EuroMeSCo paper 31, orking Group I, Second Year
Report, maggio, 2004
[65] R. Aliboni, Common Languages on Democracy in the
Euro-Mediterranean partnership, EuroMeSCo paper 31, orking Group I, Second Year
Report, maggio, 2004
[66] “La Ue
è infatti il partner principale dei paesi mediterranei per quanto riguarda gli
scambi di beni e di servizi. Oltre il 50% dell’attività commerciale della
regione coinvolge l’UE, a cui è destinato più del 70% delle esportazioni di
alcuni paesi. L’Europa e l’UE sono rispettivamente la prima fonte di
investimenti esteri diretti (36% dell’importo totale) e di assistenza
finanziaria nella regione, con quasi 3 miliardi di euro sotto forma di prestiti
e aiuti non rimborsabili. L’UE
rappresenta inoltre la prima fonte di turismo e la
principale destinazione dei migranti”, da Comunicazione della Commissione al
Consiglio e al Parlamento europeo, Decimo anniversario del partenariato
euromediterraneo: un programma di lavoro per far fronte alle sfide dei prossimi
anni, COM 139, definitivo, 2005
[67] S.C.Calleya, The Euro- Mediterranean Partnership and
Sub- Regionalism: A case of RegionBuilding? In E. Adler, F.Bicchi, B. Crawford, R.A. del
Sarto ( a cura di) , The convergence of civilizations. Constructing Mediterranean Region, Toronto, University of
Toronto Press Incorporated, 2006
[68] S. C. Calleya ,
op.cit.
[69] 9 S. Panebianco ,
Sfide e prospettive per un’identità mediterranea plurale da “Foedus”, 2002,
[70] R. Sapienza, Il
Partenariato Euro-Mediterraneo. A due anni dalla Conferenza di Barcellona, in
“Aggiornamenti Sociali”, n. 2, 1998
[71] Si sono verificati solo rari casi di
boicottaggio delle riunioni come ad esempio quello del Libano e della Siria
[72] Siamo negli anni
della ripresa di intensità del conflitto israelo - palestinese
[73] C. Zanghì, Istituzioni di diritto dell’Unione
Europea: verso una Costituzione europea, Torino, Giappichelli, 2005
[74] F. Bicchi, The
European origins of the Mediterranean practices, in E. Adler, F.Bicchi, B.
Crawford, R.A. del Sarto ( a cura di) , The convergence of civilizations.
Constructing a Mediterranean Region, op.cit.
[75] Per una valutazione dei progressi fatti negli
specifici settori vedere E. Philippart, The EuroMediterranean Partnership: The
Euro- Mediterranean Partnership: Unique features, first results and future
challenges, CEPS Working Paper, 10, 2003
[76] R. Sapienza, Le
risposte legali al terrorismo, in «Relazioni Internazionali», 1990, pp. 120 ss.
Secondo l’autore preoccupa non poco il fatto che, al momento di votare la
Dichiarazione di Malta del 16 aprile 1997 (, le delegazioni della Siria e del
Libano abbiano apposto una riserva relativamente proprio alla disposizione che
riguarda l’impegno alla cooperazione nella lotta al terrorismo
[77] Samuel Phillips Huntington (New York, 18 aprile 1927
– Martha's Vineyard, 24 dicembre 2008) è stato un politologo statunitense.
[78] F.Bicchi, Defining European
Interests in Foreign Policy: Insights from the Mediterranean Case, “Arena”
Working Papers, WG 13/03
[79] Testo
della Dichiarazione di Barcellona, cit.
[80] http://www.europarl.europa.eu/summits/mad4_it.htm#annex11
[81] B.
Badie, I due Stati. Società e potere in Islam e Occidente, Genova, Marietti,
1990
[82] Testo della dichiarazione di Barcellona, cit.
[83]
R. Aliboni The Euro Mediterranean Partnership: An interpretation from
Italy, in A. Bin ( a cura di), Co-operation and security in the Mediterranean:
prospects after Barcelona. Contributions to the international colloquium,
Malta, Mediterranean Academy of Diplomatic Studies, marzo, 1996
[84]
N. Fahmy, After Madrid and Barcelona: Prospects for Mediterranean
Security, in D. K Xenakis. e D. N. Chryssochoou, Europe in Change The Emerging
Euro Mediterranean System, Manchester University Press 2001
[85]
R.King, M.Donati, The ‘Divided’ Mediterranean: Re-defining European
Relationships, in R. Hudson and A. M. Williams (a cura di), Divided Europe:
Society and Territory, Londra, Sage, 1999, p. 156
[86]
L. Manfra, Il flusso migratorio dai paesi MED e l’ampliamento dell’Unione
europea, in “Sociologia e ricerca sociale”, n.72, 2003, p. 99. Anche Kienle
fornisce la medesimea spiegazione sostenendo che trattasi della versione
aggiornata della teoria del mercato come forza democraticizzante in E. Kienle,
Destabilisation through Partnership? EuroMediterranean Relations after the
Barcelona Declaration, in “Mediterranean Politics”, 3:2, 1998
[87]
In questo senso il Consiglio europeo di Cannes decise di prevedere a tal uopo
stanziamenti per un importo pari a 4.685 miliardi di euro per il periodo
1995-1999 sotto forma di fondi del bilancio comunitario. A ciò si aggiunsero
anche l'intervento della Banca europea per gli investimenti (BEI), sotto forma
di prestiti di importo simile, e gli aiuti bilaterali degli Stati membri
[88]
Si stabiliva infatti di eliminare gli ostacoli tariffari e non tariffari al
commercio per quanto riguarda i prodotti manufatti, secondo scadenzari che
saranno negoziati tra i partner. Il commercio dei prodotti agricoli e gli
scambi in materia di servizi saranno progressivamente liberalizzati
[89] E’
interessante notare a posteriori come secondo dei dati tratti dal sito del
Ministero del Commercio, dei dodici Paesi aderenti otto sono diventati membri
dell’OMC e tutti lo sono diventati tra il 1995 ed il 2000. A partire dagli anni
Novanta, il commercio Sud-Sud rappresenta almeno un terzo delle esportazioni
del Terzo Mondo e di queste almeno il 35% è rappresentato da prodotti
manufatti.
[90] J.Brach, Ten Years
After: Achievements and Challenges of the Euro- Mediterranean Economic and
Financial Partnership, GIGA Working Papers, 36, December, 2006 su
http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=977980
[91] Il portale dell’Unione
Europea, “Dichiarazione di Barcellona e Partenariato Euromediterraneo”,
documento disponibile sul sito < http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=URISERV:r15001
>
[93] Definita anche
“cooperazione verticale” o “Nord-Sud”.
[94] Definita anche
“cooperazione orizzontale” o “Sud-Sud”.
[96]
ECU è
l'acronimo di European Currency Unit, ovvero "unità di conto
europea". È stata una moneta scritturale introdotta dal Consiglio Europeo
nel 1978. L'ECU è stata la seconda valuta (virtuale) dell'Unione europea dopo
l'UCE. L'ECU nasce come una unità di conto per la redazione del budget interno
della Comunità europea. In seguito divenne più simile ad una vera valuta. “Enciclopedia
di direzione e consulenza aziendale” A.
M. Magri, G. C. Zuccotti Piccin, 1989
[97] Vd. in proposito D. Schmid op.
cit.; questa tesi è criticata da J.Macmillan in A Kantian Protest Against the
Peculiar Discourse of Inter-Liberal State Peace, in “Millenium: Journal of International
Studies”, 1995, vol. 24
[98] Quanto
sia utile, anzi necessaria, l’opportunità di incontri e di scambi lo si coglie
bene quando si rifletta sulla distanza che divide le due sponde in materia di
protezione dei diritti dell’uomo, materia nella quale, pur in presenza di
numerosi trattati internazionali, permangono grandi divergenze. Si veda, per
tutti, C.Zanghi , L. Panella, R. La Rosa (a cura di), I diritti dell’uomo nel
Mediterraneo, Torino, Giappichelli, 1995. In una prospettiva più ampia, insiste
sulla possibilità e sulla necessità di un dialogo A. Riccardi, Mediterraneo.
Cristianesimo e Islam tra coabitazione e conflitto, Milano, Guerini e Associati,
1997
[99] S.
Allievi , Nouveaux protagonistes de l'Islam européen. Naissance d'une culture
euroislamique? Le rôle des convertis, EUI Working Papers, European University
Institute, RSC n. 18, Mediterranean Programme Series, 2000, su
http://cadmus.eui.eu/handle/1814/1658
[100] B. Lewis, Natura
della storia e compito degli storici, in “Nuova Storia Contemporanea”, Vol.
III, n.6, 1999, p.9
[101] Il programma MEDA
ha lo scopo di incoraggiare e sostenere le riforme economiche e sociali dei
partner mediterranei, attraverso la sua duplice vocazione: a) bilaterale, a cui
è riservata la maggiore allocazione finanziaria con circa il 90% dell'importo
totale del programma e che prende l'avvio dagli accordi di associazione fra
l'Unione Europea e ciascun paese beneficiario; b) regionale, tra cui rientra
anche la cooperazione decentralizzata, inaugurata con la Politica Mediterranea
Rinnovata. Le azioni compiute in bilaterale si basano sui programmi indicativi
nazionali, che definiscono in funzione delle linee guida i settori prioritari
del sostegno comunitario, identificando nel contempo gli importi previsionali
per ogni settore. I settori principali di intervento ricalcano ovviamente le
assi della dichiarazione di Barcellona e dunque sono il sostegno alla economia
e in particolare alla transizione economica, attraverso
programmi di aggiustamento
strutturale e programmi di sviluppo del settore privato per favorire
l’ammodernamento dell’apparato industriale, a sostenere gli investimenti
privati europei e a rivedere l’apparato giuridico entro il quale le imprese
operano; il consolidamento degli equilibri socio-economici consistente nel
mitigare gli effetti negativi a breve termine della transizione economica con
misure sociali adeguate e nel miglioramento dei servizi sociali e dell’istruzione,
all’interno dei quali possono essere anche realizzati programmi che
contribuiscano allo sviluppo della democrazia e dei diritti umani. Le azioni in
regionale invece si realizzano prevalentemente con incontri di dialogo,
conferenze, seminari e programmi tematici allo scopo di mettere insieme i
rappresentanti dei paesi del mediterraneo e qUelli dei paesi europei per
discutere questioni di interesse comune. Anche in questo caso i settori di
intervento ricalcano i tre assi di Barcellona. L’ammontare finanziario allocato
per la messa in pratica di MEDA è in sostanza essenzialmente rivolto non al
finanziamento diretto di imprese o società ma piuttosto a preparare l’humus e
le condizioni che ne permettano e favoriscano lo sviluppo. MEDA subordina
l’erogazione dei finanziamenti al rispetto di determinate condizioni di natura
politica a cui i Paesi terzi mediterranei devono adeguarsi, pena la sospensione
dei
finanziamenti, come il mantenimento
dei principi democratici e la tutela dei diritti umani. Con tale novità
l’Unione tenta di acquistare maggiore peso politico; i fondi possono essere
addirittura ritirati o sospesi. La Commissione ha , in base al criterio di
condizionalità politica, il diritto di proporre al Consiglio l’adozione di
misure appropriate (di cui la più estrema la sospensione immediata delle
sovvenzioni), in assenza di un elemento fondamentale per il proseguimento delle
misure di sostegno. In base a tale principio le sovvenzioni sono subordinate a
comportamenti giudicati virtuosi e conformi allo spirito del partenariato.
[102]
I finanziamenti comprendono gli aiuti a fondo perduto, provenienti dal bilancio
comunitario ed un ammontare analogo in prestiti della Banca Europea per gli
Investimenti. Nell'ambito degli aiuti a fondo perduto la parte preponderante è
rappresentata dal programma Meda. Tali aiuti sono gestiti dalla Commissione
Europea con l'assistenza del Comitato Med, composto dai rappresentanti degli
Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.
[103] A. Jünemann, Europe’s interrelations
with North Africa in the new framework of EuroMediterranean partnership - A
provisional assessment of the Barcelona concept, in European Commission , Third
ECSA World Conference “ The European Union in A changing world”, Bruxelles,
19-20 settembre 1996
[104]
Cfr. il quarto «considerando» del preambolo della Dichiarazione. Sugli Accordi
di Associazione si veda R. Sapienza op.cit. e F. Luchaire, Les associations à
la Communauté économique européenne, in «Collected courses of the Hague
Accademy of International Law», 1975, vol. I
[105]
V. Dononi, La conferenza di Barcellona: una svolta nei rapporti
Euro-mediterranei? In “Jura Gentium. Rivista di filosofia del diritto
internazionale e della politica globale”, n. 3, 2007 che in proposito cita il
caso dell’ordine pubblico. Vi sono però delle deroghe ad esempio in caso di
ordine pubblico, buon costume, pubblica sicurezza come sottolinea, l'art. 27
dell'accordo euro-tunisino: «Il presente accordo lascia impregiudicati i
divieti o le restrizioni all'importazione, all'esportazione o al transito
giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica
sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o
di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico
o archeologico nazionale o di tutela della proprietà intellettuale, industriale
e commerciale o dalle norme relative all'oro e all'argento. Tuttavia, tali
divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione
arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra le parti». La
stessa disciplina è prevista dagli artt. 27 degli accordi stipulati con la
Giordania e con Israele, dall'art. 28 dell'accordo con il Marocco, dall'art. 26
dell'accordo con l'Egitto, dall'art. 23 dell'accordo interinale con il Libano e
dall'art. 14 dell'accordo interinale con l'Autorità Palestinese
[106]
Firmato il 17 luglio 1995 ed entrato in vigore il 1 marzo 1998, ma il processo
di
eliminazione delle barriere tariffarie era stato
avviato addirittura prima della ratifica
dell'Accordo, come chiaro segnale della volontà di
apertura del Governo tunisino.
[107]
L'Accordo
distingue chiaramente i prodotti industriali (art. 7-14) da quelli agricoli
(artt. 15-19), mantenendo la differenza di regime, dal momento che per i
prodotti industriali originari della Tunisia importabili in Europa e viceversa
sono eliminati i dazi e le tasse di effetto equivalente (secondo un dettagliato
calendario che prevede nell'arco di dodici anni l'azzeramento totale
progressivo), mentre provvede solo a una progressiva liberalizzazione nei
reciproci scambi di prodotti agricoli e della pesca.
[108] Cfr. A. Sid
Ahmed, Les conditions de l'ancrage économique, in R. Bistolfi (a cura di)
EuroMéditerranée. Une région à construire, Parigi, Publisud, 1995
[109]
Ovvero per quanto riguarda la cooperazione multilaterale.
[110]
Tenute a Malta nel 1997 (Barcellona II), a Palermo nel 1998 (come incontro “ad
hoc”), a Stoccarda nel 1999 Barcellona III), a Lisbona nel 2000 (come “think
tank” meeting), a Marsiglia nel 2000 (Barcellona IV), a Bruxelles nel 2001 (a
livello informale), a Valencia nel 2002 (Barcellona V), a Creta nel 2003 (come
incontro di medio-termine), a Napoli nel 2003 (Barcellona VI), a Dublino nel
2004 (come conferenza di medio termine), a L‟Aja nel 2004 (per preparare il
decimo anniversario del Partenariato Euro-Mediterraneo), a Lussemburgo nel 2005
(Barcellona VII), a Tampere nel 2006 (Barcellona VIII) e a Lisbona nel 2007
(Barcellona IX).
[111] Cfr. B. KARRAY, L‟évolution du partenariat
euro-méditerranéen, in Journal du droit International 2008, v. 135, n. 3,
julliet-août-septembre
[112]
Il bilancio del partenariato euro-mediterraneo risulta mitigato se si guarda
alle deboli realizzazioni in materia di convergenza politico-giuridica e
all‟integrazione economica (B. KARRAY, L‟évolution du partenariat
euro-méditerranéen, cit.).
[113]
Durante le Conferenze ministeriali settoriali vengono adottate misure
specifiche per la cooperazione regionale; ma può anche accadere che le
decisioni delle riunioni ministeriali settoriali servano da spunto per
decisioni dei ministri degli Esteri. Il Piano d’Azione di Valencia, infatti, ha
fatto proprie molte indicazioni dei ministri responsabili degli scambi
commerciali.
[114] Cfr. http://www.euromedi.org/home/partenariato/conferenze/index.asp
[115]
L’idea era quella di elaborare uno strumento politico, non vincolante sul piano
giuridico, basata sul concetto di sicurezza globale, che considerasse gli
aspetti economici, sociali, culturali ed umani nella misura in cui condizionano
e determinano la pace e la stabilità nel Bacino del Mediterraneo. Il fallimento
della Carta è stato determinato proprio dalla mancanza di una concezione
globale sull’idea di sicurezza che accordasse tutti i partner.
[116]
Che si riunisce in media ogni tre mesi per verificare l’attuazione del
programma di lavoro della cooperazione regionale.
[117]
Per le questioni finanziarie la Commissione è coadiuvata dal Comitato MED,
composto da rappresentanti dei Paesi dell’Unione europea e da un rappresentante
della Banca europea per gli investimenti. Oltre a svolgere funzioni
organizzative, la Commissione agisce, stimolando la creazione di regole, norme,
routine e suggerendo modelli di comportamento.
[118]
La lotta al terrorismo è diventata uno dei pilastri dell’azione esterna dell’Unione,
tanto da essere indicata come una delle priorità nel documento presentato a
Salonicco da Javier Solana, Alto Rappresentante per la politica estera e di
sicurezza europea. Cfr. J. SOLANA, Un’Europa sicura in un mondo migliore,
documento presentato al Consiglio Europeo di Salonicco, 20 giugno 2003. Solana
indica altre nuove “minacce” strettamente legate al terrorismo: la
proliferazione di armi di distruzione di massa, gli stati falliti e il crimine
organizzato. La cosiddetta “strategia Solana” propone una visione
multidimensionale della sicurezza, in cui rientrano tanto la lotta al
terrorismo che quella alla povertà, insieme alla competizione per le risorse
energetiche. I tre scopi principali della European Security Strategy sono: - l’estensione
della sicurezza interna, di cui godono gli Stati membri, ai Paesi confinanti
con l’UE; - la promozione del multilateralismo e del sistema delle Nazioni
Unite; - l’individuazione di contromisure efficaci per far fronte ai key
threats.
[119]
Tuttavia, la cooperazione regionale avviene anche a livello di società civile:
per bilanciare la componente governativa del Partenariato Euro-Mediterraneo i
rappresentanti della società civile si sono mobilitati in una conferenza
Euro-Mediterranea “alternativa” già in occasione della Conferenza di Barcellona
del 1995. Fora Civili EuroMed si sono sempre tenuti prima o dopo le Conferenze
dei Ministri degli Affari esteri per riunire rappresentanti di associazioni
operanti nel settore dei diritti umani, dell’ambiente, dei sindacati, degli enti
locali, dell’industria. Le conclusioni del Forum Civile EuroMed (dichiarazioni
comuni o di singoli gruppi) vengono inoltrate ai Ministri degli Affari esteri,
alla Commissione e al Consiglio dell’Unione europea per veicolare le richieste
della società civile. La nascente società civile Euro-Mediterranea svolge
appieno la funzione di mobilitazione politica, contribuisce con questi incontri
alla diffusione di un linguaggio comune, che si basa sul confronto tra diverse
opinioni e vedute e offre ai rappresentanti dei Governi un riscontro diretto
sulle questioni più importanti.
[120]
10Euro-Mediterranean Study Commission è una rete di istituti di politica estera
nata a Sesimbra (Portogallo). Questa offre un’analisi indipendente degli
aspetti politici e di sicurezza della regione. La sua creazione era
espressamente prevista nel Programma di Lavoro allegato alla Dichiarazione di
Barcellona ed è stata concretizzata nel 1996. L’enfasi è posta sulla
cooperazione e lo scambio di informazioni che avviene in un contesto informale
per sviluppare la confidenza e la comprensione reciproca e, in ultima analisi,
avvicinare le posizioni di attori con culture di sicurezza differenti (cfr.
http://www.euromesco.net/index.php?option=com_frontpage&Itemid=1&lang=en).
[121]
Per completare l‟assetto istituzionale del Partenariato Euro-Mediterraneo,
vanno poi menzionati i gruppi tematici e di esperti. La Commissione europea
sostiene, spesso anche finanziariamente, la creazione di networks settoriali
che si prefiggono di intensificare i rapporti tra rappresentanti di diversi
settori produttivi o della società civile. Tra questi networks vi sono:
“ArchiMedes”, una rete di Camere di Commercio; “MEDAPME”, una rete di piccole e
medie imprese; “UniMed”, che riunisce le associazioni degli industriali. Vi è
poi la Rete euro-mediterranea per i diritti umani che effettua un monitoraggio
continuo del rispetto dei diritti umani nei Paesi membri, denuncia i casi di
violazione reiterata e sistematica delle libertà fondamentali, organizza
conferenze e gruppi di lavoro, oltre ad essere un’organizzazione attiva e presente
del Forum Civile EuroMed. L’attività del network si presenta come un’alternativa
ai forum formali di negoziato. L’informalità delle reti permette uno scambio di
opinioni più libero e franco, e la flessibilità di questi strumenti ne
garantisce la continuità e l’operatività nonostante i conflitti
politico-territoriali, che limitano l’interazione tra Governi. Questo
meccanismo di socializzazione è basato sull’interazione e il dialogo e dovrebbe
promuovere lo sviluppo di significati comuni, idee innovative e soluzioni
cooperative. Incontri di diplomatici, esperti o funzionari che si prefiggono di
promuovere il dialogo politico e la cooperazione internazionale e di prevenire
o gestire i conflitti attraverso tecniche consensuali o conoscenza normativa,
sono importanti veicoli per diffondere le idee condivise e le interpretazioni
comuni attraverso i confini statali nei rispettivi sistemi politici (cfr. E.
ADLER, Seeds of peaceful change: the OSCE‟s security community building model,
in Adler E. and Barnett M. (a cura di), in Security Communities, Cambridge
University Press, Cambridge, 1998).
[122]
Nel marzo 1999 e nel maggio 2000 si è tenuta rispettivamente la 1° e la 2°
Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti euro-mediterranei. Il 2° Forum
Parlamentare si è svolto nel febbraio 2001 e nel novembre dello stesso anno si
è tenuto il terzo, straordinario, per reagire agli attentati terroristici di
New York e Washington con una condanna comune al terrorismo, riaffermando al
tempo stesso la volontà di dialogo tra i popoli delle due sponde del
Mediterraneo. Nel giugno 2002 si è tenuto il 4° Forum Parlamentare Euro-Mediterraneo
che ha confermato l‟impegno per la creazione di un‟Assemblea Parlamentare
Euro-Mediterranea (APEM).
[123]
“LO SVILUPPO DELLE POLITICHE EURO-MEDITERRANEE. NUOVO SCENARIO” dott.ssa Carla
Taibi 2009
[124]
“LO SVILUPPO DELLE POLITICHE EURO-MEDITERRANEE. NUOVO SCENARIO” dott.ssa Carla
Taibi, 2009
[125]
Come la disputa sullo status del Sahara Occidentale che vi è da più di trenta
anni tra Algeria e Marocco.
[126]
R. BISTOLFI, Euro-Méditerranée: une région à construire, Roma, 1995
[127]
CONSIGLIO EUROPEO, Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo di
Cannes, (26-27 giugno 1995), in Diritto Comunitario e degli Scambi
Internazionali, 1995
[128]
Ancora oggi, nonostante l‟adozione di politiche volte a favorire la
diversificazione produttiva, i Paesi terzi mediterranei si concentrano sulla
produzione di pochi beni (es. l‟Algeria punta buona parte delle sue risorse
quasi esclusivamente nel campo degli idrocarburi). La mancanza di
diversificazione è una delle amare eredità lasciate a questi Paesi dalle
potenze colonizzatrici che hanno sempre favorito la produzione dei beni
richiesti dalla madrepatria senza alcuna considerazione per le esigenze locali.
[129]
J. IKENBERRY, Il regionalismo: competizione o cooperazione?, in Ikenberry J. e
Parsi V. E. (a cura di), Manuale di Relazioni Internazionali, Roma-Bari, p.
233. Inoltre, la creazione di una “economia su scala regionale” funziona da
effetto moltiplicatore sugli scambi. Questo è solo uno dei vantaggi perché come
indicato nelle principali teorie sul commercio internazionale, il libero
scambio massimizza la produzione mondiale e avvantaggia tutti i Paesi (cfr. M.
FOUQUIN, Mondialisation et regionalisation in Euro-Méditerranée, une région à
costruire, Publisud, Paris, 1995)
[130] A. LINJAKUMPU, Euro-Mediterranean
Partenship and the Barcelona Summit, 1995, in Research Report 1996, n. 66.
[131]
A. CHEVALLIER et G. KEBABDJIANG, L‟euro-méditerranée entre mondialisation et
régionalisation, in Monde Arabe: Maghreb-Machrek, 1997
[132]
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo. Imprimere
un nuovo impulso al processo di Barcellona, COM 497, definitivo, 2000
[133]
http://europa.eu/scadplus/leg/en/lvb/r15003.htm. Vedere in proposito anche il
rapporto di EuroMeSCo dove già nel 2000 si sottolineava che fosse chiaro che il
partenariato non avesse raggiunto I risultati sperati e non abbia soddisfatto
le attese in particolare delle regioni meridionali. Vi è stato anche un forte
senso di disillusione tra I partecipanti europei sulle effettive potenzialità
del partenariato ma nonostante ciò tutti I partner speravano ancora che se ne
potesse trarre qualche utilità su: www.euromesco.org.
[134]
LO SVILUPPO DELLA POLITICA EUROPEA NEL MEDITERRANEO. LA RICERCA DI UNA POLITICA
COMUNE IN TEMA DI
IMMIGRAZIONE DOTTORANDA Dott. Maria Luisa FICHERA
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