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lunedì 1 marzo 2021

vere domande a cui dovrebbe rispondere Matteo Renzi.

Farsi le domande da solo facilita di molto la ricerca delle risposte.

Fa così Matteo Renzi nella sua rubrica del cuore (il link: https://www.matteorenzi.it/enews_690_sabato_27_febbraio_2021): si scrive le domande e si da le risposte.

Poi il solito “spataffio” di comunicazioni scivolose della coorte renziana che alcuni chiamano Italia Viva, tipo Davide Faraone e Ivan Scalfarotto (quello che non ci teneva alle poltrone) e Anna Rita Leonardi diciamo.


Siccome non sono quelle le domande giuste, proviamo a porle noi le domande realistiche.


1- Lei ha partecipato alla famosa conferenza con Mohammad bin Salman in qualità di Matteo RENZI od in qualità di Senatore della Repubblica italiana? 

Se fosse la prima: Lei non ha titolo per “intrattenere rapporti ufficiali”, che in un certo modo potrebbero giustificarla, ma ha preso soldi personali, a livello personale, da un omicida e dittatore; se fosse in veste ufficiale (e sarebbe allora doveroso capire lo scopo di tale missione) ha “invidiato” il costo del lavoro Saudita facendo vergognare un paese occidentale e democratico, patria tra gli altri di Giuseppe Di Vittorio (ma forse nel periodo nel Partito Democratico non gliel’hanno ricordato).

2- Scrive di avere condannato l’omicidio #Khashoggi, ed adesso che la #CIA ha chiarito molte cose (tra cui le responsabilità di quell’omicidio), abbandonerà il board di un’ente guidato e finanziato da un’omicida?

3- quanti altri politici con incarichi attuali sono presenti e pagati nel board?


Ecco magari queste domande sono più realistiche.


Nel frattempo continua la raccolta firme per le dimissioni del senatore di Italia Viva.


http://chng.it/HxTssHgF

Prendere il Mes

 C’è una bella storia che la truppa di Matteo Renzi ci ha raccontato: Giuseppe Conte ed il suo governo non prendevano il #MES per populismo e per fare contenti il MoVimento 5 Stelle.

Passato #Conte ed il suo governo con l’arrivo di #MarioDraghi, il quale ha chiarito che non avrebbe preso il MES, i Renziani si sono affrettati a prendere posizione, ma a loro modo.

Davide Faraone autore delle più belle uscite di Italia Viva dichiara: <<Il nostro Mes è lei, presidente Draghi. Ecco perché noi di Italia viva non lo chiediamo più>> chiarendo che con l’effetto #Draghi, #spread giù per capirci, era più conveniente prendere soldi sul mercato che con il MES.

Tesi discutibile, ma uno prova a metterci la buona fede.

Poi però, siccome le storie di #MatteoRenzi finiscono tutte nello stesso modo, lo spread, come le persone di buon senso sapevano, risale per arrivare di nuovo a 105 punti (fonte: https://mercati.ilsole24ore.com/obbligazioni/spread/btp-10a-bund-10a?refresh_ce=1) ed a ben vedere due giorni prima delle dimissioni dei ministri di Italia Viva (Elena Bonetti, Ivan Scalfarotto, Teresa Bellanova) che hanno causato le dimissioni di Conte, lo spread era a 106 punti base (fonte: https://www.google.it/amp/s/www.repubblica.it/economia/2021/01/11/news/borse_11_gennaio_2021-282032263/amp/). 

Ora la cosa giusta sarebbe che Faraone dicesse: “scusateci”, ma siccome ciò non avverrà accorgetevi di quando sono stati opportunisti i personaggi appena citati.

A meno che ora #Renzi non metterà paletti e lancerà ultimatum anche a Draghi per prendere il MES (ma chissà come mai non credo).


Quanto fastidio doveva darti Conte? Quanto fastidio?

Giuseppe Conte e la Repubblica dove nessuno fa mai un passo indietro (post lungo lungo).


Spesso mi ritornano in mente le parole di #OscarFarinetti:” io lo dissi a Matteo. Vattene, vai un paio d’anni negli Stati Uniti, ti richiameranno loro”.

Il Matteo in questione è #Renzi, e “loro” è il Partito Democratico.

Ora, al di là della lungimiranza cattiva del patron di Eataly, va detto che il tema di farsi da parte è centrale nella storia moderna e contemporanea della politica italiana.

Silvio Berlusconi provò a fare un passo di lato, neanche indietro, solo alla fine della sua epopea, con Angelino Alfano, e neanche bene gli riuscì.

Gianfranco Fini non ci provò o comunque non si ha notizia di ciò che #Almirante fece con lui.

Non ci riuscirono Romano Prodi (e solo pensare che possa essere stato Sandro Gozi viene un momento di smarrimento; Sandra Zampa del resto è sempre stato un riferimento più che un delfino del professore bolognese); non ci è riuscito Massimo D’Alema ( e per Matteo Orfini vale quanto detto per #Gozi).

Forse #MatteoRenzi è un delfino (ma il padre putativo è innominabile, più di Renzi stesso con buona pace di Marco Travaglio) di Denis Verdini, ma in fondo di quale eredità stiamo parlando? 

Magari Umberto Bossi, ma ne Roberto Maroni ne Matteo Salvini sono realmente subentrati a seguito di una scelta del leader, a seguito di un passo indietro di quest’ultimo.

Si ha difficoltà a fare un passo indietro, per via di quel vecchio (e sempre verde) assioma #Andreottiano: “non lasciare mai la poltrona”.

Ecco la nostra #Repubblica si basa su questo principio. 

Chi ha lasciato ne è la prova.

Dove sono, tra gli altri, il già citato #Alfano, Enrico Letta, Alessandro Di Battista? 

Fuori dal girone principale.

Ovvio che ognuno di loro (non tutti con la stessa forza) occupano posizioni di primo piano, anche di prestigio almeno in un caso, ma non nella cabina di regia.

E #Conte? Conte da italiano segue questa medesima strada.

In attesa delle sue parole sappiamo da Beppe Grillo, Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede (tra gli altri) che l’ex premier ha accettato l’incarico di rifondare il MoVimento 5 Stelle.

Ma perché? Perché? Perché, porca miseria?

Perché Conte non è potuto realmente tornare a fare il professore per un biennio.

Magari con le sue idee ben diffuse, veicolate, ma perché adesso diventare personaggio di parte?

Perché adesso?

Essere leader di un partito che appoggia #MarioDraghi? Che bisogno c’era? 

Non so se per merito di Rocco Casalino, o altri, ma tutto era stato ben veicolato.

Le paure del popolo che il Governo Draghi sta generando e tutte le promesse che il nuovo governo di larghissime intese violerà, avrebbe aperto un’autostrada per la colazione tra M5S, Sinistra Italiana, #partitodemocratico: una coalizione che soltanto Conte avrebbe potuto incanalare e spingere avanti.

Adesso non è detto che sia così, soprattutto che sarà così. 

Una mossa per togliere Davide Casaleggio dai giochi, e per far contare meno gli uomini di Alessandro Di Battista, ma che comprometterà l’equilibrio dell’uomo sintesi del precedente #Governo.

Leggo da Saverio Tommasi che certo, da sinistra, si può essere contenti del nuovo compito del Professore Conte, perché sarà argine a derive destrose del Movimento 5 stelle e perché ha in alcuni temi di sinistra (ambiente e società) la sua direzione.

Magari si, ma magari anche no.

Conte diventa uomo di parte. Forte? Trainante? Lo dirà il tempo.

Il candidato premier della coalizione di centro sinistra? In questo momento non è più certo. Magari però Nicola Zingaretti tornerà politico e saprà sfruttare le cose a suo modo (cosa che da agosto 2019 non riesce più a fare).

Ed il resto delle sinistre? È il mondo di Conte? No.

Ma il soggetto unico di cui parla da mesi Pier Luigi Bersani, auspicando anche il nome di Conte, finisce qui? 

Insomma vediamo.

Sostituzione Arcuri. Perché ?

 Premetto che la decisione di sostituire #Arcuri era nelle cose, specie a seguito della nomina di altri ministri.

Premetto anche che non si vuole in alcun modo asetticamente difendere Arcuri (specie quando nell’aria c’è odore di avvisi di garanzia).

Ma mi chiedo perché sostituire Arcuri.

Ci sono motivi, che vengano detti, scritti.

La nota di Palazzo Chigi recita SOLAMENTE:


Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha nominato il Generale di Corpo d’Armata Francesco Paolo Figliuolo nuovo Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19. A Domenico Arcuri i ringraziamenti del Governo per l’impegno e lo spirito di dedizione con cui ha svolto il compito a lui affidato in un momento di particolare emergenza per il Paese.


Quindi perché?

Ha fatto male? Che venga detto. 

Non ha fatto male e serve ad accontentare Matteo Renzi, Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e quietare Giorgia Meloni? Che venga detto.

Certo dal #governodeimigliori ci si sarebbe aspettato un atteggiamento più trasparente.

Dal governo dei competenti ci si sarebbe aspettato una maggiore chiarezza.

Invece c’è solo l’apparenza di volere rimuovere nei nomi l’era di Giuseppe Conte, ma non nei fatti (in attesa del nuovo #Dpcm che tanto fastidio dovrebbe dare a Italia Viva).

sabato 13 febbraio 2021

Mi sarebbe piaciuta l’onestà intellettuale

 Mi sarebbe piaciuta l’onestà intellettuale di dire non possiamo essere contenti stasera.

Mi sarebbe piaciuta la sincerità nell’ammettere che le cose dovevano andare meglio.

Non ho trovato ne l’una né l’altra.

Purtroppo.

Mi si dirà non c’è più Alfonso Bonafede alla #Giustizia (che ho sempre aspramente criticato e non per la polemica, anche sterile, sulla prescrizione, ma per certe idee sull’ “eliminazione del processo per chi spara ai ladri in casa”), ma c’è Renato Brunetta alla pubblica amministrazione porca miseria.

E poi giorni e giorni a sparlare degli scappati di casa ed adesso vi vanno bene Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna, Erika Stefani e Federico D'Incà?

E poi i discorsoni sul metodo e merito di Luigi Di Maio e Roberto Speranza (che io personalmente ho apprezzato) che fine hanno fatto? Ora vi vanno bene? 

E sulla scuola tutto va bene? E perché?

Ora c’è #MarioDraghi e va bene tutto? Ed allora perché non tutti tecnici? Perché dovete spartire il #RecoveryFund?

E non tiene neanche la tesi secondo cui i ministeri strategici non vanno ai politici che sono brutti, sporchi e cattivi, perché se dopo (ed in parte durante) una pandemia con un piano per lo sviluppo da implementare, cosa è più strategico di #Salute, #pubblicaamministrazione e #sviluppoeconomico?

La verità è che il #ConteBis doveva nascere perché Matteo Renzi altrimenti sarebbe scomparso, e doveva finire perché altrimenti ItaliaViva sarebbe scomparsa, e con lei le vecchie leadership di Nicola Zingaretti e Beppe Grillo nel MoVimento 5 Stelle.

Mi si dirà “ma ora c’è #Colao”: sarebbe bastato difenderne il piano con la stessa fierezza con cui si sono difese le nuove “democrazie rinascimentali”, ma in fondo lo sanno tutti no che quel piano era il festival dell’aria fritta.

Contento del Partito Democratico? Certo che no.

Sedersi nello stesso consesso in cui si celebrerà Silvio Berlusconi e si avvierà un percorso di restaurazione dei potentati e lobby ed impoverimento delle masse è la più grande delle vergogne; stesso ragionamento dicasi in proporzione per Sinistra Italiana.

Ed in fine il paradosso dei paradossi: a fare l’opposizione alla destra è la destra di Giorgia Meloni, che solo a dirlo viene da ridere.

Ci vorrebbe l’onestà intellettuale per dire che non possono coesistere socialdemocrazia e liberismo, con buona pace di Walter Veltroni;

Ci vorrebbe la sincerità di dire che #Berlusconi adesso è centrale nella politica italiana (e può lasciare la leadership a #Renzi);

Ci vorrebbe la lucidità per dire che dopo che il #m5s è diventato quello che è diventato nessuno crederà più alla politica partecipata per i prossimi 20’anni.

Ma come già detto: mi sarebbe piaciuto trovare onestà intellettuale e sincerità.

Invece ho trovato solo la solita vecchia pochezza.

lunedì 4 gennaio 2021

Fallimento

 Se hai meno di 20’anni, o giù di lì, od addirittura meno, esci da un funerale tragico in cui si piange un 16enne morto per un’incidente stradale e cammini senza casco, sfidando pioggia e fango (il tema della mancanza della targa tralasciomolo in questo frangente) c’è un serio problema.

Non sei cattivo, magari neanche stupido, sei senza cultura, sei impreparato a capire la vita ed i pericoli connessi.

Su quegli scooter, con marmitte truccate, parafanghi cadenti, mentre si effettuano sorpassi almeno discutibili, c’è il fallimento di due istituzioni cardini della nostra società: famiglia e scuola.




venerdì 1 gennaio 2021

Pensierino di fine Anno 2020






Ci siamo.

Ultimo giorno, o quasi.

Tra poche ore il 2020 sarà un ricordo.

Uno di quei ricordi che porteremo con Noi per sempre.

Più che un livido, una cicatrice.

È stato un anno lungo, lunghissimo.

Per la prima volta ho provato la strana sensazione già nota ad alcuni: vivere più anni nello stesso anno.

C’è stato qualcosa, forse un’illusione, prima che il covid e parole come pandemia e virus ci abbracciassero e stringessero fortemente.

Poi è arrivato LUI. Da lì paura, porte chiuse, dirette televisive con numeri sempre più spaventosi, camici, esperti e bare.

C’è stato un dopo, forse un’altra illusione, fatto di sole, domande e dubbi e tanti tanti sorrisi.

Ed infine il suo ritorno.

LUI che riappare con vigore, non essendo mai andato realmente via, si siede a capotavola e ci dice come mangiare, a che ora uscire e di cosa avere paura.

Ogni singolo passaggio, qui citato o meno, è stato faticoso, pesante.

È complicato descrivere il sapore di certe sensazioni.

Hai la muffa nel cervello, il fischio nelle orecchie.

Quando hai voglia di uscire e ti impressioni delle strade vuote; quando hai la necessità di parlare con qualcuno e quel qualcuno è lontano parecchi lockdown da te.

Sono stati mesi difficili, un anno complicato. Quando hai paura del campanello che suona, di una busta che si apre con un esito, quando conti i giorni prima di potere sentire l’aria entrare dal finestrino.

Già sensazioni, sicuramente sconnesse, ogni ricordo ne tira fuori un altro.

Dirette, speciali, morti, contagiati, intubati.

Eppure questo 2020 ci lascia tanto, mi lascia tanto.

Ho concretizzato che cosa non voglio essere, entrerò nel nuovo anno con la grande possibilità di volare verso ciò che ritengo il mio posto nel mondo, o magari verso lidi più favorevoli. 

Ho riscoperto il valore dell’amicizia senza pudore, della voglia di famiglia presente e futura ed ho avvertito il prezzo delle sofferenze.

Molti, moltissimi, in questo 2020 hanno perso tanto, tantissimo.

Non posso che essere solidale con loro, ricordandomi di sorrisi che non vedrò più.

Insomma non c’è alcuna morale in questo fine 2020 come non c’è nel mio pensiero.

C’è la speranza.

C’è la speranza che il cinismo sociale che è proliferato ritorni ad essere oggetto di vergogna;

che la voglia di parlare a tutti i costi smetta e che si viva senza facili bagliori ed appannamenti;

che l’ignoranza sia perseguita come un male sociale;

C’è la speranza che ritorneremo a guardare la luna, abbracciati, stretti, con chi vogliamo, senza guardare l’ora.



domenica 22 novembre 2020

Prima o poi il Coronavirus andrà via ma cosa si sarà portato con se?

Mesi addietro, era agosto, passo dopo passo compivo il mio solito rito estivo: Rosita, che pazientemente mi aspettava sulla sdraio, ed io che percorrevo tutta la battigia di #tonnarella. 

Lidi, facce, bimbi e le solite riflessioni:

“I lidi stanno distruggendo la spiaggia, quasi quanto le maree”; “quel lido anche quest’anno si conferma, per l’ennesima stagione, ritrovo di borghesi decaduti”; “guarda chi si mette nella spiaggia libera”.

Insomma soliti pensieri, non tutti di cui vado fiero.

Però era il solito, quello di sempre, il flusso di coscienza che conosceva la mia mente, quella sabbia, quelle onde.

Certo mi interrogavo sul #covid ma lo facevo con “quasi serenità”. Nel mio intimo e con gli affetti più cari avevo previsto molte delle cose che sarebbero successe, molti deliri, e molte cose “ridicole” oltre al patema dei troppi morti e dei troppi intubati. Oltre alla mia famiglia, Giovanni, Alberto e Daniele erano stati complici e coautori di una serie infinita di riflessioni, pensieri, interrogativi, ma in nessuno di loro mancava la luce del domani. 

Problemi si, grandi certamente, ma sempre da affrontare. 

Da settimane ormai, Vi dico la verità (almeno a Voi che siete arrivati a questo punto del post) non vedo il domani, non riesco a capire, ad interpretare. 

Ho esternato le mie paure, le mie ansie persino ai colleghi negli ultimi giorni.

Il mondo si sta normalizzando nel distacco disumano che abbiamo.

Qualcuno mi ha detto: “è normale, ci si abitua a tutto”.

Sicuramente sarà vero, ma se mi sono potuto abituare ad altro, non so se sia realmente possibile abituarsi alla “solitudine”, a “stare in pochi” sempre.

A non uscire di casa.

Prima o poi il #Coronavirus andrà via ma cosa si sarà portato con se?

Cosa ci avrà lasciato?


Ho ripensato alle dirette social con Salvatore Quinci, Ciccioloso, don Davide Chirco, Pasqualino Mattaroccia e tanti altri amici.

Ho pensato alla speranza di marzo ed all’abitudine di queste ore.


Oggi ho immaginato di nuovo quella spiaggia e non ho potuto fare altro che ricordarla in bianco e nero.



lunedì 21 settembre 2020

Alcune piccole riflessioni “antipatiche” nella sera POST VOTO.

Vince il SI (al referendum per la diminuzione dei deputati e senatori), in realtà stravince SI, ma siccome siamo stati chiamati  a decidere del futuro dell’organo democratico più alto ed importante del Paese Italia, quindi non a fare una gara, usiamo termini almeno vicini alla consonanza istituzionale. Un’affermazione netta, sicuramente spinta da temi populisti ed inconsistenti come il “risparmio dei soldi”.

In realtà però è aberrante pensare che fior di intellettuali, opinionisti e politici vari abbiano dato questa chiave di lettura. Nel SI non c’era solo populismo, c’erano ragionamenti e storiche battaglie del Pc; nel SI c’è stato il desiderio di cambiamento, ragionato alla base di un mondo e di istituzioni diverse rispetto a quelle degli anni ‘60.

E c’era tanto populismo anche nel NO, tantissimo e non meno ignorante. Frasi come “un caffè al giorno” e “non risparmiamo nulla in realtà” hanno banalizzato ed offeso il SI ragionato e consapevole, quello di chi auspicava un’attualizzazione del Parlamento rispetto ai fenomeni di regionalismo e federalismo da più parti invocato.

Sono state allocate male e sbrigativamente le risposte per il NO, credendo che alla fine mettere la “maglietta rossa” fosse un diritto divino, decerebrato, appannaggio di chi vorrebbe essere radical chic.

Non mi sfugge certo quanto questa sera il peso della vittoria cada sulle spalle di compagini politiche che hanno promesso tali e tante riforme da far tremare i muri, ma alla fine chi non le ha promesse? Luigi Di Maio ed il MoVimento 5 Stelle vincono, è vero, ma la colpa è più di chi tra piroette e giochi di palazzo ha perso la bussola, più che reali meriti del #Movimento5Stelle.

Contorno non meno importante, ma pur sempre contorno sono le elezioni regionali.

Per l’ennesima volta Matteo Salvini tenta attraverso un voto regionale la spallata e come al solito perde. Si conferma per il Partito Democratico la Regione Toscana del neo presidente Eugenio Giani e Vincenzo De Luca tiene stretta la Regione Campania. Certo Luca Zaia stravince in Veneto ma alzi la mano chi pensa di merito di Salvini.

È come se non si capisse che le regionali nella stragrande maggioranza dei casi facciano strada a se rispetto agli indirizzi nazionali, o magari i politici nazionali sono costretti a fare una pantomima perenne. Chissà?

Intanto però la segreteria di Nicola Zingaretti è sempre più salda, Giuseppe Conte può andare avanti, avendo l’occasione di fare la storia e tutti possono trarre elementi positivi (tranne i candidati presidente di regione non eletti ovviamente).

Tutti tranne uno: Matteo Renzi.

Inutile nelle sconfitte, ancora meno nelle vittorie: ininfluente a dir poco.

Italia Viva non riesce neppure ad essere una meteora, nella perenne attesa che Silvio Berlusconi tiri le cuoia ed il suo elettorato migri (ma poi neanche il covid ce la fa).

Un’epopea di storture (magari dovute al Karma) da quella celebre e baldanzosa vittoria alle europee (il famoso 40%) che costringono il buon matteo a stare sereno (più sereno dei suoi peggiori incubi).

Ora comincia una stagione necessariamente nuova, e il vero passaggio costituzionale non è tanto nella legge elettorale (tanto ognuno sceglierà se gli piace di più proporzionale, maggioritario, con o senza soglia di sbarramento) ma renderci conto che sono i partiti a doversi istituzionalizzare. Senza una vera legge sui partiti non ci sarà mai, mai, mai compimento nella nostra democrazia.

Ivano Asaro

mercoledì 15 luglio 2020

Autostrade e la capacità di non sorprendersi più.


A poche ore dalla fine di un consiglio dei ministri tra i più interessanti degli ultimi anni, e nel pieno ed incessante vociare di commentatori, giornalisti, opinionisti del web e giù via sino all'ultimo neurone, mi piace fare qualche riflessione (interessante nella misura in cui lo riteniate).
1- il Consiglio dei Ministri (a cui sopra si faceva riferimento) è uno dei più interessanti, perché era l'occasione per l'Italia per rimettere al centro taluni temi, rimettere al centro la politica, rimettere al centro le idee (e perché no le ideologie). C'era, e forse ci sarà, in ballo la visione di questo Paese (e la visione è il vero asset che nessuno cura, ben più dell'asfalto). Il CDM doveva rispondere alla fondamentale domanda: qual'è il limite all'economia rispetto all'interessa pubblico? Purtroppo, almeno da quanto appare, di italiano c'è stato l'esito, non la gloriosità. La solità palla a metà, la solita sentenza andreottiana, ne colpevole ne innocente. I Benetton fuori, "ma anche no", revoca? NI. Insomma il Presidente
Giuseppe Conte
, ed il suo Governo riprenderanno (ripeto da quanto si capisce) in mano (per mezzo di Cassa depositi e Prestiti) le Autostrade nel loro momento peggiore (cadenti in tutto lo stivale) ed i Benetton vedranno diminuire la loro rilevanza in maniera sostanziale. Solo che il rilancio di Autostrade non lo pagherà chi per anni ha munto questa infrastruttura, ma chi subentra, cioè lo Stato. E' una sconfitta? non del tutto. 43 morti e scandali adesso non hanno più un collegamento con i vertici aziendali, perché quel vertice adesso non c'è più.
2- A chi ha una certa idea, e tra questi IO, la parola privatizzazione fa paura (ed anche un po schifo). Non ci può essere nessuno che però pensi bene delle privatizzazioni in Italia. Un solo caso positivo di spessore? NO. Se lo Stato subentra dovrebbe chiedere i danni a chi per anni ha speculato. Ma lo Stato è anche quella parte che le privatizzazioni le ha volute, non sempre in buona fede, ed adesso, se avesse buon senso dovrebbe tacere.
3- Leggo da stamattina molte opinioni. Dovrei rispettarle tutte ma non ci riesco. Dal 1999 ad oggi, ci sono stati tutti i colori (o quasi) al Governo, e tutti i colori all'opposizione. Nessuno, nessuno, nessuno, sino al crollo del ponte di Genova ha messo al centro il tema Autostrade, nessuno ha parlato delle Privatizzazioni che perpetuavano un danno a Stato, Finanza Pubblica, Cittadini, Utenti, anzi hanno continuato (Alitalia docet), come fanno codesti soggetti oggi, ed i loro sodali, a scagliarsi contro il Governo, reo di avere fatto quello che ha fatto? Mentre la rete autostradale crollava, mentre i patti sugli investimenti che la famiglia Benetton non ha rispettato, loro che facevano?
Non mi stupisco perciò che l'Italia resti l'Italia e che non ci sia vergogna alcuna nel volto di
taluni.

Ivano Asaro