Google+

lunedì 1 marzo 2021

Giuseppe Conte e la Repubblica dove nessuno fa mai un passo indietro (post lungo lungo).


Spesso mi ritornano in mente le parole di #OscarFarinetti:” io lo dissi a Matteo. Vattene, vai un paio d’anni negli Stati Uniti, ti richiameranno loro”.

Il Matteo in questione è #Renzi, e “loro” è il Partito Democratico.

Ora, al di là della lungimiranza cattiva del patron di Eataly, va detto che il tema di farsi da parte è centrale nella storia moderna e contemporanea della politica italiana.

Silvio Berlusconi provò a fare un passo di lato, neanche indietro, solo alla fine della sua epopea, con Angelino Alfano, e neanche bene gli riuscì.

Gianfranco Fini non ci provò o comunque non si ha notizia di ciò che #Almirante fece con lui.

Non ci riuscirono Romano Prodi (e solo pensare che possa essere stato Sandro Gozi viene un momento di smarrimento; Sandra Zampa del resto è sempre stato un riferimento più che un delfino del professore bolognese); non ci è riuscito Massimo D’Alema ( e per Matteo Orfini vale quanto detto per #Gozi).

Forse #MatteoRenzi è un delfino (ma il padre putativo è innominabile, più di Renzi stesso con buona pace di Marco Travaglio) di Denis Verdini, ma in fondo di quale eredità stiamo parlando? 

Magari Umberto Bossi, ma ne Roberto Maroni ne Matteo Salvini sono realmente subentrati a seguito di una scelta del leader, a seguito di un passo indietro di quest’ultimo.

Si ha difficoltà a fare un passo indietro, per via di quel vecchio (e sempre verde) assioma #Andreottiano: “non lasciare mai la poltrona”.

Ecco la nostra #Repubblica si basa su questo principio. 

Chi ha lasciato ne è la prova.

Dove sono, tra gli altri, il già citato #Alfano, Enrico Letta, Alessandro Di Battista? 

Fuori dal girone principale.

Ovvio che ognuno di loro (non tutti con la stessa forza) occupano posizioni di primo piano, anche di prestigio almeno in un caso, ma non nella cabina di regia.

E #Conte? Conte da italiano segue questa medesima strada.

In attesa delle sue parole sappiamo da Beppe Grillo, Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede (tra gli altri) che l’ex premier ha accettato l’incarico di rifondare il MoVimento 5 Stelle.

Ma perché? Perché? Perché, porca miseria?

Perché Conte non è potuto realmente tornare a fare il professore per un biennio.

Magari con le sue idee ben diffuse, veicolate, ma perché adesso diventare personaggio di parte?

Perché adesso?

Essere leader di un partito che appoggia #MarioDraghi? Che bisogno c’era? 

Non so se per merito di Rocco Casalino, o altri, ma tutto era stato ben veicolato.

Le paure del popolo che il Governo Draghi sta generando e tutte le promesse che il nuovo governo di larghissime intese violerà, avrebbe aperto un’autostrada per la colazione tra M5S, Sinistra Italiana, #partitodemocratico: una coalizione che soltanto Conte avrebbe potuto incanalare e spingere avanti.

Adesso non è detto che sia così, soprattutto che sarà così. 

Una mossa per togliere Davide Casaleggio dai giochi, e per far contare meno gli uomini di Alessandro Di Battista, ma che comprometterà l’equilibrio dell’uomo sintesi del precedente #Governo.

Leggo da Saverio Tommasi che certo, da sinistra, si può essere contenti del nuovo compito del Professore Conte, perché sarà argine a derive destrose del Movimento 5 stelle e perché ha in alcuni temi di sinistra (ambiente e società) la sua direzione.

Magari si, ma magari anche no.

Conte diventa uomo di parte. Forte? Trainante? Lo dirà il tempo.

Il candidato premier della coalizione di centro sinistra? In questo momento non è più certo. Magari però Nicola Zingaretti tornerà politico e saprà sfruttare le cose a suo modo (cosa che da agosto 2019 non riesce più a fare).

Ed il resto delle sinistre? È il mondo di Conte? No.

Ma il soggetto unico di cui parla da mesi Pier Luigi Bersani, auspicando anche il nome di Conte, finisce qui? 

Insomma vediamo.

Nessun commento:

Posta un commento