Capitolo 5. Rapporti di
Cooperazione odierni
- Accordi Ue-Paesi Mediterranei
L’Insorgenza delle cosiddette “primavere arabe” nel
2011 ha messo in discussione le politiche e più in generale la funzione dell’Ue
nel Mediterraneo, anche alla luce dell’emergere di protagonisti regionali
attivi e determinati, ovvero le monarchie del Golfo. Il contesto di metamorfosi
prodotto dalle rivolte arabe ha spinto l’Ue a rivedere e ripensare le sue
strategie e più genericamente le sue politiche. L’avere stretto accordi con gli
autocrati, e molto spesso veri e propri tiranni, ha esposto l’Unione a numerose
critiche, mal concilianti con il ruolo pacificatore rappresentato, soprattutto
in quei paesi dove, con l’abbattimento dei vecchi regimi, si era aperta una
fase di mutamento politico.
1.1 Quadro Giuridico di RIferimento
Primo passo di questo nuovo corso è la comunicazione
del marzo 2011, con la quale la Commissione ha lanciato la Partnership for Democracy and Shared Prosperity with the Southern
Mediterranean (Pfdsp)[1]
con un fine chiaro, cioè quello di sostenere nel breve termine le
sollecitazioni provenienti dai popoli desiderosi di democrazia, con strumenti
di partecipazione politica, difesa della dignità, libertà e opportunità
occupazionali espresse dalle popolazioni dei partner arabi. Allo stesso tempo
il documento ha fatto affiorare l’esigenza di un cambio netto di approccio
dell’Ue verso l’area alla luce delle profonde trasformazioni provocate dalle
primavere arabe, sottolineando il bisogno di introdurre una maggiore diversificazione
tra partner, deficit come si è fin qui analizzato delle precedenti esperienze
di cooperazione. È stato così inserito l’approccio “incentive-based” (basato
sugli incentivi), il cosiddetto “more for more[2]”, che si
traduce in un migliore (qualitativamente oltre che quantitativamente) sostegno
finanziario da parte dell’Ue per quegli Stati che avanzano più in fretta nel
processo di riforme Democratiche. Si può considerare come una “condizionalità
positiva[3]”
che si distingue dalla condizionalità “negativa” inserita negli Accordi di
Associazione. I partner più “virtuosi” potranno guadagnare lo “status avanzato”
che, oltre al sostegno finanziario, coinvolge i soggetti in un dialogo politico
più approfondito con l’Ue, maggiore legame ed oneri in materia di mobilità e
accesso al mercato unico europeo. Tra i partner mediterranei solo Marocco e
Giordania beneficiano dello status “avanzato” rispettivamente dal 2008 e dal
2010.
Gli elementi cardini su cui si basa la Partnership
sono:
·
Conversione delle
istituzioni verso una sistematica applicazione della rappresentazione
democratica e institution-building, incluse libertà fondamentali e riforme
annesse;
·
Partnership marcata con
le popolazioni, con specifica efficacia e riferimento al sostegno alla società
civile e ai contatti people-to-pleople;
·
Crescita sostenibile e
inclusiva e sviluppo economico, in particolare piccole e medie imprese.
È con la dichiarazione della Commissione europea e
dell’Alto Rappresentante per la politica estera del maggio successivo, A New Response to a Changing Neighbourhood:
A Review of the European Neighbourhood Policy[4], che il
rinnovato metodo della Partnership for Democracy and Shared Prosperity viene
posto alla base della rettifica della Pev[5]. Questa
replica il supporto ai processi di democratizzazione (“deep and sustainable
democracy”) ed alla crescita economica e sociale sostenibile, tramite una
sequenza coordinata di misure concrete tra cui l’opportunità per i singoli
partner di trattare un’area di libero scambio approfondita e completa (deep and
comprehensive free trade area), il consolidamento della cooperazione in settori
chiave quali ambiente e cambiamenti climatici, energia, trasporti e tecnologia,
nonché agevolazioni in materia di visti e accesso all’Ue per i partner più
avanzati. Nonostante non si faccia specifica menzione alla cooperazione
decentrata a livello territoriale, nel documento viene sottolineata
l’importanza del consolidamento della cooperazione people-to-people, anche
attraverso partnership di mobilità per specifiche categorie, e a livello
sub-regionale. Queste due dimensioni comportano anche un intervento delle
autorità locali[6].
Alla fine del 2011, l’intero processo di modifica ha portato alla proposta di
stabilire Eni (European Neighbourhood Instrument) come nuovo dispositivo
finanziario della Politica di Vicinato per il periodo tra il 2014 e il 2020.
Eni ha l’obiettivo specifico di accelerare il sostegno finanziario dell’Unione,
essendo più flessibile e più efficiente. Eni ha mantenuto lo stesso
orientamento di Enpi, sovvenzionando la cooperazione su tre livelli:
bilaterale, multilaterale e transfrontaliera. Ma allo stesso tempo ha
introdotto delle novità sostanziali. Innanzitutto, ha previsto un aumento del
budget europeo da 11,9 miliardi di euro a 15,4 miliardi per 16 paesi della Pev
(10 partner mediterranei e 6 vicini dell’Europa orientale e del Caucaso). In
secondo luogo, ha ristretto il focus a sei obiettivi specifici, contro i 29
individuati da Enpi. In particolare, la novità di Eni è stata quella di
accogliere tra le sei priorità il rafforzamento della cooperazione a livello
regionale, sub-regionale e transfrontaliera. In questo modo viene affermata
l’importanza della cooperazione decentrata nel favorire la progressiva
integrazione dei paesi della sponda Sud nel Mercato unico europeo. Nonostante
gli aggiustamenti post 2011, il moltiplicarsi delle sfide nel vicinato europeo,
tanto a Est quanto a Sud, ha spinto l’Ue ad avviare una nuova procedura di
revisione della Pev per rispondere in maniera più adeguata alle esigenze e agli
interessi dei partner più desiderosi di avanzare nel processo di avvicinamento
all’Unione e di integrazione nel Mercato unico europeo. In questo contesto si
introduce la consultazione lanciata lo scorso marzo dalla Commissione e
dall’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza per
la revisione della Pev i cui risultati sono attesi entro fine 2015[7]
. La necessità di una effettiva coownership, di un più ampio coinvolgimento dei
paesi partner nella Pev e di una maggiore diversificazione e flessibilità sono
tra gli aspetti prevalentemente messi in rilievo. Negli ultimi anni si è
sottolineata anche l’esigenza di investire maggiormente, non solo in termini di
risorse finanziarie, sul decentramento territoriale e sul coinvolgimento attivo
delle autorità locali nell’implementazione, gestione e valutazione dei
progetti.
1.2 Legittimità e Validità degli accordi
La cooperazione tra enti territoriali è stata inserita
nell’ambito delle relazioni euro-mediterranee per la prima volta con la Pev. I
programmi di cooperazione transfrontaliera sono stati supportati da Enpi per il
periodo 2007-2013 e da Eni per il periodo 2014-2020. Essa prevede attualmente
17 programmi tra paesi europei e i loro vicini nelle sponde Est e Sud del
Mediterraneo. Tra questi, due programmi nello specifico interessano l’Italia:
il Programma Bacino del Mediterraneo (Sea Basin Programme) e il Programma
marittimo (Sea Crossings Programme).
Il Programma per il
Bacino del Mediterraneo 2007-2013, si fissava di
promuovere la cooperazione transnazionale e facilitare l’integrazione
regionale, al fine di avviare le basi di uno sviluppo equo e sostenibile a
livello economico, sociale e territoriale. I diversi progetti hanno interessato
partner provenienti da regioni italiane e dei paesi della sponda Sud. Il
Programma Operativo sancito il 14 agosto 2008 con la risoluzione n° C (4242)
della Commissione europea, ha individuato i seguenti obiettivi sulla base dei
quali sono stati selezionati i progetti da finanziare[8]:
·
Promuovere lo sviluppo
socio-economico e il potenziamento dei territori Lo sviluppo equo e sostenibile
tra i partner del Mediterraneo rappresenta la sfida maggiore. Per ottenere
questo obiettivo, il Programma 2007-2013 aveva selezionato, tra le sue
priorità, il sostegno alla ricerca e all’innovazione, il rafforzamento dei
cluster economici, la realizzazione di nuove sinergie tra potenziali partner e
il consolidamento delle strategie nazionali per la programmazione territoriale.
·
Promuovere la
sostenibilità ambientale a livello del bacino del Mediterraneo Anche
nell’ottica di far fronte al mutamento climatico, il Programma ha individuato
la priorità di prevenire i fattori di rischio per l’ambiente e favorire l’uso
di energie rinnovabili in tutta la regione del Mediterraneo.
·
Promuovere modalità e
condizioni migliori per la mobilità di persone, beni e capitali La mobilità è
un elemento essenziale della cooperazione regionale e territoriale, e come tale
merita l’attenzione della politica europea. La priorità in questo senso è stata
quella di facilitare gli spostamenti di persone tra i territori come strumento
di arricchimento culturale e sociale.
·
Promuovere il dialogo
culturale e la governance locale Questo si inserisce nel progetto di fare del
Mediterraneo un’area di pace e stabilità. Per questo motivo, le misure
individuate hanno promosso la mobilità e gli scambi tra giovani professionisti
e il potenziamento dei processi di governance a livello locale.
·
In totale, l’Unione
europea ha erogato per il Programma 2007-2013 oltre 173 milioni di euro il 40%
dei quali è stato assorbito dall’obiettivo volto a favorire l’avanzamento dello
sviluppo socio-economico e rafforzamento dei territori. I beneficiari dei
progetti sono stati attori del settore sia pubblico sia privato[9].
Tra le regioni italiane, quelle idonee a richiedere finanziamenti sono state le
seguenti: Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna,
Sicilia e Toscana. Inoltre, sotto specifiche circostanze da valutare caso per
caso, erano eleggibili anche altre regioni italiane[10]. Tra i
paesi partner della sponda Sud, invece, erano eleggibili i seguenti paesi:
Algeria, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria,
Tunisia e Turchia. In concreto, i progetti selezionati e finanziati dal Programma
per il Bacino 2007-2013 sono stati più di cento e hanno riguardato innumerevoli
settori. Nell’ambito dell’obiettivo 1, a supporto dell’innovazione, della
ricerca e della creazione di nuovi cluster economici, sono stati selezionati ed
implementati progetti volti a sfruttare le risorse archeologiche e le risorse
naturali, in particolare quelle idriche; a investire su forme innovative di
agricoltura e di allevamento; a rafforzare il settore del turismo e promuovere
nuove destinazioni; a migliorare le infrastrutture e le vie di trasporto, in
particolare le autostrade; a migliorare lo status sociale delle donne e a
creare posti di lavoro soprattutto per i giovani. Per quanto riguarda
l’obiettivo 2, sono stati finanziati progetti che riguardavano la gestione sostenibile
delle risorse idriche per l’irrigazione, il riciclo dell’acqua, il
miglioramento della qualità dell’aria e dell’inquinamento, la gestione delle
aree portuali, il turismo sostenibile, lo sviluppo delle energie rinnovabili.
Rispetto all’obiettivo 3, è stato finanziato un solo progetto condotto
dall’Università di Genova, in collaborazione con altri centri situati in
Spagna, Libano, Grecia e Giordania, relativo al miglioramento della
circolazione di beni tra il Medio Oriente e i paesi dell’Unione europea,
adottando tecnologie condivise soprattutto in ambito portuale. All’interno
dell’obiettivo 4, per favorire la mobilità di giovani professionisti e
studenti, sono stati finanziati progetti che favorissero la collaborazione tra
università, centri di ricerca in vari ambiti, istituti di cultura e fondazioni.
I progetti selezionati hanno riguardato le tematiche più disparate: gli studi
sulla botanica, la drammaturgia araba contemporanea, l’archeologia e i musei e
il turismo, ma anche l’uso di tecnologie e telecomunicazioni a servizio delle
pratiche di governo.
Il Programma per il
Bacino del Mediterraneo[11]
è stato confermato anche per il successivo periodo finanziario 2014-2020.
Durante il meeting del Comitato Congiunto di Programmazione tenutosi nel
gennaio 2015, i paesi partecipanti ne hanno definito la nuova strategia.
Basandosi sull’esperienza passata dell’Enpi Cbc Med per il periodo 2007-2013,
l’Eni Cbc Med si propone di concentrarsi soprattutto su questioni legate alla
sfera socio-economica e all’ambiente. Inoltre, se nel periodo 2007-2013 erano
stati soprattutto i paesi europei del Mediterraneo a giocare un ruolo guida e a
beneficiare della cooperazione, il Programma Bacino del Mediterraneo finanziato
da Eni si propone di investire soprattutto sui partner della sponda Sud.
Il Programma 2014-2020
prevede due macro obiettivi: promuovere lo sviluppo socioeconomico, da un lato,
e far fronte alle sfide ambientali comuni, dall’altro. All’interno di questi
due macro ambiti, sono stati stabiliti quattro obiettivi tematici specifici. Il
primo è quello di favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese. Le
piccole e medie imprese, infatti, rappresentano oltre il 90% del business nella
regione, e quindi sono uno dei principali motori dello sviluppo economico, capaci
di creare posti di lavoro, stimolare la crescita e i processi di innovazione.
Per sostenere la crescita e la competitività di queste imprese sul medio e
lungo termine, il programma si focalizza su:
- Sviluppo
dell’innovazione tecnologica, manageriale e operativa, dando supporto a
startup innovative e nuove imprese che abbiano una dimensione
transnazionale/transfrontaliera e che siano gestite da imprenditori
giovani e/o donne;
- Creazione e
consolidamento di network euro-mediterranei sia in settori tradizionali
(agroalimentare, turismo, tessile, ecc.) sia in quelli non-tradizionali
(sviluppo urbano innovativo, energie rinnovabili, industria creativa,
ecc.);
- Incoraggiamento di
iniziative di turismo sostenibile, diversificando le proposte di mercato
attraverso la promozione di mete meno turistiche ed aumentando l’offerta
nei periodi fuori stagione.
Il secondo obiettivo
riguarda il sostegno a istruzione, ricerca e sviluppo tecnologico, da un lato
investendo sull’innovazione, rafforzando i legami tra ricerca, industria e
piccole e medie imprese (settore privato) e predisponendo la
commercializzazione dei risultati della ricerca; dall’altro garantendo
l’accesso all’innovazione alle piccole e medie imprese coinvolte in progetti di
cooperazione transfrontaliera nel Mediterraneo. Il terzo obiettivo si incentra
sull'inserimento sociale e la lotta alla povertà. Quest’ultima è qui intesa
come la deprivazione dovuta alla scarsità di risorse materiali e immateriali,
dal reddito e proprietà a salute e accesso all’educazione. In questo contesto,
la cooperazione si concentra su due ambiti di azione: da un lato, dare a donne
e giovani sotto i trent’anni le conoscenze e le competenze necessarie per il
mercato lavorativo; dall’altro, sostenere personaggi economici sociali e
solidali nel fornire servizi sociali per le persone vulnerabili, favorendone
anche la cooperazione con le amministrazioni pubbliche. Il quarto e ultimo
obiettivo alle sfide ambientali comuni alla regione mediterranea, in materia di
protezione ambientale, cambiamento climatico e limitazione degli sprechi. In
particolare, le priorità individuate sono:
- Sostenere
iniziative innovative che puntino a ridurre il problema della scarsità
dell’acqua ed incoraggino il rifornimento d’acqua per uso domestico a
partire da risorse nonconvenzionali;
- Ridurre gli sprechi a livello comunale,
promuovendo la raccolta differenziata e lo sfruttamento ottimale in
particolare dei rifiuti organici;
- Aumentare l’uso
delle energie sostenibili, soprattutto negli edifici pubblici;
- Gestire le aree
costiere secondo un approccio integrato di cooperazione intra-territoriale
tra autorità pubbliche e altri stakeholder rilevanti, in modo da favorire
lo sviluppo locale (Ecosystem-Based Approach)
Il Programma Bacino del Mediterraneo 2014-2020 è stato
incrementato del 17% rispetto al periodo precedente passando a 209 milioni di
euro, corrispondenti ad un quinto del budget totale della cooperazione
transfrontaliera sotto lo strumento Eni, che ammonta ad un miliardo di euro. Su
un totale di 17 programmi di Cbc, il Programma per il Bacino è il più
importante dal punto di vista finanziario. Attualmente, i progetti che
rientreranno nella cornice del Programma per il nuovo periodo sono ancora in
fase di preparazione.
Parallelamente alla Politica europea di Vicinato,
l’importanza della cooperazione decentrata a livello territoriale nelle
relazioni euro-mediterranee è stata ripresa e sottolineata anche all’interno di
altre iniziative e ambiti istituzionalizzati di dialogo, quali l’Unione per il
Mediterraneo e il Comitato delle Regioni (Cdr). In particolare, in un’ottica di
rilancio delle relazioni euro-mediterranee nell’ambito del Processo di
Barcellona-Unione per il Mediterraneo e della Politica di Vicinato, il Cdr –
che funge da piattaforma di incontro e di dialogo politico tra l’Ue e le
autorità locali degli stati membri – ha espresso la necessità di includere i
concetti di decentramento e dimensione territoriale nonché di adottare un
approccio flessibile e mirato verso singoli paesi e progetti specifici[12].
A questo proposito è stata creata nel 2010 l’Assemblea
regionale e locale euro-mediterranea (Arlem), con l’obiettivo specifico di
rafforzare la dimensione locale e territoriale della cooperazione
euro-mediterranea. Arlem è parte integrante della struttura governativa
dell’Upm e viene riconosciuta come un forum di dibattito politico che dà voce
agli interessi delle autorità locali e regionali[13]. Al suo
interno sono state create due commissioni – una per gli Affari economici,
sociali e territoriali (Ecoter), l’altra per lo sviluppo sostenibile (Sudev),
attive tra il 2010 e il 2014 – che hanno prodotto rapporti su un ampia serie di
tematiche che vanno dal decentramento, allo sviluppo urbano, alle migrazioni,
allo sviluppo delle piccole e medie imprese, lo sviluppo sostenibile,
l’energia, i trasporti ecc. In occasione della sessione plenaria di dicembre
2014, l’ultima in ordine di tempo, le due commissioni sono state riunite in un
unico organismo, la Commissione per lo sviluppo territoriale sostenibile.
L’obiettivo che fa da cornice al lavoro di Arlem è
infatti quello di supportare il processo di decentramento nella regione
mediterranea, promuovendo politiche, programmi e progetti a livello
territoriale, che prendano in considerazione le effettive necessità delle
autorità locali e regionali attraverso un processo bottom-up. Tra il 2010 e il
2014, ad esempio, Arlem ha finalizzato un progetto per ampliare la capacità
istituzionale delle autorità locali e regionali nell’ambito dello sviluppo
urbano, cooperando con il Segretariato dell’Upm. Il progetto ha previsto
diverse azioni complementari che hanno coinvolto regioni e città di ogni paese
partner. Per l’attuale mandato, che copre il periodo 2012-2015, gli obiettivi
prefissati sono i seguenti:
·
Ridurre la disparità di
sviluppo nella regione del Mediterraneo, promuovendo la crescita delle regioni
meno sviluppate;
·
Promuovere lo sviluppo
territoriale per favorire la crescita e l’occupazione;
·
Promuovere good
governance e institutional capacity building, necessarie per gestire i servizi
pubblici locali e i fondi della cooperazione internazionale; Per raggiungere
questi obiettivi, l’attuale mandato di Arlem individua le seguenti priorità:
·
Consolidare il processo
di decentramento in quei paesi in cui le ‘primavere arabe’ hanno innescato dei
processi di riforme volte a rafforzare il ruolo delle autonomie locali. È il
caso del Marocco, dove la riforma costituzionale approvata nel luglio del 2011
ha previsto uno spostamento di potere dal centro alle regioni attraverso il
potenziamento dei consigli regionali. E anche della Tunisia, dove la nuova
costituzione del gennaio 2014 stabilisce il principio dell’elezione diretta dei
consigli municipali e regionali.
·
Assicurare che le
politiche settoriali dell’Upm comprendano la dimensione territoriale. In
materia di sviluppo economico, sociale e territoriale, la proposta è di
definire una agenda territoriale di vicinato 2020 (Neighbourhood Territorial
Agenda 2020), attualmente in fase di preparazione, per favorire una
integrazione funzionale tra regioni europee e dei paesi del vicinato in settori
chiave quali trasporti, commercio, energia, acqua e ambiente. Sebbene diversi
studi e programmi siano stati finanziati dall’Ue in materia, manca oggi una
visione globale e inclusiva anche dei paesi partner del vicinato. Per quanto
riguarda la sostenibilità ambientale, un contributo in materia di sviluppo
urbano considerato prioritario nell’agenda della cooperazione
euro-mediterranea, è stato dato dal rapporto del 2014 della commissione Sudev
sulla gestione dei rifiuti a livello locale. Il report finale di Sudev dà
infatti raccomandazioni specifiche sul tema dello smaltimento dei rifiuti[14].
·
Contribuire a una
strategia macro-regionale e a una politica di coesione della zona
uro-mediterranea. Traendo spunto dall’esperienza della politica europea di
coesione che in due decenni ha rappresentato un importante strumento per
ridurre le disparità socio-economiche tra le regioni europee, la proposta di
Arlem è di estendere il modello della politica di coesione europea al vicinato
mediterraneo e di integrarlo nell’approccio “more for more” in seno alla Pev.
Questo approccio consentirebbe di sostenere il decentramento nei paesi della
sponda Sud promuovendo e cofinanziando progetti e iniziative. Particolare
attenzione sarebbe dedicata alle aree rurali e a quelle affette da svantaggi
demografici o naturali di carattere permanente.
A complemento della politica di coesione Arlem propone
anche di applicare al Mediterraneo l’approccio macro-regionale che l’Ue ha
implementato nelle macro-regioni del Baltico e del Danubio e che ha adottato
nella macro-regione adriatico-ionica. In concreto, la proposta prevede un
approccio graduale in quelle che vengono individuate come tre distinte
macroregioni del Mediterraneo: la Strategia Adriatico-Ionica, la Strategia per
il Mediterraneo Occidentale (che include Portogallo, Spagna, Francia, Malta,
Italia, Marocco, Mauritania, Algeria e possibilmente Libia) e la Strategia per
il Mediterraneo Orientale (Turchia, Libano, Siria, Palestina, Israele ed Egitto).
L’idea qui sarebbe di favorire un maggiore e più efficace coordinamento tra i
vari strumenti e politiche esistenti, rafforzando il ruolo delle autorità
locali e regionali. Se un maggiore interessamento delle autorità territoriali
nella cooperazione euro-mediterranea sarebbe auspicabile e avrebbe evidenti
vantaggi, il contesto di crisi che caratterizza il Mediterraneo orientale
(crisi siriana, crisi dei rifugiati, conflitto israelopalestinese) ne rende
difficile l’attuazione nel breve-medio periodo. Meno problematica, ad
esclusione della Libia, si presenterebbe invece la Strategia per il
Mediterraneo occidentale, grazie anche a programmi di cooperazione
transfrontaliera consolidati. Nella parte finale del rapporto annuale, Arlem
sottolinea ancora una volta la necessità di sostenere il processo di
decentramento nel Mediterraneo attraverso la “territorializzazione” di
programmi, politiche e progetti in particolare nelle aree prioritarie di azione
dell’Upm. Inoltre mette in rilievo, da un lato, l’importanza di dotare le
autorità locali e regionali dei mezzi necessari per mettere in moto la macchina
dello sviluppo economico, oltre che per fare fronte a sfide sempre più
schiaccianti come l’immigrazione, l’assistenza alle vittime di violenza, i
costi dei conflitti regionali; dall’altro, la necessità di potenziare la
cooperazione dell’Unione europea con le istituzioni locali e la pubblica
amministrazione, aumentando il raggio d’azione della Local Administration
Facility nel bacino del Mediterraneo. In conclusione, propone il rafforzamento
del ruolo delle autorità dello sviluppo dei Piani d’azione definiti nella
cornice della cooperazione bilaterale della Pev[15].
Seppure
interrompendo la linea cronologica, quasi sempre coerentemente rispettata in
questo studio, dobbiamo trattare di due temi, più volte citati e che
temporalmente si pongono a cavallo tra questo capitolo ed il precedente. I due
temi, che meritano un approfondimento, quanto meno cognitivo, sono il già
citato Programma Enpi (European Neighbourhood and Partnership Instrument), e
successivamente il tema complessivo dell’Area di Libero Scambio (Mefta). Questa
trattazione risponde innanzitutto al bisogno di complessiva esaustività dei
temi trattati in seno alla Cooperazione Euromediterranea; successivamente alla
sottesa idea che i rapporti che hanno interessato il Bacino Mediterraneo, i
protagonisti che vi si sono confrontati, e le vicende che ne hanno
caratterizzato la storia, sono sempre il frutto di molteplici forze che si sono
scontrate, sommate, diventate talvolta complementari, e quindi non ci si può
esimere dal raccontare i progressi economici e culturali se si vuole apprendere
l’essenza degli sviluppi istituzionali e giuridici.
- Programma Enpi (European Neighbourhood and Partnership Instrument)
Dal MEDA
all’ENPI
Il
programma MEDA[16] è stato
il principale strumento finanziario dell’Unione europea al servizio del
partenariato euro-mediterraneo. Esso prevedeva degli strumenti di
accompagnamento finanziari e tecnici per il miglioramento delle strutture
economiche e sociali dei partner mediterranei. Lo stesso programma MEDA ha
avuto una natura al contempo bilaterale e regionale. Anche la struttura
istituzionale, dunque, prevedendo il coinvolgimento di numerosi soggetti
statali enon, rifletteva l’approccio sancito globalmente dalla Dichiarazione di
Barcellona[17]. L’ENPI
(Europeo di vicinato e partenariato - European Neighbourhood and Partnership
Instrument) sostiene la politica europea di vicinato (PEV[18]).
Operativo
dal 1 ° gennaio 2007, rappresenta la continuità strategica con obiettivi
ampliati del precedente programma di cooperazione MEDA (per i paesi del
Mediterraneo), divenendone di fatto il sostituto oltre che l’evoluzione[19].
I paesi
beneficiari dell’ENPI sono i paesi partner[20]
della PEV e la Russia.
L'ENPI ha
i seguenti obiettivi strategici:
·
Sostenere
la transizione democratica e la promozione dei diritti umani;
·
La
transizione verso l'economia di mercato;
·
La
promozione dello sviluppo sostenibile e politiche di comune interesse
(antiterrorismo, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, la
risoluzione dei conflitti, lo Stato di diritto internazionale, ecc.);
In
questo quadro, la Commissione ed i paesi partner hanno stabilito quattro assi
principali di cooperazione basati su:
- L'attuazione di un dialogo
rafforzato sulle riforme;
- L’omogeneizzazione graduale
delle legislazioni;
- Sostegno istituzionale alla
democrazia;
- Gli obiettivi delle Nazioni
Unite “Millennium Development Goals[21]”.
L'ENPI
finanzia azioni nei vari settori, tra cui:
- sviluppo più equo;
- commercio e le riforme;
- la liberalizzazione di alcuni
settori;
- giustizia e affari interni;
- energia;
- trasporto;
- società dell'informazione;
- sostenibilità ambientale;
- ricerca e innovazione.
Inoltre,
può fornire un supporto alle missioni di osservazione e post-crisi elettorali e
di preparazione alle catastrofi.
Rispetto
a MEDA, l'ENPI presenta le seguenti caratteristiche innovative[22]:
- La cooperazione
transfrontaliera, in base al quale l'ENPI finanzia programmi congiunti,
tra le regioni degli Stati membri e dei paesi partner con una frontiera
comune;
- Un fondo per la governance che
fornisce risorse per partner che hanno dimostrato la volontà di portare
avanti le riforme essenziali in materia di democratizzazione e di buon
governo;
- Il gemellaggio: strumento, che
riunisce competenze del settore pubblico degli Stati membri dell'UE e dei
paesi beneficiari, con l'obiettivo di valorizzare le attività di
cooperazione;
- TAIEX[23]
(assistenza tecnica e scambio di informazioni), gestito congiuntamente da
EuropeAid e direzione generale Allargamento della Commissione europea, con
l'obiettivo di contribuire a promuovere la cooperazione politica ed
economica in una serie di settori, soprattutto per quanto riguarda il
ravvicinamento, l'applicazione e l'attuazione della legislazione UE.
La
cooperazione multilaterale transfrontaliera denominata "Programma per il
Bacino del Mediterraneo[24]" fa
parte della nuova politica europea di vicinato (PEV) e del suo strumento
finanziario (European Neighbourhood and Partnership Instrument - ENPI) per il
periodo 2007-2013: essa mira a rafforzare la cooperazione tra l'Unione Europea
(UE) e le regioni partner, disposte lungo i paesi le rive del Mar Mediterraneo.
14 paesi
partecipanti, che rappresentano 76 paesi e circa 110 milioni di persone, sono
ammissibili nell'ambito del programma: Cipro, Egitto, Francia, Grecia, Israele,
Italia, Giordania, Libano, Malta, Autorità palestinese, Portogallo, Spagna,
Siria e Tunisia[25].
Il
programma operativo, approvato il 14 agosto 2008[26],
stabilisce un quadro strategico di 4 Priorità definite congiuntamente dai paesi
partecipanti:
1)
promozione dello sviluppo socio-economico e rafforzamento dei territori
2)
promozione ambientale la sostenibilità a livello di bacino
3)
promozione di migliori condizioni e modalità per garantire la mobilità delle
persone, delle merci e capitali
4)
promozione del dialogo culturale e della governance locale.
Attori
pubblici e privati, organizzati in partenariati transfrontalieri mediterranei
sono invitati a proporre progetti in seguito all’emanazione di inviti pubblici,
che saranno in gran parte promossi dalle istituzioni interessate. Principali
beneficiari sono enti regionali e locali pubblici, ONG, associazioni, agenzie
di sviluppo, università e istituti di ricerca, così come gli attori privati
che operano nei settori di intervento del programma[27].
Come
principale organo decisionale, il comitato di controllo congiunto, composto dai
rappresentanti dei paesi partecipanti, supervisiona ed assicura la qualità e
l'efficacia dell'attuazione del programma e approva i progetti da finanziare.
L'Autorità di Gestione Comune[28], è
responsabile della gestione operativa e finanziaria del programma. Sarà
supportato da un segretariato tecnico congiunto, un ufficio internazionale,
mentre una rete di punti di contatto nazionali contribuisce alla promozione
delle opportunità del programma e dei risultati nei territori eleggibili.
Dall’ENPI all’ENI (The European Neighbourhood
Instrument)
A partire
dal 2014, lo strumento europeo di vicinato (ENI) ha sostituito il, sin qui
trattato, (ENPI). L'ENI sarà attivo, stando al contenuto degli accordi, sino al
2020 e fornirà il quadro complessivo di riferimento dei finanziamenti per le
relazioni tra l'Unione europea (UE) ei paesi partner nell'ambito della nuova
politica europea di vicinato (PEV). Oltre agli accordi bilaterali e
multinazionali, il sostegno sarà concesso attraverso la cooperazione
transfrontaliera, di cui programma del nuovo ENI CBC[29]
"Bacino del Mediterraneo" fa parte.
UE e
partner limitrofi: relazioni in evoluzione
La
cooperazione, la pace e la sicurezza, responsabilità reciproca ed una
responsabilità comune per i valori assoluti della democrazia, dello Stato di
diritto e principalmente il rispetto dei diritti umani, sono i principi
costituenti del rapporto che si persegue tra l'UE ei paesi vicini dell'Est e
del Sud.
L'obiettivo
di tale partenariato dovrebbe essere "di creare un’area di prosperità e
buon vicinato fondato sui valori dell'Unione e caratterizzato da relazioni
strette e pacifiche basate sulla cooperazione", secondo quanto sancito dal
trattato sull'Unione europea.
Da quando
è stato lanciata, nel 2004, la politica europea di vicinato (PEV) vi è stato il
rafforzamento delle relazioni, importante risultato, seppur infinitamente più
esiguo delle aspettative iniziali, portando benefici tangibili sia per l'UE che
per i suoi partner, compresa l'introduzione di iniziative regionali, di
rilevanza umanitaria e solidale, sia il, già visto, sostegno alla
democratizzazione.
Le
relazioni e gli obiettivi saranno ulteriormente ampliati attraverso lo
strumento europeo di vicinato (ENI), in modo tale da adattarsi alle esigenze
reali e le considerazioni che emergeranno nel corso degli anni. D’altronde gli
stessi documenti costitutivi dell’Eni identificano questo istituto come fonte
principale di supporto alle politiche Europee (PEV) nel Mediterraneo ed in
Oriente[30].
Sulla
base delle esperienze acquisite fino ad oggi[31],
la Eni sosterrà la politica europea di vicinato (PEV) e girare le decisioni
prese a livello politico in azioni sul terreno. L'ENI si prefigge, inoltre, di
razionalizzare il sostegno finanziario[32],
concentrandosi su obiettivi politici concordati, e rendere la programmazione
più specifica, in modo che sia più efficace.
I 16
Paesi partner ENI sono:
ENI Sud -
Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia Marocco, Palestina, Siria[33], Tunisia
ENI
Oriente - Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia, Ucraina
La Russia
ha uno status speciale, fuori dalle dinamiche dell’ENI e della PEV in genere. I
rapporti con questo paese non si sviluppano attraverso la PEV, ma una
partnership strategica che riguarda quattro "spazi comuni". Pertanto,
sono ammissibili solo per programmi ENI di cooperazione regionale e
transfrontaliera, con co-finanziamento di progetti[34].
Ciò che
rende questo strumento più efficace, è che, sotto l'ENI, l'assistenza ai Vicini
sarà:
• Più
veloce e flessibile, riducendo la complessità e la lunghezza del processo di
preparazione in modo che la rilevanza del contributo non sia pregiudicata;
•
Destinerà incentivi per i migliori risultati attraverso l’approccio
“more-for-more approach[35]”;
• Sarà
sempre più orientata alle politiche sulla base dei principali obiettivi
politici concordati con i partner, soprattutto nei piani d'azione bilaterale
della PEV;
•
permetterà una più grande diversificazione, in modo che l'Unione europea
assegni una percentuale maggiore di fondi laddove l'aiuto possa avere il
massimo impatto;
•
Obiettivo per la responsabilità reciproca in modo che tenga maggiormente conto
dei diritti umani, della democrazia e del buon governo.
L'ENI
incoraggerà inoltre legami più stretti tra l'UE ei paesi partner per consentire
ai loro cittadini di partecipare al successo programmi interni dell'UE, come ad
esempio sulla mobilità degli studenti, programmi per la gioventù o il sostegno
alla società civile. Sarà data particolare enfasi all'impegno con la società
civile. Questo strumento di finanziamento, che risponde alla necessità di
relazioni in evoluzione tra l'UE ei suoi paesi partner, continuerà a garantire
la buona riuscita del processo di democratizzazione e di migliorare lo sviluppo
economico e sociale nelle immediate vicinanze dell'Unione europea. Sosterrà il
processo di riforma già avviato dai paesi partner stessi.
Questa
lunga disamina, può essere riassunta nel catalogo dei sei obiettivi ENI:
(1) La
promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, dello Stato di
diritto, l'uguaglianza, la democrazia sostenibile, del buon governo e una
società civile vitale.
(2)
garantire la progressiva integrazione nel mercato interno dell'UE e una
maggiore cooperazione anche attraverso l’omogeneizzazione legislativa e la
convergenza normativa, il potenziamento istituzionale e gli investimenti.
(3)
condizioni di mobilità ben gestita ed incentivata di persone e la promozione
dei contatti interpersonali.
(4)
incoraggiare lo sviluppo, la riduzione della povertà, la coesione economica,
sociale e territoriale interna, lo sviluppo rurale, azione per il clima e la
resilienza alle catastrofi.
(5)
promuovere la creazione di fiducia e le altre misure che contribuiscono alla
sicurezza e alla prevenzione e risoluzione dei conflitti.
(6)
Rafforzare la cooperazione subregionale, regionale e di vicinato, così come la
cooperazione transfrontaliera.
Il
sostegno attraverso l'Eni è programmato e dato in tre modi diversi[36]:
•
programmi bilaterali che riguardano il sostegno a un paese partner;
•
programmi che affrontano sfide comuni a tutti od ad alcuni dei paesi partner;
•
programmi di cooperazione transfrontaliera tra Stati membri e paesi partner che
si svolgono lungo la parte comune delle frontiere esterne dell'Unione europea
(inclusa la Russia[37]).
Settori
prioritari
Alcune
delle aree di cooperazione ENI che sarà dato massima priorità sono[38]:
•
Aumentare le piccole e medie imprese
• della
società civile impegno
• Azione
Cambiamento climatico
• Più
facile la mobilità delle persone
•
cooperazione energetica
• La
parità di genere
•
integrazione economica graduale
•
Persone-contatti interpersonali
•
collegamenti di trasporto
•
Gioventù e occupazione
- Area di Libero Scambio (Mefta)
Gli accordi sin
qui analizzati, prevedevano la progressiva istituzione di una zona di libero
scambio nel Mediterraneo, nel rispetto delle norme dell’Organizzazione mondiale
del commercio (OMC). Questa zona di libero scambio sarebbe dovuta essere
attuata dopo un periodo di transizione della durata di 12 anni successivi
all'entrata in vigore degli accordi[39].
La libertà
di circolazione delle merci tra l’UE e i paesi del Mediterraneo avrebbero
reso possibile attraverso:
·
La
progressiva eliminazione dei dazi doganali;
·
Il divieto
delle restrizioni quantitative all'esportazione e all'importazione, nonché di
altre misure di effetto equivalente o discriminatorie tra le parti.
Queste
regole si riferiscono in particolare all'importazione di prodotti industriali,
agli scambi di prodotti agricoli, trasformati e non, e ai prodotti della pesca[40].
Per quanto riguarda il diritto
di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, le istituzioni
accordarono il rispettivo impegno in virtù dell'accordo generale sugli scambi
di servizi. Inoltre i partner devono giungere alla completa liberalizzazione
del settore dei capitali non
appena sussisteranno le condizioni di base.
Infine, si metterà progressivamente in atto un
meccanismo di composizione delle
controversie commerciali[41].
Uno
degli aspetti che è stato messo in evidenza fin dalle origini del Partenariato,
è la necessità di completare gli accordi di libero scambio tra la UE e i Paesi
partner. Fra i tentativi messi in atto, la Dichiarazione di Agadir firmata da
Marocco, Tunisia, Giordania ed Egitto l’8 maggio 2001, proponeva la creazione
di un’area araba di libero scambio tra questi quattro Paesi comprendente la
cooperazione nelle aree strategiche e il superamento delle differenze
ideologiche e dei contrasti politici, ma essa non ha trovato attuazione
pratica.
Il
complesso intrecciarsi delle variabili economiche con quelle politiche che da
sempre ha caratterizzato gli equilibri della regione e le sue prospettive di
sganciamento dalla dipendenza con l’estero risale in superficie ogni volta che
si cerca di creare delle istituzioni regionali.
Di
tentativi di integrazione economica e politica tra i Paesi arabi se ne sono contati
moltissimi dal secondo dopoguerra in poi, ma nessuno ha raggiunto gli scopi che
si era prefissato. Infatti, uno dei principali scogli da superare è quello
della cessione della sovranità: i Paesi arabi, sin dai tempi della Lega Araba e
del Consiglio dell’Unità Economica Araba, hanno mostrato sempre un certo
scetticismo verso la delega di poteri decisionali ad organi collegiali
sopranazionali, sia per motivi interni, che per la forte dipendenza dalle
influenze straniere. Anche il promettente progetto dell’Unione del Maghreb
Arabo naufragato in seguito alla
destabilizzazione causata dai rigurgiti dei conflitti interetnici nel Sahara
Occidentale. Un altro scoglio da affrontare è la debolezza degli scambi: il
commercio intra-arabo è infatti limitato[42]
ed inoltre la qualità e le potenzialità dei flussi commerciali risultano essere
incerti. Un livello tecnologico similare tra
i sistemi produttivi dell’area, nonché
una specializzazione concorrenziale in
molti prodotti agricoli
e la forte
incidenza delle risorse naturali
sull’economia di vari Paesi della sponda meridionale e orientale, non
sembrano rappresentare una
base solida su
cui fondare i
processi di integrazione commerciale sud-sud,
anche se questo
mette in luce
la presenza di
ampie fasce di mercato attualmente soddisfatte da beni
importati e l’importanza che può rivestire il commercio intra-industriale. La via d’uscita indicata dall’UM rimase
quella della creazione di un’ampia regione mediterranea fortemente integrata
politicamente ed economicamente, e funzionale sia al centro che alla periferia[43].
L’importanza
della Conferenza di Barcellona risiedeva indubbiamente nel superamento della
vecchia tradizione della politica mediterranea della Ue durata un quarto di secolo[44],
basata sulle relazioni bilaterali e sulle tradizionali politiche di aiuto alla
cooperazione verso i paesi terzi mediterranei. Per la prima volta la Ue ha
manifestato un punto di vista geopolitico e strategico sull’intera regione.
Attraverso l’attuazione di un partenariato euromediterraneo fondato su accordi
di associazione imperniati su tre elementi prioritari: il sostegno alla
transizione economica, il sostegno per un migliore equilibrio socioeconomico e
il sostegno all’integrazione regionale (l’area di libero scambio) l’Unione
europea e i suoi partner mediterranei avrebbero instaurato una cooperazione non
soltanto economica ma anche sociale, culturale e finanziaria su scala
regionale. Nei fatti, l’80% della cooperazione tra Ue e paesi mediterranei è
rimasta di tipo bilaterale.
Il
Partenariato si basa su due principi fondamentali che sono stari unanimemente
accettati da tutti i partecipanti, e cioè[45]:
- Continuare lungo le linee previste
dal trattato di Maastricht dell’Europa Allargata (Wider Europe) con la
realizzazione di una grande area Euro-Mediterranea tra i paesi membri della Ue
ed i paesi mediterranei mediante una politica globale, comprendente gli assetti
politici e di sicurezza, economici e finanziari nonché il rafforzamento delle
condizioni di base della vita delle comunità da conseguire con specifiche
politiche sociali e culturali;
- Il principio della massima crescita
attraverso l’utilizzo delle potenzialità offerte da una maggiore integrazione
dei mercati, ma nel massimo rispetto delle diversità geografiche e culturali; e
contemporaneamente la realizzazione dell’obiettivo della coesione sociale
dell’intero sistema. Quindi un principio basato su un concetto di
modernizzazione articolato ed innovativo rispetto alla semplice integrazione
costituita dall’omologazione su standard predeterminati (cioè quelli europei).
Nello
specifico è possibile vedere come il processo di Barcellona produsse risultati,
il cui valore analizzeremo successivamente.
Nel
corso degli anni tutti i paesi mediterranei, eccetto la Turchia e la Tunisia,
hanno ridotto i dazi doganali nel settore industriale. A tale proposito appare
interessante analizzare almeno tre aspetti che stanno alla base dei futuri
negoziati interstatuali per la realizzazione dell’area di libero scambio:
-Il
primo riguarda gli eterogenei livelli dei dazi doganali, che vanno dall’8% per
Israele al 64% per il Marocco e ancora dal 38% per la Turchia al 160% per
l’Egitto.
Nel
complesso, sono cinque i PPM ad avere i dazi doganali più elevati: il Marocco, la
Tunisia, l’Algeria, l’Egitto e la Giordania.
-Nel
corso degli anni, dal 1995 al 2010, questi paesi hanno inoltre provveduto allo
smantellamento tariffario con ritmi differenziati. Il Marocco, ha ridotto le
sue tariffe di circa 37 punti percentuali e di 93 punti riferito all’intera
regione mediterranea tra il 1993 e il 2003 (ossia una riduzione rispettivamente
del 57% e del 65% in dieci anni). L’Algeria, la Tunisia e l’Egitto hanno optato
per uno smantellamento più lento: le loro tariffe si sono ridotte di circa 6
punti (per l’Algeria e per la Tunisia) e 8 punti (per l’Egitto). La Giordania,
invece, ha ridotto le sue tariffe di circa 9 punti tra il 2000 e il 2003, circa
una riduzione del 43% in tre anni. La Turchia, il Libano e Israele sono passati
da una media di circa il 9% al 4% per Israele e Libano e al 5,2% per la Turchia
(nel 2003)[46].
L’insieme
dei Paesi Partner Mediterranei hanno beneficiato, per i loro prodotti
industriali, di diritti doganali preferenziali (spesso vi è un esonero totale)
sul mercato europeo da almeno due decenni[47].
Tuttavia,
per valutare il grado di evoluzione di questo accesso al mercato europeo, e più
largamente, ai mercati dei paesi sviluppati, la sola considerazione della
riduzione generale dei dazi doganali ad valorem, è decisamente insufficiente.
La riduzione generale dei diritti ad valorem è stata seguita da un ricorso
massiccio ad altri tipi di barriere agli scambi. La forma di questa restrizione
può essere multipla. Può trattarsi di diritti specifici, di contingenti tariffari,
di diritti anti-dumping, di norme, ecc.
Studi
condotti dal Centro del Commercio Internazionale, da M. Mimouni e F. Von
Kirchbach[48],
mostrano che, contrariamente alle idee sostenute in passato, gli ostacoli ai
mercati dei paesi sviluppati non si sono ridotti, e che al contrario esistono
una serie di fattori che tendono ad accrescerli. Per questi autori, i
principali fattori che hanno rinforzato la protezione dei paesi sviluppati sono
i seguenti:
-La
moltiplicazione dei diritti specifici: essi sono comparsi nel corso del Ciclo
dell’Uruguay Round e riguardano in particolare i prodotti agricoli e i prodotti
sensibili dell’industria. Questi diritti specifici consistono nell’imporre un
diritto in unità monetaria sulle quantità (per unità, per tonnellate). Così, la
percentuale di questo diritto in rapporto al valore del prodotto (equivalente
ad valorem) dipende dal suo prezzo e dal tasso di cambio. Ciò rende questi
diritti specifici molto meno trasparenti rispetto a diritti ad valorem.
-La
caduta dei prezzi dei prodotti di base: questi prodotti, che hanno subito
sensibili riduzioni di prezzo, sono generalmente soggetti a diritti specifici,
provocando in questo modo un aumento dei loro tassi di protezione ad valorem[49].
Nella
stessa maniera, il deprezzamento e/o l’apprezzamento del tasso di cambio nei
Paesi Partner Mediterranei, riducendo e/o rincarando i prezzi unitati espressi
in divisa, accresce e/o riduce la protezione ad valorem esercitata dai diritti
specifici.
-Il
ricorso massiccio alle barriere non tariffarie: si tratta di norme tecniche
(qualità, etichettatura, ecc…), così come di norme relative alla sicurezza
ambientale.
Un
ulteriore problema che a nostro avviso appare interessante menzionare riguarda
il ruolo giocato dalle regole di origine[50].
In via generale, le regole di origine costituiscono un ostacolo all’accesso ai
mercati dei paesi sviluppati nella misura in cui esse impongono: una
costrizione tecnica (ossia per le regole di cambiamento della posizione
tariffaria, per il criterio fondato su un valore aggiunto minimo, per una
procedura di produzione specifica) e una costrizione di costi, legati alla
pesantezza delle procedure amministrative per provare le origini dei prodotti.
Per armonizzare le regole di origine e permettere il cumulo diagonale tra i
paesi membri, l’Unione Europea creò il sistema Pan-Europeo, entrato in vigore
nel gennaio del 1997. Ne fanno parte i paesi UE, i paesi dell’EFTA (Norvegia,
Islanda, Lichtenstein e Svizzera), la Romania, la Bulgaria e la Turchia dal
1999. Il Consiglio di Toledo nel marzo 2002 propose l’ingresso di tutti i paesi
mediterranei nel sistema Pan-Europeo. Sembra, di conseguenza, che le recenti
evoluzioni non vadano nella direzione di un accrescimento dell’apertura dei
mercati del nord. I paesi sviluppati hanno probabilmente reso più difficile
l’accesso al loro mercato.
Un
ulteriore problema, che a nostro avviso rappresenta probabilmente il maggiore
ostacolo alla costituzione di uno spazio economico euromediterraneo, riguarda
la questione agricola. Questa tematica, nel quadro del partenariato
euro-mediterraneo, è di fatto trascurata, ed anzi completamente accantonata con
specifico riferimento agli accordi bilaterali italiani anche più recenti[51].
Un ruolo di rilievo del settore agricolo lo si può riscontrare solo, appunto
con l’esclusione dell’esperienza italiana, nelle negoziazioni bilaterali, in
alcuni accordi di associazione, dove vi sono peculiarità specifiche e
reciproche. Ma l’eventuale processo che potrebbe permettere una evoluzione
congiunta e progressiva delle agricolture dei paesi UE e dei Paesi Partner
Mediterranei non è mai stato posto alla base di un negoziato[52].
A nostro avviso, l’UE dovrebbe rilanciare la PAC e intensificare gli scambi sui
prodotti agricoli con i PPM.
Lo
sviluppo degli scambi di beni e servizi nella grande regione euro-mediterranea sarebbe
dovuto essere un elemento centrale di rafforzamento della coerenza di questa
regione. Il modo in cui questi scambi si svilupperanno sarà determinante per
l’area di libero scambio poiché costituiscono il fondamento materiale delle
aspirazioni umane di prossimità legati alla storia, alla cultura e alla
geografia. L’evoluzione degli scambi di beni e servizi e dei movimenti di
capitali costituiscono ottimi indicatori della vitalità delle società
considerate e dei progressi realizzati in termini di competitività e
attrattività.
Si
tratta del principale criterio per giudicare il successo del partenariato[53].
Tutti i partners Mediterranei dell’UE si aprirono agli scambi internazionali,
tranne l’Egitto e il Libano. Questa apertura fu in parte legata all’evoluzione
tariffaria e in parte al ruolo accresciuto degli scambi internazionali nella
vita economica dei PM. Fatta eccezione per l’Egitto e il Libano, la crescita
dei PM riguarda maggiormente la domanda esterna. Per quanto riguarda le
importazioni, si accese la concorrenza fra produzioni industriali. Alla prima
fase della liberalizzazione doganale che ha visto le riduzioni tariffarie
colpire i beni strumentali e i prodotti intermedi, e che ha condotto
contemporaneamente ad un ridimensionamento delle entrate fiscali e ad un
leggero aumento della produzione reale delle industrie domestiche di beni di
consumo, seguì una fase di forte competizione tra le produzioni nazionali ormai
largamente avviata soprattutto nei paesi che hanno già messo in atto le azioni
previste negli accordi di associazione.
Sulla
base di studi condotti dalla Heritage Foundation, esclusivamente impostati
sulla media dei diritti, si può dunque registrare che il principale obiettivo
economico di Barcellona, la liberalizzazione degli scambi, è stato
sostanzialmente ottenuto sulla carta, e ha condotto ad un ampliamento
nell’apertura delle economie considerate, in maniera importante più dal punto
di vista storico che prettamente pecuniario. Questa liberalizzazione,
realizzata ad un ritmo più debole se paragonata all’intera economia mondiale, è
tuttavia sensibilmente inferiore rispetto ai nuovi aderenti, diretti
concorrenti dei PPM.
L’esperienza
commerciale euro-mediterranea non è quindi riuscita propriamente nel suo
intento. Passato il 2010[54],
nonostante gli sforzi, specie di matrice Europea, e nonostante alcuni
importanti risultati che abbiamo registrato, sia di naturale bilaterale, che
anche infra-paesi tersi, siamo costretti a misurarci con nuovi e forse
imprevedibili problemi: molti di questi imprevedibili nel 1995[55].
L’idea di sviluppare un clima di Pace nel Mediterraneo, partendo da
un’unificazione sempre più stringente e progressiva delle realtà politiche, tra
loro differenti, ha prodotto una serie, in parte analizzata di problematiche.
Lacune che si sono sommate, moltiplicate ed addirittura radicate nella
considerazione che i paesi musulmani rivieraschi nutrono nei confronti dei
paesi Europei. Sullo sfondo rimangono immutate le criticità legate allo scacchiere
politico euromediterraneo, tradizionalmente instabile per definizione. Anche di
questo dato, non certo irrilevante, sembrano avere piena consapevolezza a Bruxelles,
i rappresentanti nazionali del consiglio e l’altro Rappresentante[56].
Nonostante
problematiche e ritardi, vi è una coscienza diffusa, anche se non completamente
condivisa tra le Istituzioni Europee, di non demordere, e continuare a puntare
ad un grande progetto Mediterraneo Istituzionale ed economico. Il
Vicepresidente Vicario del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ribadisce come
il rafforzamento della cooperazione industriale nel Mediterraneo assuma una
valenza decisiva per il rilancio della crescita economica. Ecco così spiegata
la decisione dell’Unione Europea di non precludere ai vicini Paesi del
Mediterraneo la possibilità di partecipare ai programmi comunitari Horizon 2020[57]
per la ricerca e Cosme[58]
per le piccole e medie imprese.
Tajani
sostiene: “La partecipazione avverrà a certe condizioni, ma si tratta di un
messaggio molto importante”, ha tenuto ad evidenziare Tajani. Il sostegno alle
piccole e medie imprese e il rilancio del settore industriale sono fattori
fondamentali “per favorire la creazione di posti di lavoro per i giovani e
promuovere il ruolo della donna nei Paesi del Mediterraneo”, ha invece
sottolineato dal canto suo il segretario generale dell’Upm, Fathallah
Sijilmassi[59].
Quindi
anche per il futuro, oltre i fallimenti, alcuni parziali, del percorso di
integrazione economica, condotto sin qui, La commissione Europea, per il
periodo 2014-2020, per la zona euromediterranea, assegna lo stesso obiettivo
che Bruxelles assegna all’Europa: creare un clima socioeconomico favorevole per
sostenere gli investimenti, promuovere l’innovazione tecnologica, aiutare le
aziende piccole e medie. Per i prossimi anni l’UM concentrerà i suoi sforzi
sulla creazione di reti tra imprese mentre proseguirà il lavoro già intrapreso
per arrivare alla costituzione di un grande mercato industriale
euro-mediterraneo. Seguendo questa metodologia di lavoro, saranno portati
avanti i negoziati sugli accordi relativi alla valutazione della conformità e
l’accettazione dei prodotti industriali. Altro punto chiave sarà la
prosecuzione del dialogo in ambiti di comune interesse.
[1] European Commission, A Partnership for Democracy and
Shared Prosperity with the Southern Mediterranean,
COM(2011)
200 final, Brussels, 8 March 2011
[2]OSSERVATORIO DI
POLITICA INTERNAZIONALE, Approfondimento ISPI su RILANCIO DELLA COOPERAZIONE
EURO-MEDITERRANEA Valeria Talbot, Chiara Lovotti. Ottobre 2015
[3]OSSERVATORIO DI
POLITICA INTERNAZIONALE, Approfondimento ISPI su RILANCIO DELLA COOPERAZIONE
EURO-MEDITERRANEA Valeria Talbot, Chiara Lovotti. Ottobre 2015
[4]Joint Communication by the Representative of the Union
for Foreign Affairs and Security Policy and the European
Commission, A New Response to
a Changing Neighbourhood: A Review of the European Neighbourhood Policy,
Brussels,
25 May 2011.
[5]per quanto riguarda
i paesi della sponda Sud
[6]OSSERVATORIO DI
POLITICA INTERNAZIONALE, Approfondimento ISPI Valeria Talbot, Chiara Lovotti. Ottobre 2015
[7]European Commission, High Representative of the
European union for Foreign Affairs and Security Policy, Joint
Consultation Paper, Towards a
new European Neighbourhood Policy, JOIN(2015) 6 final, Brussels, 4.3.2015.
[8]Mediterranean Sea Basin Programme 2007-2013,
Cross-Border Cooperation within the European Neighbourhood
Partnership (ENPI), Final
Version, 14 August 2008.
[9]autorità, agenzie,
piccole e medie imprese, istituzioni universitarie, centri di formazione,
organizzazioni della società civile, etc.
[10]Abruzzo, Emilia
Romagna, Marche, Molise, Piemonte e Umbria
[11]Il Programma Bacino
del Mediterraneo 2014-2020. Mediterranean Sea Basin Programme 2014-2020, Final
Draft Strategy, 8 March 2015
[12]Comitato delle
Regioni, http://cor.europa.eu/it/Pages/home.aspx.
[13]ARLEM, Annual Report on the Territorial Dimension of
the Union for the Mediterranean, 2014
[14]ARLEM, Report on Waste Management at Local and
Regional Level in the Mediterranean Region, 2014.
[15]ARLEM, Annual Report on the Territorial Dimension of
the Union for the Mediterranean, 2014.
[16] Il programma MEDA
è il principale strumento finanziario dell’Unione europea al servizio del
partenariato euro-mediterraneo. Esso prevede delle misure di accompagnamento
finanziarie e tecniche per la riforma delle strutture economiche e sociali dei
partner mediterranei. Il programma MEDA ha avuto come prima base giuridica il
egolamento MEDA del 1996 (regolamento (CE) n° 1488/96 del consiglio) che
copriva il periodo dal 1995 al 1999 e lo dotava di un bilancio di 3.435 milioni
di euro. Un nuovo regolamento (regolamento (CE) n° 2698/2000), versione
migliorata del precedente, che istituiva il programma MEDA II per il periodo
2000-2006, è stato adottato nel novembre 2000. Il nuovo programma ha una
dotazione di 5,35 miliardi di euro. I principali obiettivi e settori di
intervento si rifanno direttamente a quelli della Dichiarazione di Barcellona
del 1995. Il programma MEDA ha una vocazione allo stesso tempo bilaterale e
regionale. Cooperazione bilaterale Cooperazione regionale
[17] La politica
mediterranea dell’Unione Europea dal Processo di Barcellona all’Unione per il
Mediterraneo, (1995-2009), Paolo Wulzer.
[18] Sito
istituzionale: http://eeas.europa.eu/policies/index_en.htm
[19] L’Enpi non è solo
l’evoluzione del Meda, ma anche del
simile TACIS (per i paesi dell'Europa orientale).
[20] Mediterranei in
particolar modo
[21] Gli Obiettivi di
Sviluppo del Millennio (OSM) sono obiettivi con scadenze precise e
quantificabili al mondo per affrontare la povertà estrema nelle sue molteplici
dimensioni reddito povertà, la fame, le malattie, la mancanza di un riparo
adeguato, e l'esclusione, promuovendo l'uguaglianza di genere, l'istruzione, e
la sostenibilità ambientale. Essi sono anche fondamentali diritti-umani i
diritti di ogni persona sul pianeta alla salute, all'istruzione, rifugio, e la
sicurezza.
[22] COOPERAZIONE
INTERNAZIONALE E SVILUPPOCreazione di partenariati per il cambiamento nei paesi
in via di sviluppo. http://ec.europa.eu/
[23] Programmi di cooperazione
interregionale della Commissione europea mirano a sostenere la riforma e
processi di transizione in atto nei paesi partner limitrofi dell'UE. Promuovono
attuazione ed omogeneizzazione del diritto comunitario, rafforzando nel
contempo la cooperazione, dell'integrazione economica e della governance
democratica. Per raggiungere questi obiettivi, vengono utilizzati i due
strumenti chiave 'TAIEX' e 'SIGMA'.
[24] CROSS-BORDER COOPERATION WITHIN THE EUROPEAN
NEIGHBOURHOOD AND PARTNERSHIP INSTRUMENT (ENPI)
MEDITERRANEAN
SEA BASIN PROGRAMME 2007-2013,
http://www.enpicbcmed.eu/documenti/29_38_20090108120940.pdf
[25]Rappresentazione
geografica: http://www.enpicbcmed.eu/documenti/29_153_20090109134529.pdf
[26] Della Commissione
europea dalla decisione C (2008) 4242
[27] ENPI CBC
Mediterranean Sea Basin Programme 2007 – 2013,
http://www.enpicbcmed.eu/documenti/29_153_20090109135603.pdf
[28]
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=URISERV%3Ar17101
[29] Sito
istituzionale: http://www.enpicbcmed.eu/
[30] Enpi CpcMed, sito
Istituzionale
http://www.enpicbcmed.eu/enicbcmed-2014-2020/the-european-neighbourhood-instrument
[31] Anche quindi al
passato di ENPI e MEDA
[32] L'ENI si baserà
sui risultati del vicinato e partenariato, ereditati da ENPI per portare
benefici più tangibili sia per l'UE ei suoi partner di vicinato. Con un budget
di € 15 miliardi e 433milioni, fornirà la maggior parte dei finanziamenti ai
paesi europei di vicinato attraverso una serie di programmi.
[33] Cooperazione dell'Unione europea con la Siria
è attualmente sospesa a causa della situazione politica
[34] CROSS-BORDER
COOPERATION
WITHIN THE
EUROPEAN NEIGHBOURHOOD AND
PARTNERSHIP INSTRUMENT (ENPI)
http://www.enpicbcmed.eu/documenti/29_38_20090108120940.pdf
[35] Che consente
all'UE di aumentare il suo sostegno a i partner che stanno realmente attuando
ciò che è stato concordato
[36]Istruzioni per la
programmazione per l'strumento europeo di vicinato (ENI) 2014-2020
http://ec.europa.eu/europeaid/sites/devco/files/ENI%20programming%20instructions.pdf
[37] Il programma di
ENI CBC "Bacino del Mediterreanane" fa parte della componente di
cooperazione transfrontaliera dell'ENI.
[38] REGOLAMENTO DI
ESECUZIONE (UE) N. 897/2014 di 18 Agosto 2014 che stabilisce disposizioni
specifiche per l'attuazione dei programmi di cooperazione transfrontaliera
finanziati nel quadro del regolamento (UE) n 232/2014 del Parlamento europeo e
del Consiglio che istituisce uno strumento europeo di vicinato
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/HTML/?uri=CELEX:32014R0897&from=EN
[39]
Tuttavia si deve notare che gli scambi fra l’UE e Israele sono già oggetto di
una liberalizzazione, da un periodo significativamente precedente rispetto al
resto dell’esperienza Mediterranea.
[40]
Possono essere adottate, tuttavia, delle misure di salvaguardia per ragioni di
interesse pubblico o per tutelare un settore economico particolarmente
vulnerabile.
[41]
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=URISERV%3Ar14104
[42] Al 5% del volume
complessivo di Pil, nei primi anni 2000
[43] La strategia
euro-mediterranea: prospettive politico-economiche per il ...
Di Dino Nicolia, 2005. Franco Angeli
[44] Mediterraneo ed
Europa, Il Partenariato Euro-Mediterraneo, Andrea Gallina. 2005
[45] Dichiarazione di
Barcellona e partenariato euromediterraneo
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=URISERV:r15001
[46] Rapporto FEMISE,
febbraio 2005
[47] Rapporto annuale
Femise sul Partenariato Euro-mediterraneo, settembre 2006;
http://www.femise.org
[48] Trade and Gender: Opportunities and Challenges for
Developing Countries, 2004, Studio delle Nazioni Unite
[49] Economia
internazionale, Volume 1 Di Paul R.
Krugman,Maurice Obstfeld, Pearson Addison Wesley
[50] Studio sulle
“Regole d’origne” condotto dalla camera di commercio di Varese
http://209.227.254.56/faq.html
[51] Ratifica ed
esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la
Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista,
fatto a Bengasi il 30 agosto 2008, Presentato il 23 dicembre 2008
http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/schedela/apritelecomando_wai.asp?codice=16pdl0017390
[52] Alejandro Lorca et Josè Vinces, “The effects of
agricultural liberalisation on the economies of Mediterranean partner
countries”, rapporto Femise, giugno 2004
[53] Rapporto annuale Femise
sul Partenariato Euro-mediterraneo, settembre 2006; http://www.femise.org
[54] Data indicata come
il vero e proprio inizio di un nuovo capitolo della Storia del Bacino
Mediterraneo.
[55] Processo di
Barcellona
[56] Federica Mogherini
[57] Programma Quadro
europeo per la Ricerca e l’Innovazione (2014 –2020)
https://ec.europa.eu/programmes/horizon2020/
[58]Programma COSME –
Programma per la competitività delle imprese e delle PMI 2014-2020
http://ec.europa.eu/growth/smes/cosme/index_it.htm
[59]
http://www.rivistaeuropae.eu/esteri/esterni/unione-per-il-mediterraneo-il-ruolo-centrale-delle-piccole-e-medie-imprese
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