Partiamo da un dato: gli argomenti pesanti ci annoiano, meglio dedicarsi a divertimenti e varietà. Questo di suo non sarebbe un male od un’anomalia, è legittimo cercare la serenità e lo star bene, certo casi come il ministro per le telecomunicazioni, Gasparri, che non sa cosa dica la sua legge di riforma del sistema radio-televisivo italiano, perché non “l’ha letta”, è una esagerazione. L’Italia però è questa. Vuoi o non vuoi ci fermiamo di fronte una partita di pallone, davanti ad una barzelletta e facciamo la pausa caffè ancora prima di cominciare a lavorare. Ecco allora che un fenomeno televisivo come Fiorello, diventato nel frattempo uomo maturo che parla da padre, mantenga quasi dieci milioni di spettatori davanti alla televisione, senza per altro ciarlare di morti o di gossip. Ma Fiorello seppur bravo è beneficiario, più o meno consapevole di un momento che il nostro paese, e mi piace dire il popolo italiano, sta attraversando. Siamo tutti tesi e nervosi per quello che non abbiamo, per quello che vorremmo e per quello che rischiamo di perdere. Qui una risata, meglio se grassa e fragorosa, risulta essere l’anti-depressivo collettivo, la sigaretta fumata da intere generazioni prima di rimettersi a pensare a cosa accadrà, non sapendo, in vero, cosa è già accaduto. Il fumo però ha i suoi effetti collaterali, senza contare che quelli positivi, giacché palliativi, sono solo un’illusione. Necessario è allora prendere le fila di quello che sta accadendo, perché necessario è occuparci di noi. Il mondo si affanna dietro il nome di Monti, l’uomo venuto dall’alto per riportare l’Italia nel mondo civile, dopo gli anni del Bunga Bunga mediatico. Come dicevo nelle settimane precedenti, a tutti conveniva il governo tecnico, anche a quella Lega pronunciatasi negativamente, solo, però, dopo la sicurezza di non essere decisiva con il suo voto in Aula. Questo non pone però che se una cosa è avvenuta sia giusta o giustificabile. L’attuale guida del nostro paese è stata affidata ad una persona, che lungi da me giudicare nel merito di leggi nemmeno ancora abbozzate, che è scevra di qualsiasi contatto elettorale con il popolo che dovrebbe condurre ad uno sviluppo ed una “salvezza”. Dico questo non perché sono contrario pregiudizialmente al “governo tecnico”, che anzi considero una forma a volte intelligente di declinazione politica di gestione dello stato, ma perché questo parlamento in base alla legge elettorale che lo ha prodotto, è esso stesso lontano dalla legittimazione popolare. In questo momento abbiamo un “dittatore dolce” con la fiducia di gerarchi di partiti eletti non per quello che sono ma per il partito cui appartengono. Si dirà che per liberarci di Berlusconi possiamo passare anche da questi sistemi poco o per nulla democratici, ma nonostante la mia avversione al modello Berlusconi non credo che la strada imboccata sia la migliore. La mia considerazione nasce da due constatazioni, che in quanto personali risultano obiettabili a discrezione di ognuno di voi. La prima è di carattere strettamente logico-politico: non esistono decisioni economiche e comunque di governo che siano tecniche. Ogni qualvolta che si prende una decisione che incide sulla vita della gente, sulla sua condizione materiale, si fa politica, che lo si accetti o pure no. La Patrimoniale, "ignorantemente" oggetto del contendere in questo periodo, ne è la prova: se si mettesse in atto non sarebbe un provvedimento liberale, e lo stesso potrebbe dirsi con i tagli alla scuola pubblica, sicuramente non una soluzione socialista. Tutto questo per dire che chiunque esercita un diritto-potere che sia quello di critica o quello amministrativo della cosa pubblica fa delle scelte dettate dalle ideologie. Soltanto che queste decisioni adesso non saranno scelte dai rappresentanti della società italiana, bensì da potentati e caste. Seconda ragione, quella che considero al contempo la più affascinante ed arzigogolata, è di carattere metastorico: Berlusconi, per e con il suo modo di fare, ha scardinato i poteri costituiti, avviando un sistema di accentramento che mai nessun’altro nella storia repubblicana aveva ordito, addirittura interessandosi direttamente della macchina emergenziale, più o meno lecitamente, per soccorre il popolo in caso di calamità. Questa frase che credo non possa essere smentita, però si presta al di là del soggetto anche ad un altro italiano quasi calvo, Giulio Cesare; entrambi inoltre sono stati oggetto di traditori cresciuti nel proprio seno, che sia l’alveo familiare per il “ROMANO”, che sia il partito patronale per il milanese. Se l’analogia risultasse vera, a parte che per il fatto che i tradimenti hanno prodotto si cadute ma solo in un caso hanno cagionato la vera morte fisica, bisogna ricordare che dopo l’accentratore Cesare arrivò l’Imperatore Augusto. Ovviamene Augusto aveva gli eserciti, e non le Banche di Monti, ma sempre di ciurma senza scrupoli si può parlare se vediamo le condizioni di indigenza causate. So chiaramente che il ragionamento ha numerose falle, ma poiché non voglio dimostrare, ma solo aiutare a pensare lancio questa provocazione, sperando di non avere ragione. Cosa che però mi fa riflettere alla luce di tutto questo è che, nonostante si ragioni di miliardi e di massimi sistemi, di grandi profitti e di numerose perdite, la piazza fa sempre paura, anche la più pacifica desta sempre preoccupazioni. E’ il caso di Zuccotti Park a New York, dove non c’è la violenza ma ci sono gli sgomberi, così come il caso della nostrana Bologna, dove in Piazza Maggiore, in un cinema abbandonato, non c’è violenza ma solo occupazione e dibattito, ma intanto il sindaco di centro-sinistra richiama comunque gli occupanti e li sgombera nonostante non ci siano state neanche proteste da parte della popolazione cittadina. Questa è una cosa che non riesco proprio a spiegarmi, che danno possono provocare agli interessi delle banche dei ragazzi sognanti, forse possono spingere gli altri ad aprire gli occhi? Forse. Intanto sono contento che ancora le piazze siano in grado di essere strumento in mano a chi vuole sognare, e forse non solo di vedere Fiorello.
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