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giovedì 5 agosto 2010

Consigli sul Consiglio

Non avrei mai pensato di dedicare un mio articolo al “consesso cittadino di Mazara Del Vallo”. Ormai lontani i momenti relativi della mia breve ma intensa esperienza nella pregressa legislatura, ruolo che penso di aver svolto con “scrupolo” e “coscienza” (così come recita l’articolo che viene letto al momento dell’insediamento). E quando qualcuno, dispiacendosi della mia non elezione, mi esortava ad un giudizio, declinavo ogni polemica con cenni speranzosi sui nostri rappresentanti del massimo consesso cittadino: “vedrai….saranno anch’essi dei buoni rappresentanti istituzionali. Ad un anno del nuovo volto politico, nelle discussioni con amici e conoscenti, l’unico incedere dialogico, colonna sonora della politica autoctona, sembra essere la voce unisona: “che vergogna!”…..“ma da chi siamo rappresentati?”….”ma come si esprimono?”. Bene. Al di là di giudizi scontati relativi ad un registro linguistico, quale quello di taluni consiglieri comunali, indecoroso e inidoneo (soggetti che sembrano aver scritto le sceneggiature dei film di Totò) non sono queste le situazioni che mi sorprendono più di tanto poichè a suscitare una certa perplessità nella mia persona è piuttosto, ascoltando le faziose critiche, un interrogativo che ritengo alquanto inquietante: “Ma questo consiglio comunale di Mazara Del Vallo, che desta sdegno, ma chi lo ha eletto?....i cittadini di Siracusa o quelli di Trieste?”. Il grande umanista Machiavelli sentenziava: “Ogni città ha l’Assise che si merita, ogni Assise è specchio riflesso della città”. Dunque, i vari Brontolo insaziabili di critica distruttiva, si sono mai interrogati sul fatto che forse, fondamentalmente, noi siamo quel quadro politico tanto bistrattato? Il grande presidente della Repubblica Luigi Einaudi quasi 60 anni fa sentenziava: “Noi siamo quello che votiamo” Ognuno si assuma le proprie responsabilità: quando per esempio qualche candidato dignitoso (e ve ne erano molti) chiedeva con molta umiltà il consenso e si rispondeva che la presenza del cugino o dell’amico condizionava la loro scelta elettorale; quando per esempio qualche candidato dignitoso chiedeva con molta umiltà il consenso e si rispondeva che la propria scelta elettorale era stata seriamente compromessa dal datore di lavoro che obbligava non solo al voto personale “condizionato” ma altresì al reclutamento di altri consensi vicini alla propria persona; quando per esempio qualche candidato dignitoso chiedeva con molta umiltà il consenso e qualche altra persona rispondeva: “mi dispiace davvero tanto non poterle riconoscere il mio tributo di stima ma sa…a mio marito l’impresario sta pagando le cambiali scadute ed è con la morte nel cuore che devo darle il mio diniego”. Credo che ormai da tempo si sia registrata l’inesorabile fine del voto di opinione…si di quel voto che esprimeva tali sentimenti: “mi piace questa persona, mi piace la sua dialettica, il modo serio di porsi…mi può ben rappresentare, il mio consenso è suo!” ed ha messo insulse radici un altro tipo di voto che non oso nemmeno commentare…poiché si commenta da sé. E tutto ciò, al di là di persone credibili e affidabili, che comunque sono pure presenti nel nostro parlamento cittadino, ha partorito realtà politiche locali che i molti contestano, si quei molti che paradossalmente, a causa della pseudo cultura di cui sopra, hanno contribuito ad eleggere. Aver votato per il proprio cugino o parente per consentire al soggetto in questione di far “bella figura” ha significato penalizzare quelle persone serie che avrebbero potuto davvero dare un contributo alla nostra città; tutto ciò favorendo l’inesorabile elezione di quei soggetti oggi criticati. Sia chiaro un convincimento personale: chi mi conosce sa che preferisco stringere la mano a chi l’ha lordata di calce ma è onesto piuttosto a chi l’ha pulita ma è disonesto, poiché ogni forma di lavoro risulta essere nobile, se svolto con dignità. Il riferimento ovvio è solo ed esclusivamente fatto all’adeguatezza dei ruoli istituzionali che si ricoprono. Occorrerebbe una maggiore consapevolezza dei propri limiti, una maggiore umiltà, una grande capacità di relazionarsi con l’altro nella piena coscienza di poter anche apprendere, ciò non vuol dire essere fragili o perdenti ma è indice di quella grande forza d’animo, di quel coraggio nel volere inseguire ciò che si ritiene migliore per la propria crescita culturale e spirituale, ciò a cui si pensa di somigliare di più e di conquistarlo perché si possa essere il più possibile completo nelle proprie virtù. Un uomo, una donna, più conoscono più sanno, e se più sanno più sono, e nel momento in cui sono scelgono, prendendo debita distanza da inquietanti compromessi e agendo secondo il criterio della saggezza e della saputa consapevolezza. Assistiamo sempre più a un crescendo di “ignoranza armata”, e così di un’arroganza dell’ignoranza, che rappresenta un perfetto e devastante “cretinismo pratico.” Una società la nostra che premia la mediocrità e l’ignoranza e quanto più si è ignoranti tanto più si tende a essere arroganti per un meccanismo psicologico di difesa e di mascheramento della propria pochezza, e quanto più si è arroganti tanto meno ci si preoccupa di colmare la propria ignoranza.
Mi piacerebbe avere dei maestri in cui credere. Maestri saggi però, pervasi dall’intelligenza di colui che “sa di non sapere”. La nostra consolazione? Un asino puoi raccomandarlo quanto vuoi… Non diventerà mai un cavallo… Anche se, in uno stato democratico come il nostro che ha, a suo tempo, sigillato la sovranità popolare, ponendo alla ribalta, con strepitosi consensi, personaggi tanto chiaccherati, il silenzio, da parte di tutti, non è doveroso, ma è d’obbligo.
Prof. Danilo Di Maria

1 commento:

  1. Bella esecuzione di arte scrittoria che dimostra notevole talento del professore Di maria nel colloquiare, oltre che che un notabile registro oratorio. E al professore Di maria, ex consigliere, ex uomo senza partito,eletto nelle liste civiche, ex scilliano,ex bocca del cavaliere ignazio giacalone, ed ormai consulente alla cultura nominato e non votato dal sindaco cristaldi, avverso ed avversario di scilla, e per ultimo ma non ultimo, neo iscritto al PDL, chiedo: Se di brutte parole muore la democrazia cittadina, ci spiega come mai nella passata legislatura, nonostante le sue orazioni, i commenti cittadini erano pressochè gli stessi? Come mai un passaggio alla numerosa corte dei consulenti gratuiti del sindaco cristaldi nonostante la sua proverbiale avversione a colui che nelle sue parole espresse al rivoli, in campagna elettorale, rappresentava il vecchio della politica e soprattutto la farraginosità che nulla aveva portato alla sua città? come mai lei che è stato, con tutte le giustificazioni del caso battuto nell'agone elettorale, non si è astenuto dalla vita politica ed per forza rimasto in gioco in una realtà per altro mai registrata in codesto novero nella nostra città quale la moltitudine di consulenti? Inoltre non risulta un pò forzoso e ipocrita parlare della buona politica quando solo per citare il lustro legislativo appena trascorso e di cui lei è stato fra gli interpreti di spicco, Ignazio Giacalone, di cui LEI era saldamente ed indubbiamente la voce senza storpiature grammaticali, con la sua lista Ulisse ha con i giochi di potere prima eletto Macaddino e poi avversatolo in consiglio per ottenere il vero obbiettivo mai nascosto: il potere e non solo economico?

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