Con la mente rivolta nella direzione arancione (non fosse altro che Ingroia ha parlato soltanto da poche ore) è indubbio che tutto il popolo di sinistra, non solo quello anti-d'alemiano, è incuriosita da questa iniziativa. La curiosità non è certamente solo figlia delle cose positive che ci sono in quel polo, anzi l'elenco delle cose da spiegare sarebbero tante, proprio perché risulta atipico quest'assembramento di personalità. Domande si affollano dietro il progetto di De Magistris: Di Pietro è subalterno al suo delfino, ora sindaco di Napoli? Orlando si candida ad essere un guru, nonostante Palermo aspetti la svolta? Perché Ferrero e Di Liberto dovrebbero fare pace in questo nuovo soggetto politico, quando invece si sono sempre contraddistinti per atteggiamenti da prima donna? E poi elementi come Bonelli, autori di interessantissime lotte ambientali, proprio perché “Verdi”, sono candidati o portatori d'acqua?
Il movimento arancione in buona sostanza è un grande punto di domanda. Dall'inizio alla fine. Per di più tutti i quesiti precedentemente posti sono necessariamente secondari alla domanda centrale sulla probabilissima candidatura di Ingroia: aveva torto Berlusconi quando diceva che i magistrati sono politicizzati? Non è questa la prova?
Il popolo non vuole sentire discorsi astrusi e complessi. Ha la necessità però di sapere se chi è stato tacciato di essere un millantatore perché offendeva la magistratura aveva realmente torto. Ed io penso che torto in realtà Mr B. ce l'abbia, perché la magistratura è politicizzata negli uomini e non come istituzione: dimostrazione plastica di ciò è Alfredo Mantovano, dirigente Pdl, leader dello stesso partito, eppure magistrato. Un discorso di proporzioni tra destra e sinistra?
Le cose si dicono tutte, oppure sarebbe meglio tacere. Berlusconi non ha quasi mai attaccato i giudici, eppure sono questi stessi che per molte parti hanno dato ragione a quei magistrati che indagavano su di lui. Detto ciò la figura di Ingroia, laddove risulti vincente e collante per la società, per le forze sociali e civili del paese è senza dubbio l'ennesima sconfitta della politica, ancor più bruciante del governo tecnico.
Il motivo è presto detto: Monti sanando una nazione sarà oggetto di giudizio nella prossima consultazione elettorale ad opera del popolo sovrano, fiaccata dal berlusconismo e dall'italiano medio (quello farlocco in pratica);
Ingroia arriva dopo ben 13 mesi di cura-Monti (sotto molti aspetti sicuramente un fallimento), ma soprattutto perché alla sinistra del Partito Democratico c'è ancora posto per parlare di Legalità, Welfare, Cultura. E' questo allora un fallimento duplice: non solo la politica non riesce ancora ad organizzarsi, ma non ha neppure capito nulla di quello che è successo.
Ipotizziamo per un attimo che il PD vinca le elezioni, che il movimento guidato da Ingroia abbia un exploit elettorale: che senso avrebbe guardare ancora al centro?
Bersani, che per il momento cincischia sulle alleanze, non farebbe meglio ad investire sui valori che sono portati avanti e siglati dal decalogo “Io ci sto”? Non sarebbe meglio ringraziare meno Monti, specie in questo periodo, e più chi è stato sul territorio, come quelle persone che stanche di soggetti come Letta e Boccia adesso cercano qualcosa di nuovo, qualcosa che parli di lavoro e crescita costruttiva delle relazioni sindacali e che per ora pare migrare verso lidi arancioni?
Se l'attivismo prolisso d'Ingroia è segno di voglia (anche personale), la tattica di Monti è delle più bieche. Aspettare alla finestra, sapendo che il Popolo delle Libertà non vuole candidare Berlusconi per evitare figuracce, aspettando per di più di avere tutti ai propri piedi è sì una tattica vincente per essere acclamato dai poteri forti di questa nazione, ma anche un modo per strozzare le migliori energie liberali che di città in città evidentemente vorrebbero cominciare a fare una loro strada, anche per cercare un consenso verso la parte più stantia della politica. D'altronde tra qualche giorno è Natale: forse neanche loro si prendono troppo sul serio. Aspettiamo di vedere come si comporteranno i big della finanza prima di dare per esclusa qualsiasi possibilità, anche quella che vorrebbe candidato il silenzioso, e poi neanche tanto, Monti.
Ivano Asaro |
Ivano Asaro
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