Google+

domenica 1 settembre 2013

Le domande che noi vorremmo porre a Lucia Riina, la figlia del Boss

Lucia riina
Viviamo di emozioni e di sensazioni. Le brutte cose ci sconvolgono, più o meno, così come le storie tenere ci impietosiscono.
Cosa c’è di più tenero dell’immagine e delle parole di una figlia che giura di amare e di essere a suo modo onorata del proprio padre?
Cosa c’è di più emozionante e bello dell’orgoglio famigliare?
Niente verrebbe da dire. Ma se quel padre è Totò Riina il discorso cambia specie. Dove finisce l’amore paterno e comincia la presa di posizione?
Dove si può dire che la figlia ha il dovere di ossequiare il padre e dove deve giustamente dissociarsi?
Domande alte che si schiantano come onde infrante sugli scogli del dolore dei morti e delle occasioni perse per Palermo, Corleone e della Sicilia tutta. Ora, la figliola di Riina, la piccola di casa, ha detto di essere onorata di portare il cognome del padre, di essere fortemente legata a quella famiglia che da piccola la faceva pregare per il bene degli altri famigliari, come ogni buona famiglia fortemente religiosa. La figlia di Riina è libera di dire ciò che ritiene più opportuno, e meno male che può, in linea ipotetica, dirlo. Ma alcune domande vogliamo fargliele, e magari sarebbe stato giusto che le avesse poste il giornalista svizzero, troppo distaccato da temi caldi come la mafia e troppo superficiale.
Signora Lucia Riina:
-Lei ha esplicato un suo diritto, costituzionalmente garantito, ovvero il diritto d’opinione e di parola, ma lei sa che nella società verso cui la mafia tende ciò non esiste?
Lei sa che nella mafia e nel mondo di suo padre non si può parlare liberamente?
Lei ha mai contato il numero di morti per opinioni che davano fastidio alla mafia?
SA, sono tanti e molti di questi siciliani. Uno si chiamava Mario Francese ed intervistò perfino sua Madre, Ninetta Bagarella, ma erano altri tempi, altra storia.

-Lei ha detto di venire da una famiglia dove si pregava la sera, perché la sua era una famiglia
profondamente religiosa: ha mai pregato per i morti di mafia, specie per quelli innocenti, per quelli che lottavano per la legalità?
Ha mai pregato per i magistrati e per i giornalisti uccisi?
Per i  bambini e le donne?

-Lei ha fatto intendere di non avere avuto contezza in quegli anni di ciò che suo padre, ed il suo amorevole zio, facessero. Ma allora come mai non si è potuta scrivere al liceo artistico? Come mai la sua famiglia allora si allontanò dalla perfezione e le impose di non seguire la sua propensione naturale? Non destò ciò sospetto? Non accendevate mai la televisione? O forse pensavate essere ciò tutto un complotto dei giudici?


Ora le domande potrebbero continuare, forse all’infinito, ma la nostra vuole essere piuttosto una riflessione. In questi giorni la figlia del nuovo capo dei capi, la figlia di Messina Denaro, è arrivata agli onori della cronaca per la sua scelta di lasciare la casa dove vive con la madre e la nonna paterna, ovvero la madre del Boss. Il suo è un chiaro segnale, un segnale determinato. Lei, se proprio non ce la fa a lasciarsi dietro quel passato, perché almeno non tace in segno di rispetto di chi sta o peggio stava dalla parte opposta a suo padre, spesso per un tozzo di pane.
Ivano Asaro



Ivano Asaro - Redazione Telejunior






una parte della redazione di Telejato/Telejunior


1 commento:

  1. Mi piacerebbe sapere se la ragazza abbia preso la decisione di allontanarsi dalla casa paterna spinta da una forte pressione mediatica o se invece stia acquisendo la consapevolezza che questo è soltanto il primo passo di un lungo cammino che potrà condurla verso la dissociazione totale dalla famigghia mafiosa e soprattutto dalla mentalità omertosa.Francesca Incandela

    RispondiElimina