Google+

mercoledì 30 ottobre 2013

Tra Letta e Crocetta si fanno i conti a Mazara.

Parlare di elezioni amministrative a sette od otto mesi dalla loro celebrazione è esercizio di stile stupido, certamente anche a Mazara. Farlo significa affondare pesantemente le mani nel presente, disegnando scenari scarsamente futuribili, magari anche realizzabili, ma di sicuro non più veritieri di ipotesi altre, apparentemente errate in questa fase.
                                   
Il nocciolo della questione gira tutt'intorno a due fattori spaventosamente lontani culturalmente ma imbarazzantemente vicine nella contemporaneità del sud. Da un lato la capacità e sapienza politica di taluni soggetti, dall'altra la crisi non più strisciante ma che fa inginocchiare larghe fette della popolazione: anche chi, fino a qualche mese fa, era troppo orgoglioso per ammetterlo. 

Chi sono i sapienti della politica? 

Sicuramente è sapiente chi sa che, a parte alcuni patti di ferro fortemente personali, tutti i discorsi fatti la mattina potrebbero non esistere più al pomeriggio, e quindi è inutile scendere in una guerra di trincea, cercando accordi pubblici al ribasso. Meglio stare nell'ombra, vantando la propria forza vera o presunta.
Nicola Cristaldi
Questo fa Cristaldi, attuale sindaco, che lascia intendere la propria potenza personale, come al solito intrisa di tracotanza, e pone gli altri come nemici del suo “buon governo”: tutte le trattative che ci sono, perché ci sono e si vedono, sono sempre ammantate di personalismo, quindi ecco perché chi viene mandato via, finanche dalla giunta, ha sempre l'area del cacciato perché inutile o traditore.





In questo solco, magari con una cultura meno ostentata, forse perché meno presente, sta Torrente.
Vito Torrente
Il suo è uno star dietro meno silenzioso: <<chi non ha parlato del suo avvicinamento a Pietro Marino, ex fedelissimo di Scilla, ora passato alla corte di Torrente?>>. Il resto però è, per i più, soltanto un susseguirsi di illazioni circa la forza dei sui colonnelli, dalle liste che sarebbe in grado di tirare su, e delle amicizie all'ars, che nonostante le prese di posizioni, potrebbe ancora vantare. Vito Torrente vuole diventare sindaco, e lo voleva già anni fa, ma la prudenza tipica degli affaristi, ed il parere delle altre forze della coalizione, gli consigliò di deviare su candidati più rassicuranti come Vinnuccia Di Giovanni, che però stava alla politica come la neve la sera di ferragosto. Vito Torrente può diventare sindaco, ma è conscio di non potere sbagliare mosse, essendo il suo un gioco di potere al rialzo, pur basandosi sulla sorte della sola città di Mazara.


La domanda spontanea a questo punto è: chi sono gli ignoranti della politica?

Gli ignoranti, e ce ne sono molti, sono quelli che già vanno correndo per accaparrarsi posti di assessorato da questo o da quel candidato, o chi crede che già oggi i giochi siano fatti. Tutto, certamente troppo, deve ancora avvenire, e non scordiamoci che anche a liste chiuse i giochini sono ancora fattibili.

In mezzo, tra sapienti ed ignoranti ci stanno i <<sapienti costretti a fare la guerra di trincea>>. Due soggetti importanti per alterni motivi stanno muovendosi, pur essendo politici di lungo corso.
Giorgio Macaddino
Da un lato c'è Macaddino. L'ex sindaco, per questioni personali, alcune tristemente giudiziarie, non può apparire in prima persona, specie in un pd che ogni tanto si ricorda della questione morale. Allora cerca di guidare il partito da fuori. L'elezione a segretario del consigliere Francesco De Blasi, non con una mozione unitaria, è il chiaro simbolo che due cose sono cambiate: Torrente è meno vicino di quello che si pensi al pd; la fronda minoritaria, incarnata da Giampiero Giacalone ed il dott. Palermo, non può che uscire dal partito se non vuole adattarsi al volere dei Macaddiniani.


Nella sponda opposta a Macaddino, sta Pino Siragusa.
Pino Siragusa
Lui è il candidato naturale del Pdl-Forza Italia, è l'alfiere in città del senatore D'Alì, ed è sempre stato li. Per la forza ideologica che il Berlusconismo ha a Mazara e nel trapanese Siragusa dovrebbe avere vita facile, facilissima. Proprio il suo referente politico, però, mesi addietro gli ha un po rovinato la festa. L'entrata del forte Scilla nel pdl pone questioni di non poco conto nel partito di Berlusconi: può Scilla stare fermo e comunque mantenere il potere su un esercito così vasto e così ardito? Può Siragusa non essere il candidato a sindaco per il pdl-forza italia? Discorso espandibile anche ai colonnelli: quelli di Scilla vogliono correre, consci di una loro forza sul territorio, liberi da condizionamenti palermitani e romani; i pdellini al contrario voglio mantenere quella leadership sul pdl locale, che gli permetterebbe di avere anche una crescita maggiore a livello regionale e nazionale. Di certo Siragusa è artefice del suo destino, ma i voti di Scilla faranno gola a molti, insieme od in ordine sparso.

Ora starete pensando:<< ma questo non aveva esordito dicendo che era stupido addentrarsi nella guerra dei voti sette od otto mesi prima delle elezioni?>>.
Si, rispondo, e ne sono ancora convinto, ma stupido lo sono sul serio, e quindi penso anche che in questo momento, nelle intricate matasse sopra descritte, per sommi capi, vadano aggiunti altri dati per una reale comprensione degli avvenimenti futuri. Le sfere alte dell'amministrazione del nostro paese sono in fibrillazione, specie il governo Letta, ma quasi tutto potrebbe rimanere quello che è almeno per larga parte del 2014.
Enrico Letta
Il consiglio dei ministri attuale è difeso dal Presidente della Repubblica, che ne è di fatto il premier politico, e questo potrebbe essere una forte garanzia, anche se può esserci la furbata del decadente Berlusconi. L'ars, a meno di clamorose defezioni, improvvise ed inaspettate, è anche quella bloccata. Crocetta ha superato la mozione di sfiducia proposta dai Grillini, e il modo in cui l'ha superata dimostra che anche a Destra non c'è tutta questa voglia di lasciare la poltrona per paturnie ideologiche.
Toni Scilla
La domanda quindi è: ma se Scilla e Pecorella non possono essere sindaco di Mazara, chi per scelta, chi per mancanza di posto, che fanno visto che non possono ambire a fare gli onorevoli? Domanda che certo pesa molto di più a Scilla che a Pecorella, reinventato e reinventabile fin troppo negli ultimi anni.

La mancanza di spazio in alto, ovvero della possibilità di concorrere per la provincia, abolita per farla breve, per la regione e forse per le camere, potrebbe complicare le cose anche a sinistra: può stare fermo Giampiero Giacalone?
Giampiero Giacalone
Può bastargli una moglie consigliere comunale, od eventualmente ritornare a farlo lui? Sicuramente no, ma neanche quella di sindaco allo stato attuale è una strada percorribile. Certo lui non resterà a guardare gli svolgimenti con le mani in mano.

Ultima, ma non ultima, questione è quella della crisi.

Ne avevo accennato all'inizio e per forza di cose, non posso dimenticarla. Mazara, anche per motivi storicamente complessi, è quasi un cadavere, ed alcune sue realtà economiche e sociali sono ormai in decomposizione incontrollata. Questo è il primo dei motivi per cui si prevede un numero enorme di candidati al consiglio comunale, quei famosi “signor nessuno”, che non finiscono mai sui giornali, che però hanno l'ardire di conoscere tizio o caio e sono altresì, a loro unico parere, titolari di almeno venti voti. Questi, per ignoranza o cretinaggine sono persone che hanno il solo scopo di lucrare, anche per disperazione personale, sulla politica. Sono convinti di entrare in consiglio e mettere bocca su un po di affari, che ormai non esistono più, per tirare via qualche migliaio di euro per loro, confortati da una classe dirigente che del resto lo fa per milioni di euro. Alcuni devono riempire le liste e raccogliere un po di voti per ricambiare qualche favore ricevuto al politichetto di turno. Tutta questa gente è per diversi motivi comunque illusa dai potenti e disillusa dalla società e dalla politica. Se i candidati al consiglio dovessero superare le 500 unità, per soli 30 posti disponibili, Mazara ed i mazaresi dovrebbero vergognarsi: questa non è più democrazia, ma la peggiore delle “stronzocrazie”. 


Ivano Asaro
Ivano Asaro

martedì 8 ottobre 2013

Lampedusa: contiamo i morti o gli stronzi? Se avessi memoria ricorderei entrambi

Ivano Asaro
In una traversata di morte e disperazione poco conta se a lasciarci le penne sono 10, 100 o 1000 persone. In una catastrofe umanitaria contare i morti serve solo a fare la cronaca dell'inadeguatezza della società e del genere umano disinteressato. I morti invece vanno contati, uno ad uno, pollice a pollice, perché ad ogni morto, ad ogni ultimo respiro, corrisponde un relativo e proporzionale numero di stronzi che si nascondono dietro i giornali e lutti di facciata

Lampedusa è li, ed è sempre stata li. Lampedusa non è apparsa dopo le difficoltà di certa parte dell'Africa, ne il continente nero è tema addebitabile alla contemporaneità. 


Allora perché si muore in mare? Allora perché si muore pur sapendo di morire?




Le ragioni sono due, e non so dire quale faccia piangere di più.

                                    

La prima, che riguarda loro, ovvero chi arriva con un bagaglio di frustrazioni ancor più pesanti dei sogni, con la fame prima ancora che abbagliato dal lusso. In pratica chi ha la voglia di provarci, e non per questo è meglio o peggio di altri, è semplicemente un uomo, giusto o sbagliato che sia.

Si muore per un <<forse>> dice brillantemente Staino: il <<forse arriviamo>>, il <<forse ci salviamo>>, <<forse i nostri figli non vivranno l'incertezza di questo eterno “forse”>>. Si scommette grottescamente sulla propria vita, convinti che per quanto male si possa stare di qua, in occidente, di la, in Africa, si sta “troppo peggio per non tentarci”. In tutta questa storia, tra flash di agenzia, tra tg polemici ed altri filo compassionevoli sfugge sempre e solo un dato:<< la vita è una sola, e non ci si può fermare sulla soglia del dolore perché di qua, nel mondo civilizzato, ci sono problemi con l'ufficio collocamento. La vita è una sola, e non si può pagare un biglietto d'entrata>>.



Ma c'è un altro aspetto, quello degli stronzi ovviamente. Magari sono esagerato, o semplicemente questi stronzi lo sono sul serio. Lampedusa è una storia vecchia, che condivide un infame destino con le coste della Sicilia e con quelle della Puglia rivolte verso i Balcani. Destino di pianti spezzati e figli strappati alle madri. Ma fuori dagli annunci, fuori dal clamore, c'è una realtà che ammanta il nostro cervello appena dopo che il pianto è andato via. Non si muore in mare per niente, si muore in mare perché è così che ci va bene. In questa storia andrebbe detto come nonostante un settennato già passato, ed un altro ancora agli albori, il nostro Presidente della Repubblica, quello attuale perché è lui che c'è per ora , e perché lui che è stato omaggiato con la storica riconferma, abbia avuto particolare riguardo allo spread, a fare i governi tecnici e para-tecnici, a firmare atti di clemenza per giornalisti colpevoli, ma si accorge solo a stragi avvenute, più e più volte, che il reato di clandestinità è un vulnus, una stupidaggine per dirla educatamente

Il nostro accorto Capo dello Stato si accorge solo ora che le carceri sono strapiene di persone che vendono rose per le strade, incarcerate non per quello che fanno, molte volte niente tranne sopravvivere, ma per quello che sono, ovvero reietti e senza permesso di soggiorno. Egregio Presidente della Repubblica, oltre a firmare leggine per partiti abusivi, avrebbe potuto abbandonare prima la sua stitica torre d'avorio, sempre che lo faccia veramente questa volta.
Il sottobosco politico poi non è da consolazione e non si parla solo della lega che è xenofoba con tutto ciò che c'è sotto Bologna, salvo poi presentarsi in Toscana.

Il Pdl-Forza Italia è stato per anni al governo con la Lega, ha avallato le ronde e non si è fatta scrupoli nell'avere come alleati gente del calibro “enorme” di Borghezio, Calderoli e Gentilini, con annessi e connessi.

Poi c'è il pd, inerte di fronte a certi problemi e mai con forza schieratosi contro il reato di clandestinità. Mi si dirà che la gente viene ugualmente, anche con il suddetto e famoso reato di immigrazione clandestina e le turbe morali non servono a trovare una soluzione. Giusto ma se intanto non si persegue la via corretta, quella di essere una società pronta ad applicare la propria costituzione poco si può fare per la risoluzione di problemi. 

Poco si può fare anche perché ci “vantiamo” di essere terra di passaggio verso altre mete Europee, ovvero Germania, Francia, Olanda, Danimarca. Non riesco proprio a capire come ci si possa vantare di non essere neanche più appetibili per disperati che vengono dalle guerre. L'Italia non solo non è attrattiva per le migliori menti e capitali, ma è in seconda classe anche nell'appeal degli immigrati, che preferiscono farsi altri due mila chilometri di viaggio pur di non rimanere in Italia. Io non ne sarei tanto fiero.


Chi può porre rimedio?


Tanti, anche i soggetti su citati, invocano l'Europa, e quelli dal canto loro, vedendo che non riusciamo a fare da noi si stanno finalmente attivando. Ma il principio è completamente sfalsato. E' vero che Lampedusa è il confine d'Europa, ma è la nostra costituzione che ammette lo status di rifugiato politico, ed è prima di tutto la costituzione che dovremmo rispettare. Poi chiediamo aiuto all'Europa, che altro non sono, allo stato attuale, che la somma degli stati membri. Se questo è giusto avremmo dovuto aiutare concretamente la Germania con l'alto numero di Turchi e cittadini Balcanici, oppure la Francia per l'enorme immigrazione algerina, od ancora più l'Inghilterra con gli Indiani e Pakistani. Ma li non c'entrava l'Europa, li si preferiva parlare d'altro. In questa sede la rabbia ha preso il sopravvento sulla logica, i problemi sono l'unica cosa trattata, perché non vedo soluzioni fin quando non ci responsabilizziamo ed abbandoniamo il razzismo frutto di ignoranza e di auto sopravvalutazione. 

Nel centro di prima accoglienza di Lampedusa in questo momento ci sono più persone che parlano due lingue (nel caso di specie Francese ed Inglese, oltre alla loro nazionale) che nella stragrande maggioranza di enti locali sparse sul territorio nazionale: questo dovrebbe farci capire qualcosa. Come dovrebbe farci capire qualcosa che l'emigrazione dal nostro Stato non è mai finita, si era solo calmata, ma non possiamo scordare neppure quando erano gli italiani a morire sulle navi della speranza, esempio per ora sulla bocca di tutti quello della nave Sirio affondata nel 1906. 

Il fiume di parole potrebbe non interrompersi, ed allora capisco che in realtà il primo stronzo sono io che parlo di queste cose solo ora, per rabbia e senza logica, che ho gli occhi pieni di morte ed il cuore svuotato di speranza.  


Ivano Asaro


Ivano Asaro



lunedì 7 ottobre 2013

L’era del Tiki Taka

Mirko Scimemi
Correva l’anno 1965 quando il concetto di “calcio totale” adottato da Rinus Michels, allenatore dell’Ajax di Cruijff, sconvolse il modo di giocare a pallone. 

Da quell’anno tutto cambiò, le squadre che volevano provare a vincere cercano di imitare il modello olandese nella speranza di ripetere le imprese che l’Ajax riuscì a compiere insieme al suo grande gioiello. 





Questa espressione di gioco venne meno col passare degli anni, sostituita da un nuovo pensiero calcistico, il possesso palla che trovò in Andrea Pirlo, il suo più grande interprete prima che Pep Guardiola sedesse sulla panchina del Barcellona. 


Andrea Pirlo

Il catalano ha estremizzato il concetto di possesso palla, non sfruttandolo solo come un semplice metodo per finalizzare le azioni, ma venne utilizzato soprattutto come metodo per difendere, infatti essere padroni del pallone, oltre a sfiancare gli avversari, è un modo per diminuire il numero di azioni pericolose effettuate dall’avversario.  
"Pep" Guardiola



Il tiki-taka viene spesso considerato l'evoluzione del calcio totale olandese, infatti la differenza più evidente di questi due schemi di gioco è che, mentre il "calcio totale" è basato su una completa mobilità e libertà dei giocatori in campo con l’impiego di calciatori molto fisici, mentre il tiki-taka, per sopperire all’evidente carenza di calciatori fisici, esalta un gioco basato su transizioni lente, passaggi corti e possesso costante del pallone. 

Secondo Raphael Honigstein, il tiki-taka è "un'importante evoluzione del calcio totale ma se ne differenzia principalmente perché si concentra sui continui movimenti rasoterra del pallone piuttosto che dei giocatori. Controllare la palla con calma per lungo tempo significa infatti controllare anche l'avversario, poiché quest'ultimo è impossibilitato a giocare.(cit. Wikipedia)".  
Barcellona

Quello che avveniva al Milan ancelottiano era un possesso palla non sterile, basato sullo spettacolo e su improvvise verticalizzazioni per gli attaccanti, invece Guardiola ha sviluppato tale tecnica per subire meno, per cercare di rendere la sua squadra invincibile senza subire troppo. 
Carlo Ancelotti


Bravissimo ed intelligente, ma senza il supporto di giocatori come Xavi e Iniesta sarebbe stato impossibile riuscirci, se poi in attacco ti ritrovi Messi il risultato è scontato. A giovarne è stata anche la Nazionale Spagnola che dal 2008 non fa che collezionare trionfi a discapito di squadre ben attrezzate ma non in grado di contrastare l’efficacia di questo lungo possesso palla logorante per qualsiasi avversario. 

Da quest’anno invece, il tiki taka ha una nuova squadra,il Bayern Monaco, ma non ha cambiato allenatore, Mister Pep Guardiola adesso guida i bavaresi nella sua sfida personale di adattare il suo calcio ad una squadra che è completamente diversa dal Barcellona. Fin da subito troviamo scelte che potrebbero suscitare clamore se adottate da altri allenatori, come Lahm utilizzato mediano e che sta dando degli ottimi risultati. 

Queste scelte vengono intraprese ai fini del bel gioco, di un calcio fluido e mai basato su lanci lunghi o azioni senza senso, utilizzare giocatori tecnici e bravi tatticamente è l’unico modo per portare vittorie e mettere paura all’avversario, un concetto che qualche allenatore italiano dovrebbe prendere maggiormente in considerazione.

Mirko Scimemi

 Mirko Scimemi














giovedì 3 ottobre 2013

Un anno senza "Matteo Asaro"

Matteo Asaro


Ho immaginato decine di volte questo momento, e decine di volte ho rielaborato questo ricordo. Scrivere, anche quando lo si fa per passione, non è mai una cosa facile se in gioco ci sono sentimenti ed emozioni personali. Capisci, col tempo e con la volontà, che a volte non si deve scrivere perché è bello, o perché piace, ma anche perché è giusto. È questa è una di quelle occasioni.





Il 3 ottobre del 2012 se ne andava prematuramente Matteo Asaro, mio zio Matteo Asaro. Questi mesi, trascorsi da quel tragico giorno, sono passati sulla mia testa ed hanno inciso il mio modo di pensare in maniera indelebile. In questi mesi, ogni singolo giorno, anche per un solo secondo il pensiero è volato allo zio che non c'era più.



Ogni cosa che era del suo mondo me lo faceva e fa immaginare. Un attrezzo edile, una passeggiata in campagna persino un tavolo da biliardo sono la chiave per aprire il baule dei ricordi. Nei giorni particolarmente tristi poi, sembra quasi di averlo a fianco, con la sua sigaretta accesa magari a parlare di politica, oppure dentro la macchina con lo stereo che trasmette canzoni “moderne” in inglese e lui li a criticarle perché <<nessuno di questi vale Albano>>.

Matteo Asaro prematuramente scomparso ha lasciato un vuoto incolmabile nei suoi cari ed io, suo nipote, posso dire che nonostante i più si ricordino di lui come imprenditore edile mazarese, io invece non scorderò mai il suo essere un buon padre di famiglia. Se un giorno mi chiedessero cos'è la prima cosa che mi viene in mente se penso a mio zio Matteo, io senza ombra di dubbio risponderei “il clima di protezione che sapeva creare attorno alle persone che amava”. Ogni soggetto che entrava tra i suoi affetti aveva un uomo su cui contare in ogni circostanza, indifferentemente se tu fossi stato suo figlio, moglie, nipote, fratello o cognata.


Ricordo perfettamente il giorno del suo funerale. La chiesa “Madonna del Paradiso” gremita ed attonita. Lo stupore che non lasciava spazio al dolore, tanto era strano immaginare che Matteo Asaro, “Matteo il gigante”, “Matteo quello che non si spaventava di nessuno”, “Matteo quello forte” era solo un ricordo, perché un brutto male ce l'aveva portato via. Quel giorno, dallo sguardo delle persone più anziane ho capito che tutto può accadere, anche dispiacersi per una persona di cui si conoscono i difetti, come abbiamo tutti, ma di cui sicuramente non si può scordare la generosità.


Questi mesi sono trascorsi, settimana dopo settimana, pietra dopo pietra, fiore dopo fiore di fronte una lapide che stenta a contenere il suo enorme spirito. Ancora oggi la frase più ricorrente di fronte al suo loculo è: << ma come si fa? >>, << Lui con tutta quella grinta>>.

Matteo non c'è più. Matteo è ormai un ricordo. Un pensiero scritto con inchiostro indelebile nella mente della gente che lo ha conosciuto, di chi gli ha voluto bene, e della Mazara Calcistica. Si perché Matteo Asaro è stato tante cose, ma prima di ogni altro passaggio è indubbio che di lui si conservi la memoria sportiva. Matteo, mito della Folgore e della Mazara appassionata di sport, negli anni in cui si sudava tra la polvere ed il fango. Oggi la gente che passa di fronte la sua tomba e guarda la foto di lui giovane e vigoroso con la maglietta della squadra di calcio in cui militava, non può non provare un pizzico di malinconia per quegli anni ormai passati e per il fatto che il male ha piegato un simbolo di quella generazione.

Io non ho mai visto mio zio giocare a calcio, non l'ho mai visto neanche palleggiare, ma di lui mi rimarrà sempre il ricordo di quando con i chiodi mi spiegava come funzionavano i movimenti della difesa, di quando mi istruiva sui passaggi che un buon centrocampista deve sapere fare. La sua conoscenza calcistica, la sua tenacia, il suo ardore, anche i suoi difetti e la sua generosità, rimarranno sempre nel cuore mio e degli altri nipoti, dei fratelli, dei cognati, dei figli e della moglie.

Matteo se n'è andato, ma in realtà è ancora a fianco a noi. Lui è il ricordo che ogni tanto verrà a sedersi nella sedia vicino, mentre si fuma una sigaretta, mentre parla di politica o di calcio. Matteo non se ne andrà perché noi infondo lo vogliamo qui, con la sua postura da ex calciatore con le gambe divaricate, che erano un mix di quell'arroganza che piace e di quella personalità che non si piega, e che anche oggi ad un anno dalla sua morte ci da sicurezza.


Io non posso dire altro, tranne che una cosa, anche da lassù CIAO PROFESSU'


Matteo Asaro

                                                                                                       

                                                                                                                                                Ivano Asaro



Primo Memorial "Matteo Asaro"







Sicurezza a Mazara: Storia ed Istruzioni per l'uso.


Foto Gaspare Stassi
Quanti fatti e parole ci passano a fianco senza che ce ne rendiamo conto. Un'infinità, e non potrebbe essere diversamente. 

Alcuni fatti però siamo quasi educati a dimenticarli. Argomenti di tipo sociale ci scivolano addosso in pochi minuti: nomi e storie si mischiano fra di loro. Alcolismo, Tossico dipendenza, ludopatia, carceri sovraffollate, anziani dimenticati: sono per noi parole vuote, da relegare alle trasmissioni televisive specializzate. Credete, di per se non è facile parlarne, si rischia sempre di cadere nel populismo, nella demagogia o peggio nel razzismo. Quando poi sei bravo e riesci ad essere equilibrato, magari incontri il tizio che, anche legittimamente, ti accusa e ti da del fazioso, del prevenuto e se sei sfortunato anche dello stronzo. Quindi? Le televisioni se ne occupano quando ci scappa il morto, i giornali evitano praticamente sempre e la gente riesce solo a sbigottirsi. D'altro canto però io non ho mai conosciuto idee che possano fermarsi di fronte al portone del buon gusto se sono sulla strada del buon senso, ed ecco perché ritengo doveroso parlare di temi sociali. 

Quale?

Rivolgendo lo sguardo a Mazara, non perché sia peggio di altre realtà, potremmo riempire il carrello di discorsi, ma un tema particolarmente attuale sta diventando il caso, e, ci sarebbe da scommetterci, potrebbe essere uno dei temi caldi della prossima campagna elettorale. Per fortuna io non sono candidato, non devo concorrere a nessuna carica, e proprio su Mazara posso continuare a dire la mia.


Di cosa voglio parlare? Di sicurezza.

Inutile dirvi che i fatti delle ultime settimane hanno influenzato non poco la mia voglia di scrivere, ma non hanno di certo cambiato le mie convinzioni.
Per affrontare il tema della sicurezza a Mazara, credo che sia opportuno partire da lontano, certo senza essere eccessivamente prolissi, ma comunque constatando le radici dell'attuale situazione. Quando si parla di sicurezza a Mazara, lo si fa in riferimento all'incolumità fisica dei cittadini e turisti, e dell'integrità delle loro proprietà. Ora è chiaro che essendo Mazara una città siciliana quando parliamo di violenza, seppur minima, e di affari sporchi non possiamo non rivolgere lo sguardo agli anni '40 e '50 del secolo scorso. 

Mazara allora si presentava come una città certamente meno popolosa, ma soprattutto come una società più semplice e forse più omogenea. Soprattutto nel secondo dopo guerra, le difficoltà, la fame, e le tecniche agricole non ancora sviluppate, avevano disegnato quartieri densamente abitati, con 7/8 persone che abitavano in pochi metri quadri, con alla base una sorta di solidarietà condivisa e diffusa almeno nella maggior parte dei casi. Era il tempo in cui a Mazara veramente si poteva dire:<< tanto si conoscono tutti>>. Una società arcaica, con delle case vicine, che ottemperava alle mancanze non solo con la solidarietà ma anche confidando nella vecchia Cosa Nostra. Quelle era la mafia che si componeva si di grandi boss che gestivano l'illegale, comminavano omicidi ma anche di soggetti, suddivisi per quartiere, che erano una specie di vigile urbano che da una parte avevano il guanto di velluto della cortesia, dall'altra il pugno di ferro della Violenza. Non voglio con ciò dire che c'era una Mafia buona, solo che c'era una mafia diversa. In quel contesto avere un mafiosetto di quartiere era utile, ed alla fine le remore morali passavano in secondo piano, specie perché la diffusa ignoranza faceva totalmente sottovalutare certi temi. 

Ecco perché non era strano vedere la scena del vecchietto che si lamentava col boss per il cane della vicina che abbaiava troppo, o magari per il trattore dell'altro vicino che sporcava tutta la strada di terra. 

La mafia era già una cosa sbagliata, ma l'assenza dei traffici illeciti e la mancanza dello stato facevano si che la società avesse un determinato equilibrio. La storia ha fatto il suo percorso e se fino agli anni '70 certe regole ancora valevano, con l'avvento della falange corleonese, insediata anche in provincia di Trapani, ed in particolar modo a Mazara, il modo di intendere i quartieri è radicalmente cambiato. 

I corleonesi non avevano il senso del controllo del territorio come i vecchi boss, per loro il controllo significava comando, anche del caos, ma comando, e soprattutto affari, soprattutto soldi e solo quelli.
Questo modo d'agire e queste sostanze hanno invaso in molti sensi la Sicilia, e per quello che ci riguarda Mazara.



Se da un lato si emancipava una nuova classe rampante Mafiosa locale, dall'altra i soldi della Marineria gestita da armatori poco accorti e per nulla previgenti, riempivano la città di soldi liquidi da investire, e quale migliore sorte per i soldi se non il mattone?Mazara vive per tutti gli anni '80 e '90 un boom edilizio. Molti si diranno ma le case non erano tutte dei mafiosi o degli armatori. Certo, infatti va chiarito che i soldi in quel periodo furono veramente tanti, talmente tanti da animare l'intera economia mazarese. Risultato? Mazara che prima si concentrava in pochi ambiti territoriali, scopre su grandi numeri la casa di villeggiatura a Tonnarella, la residenza nella parta più estrema di Via Castelvetrano, fino a scoprire il quartiere Bocca Arena. In tutto ciò, soldi pubblici per i terremoti annessi, nascono interi quartieri popolari e non. 


Ecco perché oggi Mazara è abitata da Tonnarella a Quarara, da Mazara 2 a Santa Maria. Talune di queste abitazioni fuori mano divennero poi anche prime case complicando se è possibile la materia. In questo clima esasperato di corsa alla costruzione di nuove case, paradossalmente sempre più grandi e vuote di gente, la storia prende ancora una volta una strada diversa. Lo stato dopo le stragi decide di svegliarsi, decide di intervenire e per anni, dopo il celeberrimo 1992, impegna i suoi migliori uomini nella lotta contro Cosa Nostra. Effetti? Potere di controllo economico della mafia sensibilmente diminuito, difficoltà nel reinvestimento dei capitali e fine anche per Mazara di un consistente bacino lavorativo, l'edilizia appunto. 


D'altro canto anche la pesca e la marineria in genere caddero sotto i colpi delle inefficienze ed inadeguatezze degli armatori ed anche li, quindi, soldi e benessere si sono sciolti come neve al sole, tranne che in qualche raro caso. Mazara senza soldi e senza sbocchi. Una situazione tragica direte, ma un viaggio va compiuto tutto per essere istruttivo. Negli stessi anni del benessere, soprattutto la marineria attirava un fortissimo numero di extra comunitari dall'area del Magreb, uomini che venivano pagati meno degli italiani, e che componevano a poco a poco un vero e proprio substrato sociale. Quando poi le cose cominciarono ad andare male, l'Europa aprì le porte dell'est , fenomeno che insieme alle guerre nei Balcani fece affluire nei nostri territori un gran numero di soggetti, scarsamente scolarizzati e per nulla avviati alle professioni. Un numero ingente quindi di soggetti a reddito zero, che oggi nel 2013 si ingrossa sempre di più, e che già era composto da un foltissimo numero di Mazaresi. Cosa manca in questo quadro? Forse il tassello più importante: la politica. Per guardare ad essa bisogna partire da cosa non ha fatto. Non ha fatto un piano regolatore in grado di garantire vivibilità a fronte degli oneri di urbanizzazione, non ha per nulla combattuto l'abusivismo, quando doveva, e non ha coordinato e cooperato con la marineria. Storicamente queste colpe sono gravi, ma c'è anche quello che la politica ha fatto, di sbagliato ovviamente. La politica ha per decenni dimenticato il centro storico, di fatto consegnandolo all'anarchia; la politica ha preferito ignorare che un'altra Mazara, cosmopolita stava nascendo e non si è occupata di piani di accoglimento ed inserimento sociale e d'altra parte ha preferito investire uomini e risorse in battaglie perse. 


Questi sono tutti i dati da tenere in conto quando si vuole parlare della sicurezza a Mazara. Molti ad un prima lettura sembrerebbero non entrarci nulla, ma mettendo i cocci insieme si ottiene una società dove lo stato non è presente, e, tagliando tagliando, le volanti non hanno la benzina per vigilare su un territorio così vasto, i quartieri centrali della città sono un <<non luogo>>, specie a talune ore della giornata, dove potrebbero essere commesse le peggiori razzie e pochissimi se ne accorgerebbero, e questo non lo dico io, ma chi ha subito i furti. Proprio una società così complessa, mai capita, e così disagiata partorisce casi disperati che considerano normale vivere di espedienti, ai limiti della legalità e spesso anche anche oltre. Una società dove, non dobbiamo nascondercelo, non c'è più il mafiosetto locale che ti richiama e ti allontana sgherri e brutti ceffi. Ed in tutto questo le forze dell'ordine? Beh chi lavora ci sarà e c'è, magari anche tra i poliziotti municipali, ma il taglio delle risorse e l'inadeguatezza e la svogliatezza di certi soggetti è davvero uno schiaffo ai cittadini. Certo non si può pretendere di avere degli eroi, ma pattuglie più attive sono un diritto. Mazara è questa e lo è da Piazzale Europa a Via America, lo è da Tonnarella a Mazara 2, lo è persino ormai in Via Garibaldi e Corso Umberto. Quadro allarmante, è vero.


Cosa fare? 

Come dicevo all'inizio non sono candidato, e quindi non ho necessità di fare un manifesto elettorale, ma non mi piacciono i soggetti e taluni movimenti che stanno li sempre a menare il dito quando a comandare sono gli altri, praticamente tutti quindi, ergo provo a dare delle idee su medio e lungo termine. Queste idee non possono però essere capite se non si chiariscono talune questioni, che sono riconducibili all'attuale amministrazione, non perché storicamente più colpevole delle altre, ma perché è quella che abbiamo ed è quella che ha convinto un grandissimo numero di cittadini durante le ultime elezioni comunali. Si era parlato tanto di centro storico, e come volevasi dimostrare, e questo blog lo disse in tempi non sospetti, non serviva a nulla coprire alcune strade di opere ceramiche se dietro non vi è un lavoro sociologico e tecnologico di integrazione. Le ceramiche di per se non portano ne i delinquenti in galera ne rendono più abitabile un quartiere, in questo caso la Kasbah. Semplicemente lo rendono più interessante per 15/20 giorni, passati i quali il mazarese medio, qualsiasi sia la sua etnia, ritorna ad avere paura nel passare da via Bagno dopo le 20,30. Così come un'altra critica che Mazara ha elevato al suo sindaco è quella di avere dimenticato il resto della città: cosa che in parte è pure vera, vedasi tonnarella per farsi un'idea rispetto a ciò che è scritto nel programma elettorale. Ma se le critiche sono doverose per marcare il campo, rispetto a questa ed alle precedenti amministrazioni, bisogna guardare avanti, e cercare di immaginare delle soluzioni. Il primo pilastro da cui partire deve essere il fatto che non ci sono i soldi, o forse c'erano per le mattonelle ma non per altro (a proposito come blog, ed io personalmente, aspettiamo le delibere di giunta famose dove si dice che sono state regalate totalmente dal sindaco alla città). 

Ed allora che fare? 

Partendo dalla fantasia e dalla storia il primo passo non può essere altro che la creazione di un tavolo tecnico con questore, prefetto e rappresentanti provinciali e locali di tutti i corpi armati che insistono sul territorio, per un sindaco che disse di non avere problemi ad alzare la cornetta dovrebbe essere una bazzecola. Obiettivo creare uno stato di grande mobilitazione per un semestre, dove impegnare tutte le forze disponibili, chiedendo uno sforzo condiviso a tutto i corpi armati, soprattutto insistendo nei quartieri più disagiati. Le forze dell'ordine devono tornare a camminare a piedi per tutta la città. Si devono vedere forze dell'ordine a piedi da Santa Rosalia a piazza Imam Al Mazarì. La gente deve notare che c'è lo Stato, e questo è un punto di partenza essenziale. Questo sistema non si deve inventare, esiste già, si chiama CIT (controllo integrato territorio).


Secondo passo. Un ulteriore tavolo tecnico deve essere formato da tutti i presidi delle scuole locali di ogni ordine e grado, dai rappresentanti delle associazioni sportive e dai sacerdoti locali. Mazara si deve svegliare per un anno, non solo nel periodo estivo, devono essere organizzati appuntamenti, meeting, incontri che devono sensibilizzare la gente sul tema della legalità e contemporaneamente fare esprimere le problematiche che magari solitamente rimangono tra divano e televisore. Per un anno minimo le scuole dovranno uscire dalle scuole, le chiese dalle chiese, scendere nelle stradine, dire quello che vogliono ed avere sempre un microfono per farlo. 

La gente deve ritornare a parlare con il proprio vicino, le strade non posso più svuotarsi alle 20,30 e però non deve esistere solo Corso Umberto. Ultimo passo, anche questo a costo zero o quasi, è la creazione degli sportelli dei poliziotti municipali nei vari quartieri. Li le persone, in forma anonima potranno non solo fare una regolare denuncia, ma sostanzialmente sollevare dubbi circa la liceità di taluni movimenti che succedono, come il baccano notturno o l'assembramento di gente sospetto. Il tutto sarà giornalmente verbalizzato e settimanalmente inviato al sindaco e nel caso alle forze dell'ordine competenti. Nessuno può tirarsi fuori da questa battaglia di civiltà. 

Queste iniziative certo non hanno la pretesa di risolvere la questione della micro criminalità diffusa e sono di certo pensati come una soluzione tampone che deve prima di ogni altra cosa risollevare lo spirito locale, deve far credere che una Mazara più sicura è possibile. Con il tempo ed i soldi si potrà fare altro, come mandare gli assistenti sociali per le strade, fare la video sorveglianza e riabilitare certe costruzioni diroccate.
Foto Gaspare Stassi

Com'è giusto che sia mi aspetto molte critiche, la sola indifferenza non capirei.




Ivano Asaro

Ivano Asaro