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martedì 3 dicembre 2013

Renzi, la parolaccia.

Ivano Asaro
Siamo nani sulle spalle dei giganti. Da loro dobbiamo imparare, anche quando ci sono ostili. Impariamo dai giganti del passato, grandi perché venuti prima di noi, e noi li, piccoli a proseguire la strada. Uno dei grandi del nostro tempo, ormai gigante consegnato alla cultura è Indro Montanelli. Non ho mai parteggiato molto per le sue idee: Montanelli fu per quasi tutta la vita difensore di troppe cose fasciste o parafasciste, e comunque è stato il più alto esponente della cultura di destra in Italia. Montanelli è la sua vita, la sua esperienza militare e la sua militanza ideologica. Montanelli è quello che è, si sa, come si conosce anche il più grande tra suoi pregi: il rigore logico delle sue osservazioni. Non sono serviti ne proiettili ne lacrime per distogliere la sua vista da un mondo che lui considerava a suo modo: capendolo il più delle volte e anche fraintendendolo talvolta. Montanelli è un gigante, magari non proprio convenzionale, ma un gigante. Da lui ho imparato e continuo a farlo. Perché vi faccio partecipi della mia ammirazione per Montanelli? Intanto perché è sempre giusto celebrare un intellettuale così alto e pervicace, ma anche perché in queste ore non fa altro che passarmi per la testa una sua frase: "Se vince Berlusconi la parola destra diventerà impronunciabile nei prossimi 50 anni per motivi di decenza" (Indro Montanelli, 1994).
Montanelli ci aveva preso, così come ci aveva preso su tante altre cose. Ogni tentativo di spiegare che la destra non è solo Berlusconi al popolo bue finisce sempre in “caciara” e prese di posizione stupide. Berlusconi ha infangato una tradizione, un nome, l'ideologia stessa della destra. La grandezza logica di Montanelli lo aveva portato a decretare ciò già nel '94, quando Berlusconi era l'uomo del sogno, della ricchezza per tutti e dell'amore patinato e ricco. La frase mi continua e ritornare e non posso non notare come l'averlo detto prima è l'unica cosa non banale del concetto espresso.
E' sempre capitato infatti che singoli uomini, magari coadiuvati da altri e dal destino, riescano ad infangare intere tradizioni socio-politiche, in maniera anche non preannunciata. Solo provando a dire socialisti, del resto, la gente dice immediatamente Craxi e tangenti. Provate a dire allora democrazia cristiana ed ecco che subito si pensa ad Andreotti e la mafia, ma anche ad i magheggi e le raccomandazioni. Gli uomini possono rovinare intere classi dirigenti molto più velocemente di quanto faccia un intero partito a costruirsi una reputazione. Ancora? Dite Italia dei Valori e con tutta la superficialità del mondo vi sarà detto: << Bravo Di Pietro che con i soldi degli Italiani si comprava le case>>, che è poi una cosa falsa, con tanto di sentenze, ma intanto la gente lo pensa scordandosi dei meriti di quel partito come, tanto per dirne una: il referendum sull'acqua, nucleare ed immunità per Silvio Berlusconi, negata fortunatamente.
Chi rimane sempre fuori da questi giochi? Chi è rimasto fuori, per farla facile, da tangentopoli. Tutti i partiti, che adesso non esistono più, e tutti gli uomini di partito, loro esistono ancora, sono stati intaccati dal pool di Mani Pulite (i più noti pm Davigo, Colombo e Di Pietro). Tutti tranne uno: il Partito Comunista. Qualcuno ha detto che Di Pietro si volle fermare di proposito prima di entrare nella sede di via Delle Botteghe Oscure (storica sede romana del PC), altri dissero che i comunisti erano veramente più onesti degli altri. Io credo che anche nel PC ci fossero le mele marce, sicuramente meno che da altre parti, e che semplicemente per la ferrea convinzione del compagno Greganti ciò non venne fuori. Ecco, per tutto questo, il PC non era mai associato a nulla di tragico ne di peccaminoso. Certo l'intellettualismo e lo scarso pragmatismo si tinsero spesso di rosso comunista e non di meno il “tafazzismo” e la capacità di perdere sempre le elezioni, ma finiva li. Nessuno vedeva il simbolo del PC e vedeva i ladri. Così almeno per grandi linee fu per i partiti eredi del PC, ovvero il PDS, i DS ed ultimo il PD. Il Partito Democratico è sempre stato visto come inconsistente, diviso, non serio, difensore delle cause perse, anche quando magari davanti al caso Lusi era facile pensare alla delinquenza pura. Certo avendo dall'altra parte Berlusconi persino i ladri sembrano solo teppistelli di periferia. I più affezionati agli ideali che furono del PC del dopoguerra dicono, e possibilmente non sbagliano, che chi può vantare nella propria storia Che Guevara, i partigiani e le lotte per i diritti dei lavoratori, oltre ai morti contro la mafia, di per se è meglio degli altri. Tesi affascinante ma che si scontra con la dura realtà sociale che, dalla trasmissione Drive In in poi, ha messo al bando decenza ed indignazione. Il budget di credibilità del Pd sta nel non avere mai avuto un Berlusconi, un Craxi od un Andreotti, punto. Non conta la storia positiva, purtroppo. Nella storia della Dc è valso in negativo Andreotti più di quanto De Gasperi in positivo, nonostante De Gasperi abbia costruito l'Italia e fondato l'Europa; stesso discorso per Pertini e Craxi, ovvero buono e cattivo dello stesso partito, e se oggi non esiste più il partito Socialista è per le azioni di Craxi, non certo per l'esempio di Pertini. Alla luce di quanto pensato, e la frase di Montanelli è sempre li, che succederebbe se ci fosse un Craxi, Andreotti o Berlusconi di Sinistra od a Sinistra? Quello che è successo agli altri: fine della festa e della baracca. Il Pd sarebbe definitivamente come gli altri, non più perno dei giovani sognatori e dei vecchi nostalgici con il fazzoletto rosso. Addio Rossa Emilia, addio Rossa Toscana, addio sogno “malsano” di partire dall'uguaglianza e dalla meritocrazia. Questa è la mia paura. Purtroppo penso che se Renzi diventasse leader della sinistra italiana e segretario del Pd, senza più opposizione interna (gran parte passata con lui negli ultimi mesi) la parola sinistra in Italia diventerà una parolaccia. Con buona pace dei Renziani. 



Ivano Asaro

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