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venerdì 24 aprile 2015

il mio 25 aprile: grazie Nonno


Nel gioco della memoria non saprei dirvi quale sia il mio ricordo più bello, ne tanto meno il più vecchio. Saprei dirvene un po, un numero sempre crescente, proporzionale allo sforzo, che più si avvita su se stesso più riporta alla luce fatti del passato. Potrei, però, dirvi quale sia uno dei ricordi che serbo con maggiore attenzione, rispetto, onore. Ci sono dei capelli bianchi, quelli di mio nonno materno. Tanti capelli bianchi, pettinati alla perfezione, metafora di un uomo composto ed all'antica. Mio nonno, uomo degno di altra vita rispetto a quella vissuta, soldato, prigioniero, acerrimo nemico dei tedeschi, e poi per fame, emigrante in quella stessa Germania che voleva ucciderlo qualche decennio prima. Mio nonno era un uomo, dedito alla famiglia, con idee del suo tempo, e la concezione massima che l'impegno ripaga, almeno quasi sempre. Mio nonno, in quanto uomo, un triste giorno di freddo siciliano, con la luce fioca del sole calante, ci ha lasciati. Mio nonno, i suoi capelli bianchi ed i suoi panini con lo zucchero comprati la mattina presto dal fornaio per noi nipoti. Qui comincia il ricordo che considero un pilastro di quello che sono e di quello che penso. Nelle tristissime ore successive alla morte di mio nonno, la curiosità mista al dolore mi portò a scandagliare tra le sue cose più vecchie. Attrezzi da fabbro, meno che una passione, più che un lavoro, vecchie cartoline, e vecchi arnesi per la cura della barba. Poi quella. Una vecchia scatola di scarpe, grigia, anonima, quasi che la volontà fosse quella di conservare per se, a futura memoria, qualcosa di importante, che magari per altri poteva essere niente, ma andava assolutamente accudita, custodita, preservata. In quella scatola, aperta più che dalle mie mani, dal mio pensiero e dalla mia commozione, vi era una raccolta lunghissima di atti, documenti, attestazioni, ricevuti da mio nonno, prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale. Mio nonno aveva conservato per decenni documenti di una guerra, di cui era stato involontariamente partecipe, quei documenti che attestavano il suo merito, il suo sacrificio ed impegno per la Patria. Voi vi starete chiedendo cos'ha di speciale questo fatto. In fondo partigiani, soldati di alto grado e livello, avranno decine di ricordi e documenti di ben più alto valore. In quella scatola però c'era la stessa essenza del pensiero di mio nonno. La guerra c'è chi la fa pur non volendola, ed invece c'è chi la fa proprio odiandola. Mio nonno apparteneva a questo secondo gruppo di persone. Il suo odio per la guerra, per i fascisti, nazisti, e vari sbruffoncelli graduati era profondo, intimo, viscerale. Sarebbero bastate queste motivazioni per renderlo disertore all'epoca, e restio a mantenerne il ricordo dopo. Invece no. Mio nonno fece la guerra, essendo contraria alla stessa, e conservò il ricordo di quel momento perché era giusto. Mio nonno non partecipò mai a cerimonie di suffragio, celebrazione, o cose simili: il suo odio per la guerra rimase tale da portarlo lontano da queste opportunità pubbliche, ma ciò nonostante portò per il resto della sua vita quei documenti simbolo di ciò che era stato, cicatrice di ciò che aveva subito. Voi non conoscerete mai mio nonno, ed anche io avrei voluto conoscerlo meglio, chiedere di più, però conserverò per sempre questo ricordo, perché è grazie a questa scoperta dal sapore amaro della sorpresa, che ho capito tante cose. Mio nonno sapeva che il sacrificio e l'impegno porta dei risultati, e non bisogna tirarsi indietro dinnanzi le cose che non ci piacciono, perché anche quelle vanno fatte per raggiungere i propri ideali, e tra questi meritevoli di sacrifici estremi sono la democrazia, la libertà, e la fiducia nel proprio paese. In occasione del 25 aprile, festa della Liberazione, io posso dirvi che so cosa significa essere liberi grazie anche a mio nonno, che non fu partigiano, che non fu eroe, ma servì il suo paese, anche quando questo non era giusto, non era libero e democratico, e per un'Italia migliore rischiò la propria vita.


                               
                                                                                                                                               Ivano Asaro
 

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