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sabato 28 novembre 2009

Wanted!

La Bertolino s.p.a. in questi anni ha provato in tutte le salse a mettere le mani sul nostro territorio...ma non su altri. E solo la vasta mobilitazione della popolazione locale ha mandato a monte i suoi tentativi. Ma perchè ha insistito così tanto a lungo, proponendo dapprima una mega distilleria, facendosi solo poi illuminare dall’idea di poter scaricare i fanghi prodotti dalla depurazione del proprio impianto nei territori di appartenenza al comune di Mazara del Vallo? E perché proprio Mazara del Vallo? La risposta plausibile è che evidentemente proprio qui da noi, ha da sempre avuto (e continua tuttora ad avere) degli “alti referenti”. Costoro si presume (anche se a dire il vero è un fatto oggettivo) sono politici che hanno sicuramente avuto un certo peso nel nostro territorio dal periodo del sindaco D'Alfio sin ai giorni nostri: e stiamo parlando di ben quattro sindacature! Chi si cela in realtà dietro i beneamati volti della politica locale, che nel portare avanti i propri interessi scordano non soltanto la propria realtà, ma anche i soggetti che li hanno legittimati quali rappresentanti del popolo? Noi li stiamo già cercando, ma secondo voi di chi si tratta?
Che la ricerca abbia inizio...

giovedì 19 novembre 2009

Chiarimenti sulla triste situazione di Tonnarella...

Dopo il reportage fotografico delle scorse settimane, nel rispetto dello spirito esplicativo che dalla sua nascita anima questo blog, siamo ben lieti di fornirvi, attraverso le parole del geologo Giuseppe Marino, molti chiarimenti sulla triste situazione della spiaggia di Tonnarella.

D. In che contesto va collocata la spiaggia di Tonnarella dal punto di vista ambientale? Quali sono gli aspetti che in questo momento hanno urgente bisogno di essere visionati con particolare rilevanza, nonché la causa (o le cause) dei continui disagi nel nostro litorale?
R. Le spiagge normalmente seguono le loro dinamiche naturali. Durante il periodo invernale, sottoposte a condizioni meteorologiche avverse sono soggette a fenomeni di erosione da parte delle correnti marine che però vengono compensati da un periodo di apporto quando l’erosione è minore. Si tratta di un sottile equilibrio che esposto a molteplici e spesso combinati fattori di disturbo e di pressione antropica è venuto a creare nel nostro litorale un forte deficit. Il problema di fondo risiede a mio avviso nell'ingombrante presenza della strada che costeggia il lungomare Fata Morgana. Una strada che rappresenta un danno enorme per il nostro ecosistema, soppiantando di fatto l’innaturale assenza delle “dune”, quelle riserve di sedimento che garantirebbero l'arresto e il deposito della sabbia che nelle condizioni attuali viaggia su una superficie spoglia che non le permette di poter essere reintegrata naturalmente sulla spiaggia, disperdendosi per effetto dell’azione del vento verso l’interno. Piuttosto basta recarsi nell’oasi faunistica di Capo Feto, dove la strada peraltro si interrompe, per rendersi conto che tutto ciò non si verifica. Ho avuto anche la possibilità negli anni di poter confrontare delle foto aeree fatte scattare appositamente dove chiaramente non si nota alcuna riduzione di quella fascia costiera, a margine di una drastica diminuzione (a tratti scomparsa e sostituita da grandi blocchi di cemento) della parte occidentale del nostro litorale. Queste sono sicuramente situazioni che dovrebbero essere meglio valutate ed affrontate perchè questo perdurante disequilibrio rischia seriamente di far scomparire la nostra fonte primaria di turismo. C’è sicuramente un altro aspetto da considerare: la Posidonia oceanica (che svolgendo una vera e propria funzione clorofilliana è da considerarsi a tutti gli effetti una pianta e non un’alga come qualcuno si ostina a chiamarla) è una realtà di notevole importanza ecologica, costituendo la comunità climax del mar Mediterraneo ed esercitando soprattutto, nel momento in cui in inverno strappatasi dal fondo si deposita sulla spiaggia, una notevole azione di protezione della linea di costa dall’erosione. Purtroppo quest’anno si sono create delle situazioni spiacevoli per chi gestisce attività economiche in spiaggia: due lidi in particolare hanno lamentato, a giusto avviso, l’invasione di queste piante che non ha permesso loro di lavorare a pieno regime. Però con tutta sincerità mi chiedo: “Perché si deve abusare di una sconsiderata urbanizzazione del litorale, piuttosto che assecondarlo nel suo naturale equilibrio? Perché deve essere concesso un demanio marittimo a tanti stabilimenti balneari ? Perché non si può pensare di posizionarli sull’entroterra anziché sulla spiaggia? Perchè non si può evitare il progressivo martirio di questa spiaggia pensandone la fruizione in un’ottica di sviluppo sostenibile?”. Sia chiaro tutto questo non deve considerarsi un ostacolo alle attività economiche ma anzi uno sforzo per valorizzarle e tutelarle nel tempo. Del resto l’uso che se ne fa di questo litorale durante il periodo estivo, è un uso a dir poco incosciente e scriteriato che nel tempo, senza intertenti di tuterla, porterà certamente a scompensi non più rimediabili. La spiaggia è un bene economico prezioso non solo per tutti noi ma anche per una miriade di altri esseri che ci “devono” stare, quali ad esempio i pesci che la notte hanno tutto il diritto di potersi avvicinare alla costa o magari le tartarughe che decidono di depositare le proprie uova sulla spiaggia. Non bisogna essere invadenti in determinate circostanze: il nostro arenile non è affatto una sala banchetti, un campeggio, né tantomeno un bivacco serale. La spiaggia di notte non andrebbe affatto frequentata: una cosa del genere del resto non succede in nessun’altra parte del mondo.

D. Alcuni giorni fa, sul sito Mazaraonline.it il rappresentante del sindacato Stabilimenti Balneari (Sib) della Confcommercio, Marcello Bascone, affermava: «Bisogna ripristinare i muretti di contenimento mancanti, posizionando al suo posto dei blocchi tipo “New Jersey” in cemento facilmente amovibili posizionandoli per qualsiasi bisogno. Con la posa dei suddetti blocchi il fenomeno dell’acqua che arriva in strada verrebbe sensibilmente ridotto se non addirittura risolto». Lei cosa pensa a riguardo?
R. Io non sono affatto d’accordo. Giustamente il sig. Bascone, che peraltro conosco, chiede la risistemazione della spiaggia in modo che possa tornare ad essere funzionale per le strutture balneari che lui rappresenta. Ma la questione in realtà è un’altra: non si può correre dietro gli interessi dei singoli, ma vanno portate avanti delle strategie globali che purtroppo in queste condizioni vengono meno. Questi orrendi muretti in calcestruzzo che delimitano la spiaggia non vanno affatto sostituiti, ma piuttosto eliminati definitivamente perché estremamente dannosi. Di fatto l’acqua, mista a sabbia, trasportata dalle onde sulla strada, non ha la possibilità di tornare indietro perché ostacolata da questa barriera. Se proprio fosse il caso di sostituirli, sarebbe meglio farlo, secondo me, con strutture in legno (tipo staccionate aperte) che non interrompano in ogni caso la dinamica costiera ridando continuità alla spiaggia.

D. Quali sono secondo lei allora le soluzioni da adottare nell’immediato per la salvaguardia di questa costa?
R. Prendiamo in considerazione da subito i sistemi di pulitura, attualmente sbagliati: sarebbe il caso di puntare l’attenzione sulla ripresa della vegetazione autoctona fortemente specializzata nel mantenere la sabbia al suo posto magari nella parte più prossima alla strada. E ciò è possibile adottando un sistema di pulitura manuale che si attui durante il corso dell’anno, approfittando magari del maltempo per togliere via un po’ di plastica abbandonata dai marosi e avendo rispetto (e ci tengo fermamente a sottolinearlo) di quelle piante che invece vengono sistematicamente distrutte. Ideale poi sarebbe togliere via quella strada ripristinando le dune che mancano. Tutto questo non è facile ovviamente. E mi rendo conto che si tratta di una soluzione drastica, ma spesso bisogna anche mettersi nelle condizioni di dover scegliere cosa sia effettivamente giusto. Sarebbe necessario un grande sforzo, considerando anche che andrebbe approfondito lo studio della circolazione sulla zona di Tonnarella sfruttando le stradine perpendicolari alla spiaggia, studiando come ed in che modo i residenti possano avere accesso alle loro case.

D. Si è tanto parlato anche di frangiflutti e di impianti faraonici per la riqualificazione delle nostre coste. Lei che ne pensa?
R. Esistono dei metodi semplicissimi, che non sono sicuramente la trovata del momento. Uno di questi è il B.M.S. (Beach Management System). L’impianto costituito da una rete di tubazioni e di dreni, posizionati parallelamente al litorale nella zona di risalite delle onde, e collegati ad una stazione di pompaggio, opera in tre fasi: 1) crea una zona non satura, abbassando la superficie freatica; 2) l’acqua portata dall’onda, percola nel terreno drenato e le sabbie movimentate dall’acqua si depositano sulla spiaggia; 3) il processo continua sino al raggiungimento di un nuovo equilibrio della spiaggia. In questo modo si determina l’abbassamento della falda al di sotto della spiaggia, riducendo, fino all’annullamento, l’azione erosiva trasversale, determinata dal fenomeno di “run-up” delle onde. Più semplicemente l’acqua carica di sabbia che arriva sulla spiaggia ha modo di essere drenata facendo si che questa torni in mare, mentre la sabbia resti sulla spiaggia. Fermo restando comunque che alla base è necessario fare uno studio approfondito delle correnti e dello stesso sistema. Questo sistema che non va assolutamente ad impattare con l’ambiente perché invisibile all’occhio umano, è già stato oggetto di sperimentazione in Giappone e in Australia, ma anche in Italia, sulle coste laziali di Ostia. Ed inoltre sono dell’idea che la corrente elettrica per alimentare questo impianto potrebbe essere pagata dai gestori degli stabilimenti balneari: una cifra assolutamente ridicola considerato il gran numero dei lidi. Loro devono fare economia ma devono pensare al futuro che potrebbe non esserci. Pertanto mi sento di dire che non vi è alcuna necessità di frangiflutti sommersi, tralaltro deleteri secondo alcuni studi per la Posidonia oceanica che vive sul fondo del nostro litorale. Ma del resto è risaputo che spesso si preferisce spendere di più e avere guadagni maggiori, gettando magari del cemento in mare, piuttosto che adattare alle circostanze una soluzione che garantisca ottimi risultati con costi molto contenuti.

D. In ultimo, qual è l’appello che al momento si sente di lanciare non solo all'amministrazione locale, ma anche ai nostri cittadini?
R. Non si riesce a capire l’importanza di determinate cose: il problema di Tonnarella è che c’è un disequilibrio totale tra quelli che sono gli utilizzi di questa spiaggia e gli aspetti naturale. Finora sia chiaro gli aspetti naturali sono stati disattesi: del resto è ai più visibili quali sono le condizioni attuali della costa. E’ un vero e proprio massacro. Addirittura la sabbia viene sottratta al nostro arenile per costruire i marciapiedi di alcune vie della città. Ora mi chiedo: “Fermo resto che comunque questo tipo di sabbia non va assolutamente bene per questo genere di lavori perché piena di cloruri, il direttore dei lavori non chiede ai lavoratori della ditta che ha l’incarico di eseguire i lavori, da dove questa sabbia viene presa?” Questi signori hanno preso quanto dovuto come se niente fosse: e ci tengo a precisare che questa è una realtà accaduta certamente non venti anni fa, ma appena qualche settimana fa. Non è nemmeno necessario dare un’immagine delle nostre spiagge simili a quelle proposte dalle pubblicità televisiva, perché la nostra è un’altro genere di spiaggia. Se continuiamo con lo sfruttamento sconsiderato di questa risorsa rischiamo di distruggerla e di fatto, putroppo, lo stiamo facendo.

Geol. Giuseppe Marino

domenica 15 novembre 2009

Maledetto Sabato

Con le lacrime agli occhi, fortemente turbata da un’altra vittima delle nostre strade, decido di scrivere.
Un auto sbanda e distrugge una famiglia: Susanna Siragusa, le due figlie, Filippa e Alda Andreani, e la nipote Concetta Li Mani; muore Francesco Randazzo in seguito ad un incidente stradale sul lungomare; ieri, dopo due settimane di coma, si è spento Rosario Quinci, giovane vittima dell’ennesimo dramma. E se tornassi indietro nel tempo, sono sicura che ne troverei molti altri, più giovani, più anziani, con alle spalle famiglie differenti, amici diversi. Ma tutti con lo stesso comun denominatore: cittadini di questa città che più la guardo, più me ne voglio andare. L'orrore sulle strade, la latente presenza della droga, il declino economico, politico e culturale; diciamolo chiaramente: in questa città, di buono è rimasto veramente poco! L'unica cosa buona che ognuno può ancora trovarci sono soltanto gli affetti, ma a che servono se poi devono esserti strappati via dalla strada, in una percentuale che oggi fa davvero paura? Prima dell'ultimo incidente, non mi ero mai accostata al problema con particolare attenzione: le notizie mi turbavano, ma nulla di che preoccuparsi. Non conoscevo le 4 donne, e soltanto di vista Francesco, ma Rosario invece era cresciuto con mio fratello e come tutti ben sappiamo, soltanto quando qualcosa turba i nostri affetti, e altera la nostra vita più intima, siamo portati a preoccuparci, a non dormirci la notte. Nelle due settimane in cui questo giovanissimo amico di famiglia era appesa un filo, la mia mente ha cominciato riflettere: un incidente ha come causa la droga, l’altro l'alcol o giù di lì, mentre l'ultimo il mancato uso del casco (anche se non entro in merito a delle dinamiche ad oggi non certe). La domanda allora mi sorge spontanea: potevano questi drammi essere evitati? Queste sei persone, morte nel giro di sei mesi, potrebbero essere adesso ancora in vita? Cosa si poteva fare e non si è fatto? Francesco Giacalone, l'accertato assassino delle 4 donne in via Luigi Vaccara, poteva essere fermato? Non sono una che indaga sulle cose, o fa gossip sulle tragedie, ma si disse quel 17 di Luglio, che prima dell'incidente quello che era ancora un presunto assassino, aveva urtato un paio di auto, prima di sbandare e urtare per sempre l'equilibrio di un'intera famiglia. Quindi vi chiedo: con una soltanto, una segnalazione, e delle rapide ricerche da parte degli organi dovuti, questa tragedia poteva essere evitata? E quella dei due ragazzi sul lungomare? Si disse sempre (perché in questa città le cose comunque vada le sappiamo tutti), che uno dei due, quello senza un graffio, rimasto vivo nella disgrazia, aveva bevuto, o comunque non era in grado di guidare un automobile, come del resto non lo era neppure l'assassino di prima. Se quello di prima poteva essere fermato con una telefonata, anche questo poteva essere fermato con un semplicissimo posto di blocco. Gli si ritirava la patente, gli si toglieva almeno per quella sera l'auto, e Francesco Randazzo, di soli 19 anni, soltanto 19, non sarebbe salito con lui, e non sarebbe andato a morire, lasciando nello sgomento più totale amici e familiari. E sarebbero cinque persone su sei ancora in vita: ci sarebbero ancora dei familiari, e degli amici a ridere insieme con loro, invece che piangere di fronte ad una lapide. Lapide che adesso attende anche il più giovane di questi morti sulla strada, Rosario. Solamente 14 anni. Ci pensate a voi a 14 anni? Agli amici che avevate, ai "giochi" che facevate, alle piccole cose per sentirvi grandi, e invece ancora così giovani? Solamente 14 anni. Abbastanza per morire in questa città evidentemente. Così giovane che come il legno poteva essere ancora modellato, e magari, avrebbe imparato senza morire, che indossare il casco salva la vita. Si disse sempre in questa città che troppo parla a volte, dai primi soccorsi, che "era un gatto schiacciato", ma schiacciato da cosa? E soprattutto da chi? E questo qualcuno di cui al momento è dubbia la responsabilità, ed è dubbio pure che ci sia stato vista l'omissione di soccorso, e visto che è sparito, questo qualcuno poteva evitare? Rosario poteva essere salvato se qualcuno prima gli avesse sequestrato il mezzo e avesse imparato ad indossare il casco? Rosario, poteva essere ancora in vita se non fosse stato investito violentemente in dubbie circostanze? Non voglio assolutamente dare delle colpa alle autorità: a volte fanno un ottimo lavoro, ma altre volte no. Mi sono recata al cimitero, il 1 novembre, come di consueto, proprio dopo aver ricevuto la notizia dell'incidente di Rosario. Accompagnata da mia madre, parcheggio in via Salemi, e imbocco la strada alberata che ci avrebbe condotto all'ingresso principale. Proprio lì, tantissime macchine in sosta, e numerosi parcheggiatori abusivi naturalmente. Non troppo lontano, una vettura delle autorità locali, lì presente per far si che non si creasse confusione in quella giornata di "festa". Mi chiedo: queste autorità non hanno alcun potere sui parcheggiatori abusivi o gli fanno la carità? E se gli fanno la carità, questa beata carità non andava fatta anche alle famiglie di tutte quelle vittime? Non si poteva lavorare tutte quelle volte, piuttosto che accendersi una sigaretta mentre si spegnevano tutte quelle vite? Nella stessa giornata mentre le suddette autorità bloccavano una strada chiusa al transito, un ragazzo col motore tenta di imboccare proprio quella via, ma viene bloccato, e dopo pochi istanti, gli si urla "il cascooooooo!". Perché non è stato fermato? Tuttavia, il casco, questione di stile per molti, e scelta personale di altri, non uccide nessuno, al massimo uccide se stessi, e provoca dolore ai nostri affetti, ma le auto, guidate violentemente uccidono e straziano intere famiglie. Non voglio comunque premere sul lavoro di vigili urbani, poliziotti e carabinieri, che vanno comunque onorati per la responsabilità che il loro lavoro comporta, ma solo ricordare che loro questa responsabilità ce l'hanno sempre e comunque. Loro dovrebbero essere gli eroi della civiltà moderna. Loro dovrebbero tutelare le nostre vite, prime di darle in mano ai dottori che non sempre possono fare i miracoli. I miracoli, quelli veri, li fa il Signore; solo che è stato così buono da concederci il libero arbitrio, e sta noi scegliere se fare del bene, o del male, e come dicevano i nostri i avi in un dialetto più saggio che mai: “FA BENI E SCOIDDATILLU, FA MALI E PENSACI”. Ma forse, come dicevo all'inizio di questa mia riflessione, siamo portati a pensare, e a non dormire la notte, soltanto quando il male che facciamo, o il dolore che proviamo, coinvolge i nostri più intimi affetti. E degli altri...poco importa.
Cristina Marino

domenica 8 novembre 2009

Paradossi mazaresi

Mentre si continua a costruire il mercato del pesce, la marineria va a fondo. Voi, cari lettori, cosa ne pensate?